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Autore: kymyit    29/03/2012    1 recensioni
Pansy innamorata di Cedric?
Scherziamo?
No, no, no, è qualcosa di molto più contorto. Neppure lei saprebbe dare un nome a ciò che prova e che la spinge a seguirlo di nascosto nei corridoi.
Anche ossessione sarebbe riduttivo.
[raccolta di flash fic; deathfic!]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric Diggory, Pansy Parkinson
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Nickname: kymyit
Titolo della fanfic: Ossessione di luce effimera
Rating: verde/giallo
Genere: introspettivo, drammatico
Avvertimenti: Death!Fic, raccolta di flash fic
Numero scelto : 7
colore scelto : argento
pianeta scelto e tema preferito tra i due: Plutone: Morte di un personaggio della coppia, separazione.

NDA: La fic partecipa al contest Pairings e Temi, indetto da Roe, classificandosi 1A!! *^* di poco comunque. Mezzo punto XD Beh, il giudizio della giudicia a dopo, intanto, vi avverto, non ho corretto nulla, così giuicate pure voi. Non conosco bene i due personaggi poiché ho visto solo i film e mi sono basata su ciò che ho letto su wikipedia, più che altro. I capitoli si allungano man mano, ma sono tutte flash fic, ho controllato col contatore di word (2007 mi pare). Il tema della separazione è duplice: non stanno insieme e a causa del triste finale non potranno mai, eventualmente starci. E quello della morte si sente più nell’ultimo capitolo anche se forse impregna un po’ tutto (Pansy alla fine fa una piccola riflessione sulla sua ossessione, non posso spiegare tutto così se no sarebbe uno spoiler che guasta il gusto (spero) di leggere la fic. Ah, giusto, è una raccolta, perché tratta di momenti di versi, c’è un cambio continuo di situazioni, da lui a lei, da lei a lui, quindi non mi sento di considerarla una Long Fiction. E per la pubblicazione ho deciso di mettere i capitoli tutti insieme.  

 

Ossessione di luce effimera

Lui, l’ombra della sua ombra.

Non era una questione d’infatuazione, normalmente non avrebbe mai considerato un cadetto appartenente a una delle altre case, tantomeno un Tassorosso. Però, si era soffermata a considerarlo quando il Calice di Fuoco aveva espulso il suo nome.
Non quello di Draco Malfoy, proprio il suo: Cedric Diggory.
Non lo trovava bello e non apprezzava le sue doti sportive, era semplicemente affamata del suo carisma, dell’aura di potere che emanava.
Effimero, inebriante, invidiabile.
Le attenzioni di tutti erano rivolte verso i partecipanti del torneo, verso Potter nella fattispecie, e non verso di lei. In realtà, nessuno la considerava nient’altro che una seguace di Malfoy, ma non importava. Crogiolarsi all’ombra di lui non era poi così male se le permetteva di restare alla luce dei riflettori.

 Cedric Diggory era però appena divenuto l’ombra della sua ombra.

 

Lei, la falsa disperata.

 

Aveva iniziato a girargli intorno da un po’ di tempo, a riferire false notizie alla stampa.
Lo guardava per costringerlo a fissarla. Cedric certo non poteva non considerarla una bella ragazza, ma non era cieco. I suoi occhi non erano per lui, bramava la sua popolarità. Sembrava richiamarlo solo per dirgli: guardami, sono meglio di tutti loro. Avvertiva la sua sete di potere e per quanto tentasse di sottrarsi a lei, non riusciva davvero a sfuggirle.
Pansy Parkinson era ovunque.
Poteva avvertire il suo sguardo penetrargli la schiena affilato come un pugnale. Poteva scorgerla negli angoli remoti dei corridoi affollati, compariva in ogni inquadratura ogni qualvolta volgeva lo sguardo.
-Che cosa vuoi?- le domandò una sera sfilandole accanto mentre ognuno raggiungeva il proprio dormitorio.
-Non capisco di cosa stai parlando.- rispose lei.
Falsa.
Falsa e disperata.
Come non leggerle in faccia la soddisfazione per aver ottenuto quello che voleva?
La guardò andar via, Cedric, chiedendosi se ad essere Pansy ci si sentisse vuoti dentro.

 

Lui, l’ossessione.

 
Provava un gusto insano nel mischiarsi fra la folla e fingersi burattino, mentre in realtà era un’abile marionettista che sapeva nascondere alla perfezione mani e fili dietro il sipario. Forse però, senza rendersene davvero conto, aveva lasciato intatti i fili della sua nuova marionetta troppo a lungo, perché le era divenuto difficile spezzarli. Girargli intorno era diventato quasi necessario, anche solo per incrociare il suo sguardo e sentirsi riconoscere fra i tanti, perché nessuno vedeva davvero Pansy Parkinson per ciò che era. Sempre con Draco, sempre con gli altri suoi compagni di casa, sempre a sparlare e attaccar briga, sempre una dei tanti. Ci pensava da un po’ di tempo, in realtà, ma non trovava risposte razionali e plausibili. Insomma, cosa c’era di così speciale in lui, oltre la fama, da costringerla a seguirlo, spiarlo, pensarlo?
Forse doveva essere sotto un qualche strano sortilegio…
In effetti, diverse settimane prima, durante le ore di Pozioni aveva combinato un piccolo disastro, ma non l’era sembrato così grave da giustificare un effetto così devastante. Si ripromise ad ogni modo di indagare su quel fatto, perché qualsiasi altra opzione non era contemplata.
Andiamo: lei, innamorata di Cedric Diggory?!

Ridicolo.

 

Lei, la respinta.

 
Cho era molto bella e avrebbe voluto davvero concentrarsi su di lei, sui suoi occhi piccoli e scuri, sulla sua pelle liscia e i suoi capelli setosi, ma non ci riusciva. Sottili aghi gelidi come ghiaccio gli perforavano la nuca. Si voltava, allora, per cercarla, perché sapeva che era LEI a fissarlo in quel modo ossessivo e malato. Se ne stava nascosta fra la folla, come sempre del resto, ma gli pareva di scorgere il suo viso sottile ed imbronciato ovunque e lo stomaco si contraeva ad ogni chioma scura, ad ogni sguardo, ad ogni fruscio di stoffa. Le sue mani sudavano copiosamente e gli era quantomeno impossibile riuscire a concentrarsi sul ritmo dei passi di danza. Esasperato, smise di ondeggiare per la sala come una boa alla deriva e s’immerse fra la folla attonita rivolgendo a Cho uno –Scusa...- appena pronunciato sulle labbra.  
Seguì lo strascico di un sinuoso abito da sera chiaro nel labirinto di corpi danzanti, di mani intrecciate, di teste incoronate e di profumi, di abiti raffinati e pomposi per le grandi occasioni e, finalmente, la raggiunse.
Sottile, minuta, sibillina come un astuto serpente che giace al suolo come morto, seminascosto nel fogliame finché la preda non si trova a passare ignara innanzi al suo muso. Un gesto secco, rapido, letale e il topo viene ingoiato per intero dal serpente e trascinato lungo le sue spire tortuose fino allo stomaco, dove i succhi gastrici lo consumeranno inesorabilmente senza pietà. Si sentì esattamente come un roditore di fronte all’inevitabile fine, tanta era la bile che gli ribolliva in corpo minacciandolo di squagliargli la carne dall’interno.
-Non sarebbe ora di smetterla con questo gioco?- domandò a denti stretti.
Pansy inarcò il sopracciglio e scosse la testa fintamente incredula. -Quale gioco, scusa?-
-Devi smetterla!- insistette lui avanzando verso di lei.
-Adesso sei forse dispiaciuto per avermi scaricato?- sobillò.
-Ho solo rifiutato il tuo invito per il ballo.- puntualizzò lui tentando di mantenere il poco sangue freddo che gli scorreva nelle vene.
-Anche se tu mi hai respinto, - disse lei con una punta di rancore nella voce –non significa che dovevo rinunciare a divertirmi. O forse pensavi di avere l’esclusiva?-
Cedric indietreggiò, preso in contropiede.
-Povero piccolo Diggory…- Pansy gli posò la mano sulla spalla. Sottile, fredda, infida. I suoi occhi lo trafissero maligni mentre stringeva la presa. Il suo viso minuto era a pochi centimetri, le sue labbra schiuse in una smorfia beffarda e sensuale. Deglutì, in preda al panico, Cedric. Il suo corpo forse inneggiava all’intrigante vicinanza dei corpi, ma la mente era ben lungi dal cedere a quelle pressanti lusinghe.
-Credevi ti seguissi perché ero davvero interessata a te?-
-Lo eri?- il sussurro tradì il tono serio col quale avrebbe voluto pronunciare quella domanda.
Gli occhi di Pansy si scomparvero irrisori fra le pieghine di carne delle palpebre.
-No.-

 
Lui, la luce effimera.

Morto.
Una parola così semplice da articolare, eppure così difficile da prendere sul serio.
Quante volte la si pronuncia in una sola giornata?
-Sono quasi morto.- si dice di solito, per svariati motivi. Dopo un grande spavento, in seguito ad una sventata caduta dalle scale, per le grasse risate, per la stanchezza…
Tante volte la si sveste del suo significato macabro per adornarla d’ironica leggerezza.

Cedric Diggory era morto, nel vero senso della parola.

 

Non era caduto dalle scale, non si era spaventato, non aveva riso a crepapelle e non era neppure esausto per la competizione. Se n’era andato davvero e tutti si accalcavano come formiche sul suo corpo gelido. Gli strazianti lamenti di suo padre, le lacrime degli astanti, quanto dolore per una cosa così banale come la morte. Pansy non era riuscita ad assimilarne il concetto.
“E’ morto…” pensava “Tutto qui.”
-E’ morto.- quelle due parole rimbalzavano timorose fra le bocche di tutti, da labbra a labbra, in uno straziante passaparola che risuonava mesto nell’aria come una nenia funebre.
-E’ morto…- sussurrò Pansy fra sé, con lo sguardo fisso su di lui.
Lui che seguiva.
Lui che spiava.
Lui che l’aveva rifiutata.
“E’ morto.”
Lo ripetè innumerevoli volte nella sua mente, per trasmettere il triste messaggio a un cervello troppo cinico per cogliere appieno la portata di quella notizia. Ma quello non voleva saperne di trasmetterle le dovute emozioni.
Non pianse, non ne sentiva il bisogno.
Semplicemente, il vuoto non aveva ancora pervaso la sua anima.
Trascorsero i giorni, le settimane, i mesi, sempre con Draco, sempre con gli altri suoi compagni di casa, sempre a sparlare e attaccar briga, sempre una dei tanti. Nascosta dietro la sua ombra, all’inconscia ricerca di una luce effimera che la oscurasse ancora. Nostalgica del suo carisma traboccante, Pansy disponeva del suo compito d’inquisitrice come unica valvola di sfogo.
Si diceva che fosse morto per mano del Signore Oscuro, ma personalmente non credeva alle parole di Potter. Se fosse stato vero, se ci fosse stata una minuscola probabilità che lo fosse, allora riusciva a spiegarsi tante cose. Il fascino cupo della morte incombente, forse, era ciò che l’aveva inconsciamente attratta. Non c’era nessun altro, eccetto Draco, a brillare di una luce così intensa, ma erano diversi, lui e Diggory. La luce di Draco era oscura e triste, un alone solitario tracimante di fascino maledetto. Cedric rifulgeva di smodata onestà e, come un vampiro brama il sangue, lei bramava quella luce.




Prima Classificata

Grammatica e forma: 14/17
Originalità: 10/10
Caratterizzazione personaggi: 9/10
uso del pacchetto: 10/10
- come credibilità della coppia 5/5
- attinenza al tema assegnato 5/5
Gradimento personale 3/3
Eventuale punto bonus per temi 1/1
totale: 47/51 

Iniziamo dal punto di vista formale. La tua fic sarebbe quasi perfetta se non vi fossero delle tanto piccole, quanto gravi imperfezioni. Casa si scrive con la maiuscola, così come Inquisitrice. I personaggi mi sono sembrati approfonditi ma avresti potuto fare di meglio, per il resto hai fatto davvero un ottimo lavoro: la trama, così come la coppia, è originale, hai usato entrambi i temi del pacchetto e la fic mi è piaciuta. Complimenti davvero! :)

 In più ho vinto il Premio Falco Pellegrino!! *^*

   
 
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