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Autore: SellyLuna    29/03/2012    4 recensioni
Molto spesso ci si lascia trascinare dalle fantasticherie, l'immaginazione galoppa, inventando sirtuazioni probabili, inventate del tutto o solo ritoccate qua e là. E' proprio quello che succede a Sakura. Si ritrova sull'autobus durante il tragitto per andare all'università e inizia a fantasticare per uscire dalla noia e dalla monotonia di tutti i giorni. Ma chissà, forse, quel giorno succederà qualcosa che le cambierà la vita per sempre.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'È perfetto il mondo dentro agli occhi tuoi'
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Salve gente!
Ho deciso di scrivere questa AU perché credo nel SasuSaku e nella sua futura realizzazione. E, per questo, non mi si può dire: “Basta con Sakura e Sasuke. Non si metteranno mai insieme, è finita.” Cioè, non metto in dubbio che ognuno la può pensare come vuole,e mi sembra giusto che io possa sperare nel happy ending. È forse troppo?
Inoltre volevo ricordare Sakura nel giorno del suo compleanno, augurandole che prima o poi si avverano i suoi desideri. Lo so era ieri, ma purtroppo non sono arrivata a postarla il giorno giusto. Tuttavia spero possa valere lo stesso…
Intanto vi auguro una buona lettura! ^^

 



Fantasticare non costa nulla.


 


In una piccola e omonima fermata c’era una ragazza in attesa dell’autobus. E fin qui niente di strano. Ma c’erano delle considerazioni da fare sia sull’ora sia sulla ragazza. Infatti la giovane era alquanto particolare; non era vestita in modo strambo e appariscente, tutt’altro, indossava abiti comuni con i quali non si sarebbe distinta nella massa uniforme che erano i giovani, ma ciò che avrebbe attirato l’attenzione di un osservatore esterno erano i capelli. Cosa potevano mai avere di speciale dei capelli? Questi, in particolare, avevano un colore abbastanza inusuale: erano rosa chiaro.
Passato il momentaneo sconcerto per il colore, si poteva accettare l’idea che una ragazza, forse l’unica, sulla faccia della terra potesse avere dei capelli di un colore simile. Dopotutto si sa che esistono delle mode e delle persone stravaganti.
Ma fatto sorprendente era che la suddetta ragazza si reputava una semplice e normale adolescente, che non amava in modo particolare farsi notare e far parlare di sé, quest’onore lo lasciava alla sua migliore amica, inoltre frequentava una facoltà molto seria, quella di medicina, per cui imbattersi in tali originalità era raro e suscitava non poco clamore.
Analizzando l’orario erano le sei di mattina. Era buio pesto, insomma era notte, e tirava un venticello che riusciva a infilarsi negli abiti pesanti, arrivando fin alle ossa, provocando brividi di freddo.
Alta in quel cielo scuro si stagliava, mostrando con vanità la sua luminosità, quella sfera perfetta che era la luna. Era magnifica, la poteva mirare in tutta la sua bellezza, sovrana incontrastata dell’oscurità. Così lontana, silenziosa osservatrice, sembrava si prendesse beffe di lei, da una parte della sua “faccia”, ricordandole che a quell’ora la maggior parte della gente -fra cui i suoi genitori - se la dormiva ancora della grossa.
Mentre l’altra metà sembrava essere partecipe del suo sforzo e credeva di aver scorto, tra i crateri che visti dalla terra altro non erano che delle zone d’ombra, una muta e sentita rassicurazione.
Era ancora addormentata, altrimenti non si spiegava come avesse potuto vedere tutte quelle cose nella luna.
Il suo difetto – o pregio, a seconda dei punti di vista – era quello di lasciarsi facilmente andare alle fantasticherie di ogni genere e sorta, nonostante avesse vent’anni suonati e, come voleva sua madre, doveva essere più responsabile e pratica. Ma non ce la faceva proprio, qualche sogno ad occhi aperti- ed erano dei filmini che meritavano davvero di essere immortalati su pellicola- tra un lavoro in casa e l’altro le scappava. Non si potevano cambiare le cose; era e restava una ragazza sognatrice e romantica che sperava nell’incontro, favoloso, con il suo personalissimo principe azzurro.  
Tra un pensiero e l’altro due fanali, sempre più grandi a mano a mano che si avvicinavano, rivelarono l’arrivo della tanto attesa corriera. Così finalmente sarebbe potuta stare più comoda e al caldo.
Salì e si diresse verso un posto a sedere tra i primi. A quell’ora non c’era molta gente, la corriera era infatti quasi deserta, aveva scorto qualche sagoma sparsa qui e là, perciò  non si doveva preoccupare di trovare un posto.
Ed era tranquilla, almeno per quanto riguardava quella prima parte del tragitto, perché poi si riempiva di gente e di chiacchiere.
Si accomodò sul sedile dalla parte del finestrino, così che avrebbe potuto guardare il panorama una volta che fosse diventato più chiaro fuori.
Con la forza dell’abitudine voltò la testa verso il finestrino e osservò le figure poco chiare che le si presentavano. Non riusciva a distinguere la forma o forse non voleva, ma ciò che era sicura di riuscir a percepire era il buio, quell’oscurità così familiare, che aveva la capacità di rammentarle qualcuno.
 
“Frontespaziosa!” si sentì chiamare da una voce inconfondibile: quella della sua migliore amica, Ino.
S’irrigidì, non amava essere chiamata con quel nomignolo, ma nonostante tutto si fermò per aspettarla.
Era uscita presto dall’aula, perché quel giorno si era sentita soffocare, perciò appena finita la lezione aveva preso la palla al balzo e si era diretta verso la porta –la sua salvezza- senza badare agli altri, nella fattispecie a Ino.
“Sakura!” disse Ino con il fiatone dopo averla raggiunta. “Dove vai così di fretta?”
“Da nessuna parte. Solo che non vedevo l’ora di uscire, tutto qui.”
Di solito era Ino che usciva sempre per prima, perché, diceva, aveva bisogno d’aria e soprattutto non riusciva a resistere tutte quelle ore senza fumare una sigaretta. Quel brutto vizio glielo aveva attaccato il suo fidanzato, Shikamaru, un ragazzo svogliato ma con un intelligenza sorprendente. Anche lui frequentava l’università, la facoltà di matematica, che non era tra quelle più gettonate, come ripeteva spesso lo stesso Shikamaru e l’aveva scelta perché non avrebbe dovuto sostenere nessun esame d’ammissione, una seccatura in meno.
“Ah capisco.” le sorrise e le si affiancò per continuare a camminare, questa volta assieme.
“Senti volevo chiederti una cosa.” Dal suo tono di voce non c’era da aspettarsi niente di buono. Anzi, sapeva già cosa voleva domandarle; era ormai più di una settimana che fra loro intercorreva la stessa routine, e si andava a parare proprio su quell’argomento.
“Allora vieni stasera?” le chiese Ino, facendo gli occhi più convincenti e dolci che sapesse fare. E per lei, certo, non era un problema con quei due bellissimi occhi, risaltati ancor di più con un leggero velo di trucco, di un azzurro intenso che si ritrovava. Solitamente quella  mossa era riservata per far capitolare un bel ragazzo, ma era anche vero che ormai, avendo un fidanzato che per giunta non ci cascava più, era da molto tempo che non la metteva in pratica. Non poteva lasciare che si arrugginisse finendo nel dimenticatoio o peggio ancora, non ricordarsi come attuarla quando le sarebbe tornata nuovamente utile. Bisognava tenersi in allenamento.
Sakura, da copione, tentennò e Ino sfoggiò il suo asso nella manica: “ Vengono anche Naruto e Hinata.”
Ino sapeva quanto Sakura desiderasse rivederli, dopotutto Naruto era il suo migliore amico, con il quale aveva praticamente frequentato tutti gli anni scolastici. Destino o no, si era sempre trovata Naruto come compagno di classe. E dopo la sua cotta verso di lei, si era trovato una ragazza che lo sapesse amare per quello che era:Hinata. Hinata era una ragazza molto bella, ma non si metteva in mostra, anzi se poteva si nascondeva. Era molto timida, ma un po’ alla volta, soprattutto grazie a Naruto, si fece più coraggiosa ed ora si sentiva più a suo agio in mezzo a tante persone anche se non parlava molto. La sua voce, così dolce e melliflua, la si poteva sentire quando si trovavano in pochi e allora non le dispiaceva prendere parte ai discorsi degli altri. Sakura si trovava davvero bene in sua compagnia, le trasmetteva serenità e dolcezza. E poi era sicura che qualunque cosa avesse detto, Hinata non lo avrebbe sbandierato ai quattro venti, come invece ci si poteva aspettare da un tipo come Naruto. In realtà anche Naruto era un amico leale e fedele, e custodiva gelosamente i segreti dei suoi amici, nonostante ad una prima occhiata questa sua caratteristica non si sarebbe potuta estrapolare, anzi si sarebbe detto il contrario.
Erano arrivate in mensa e, in fila ad altri studenti per prendere il loro pranzo, Ino continuava, allegra e con un tono decisamente alto – quante occhiatacce che si era ritrovata addosso che snobbò con eleganza- a illustrare la cena di quella sera, enumerando chi sarebbe venuto e fantasticando su come si sarebbe svolta.
E un po’ alla volta, la contentezza dell’amica divenne anche la sua finché nella sua mente non comparve un volto e tutta la sua felicità così come era apparsa –puff- sparì. Ino, notando l’espressione dell’amica, le chiese: “ E’ per Sas’ke, non è vero?” L’altra annuì con un leggero movimento del capo. “Vedrai che lo convinceremo a venire. Sicuramente vorrà vedere i suoi vecchi amici.” Sorrise, facendole l’occhiolino. E Sakura iniziava a credere alle sue parole.
Presero posto ad un tavolo, quello più laterale e lontano dagli altri, e iniziarono a mangiare in silenzio. Sakura stava pensando a come fare per far in modo che la conversazione vertesse casualmente sull’argomento “cena di classe”.
Era talmente presa che non si accorse che erano sopraggiunte due persone al loro tavolo: una era appunto Sas’ke e l’altra Shikamaru.
Si accomodarono con il loro vassoio. “Allora come è andata?” chiese, trillante, Ino mentre i nuovi arrivati prendevano il loro primo boccone. La domanda era rivolta ad entrambi, ma rispose Sasuke, perché per Shikamaru era troppo faticoso fare due cose contemporaneamente. “Per quanto mi riguarda, oggi è stata davvero una palla.” accompagnò la sua sentenza con uno sbuffo alquanto eloquente.
“Per me è stato come sempre: una vera seccatura. “ S’intromise Shikamaru.
“E, strada facendo, ho incontrato questo pigrone” continuò Sasuke, volgendo il suo sguardo a indicare il suo vicino “ e così abbiamo fatto la strada insieme.”
Sas’ke non andava alla stessa facoltà di Shikamaru, faceva giurisprudenza, facoltà che aveva frequentato, qualche anno prima, anche suo fratello maggiore. Sasuke l’aveva scelta non come molti credevano per una rivalità nei confronti del fratello, ma perché anche a lui interessava quel campo e sperava un giorno di poterci lavorare. Ma, se anche così non fosse stato, aveva comunque una buona preparazione per il suo bagaglio culturale.
“Allora per stasera è tutto deciso. Quelli presenti in questo tavolo verranno sicuramente.” cambiò discorso Ino, sottolineando sul concetto dei presenti in quel momento.
Sul volto di Sas’ke passò fugacemente un’ombra di rabbia e impercettibilmente cercò gli occhi di Sakura, che li abbassò prontamente.
Dall’enfasi con cui la ragazza bionda aveva introdotto l’argomento, Sasuke aveva percepito che stava aspettando nient’altro che sganciare la bomba, ormai bollente. Era convinto che, almeno per una piccola parte, centrasse anche Sakura, la sua ragazza. Ma quante volte glielo doveva dire che a lui quelle cene, in cui ci si ritrovava in tanti e magari si doveva passare l’intera serata con gente che non si poteva soffrire, non gli piacevano per niente? Quando ne avevano discusso gli era parso di essere stato abbastanza chiaro al riguardo. Ma a quanto pare si sbagliava.
“Eh su! Non dirmi che non muori dalla voglia di rivedere i tuoi amici!” disse Ino con stampata in faccia l’espressione di una che la sa lunga. Sas’ke le rivolse uno sguardo omicida, quasi volesse davvero far in modo che la sua giovane vita venisse stroncata, seduta stante, con un semplice sguardo.
Ma Ino non era certamente così facile da sconfiggere e senza tanti problemi sostenne la sua occhiata irosa.
“Se vuoi posso dirti chi verrà, così per entrare più nell’ottica…”propose con un sorrisino di leggero scherno, che aveva il potere di far arrabbiare ulteriormente Sas’ke.
Si sentì uno sbuffo annoiato seguito da un “che seccatura che sei” detto sottovoce, sostituiti, imponendosi,da un improvviso rumore di una sedia che si spostava. Sasuke li guardò bene in viso tutti e tre prima di prendere e andarsene senza salutarli.
Ino era allibita, nonostante conoscesse il carattere di Sasuke, ma non poteva, per ragioni di principio, farsi mettere in piedi in testa da nessuno. E solo perché Sasuke era così suscettibile, non significava che era lei quella che doveva retrocedere. Mille e più d’una volta lo aveva ripetuto a Sakura.
Shikamaru non parve colpito dall’accaduto, mentre Sakura sospirò sconsolata.
 
Stava camminando alla ricerca di Sas’ke. Non doveva essere andato molto lontano. Capiva le sue ragioni, ma insomma poteva anche fare uno sforzo per farla felice, no? E poi era sicura che si sarebbe divertito, nonostante non lo avrebbe mai ammesso, andando contro i suoi prognostici negativi. Accidenti si faceva più problemi di una ragazza!
A forza di camminare si era inoltrata in un piccolo e delizioso parco, che veniva frequentato da poche persone, forse perché non era molto conosciuto.
E lo vide. Era seduto su una panchina con la testa rivolta al cielo. Sembrava rilassato, ma Sakura sapeva che in realtà ribolliva ancora di rabbia.
Gli si avvicinò cautamente. Percorrendo la distanza che li separava, si era accorta che aveva gli occhi chiusi e una smorfia contraria dipinta sul suo viso. Sembrava che non avesse notato il suo arrivo, perché rimase, irremovibile, nella sua posa.
Sakura prese coraggio e lo chiamò destandolo dai suoi cupi pensieri. “Sas’ke.” Il bel viso dell’Uchiha si girò lentamente in sua direzione e con ostentata eleganza inarcò un sopracciglio, mostrando il suo disappunto.
“Ah… sei tu.” Disse, infine, atono. Sakura incassò il colpo.
“Mi dispiace.” Sasuke non rispose, non la ringraziò e tornò a guardare davanti a sé decretando, così, la fine di quel misero dialogo.
Sakura rimase interdetta dall’indifferenza che mostrava Sasuke al riguardo, e iniziava ad arrabbiarsi. Ma insomma lei veniva a scusarsi e lui non la prendeva nemmeno sul serio? Non pretendeva che la ringraziasse apertamente, questo mai, perché era troppo complicato per uno come lui, ma almeno avere la giusta considerazione!
“Ma mi hai sentito?” s’informò la ragazza. La sua voce suonò più dura.
“Sì, ho sentito quello che hai detto. Non sono sordo.”
“ E cosa mi dici al riguardo?” chiese una Sakura pronta a sostenere un litigio. Sasuke la guardò, inespressivo. Nei suoi occhi, verdi come il fogliame degli alberi nella loro stagione migliore, scorse nelle profondità un luccichio di decisione, che si rispecchiava anche nella sua espressione convinta. Questa volta non l’avrebbe spuntata facilmente. Quando si imputava, era davvero un osso duro, proprio come lui del resto. A Sasuke piacevano le sfide.
 “Cosa avrei dovuto dirti?” le chiese con superiorità.
“Ma forse un semplice grazie. Sai, io mi sono scusata, se tu non te ne fossi accorto. Non era mia intenzione farti arrabbiare.”
La calma era andata a farsi benedire e Sakura, ormai, stava urlando. Sasuke l’ascoltò, senza scomporsi più di tanto. Al termine dello sfogo della ragazza, ci furono minuti di silenzio, che parvero un’eternità ad entrambi. Finché Sakura non decise di rompere la quiete.
 “Scusami, non volevo urlare.” Non perse mai il contatto con i suoi occhi, così profondi, che sembravano nascondere molto bene i propri sentimenti.
Non capiva perché Sakura dovesse sempre scusarsi, anche per un nonnulla. Ma, come ogni volta, era sincera e non poteva non accettare le sue scuse. Così Sas’ke, sempre con una faccia che non lasciava trasparire nessuna emozione, le si avvicinò e le diede un bacio leggero che lasciò la ragazza piacevolmente sorpresa. Sapeva che quel gesto nascondeva parole non dette, ma che lei aveva intuito senza difficoltà. D’altronde Sasuke non era molto esperto con le parole, tuttavia riusciva sempre a farsi comprendere in modo altrettanto diretto con i fatti. E la rabbia, ormai, stava scemando lasciando il posto ad un sorriso sincero.
Anche Sas’ke si distese e sulle sue labbra comparve il principio di un sorriso rivolto a lei soltanto. Era così bella e felice che gli si riempiva il cuore di gioia solo guardandola.
Un sentimento così intenso lo provava solo in sua compagnia e a volte si stupiva di come il suo cuore riuscisse a sopportare tutta quella felicità, perché credeva che gli potesse scoppiare da un momento all’altro.
Per lei sarebbe andato anche a quella stramaledetta cena.
Spinta dall’enfasi, la ragazza gli prese la mano e s’incamminò. Inizialmente la guardò a metà tra lo scettico e l’interrogativo; era a conoscenza di quanto lui odiasse le effusioni, di qualunque tipo, in pubblico. E passeggiare per una grande città universitaria, mano nella mano, non gli allettava molto, nonostante la compagnia era la migliore che si potesse desiderare.
Sakura non captò i segnali del compagno dalla troppa felicità e così Sas’ke dovette, a malavoglia e a disagio, assecondarla.
 
Sera. In un raffinato e spazioso appartamento una ragazza agitata correva da una parte all’altra alla ricerca di qualcosa che solo lei riteneva indispensabile per uscire quella sera, esasperando oltremodo il suo ragazzo, che era pronto già da un po’. Mentre osservava con stizza crescente una zazzera rosata passargli davanti agli occhi a tutta velocità- sperò che non avesse messo a soqquadro qualcosa durante il suo passaggio al di fuori dei limiti acconsentiti- si maledisse più di una volta: perché gli aveva fatto intendere che sarebbero andati a quella dannata cena? Perché? Perché Sakura riusciva ad ammorbidirlo, a renderlo, seppur in modo invisibile, diverso, quasi un altro?Che caspita di poteri aveva?
Di una cosa era certo, non conosceva la puntualità. Erano infatti le otto meno un quarto e  dovevano già essere al ristorante da almeno quindici minuti.
Sospirò rassegnato. Ah queste ragazze!
“Ecco, sono pronta.” gli disse una volta finita la sua folle corsa.
Nella sua mente cantò un allellujah! Rimase sorpreso da tanta bellezza, dimenticandosi tutti i pensieri negativi formulati non più di un minuto prima. Davanti a sé aveva una visione spettacolare: Sakura portava un vestitino nero semplice che risaltava le sue forme delicate e lievemente accennate e da cui spuntavano due gambe perfette. Facendo salire lo sguardo, si soffermò sul viso: sereno e leggermente truccato, dove i suoi splendidi occhi brillavano come due diamanti in una stanza buia. Infine due ciocche laterali di capelli, lasciate libere dalla molletta che teneva legata la maggior parte della sua chioma, le contornavano il viso gentile.
Ecco un altro motivo per non andare: non poteva permettere che gli altri ammirassero la sua Sakura. Se provava a dirglielo, lei avrebbe capito o gli avrebbe riso spudoratamente in faccia?
Ormai il danno era fatto. Ripresosi dal suo trance, prese le chiavi dell’auto e invitò la compagna ad uscire. Lei non se lo fece ripetere due volte e a passo spedito, quanto permettevano i tacchi, si diresse alla sgargiante macchina di Sasuke.
 
In meno di cinque minuti arrivarono a destinazione. La contentezza di Sakura era palpabile, cresciuta a dismisura durante il tragitto per arrivare fin lì, mentre Sasuke si ripeteva per quale motivo si ritrovava in quel ristorante, a quell’ora.
Non riuscì a finire di pensarlo per la centonovantasettesima volta che la vide: un’ enorme tavolata, dai cui posti spiccavano tutte facce conosciute, elargendo i migliori sorrisi. O almeno la moltitudine sorrideva, ma spuntavano qua e là diverse espressioni non ancora identificate tra noia, scherno e indifferenza.
Ce l’avrebbe fatta? Si augurò che il tempo da quel momento sarebbe trascorso il  più velocemente possibile per terminare in fretta quell’agonia.
Intanto Sakura si era diretta dalle sue amiche per farsi salutare e abbracciare e per fare lo stesso con loro, che non vedeva e sentiva da tanto tempo. Dal loro gruppo si distingueva la voce della Yamanaka che le diceva: “Sakura, non ci speravo più! Certo che ci hai fatto aspettare eh?”
La reazione maschile fu differente. I ragazzi non si alzarono per correre incontro ai nuovi venuti, ma con garbo li accolsero e li invitarono a sedersi.
Ovviamente ci fu un’ eccezione: Naruto. Appena vide chi era entrato nella sala, si alzò e dirigendosi abbastanza di fretta abbracciò Sas’ke. “Ehi Teme! Quanto tempo! Sono felice di vederti!”
Fortunatamente il suo caloroso benvenuto fu brevissimo, altrimenti si sarebbe trovato spiaccicato al muro opposto.
Con charme Sasuke si sedette. Si ritrovò vicino a Naruto e a Suigetsu, entrambi suoi compagni di classe, ma in anni differenti. Naruto era stato suo compagno alle elementari e alle medie, mentre con Suigetsu aveva passato gli ultimi cinque anni delle superiori.
Osservando i presenti, si accorse che erano stati quasi tutti suoi compagni, ma non di un anno specifico, bensì nel corso di tutta la sua carriera scolastica. Solo Neji, Tenten e Rock Lee non potevano essere propriamente considerati suoi compagni, perché erano più grandi di lui di un anno,ma nonostante ciò erano sempre stati parte del loro gruppo di amici.
Questa considerazione poteva essere fatta da chiunque seduto a quel tavolo. Conosceva praticamente tutti, tranne due individui, un po’ strani, seduti vicini a Sai. Scoprì essere dei compagni d’università di Sai. Sai frequentava una scuola d’arte per migliorare le sue abilità pittoriche e lì aveva conosciuto Deidara e Sasori, entrambi con l’estro dell’arte.
Fece scorrere il suo sguardo lungo la tavolata, finché non vide dove era Sakura. Si trovava nell’altra metà del tavolone insieme alle altre ragazze che confabulavano allegramente e si raccontavano le ultime news. Sakura si stava proprio divertendo e questo gli bastò.
“Ehi Sasuke!” si sentì chiamare da Suigetsu e concentrò la sua attenzione su di lui. “Raccontaci un po’ come vanno le cose!” Accompagnò la sua richiesta con un ghigno malizioso che lo contraddistingueva.  
“Tutto ok. E a te?” gli rispose senza calcare tanto interesse. Erano semplici frasi che la gente si scambiava per cortesia più che per reale curiosità. Questo valeva per Sasuke Uchiha, ma se al suo posto ci fosse stata, ad esempio Ino, la prospettiva si ribaltava.
“Anche a me va tutto bene. Mi diverto davvero tanto con i marmocchi. Pensa, alcuni hanno una fifa tremenda dell’acqua. Ma dimmi te come si fa?”
Suigetsu, da quanto aveva appreso quella sera, faceva l’insegnante di nuoto. Chissà perché, ci avrebbe scommesso. D’altronde ci sguazzava nell’acqua. L’unica cosa che lo lasciava perplesso era immaginarselo a rapportarsi con i bambini. Iniziava a capire qual era la vera paura dei nuovi aspiranti nuotatori, non tanto dell’acqua, ma del loro insegnante.
“E con quella pazza di Karin?”gli chiese curioso Naruto.
Aveva detto bene: quella pazza. Se la ricordava quando, nei primi anni alle superiori, gli andava dietro. Non era l’unica, questo doveva ammetterlo, ma era davvero fastidiosa, più di Sakura ai tempi delle medie. Ma Sakura ci aveva dato un taglio, quando non si erano più trovati compagni della stessa classe, anche se da lontano lo guardava mogia perché si era allontanato da lei e da Naruto, considerati i suoi migliori amici. Ma, ora poteva confessarlo a se stesso, si era spaventato, perché si era sentito oppresso e perciò, pian piano, aveva cercato di tagliare quel legame. Naruto aveva continuato, imperterrito, a cercarlo per i primi tempi, ma poi si era stufato e lo aveva mandato al diavolo, ricordandogli che per lui ci sarebbe sempre stato, dopotutto sapeva dove trovarlo.
“A meraviglia. Karin non è pazza, Naruto. È un’attrice.” lo rimbeccò Suigetsu.
“Sì, certo come no. Secondo me non farà molta strada.” L’altro lo guardò minacciosamente e Naruto riparò al guaio dicendo: “Se lo dici tu…”
“Certo. Sarà l’attrice più brava degli ultimi anni!” rincarò, con convinzione, Suigetsu.
Anche Sas’ke non ne era molto convinto, ma non espresse la sua perplessità.
“E Naruto a te come vanno le cose?”gli chiese Shilkamaru, che aveva assistito come tutti gli altri alla sua probabile dipartita, volendo alleggerire l’atmosfera.
“Oh! A me vanno benissimo!” Naruto si riprese in fretta, mostrando un largo sorriso dando prova di quanto detto. “Sia per quanto riguarda gli studi, sia per l’amore.” E volse il suo sguardo in direzione delle ragazze, concentrandosi su una in particolare, Hinata.
Molte cose erano cambiate, si ritrovò a pensare Sasuke. Naruto si era finalmente deciso a impegnarsi seriamente per raggiungere i suoi obbiettivi, perché, da ché ne aveva memoria, a  scuola non se la cavava un granché, ma era convinto che se avesse dato più tempo allo studio avrebbe raggiunto voti sufficienti. E dopo tutto quel tempo, aveva notato Hinata! In tutti quegli anni che non si erano visti, erano avvenuti dei cambiamenti, in positivo.
La serata trascorse tranquillamente, raccontandosi le proprie esperienze, divertendosi un mondo. Anche Sas’ke, alla fine, si era convinto che non era stato tutto tempo buttato, e che si era divertito pure lui, ma non l’avrebbe mai ammesso.
Il tempo era volato e dando un’occhiata all’orologio, notò che erano le undici passate. Era ora di ritornare a casa. Già altri se ne erano andati, dicendo che l’indomani avrebbero dovuto alzarsi presto.
Si congedò dagli amici rimasti – Naruto, Suigetsu e Shikamaru- e andò a chiamare Sakura.
“Oh. È già ora di andare.” disse, dispiaciuta, rivolta alle amiche. “È stato un piacere rivedervi. Spero di rincontrarci nuovamente.”
“Mah sì, Frontespaziosa. Faremo in modo di fare un’uscita solo tra donne.” Disse Ino guardando con sfida Sasuke, cercando di pungerlo sul vivo per vedere se avrebbe ribadito quell’affermazione.
Sasuke non accolse la sua sfida e rivolgendosi alla compagna disse:” Su. Andiamo.” Sakura annuì e lo seguì.
 
Una volta nell’abitacolo dell’auto, Sakura non resistette e gli chiese: “Allora?” Come ti è sembrato?” si girò dalla sua parte per ascoltare meglio. Osservò il suo profilo perfetto, di lineamenti decisi ma a tratti dolci. Aveva un espressione concentrata e da quella poca distanza riusciva a intravedere le linee appena pronunciate, soprattutto intorno agli occhi, dello sforzo muscolare. Rimase abbagliata da tanto splendore e si domandò come mai un essere magnifico come lui potesse stare con una ragazza mediocre  e bruttina come lei?
“Come tutte le cene di questo tipo.” Le rispose, neutro, senza guardarla.
“Guarda che se mi dici che ti sei divertito anche tu, non casca mica il mondo eh!” ribatté Sakura. Sas’ke alzò le spalle, noncurante. Colpito e affondato! Decise di lasciar correre e gli raccontò tutto quello che era venuta a conoscenza riguardo le sue amiche; cosa facevano, cosa studiavano, quali erano i loro sogni e le loro ambizioni…
Era un fiume in piena.
“Quante energie che hai ancora. Non sarebbe meglio utilizzarle altrove?”
Sakura arrossì violentemente e non parlò più per il resto del viaggio di ritorno.
In silenzio entrarono in casa e andarono in camera da letto. Sakura era ancora imbarazzata  per quanto detto da Sas’ke.
Si slegò i capelli prima di prendere le sue cose e di cambiarsi, quando lo sentì avvicinare a sé e si sentì dolcemente avvolgere dalle sue forti braccia.
Le donò un bacio al basamento del collo, seguiti da infiniti altri baci sempre più sensuali e possessivi percorrendo il suo niveo collo, soffermandosi al lobo dell’orecchio. Quelle carezze fatte da labbra desiderose risvegliarono in lei sensazioni assopite, provocandole brividi di piacere. Quel tremito diede la sicurezza a Sasuke di poter continuare e in particolare  prese di mira la pelle libera delle spalle, mentre le sue mani, infilandosi sotto al vestito, l’accarezzavano seguendo un tragitto invisibile e irregolare, risalendo dalle cosce fino alla pancia, dove indugiarono di più. Il suo tocco era gentile, non possessivo e rude, per cui avrebbe desiderato che non finisse mai. Era rassicurante, e per godere appieno di quel dolce oblio chiuse addirittura gli occhi, dimenticandosi per un istante dell’imbarazzo, dell’incertezza e della paura, persino del luogo in cui si trovava: esistevano solo lei, il ragazzo possessore di quelle mani meravigliose e il piacere ineffabile che le procuravano.
Ad un certo punto sentì le sue carezze farsi più incerte, come se, timorose, chiedessero il permesso e realizzò che erano arrivate al primo ostacolo ed erano bramose di superarlo.
Ritornò alla realtà, alla situazione attuale che stava vivendo e l’ insicurezza e il timore ritornarono a scuoterla, mutando quelle mani in estranee e il loro tocco le sembrava, ora, più freddo e alieno al suo corpo e al suo calore. S’irrigidì d’istinto, era molto a disagio. Sasuke, cogliendo i suoi segnali, ritrasse la mano audace che aveva osato valicare il limite. Con delicatezza voltò la ragazza per guardarla in viso: i suoi occhi erano sbarrati ed era convinto che da lì a poco avrebbero lasciato scappare qualche lacrima silenziosa e solitaria. Cercò i suoi occhi per rassicurarla, infonderle coraggio.
Le prese la mano e se la portò al proprio viso. Pian piano si era calmata ed era pronta psicologicamente a compiere quel passo. Sul volto di Sasuke era apparsa, brevemente, una nota interrogativa, come se non si spiegasse il comportamento della ragazza e le sue reticenze. Era stato un attimo fugace. Sakura non se ne preoccupò molto e si concentrò sulla morbidezza della pelle del ragazzo, mentre la sua mano, incerta, dalla guancia scendeva percorrendo il suo corpo. Aveva scoperto il suo collo (possente…o ?), era scesa ulteriormente ma aveva trovato la sofficità della camicia. Maledetta camicia! Lei voleva proprio avere sotto i suoi polpastrelli, sensibili al tatto, la sua pelle. Voleva toccare il suo torace per sentire i brividi lungo la schiena.
Sasuke posò le sue labbra su quelle della ragazza. Inizialmente fu un bacio casto e leggero, ma poi divenne più passionale e dal trasporto Sas’ke trascinò Sakura con sé sul letto. Continuarono a baciarsi, come se ne dipendesse la loro vita, come se l’altro rappresentasse la salvezza.
E intanto anche le mani si sfogavano, vagando sul corpo dell’altro per scoprirlo, e mano a mano che incontravano ostacoli, non ci pensavano due volte ad eliminarli. Anche Sakura aveva trovato una certa disinvoltura -soprattutto alla fine- nello slacciare i bottoni della candida camicia dell’amato. Ma l’incertezza era sempre in agguato e fece capolino quando incontrò il tessuto dei pantaloni. In imbarazzo, allontanò la mano velocemente, come se si fosse scottata.
Era talmente concentrata che non si era accorta di essere solo in intimo, e si sentì come un pesce fuor d’acqua. La sensazione di essere fuori posto era aumentata dal fatto che Sas’ke stesse armeggiando con i gancetti del suo reggiseno. Improvvisamente si fermò, percependo il disagio di Sakura. E comprese qual era il problema. Le prese la mano e la condusse là in basso, dove si era accumulato tutto il suo desiderio. La sua piccola mano tremava e voleva sgusciar via da quella più grande di lui, ma non glielo permise. Così, Sakura prese coraggio e adagio gli sfilò i pantaloni. Almeno ora erano pari. Per premiare il suo sforzo, Sas’ke le rivolse un debole sorriso e la baciò. La ragazza rispose al bacio, lasciandosi trasportare. E in men che non si dica si ritrovarono entrambi spogliati di qualsiasi indumento, che potesse coprire anche la più piccola parte del loro corpo.
Erano in una situazione in cui l’altro poteva scorgere la perfezione (o bellezze nascoste?) nascosta ma anche le imperfezioni dell’altro; era un dono in quanto si affidavano l’uno nelle mani dell’altra, condividendo con l’altro i propri più profondi segreti. Si amarono in un modo unico, completo e vivo, abbandonando le sensazioni che avrebbero frenato l’unione più profonda, non solo fatta di corpi, bensì di anime. Esausti, poi, si addormentarono abbracciati in quel grande letto, illuminato da pochi e timidi raggi lunari.
 
Fuori dal finestrino era diventato più chiaro. L’autobus si fermò e sentì una folata di vento freddo, segno che le porte erano aperte e che stava salendo qualcuno.
“Scusa. Posso?” Si voltò e incontrò due occhi scuri, profondissimi. Assomigliavano a quell’oscurità che ormai si stava schiarendo per lasciar posto al giorno e alla luce.
Era proprio lui, quel ragazzo che da tanti anni non le rivolgeva più la parola e forse si era persino scordata di lei. Da quel brevissimo incontro di sguardi tutto ebbe inizio, per non avere mai fine.
 
 
 
Riciao popolo di efp!
Avrei delle considerazioni riguardo a questa specie di storia.^^ Credo che si sia capito che la parte in corsivo sia la fantasticheria di Sakura. E leggendo vi sarete accorti che ad un tratto prevale il punto di vista di Sas’ke. Lo so, che non è corretto, perché a rigor di logica avrebbe dovuto essere tutto visto da Sakura. Ma non ce l’ho proprio fatta e mi sono lasciata trascinare. È davvero divertente scrivere di Sasuke. Spero possiate perdonarmi. *Selly fa occhioni dolci*
Un’altra cosa. È la prima volta che scrivo una scena spinta  (anche se tanto spinta non lo è) ed è stato complicato. Voglio dire scrivere certe cose non è così semplice. Non sarà un granché , ma a parte l’esito era giusto avvisarvi della mia non dimestichezza nel trattare certi argomenti. Non so se sia capito che nella fantasia di Sakura, il loro rapporto è ben saldo e di conseguenza non è la prima volta che passano la notte insieme, ma siccome Sakura non ha mai fatto quest’esperienza, mi sembra giusto che anche nella sua immaginazione si risenta dell’insicurezza della prima volta.
A parte tutto ciò, spero l’abbiate gradita almeno un po’ e sarei felice di sapere cosa ne pensiate. Intanto vi ringrazio per averla letta. :)  
A presto ;)
Selly * fugge, prima di essere beccata dagli oggetti volanti che le vengono tirati.*
   
 
 
 
  

   
 
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