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Autore: Twitch    29/03/2012    2 recensioni
Non so davvero che scrivere qua, anche perchè non so nemmeno se questa fanfic avrà una fine. Comunque preparatevi a qualcosa di triste, in ogni caso. Sono stata ispirata da 16.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lucy piangeva, Billie dormiva beatamente. Adrienne, Mike, Trè, Joey e Jacob aspettavano.

-“Signori Armstrong?” chiese l’infermiera rivolgendosi loro.

-“Si, siamo noi” rispose Mike.

-“Ora il signor Armstrong è stabile, potete tornare a casa”

-“Ma come? Io rimango qui con lui, non posso lasciarlo solo, in un ospedale, di notte!” disse Adrienne.

-“Mi dispiace signora, ma non permettiamo la permanenza notturna dei familiari. Comunque non si preoccupi, suo marito è in buone mani” disse sorridendo “E per qualsiasi cosa la dottoressa che segue il suo caso sarà qui in un batter d’occhio”.

Adrienne, rassicurata dal viso e dalle parole materne dell’infermiera, assentì col capo e la ringraziò.

Trè e Mike presero le rispettive macchine e tornarono alle rispettive case e Adrienne, dopo vari tentativi dei figli di convincerla a dormire da uno di loro, si fece accompagnare a casa.

La notte, o quello che ne restava, passò tranquilla. Dopo le lacrime, i sospiri, le paure, tutta la famiglia si addormentò e cadde in un sonno profondo. Morfeo decise che non c’era più tempo per pensare e ripensare, decise di troncare sul nascere il girarsi e rigirarsi nel letto e accolse tutta la famiglia tra le sue braccia.

 

Il servizio era finito, Lucy piangeva. Quella canzone aveva fatto da catalizzatore, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Troppi rimpianti, troppe paure compresse. Troppi ricordi dolorosi, troppi errori ammucchiati che erano esplosi tutti insieme in un rivolo di acqua salata. Se ci fosse stato suo padre l’avrebbe abbracciata, le avrebbe detto ‘piangi Lucy, fai scivolare via tutte le cose cattive’. Le mancava da morire suo padre. Le mancava ogni singola cosa di lui, la sua voce profonda e rassicurante, i suoi consigli e tutto il suo amore.

Da quand’era morto non era più riuscita a tirar fuori nulla, si teneva tutto dentro e spingeva nel profondo della sua anima le cose che non voleva più vedere, tutti i fallimenti, tutti gli addii, tutte le promesse mancate, come si fa con le cose che si mettono in cantina; che vengono stipate in un posto buio e remoto, ma di cui non ci si vuole liberare del tutto. Le lacrime le sciacquarono il visto, le diedero forza. Prese il cellulare e rimase quasi meravigliata dal numero dei messaggi e delle chiamate ricevuti.

‘Quel pezzo di merda sa’ , pensava, ‘sa che io so!’.

«Sei ancora in ospedale? Amore..»

‘Amore.. che coraggio, questo. Ha avuto il maledetto coraggio di starmi vicino, gliene do atto. Ha avuto il coraggio di resistere persino per qualche anno. Ha avuto il coraggio di chiamarmi amore, di dirmi che mi amava. Poi ha ceduto. Ha avuto il coraggio di mentirmi’ Prese il cellulare e compose il numero di Andrew. Le sue dita fremevano dalla rabbia e dalla sicurezza, si sentiva piena, forte.

“Lucy!” sentì la sua voce rispondere, e un trenta per cento dei suoi propositi svanì.  Poi ripensò a suo padre, alla canzone, alle lacrime e si schiarì la voce.

“Andrew, non c’è null’altro da capire.” Disse lapidariamente. “Grazie di tutto”. E buttò giù. Rimase seduta sul divano, il telefono che vibrava non le dava più quel senso di oppressione, ormai tutto quel dolore era diventato solamente un impiccio. Non le importava più di lui, non le importava più del sesso, delle puttanate da due soldi che le erano state rifilate. Aveva sputato tutto il veleno, e ora stava bene.

‘devo dormire, anzi voglio dormire’.

Dopo poco il cellulare si arrese e smise di vibrare, e Lucy si addormentò sul divano stringendolo in pugno. ‘potrebbe essere l’ospedale’  fu il suo ultimo pensiero prima di cadere nell’oblio.

  
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