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Autore: Cristie    30/03/2012    2 recensioni
In una Londra dei nostri giorni,in piena sitazione di crisi economica e nessuna popolazione aliena. C'è lei.Rose Tyler, ragazza semplice ma con una grande voglia di avventure, che lavora come commessa insoddisfatta in un negozio di abbigliamento. E poi c'è lui. John Smith, scrittore della celebre saga del Doctor Who, dove si sa ogni dettaglio del suo personaggio quanto altrettanto poco del suo creatore.Cosa potrebbe mai succedere dall'incontro di queste due persone?La risposta è questa mia prima fanfiction su DW.
Seguite insieme a me lo sviluppo della loro storia tra madri impiccione, manager con troppa voglia di divertimento e molto altro ancora.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 9, Donna Noble, Jack Harkness, Rose Tyler
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15

 Dove vengono consegnati pacchi di notte da autisti appostati.




Se ne stavano seduti in uno dei tanti ristoranti poco lontani dal negozio dove lavorava Rose.
Dove l’aveva appena vista allontanarsi per mano con un altro uomo.
- Si chiama Mitch, si sono incontrati qualche giorno fa – cominciò Meggie a raccontare mentre stava sfogliando attentamente il menu scegliendo cosa mangiare per pranzo.
- Perché ho come l’impressione di conoscere questo nome?- borbottò lui, non degnando neanche di uno sguardo il menu. Di colpo gli era passata la fame.
- Era il suo ex, hanno ricominciato ad uscire –
Bene, ora era sicuro che l’appetito fosse l’ultimo dei suoi problemi. Tanto che non sicuro di non aver ben compreso richiese nuovamente – Puoi ripetere per favore? –
Meggie posò il menu sul tavolo, e guardandolo con quei suoi occhi azzurri, leggermente sorpresi, si affretto a spiegare – Era il ragazzo che frequentava un paio di anni fa. Solo che lui l’ha lasciata quando le cose avevano cominciato a farsi serie…Povera Rose, è veramente sfortunata con gli uomini…con la batosta che le hai dato..-
- Va bene, ho capito grazie. Non è necessario insistere chiaro? – interrupe lui visibilmente irritato.
La vita al ristorante procedeva come se loro fossero assolutamente silenziosi. I camerieri facevano la spola dalla cucina alla sala, con piatti alla mano, oppure con il foglietto delle ordinazioni appena segnate.
Meggie si mise a mangiare non appena la cameriera le portò il piatto.
- Le darò altro tempo – convenne lo scrittore, seguito da una arcata di sopracciglia da parte della donna seduta di fronte a lei.
- Sarebbe il minimo – commentò lei sarcastica. John ricambiò facendo una smorfia, gli era sempre stata simpatica, sempre gentile con lui. Avevano scambiato un paio di chiacchiere qualche volta, mentre aspettava Rose per andare a pranzo insieme. Ora invece se ne stava sulla difensiva e cercava di proteggere la sua amica, invitandolo a pranzo per farla uscire tranquilla per mano con quello che era il suo ex ragazzo.
Sembra passata una vita intera si disse.
- Lei mi ama Meggie, non rinuncio a Rose. Le serve tempo e lo avrà…ma prima o poi, riusciremo a parlare. Solo noi due…mi dispiace per come sono andate le cose..ma se è veramente finita dovrà dirmelo lei guardandomi negli occhi.. – sentenziò lui, con quel suo tono inflessibile che solo poche altre persone, a parte Rose, avevano avuto l’occasione di sentire. Frugò nella tasca del suo lungo cappotto marrone, tirandone fuori il portafogli. Aprendo anch’esso estrasse una banconota che appoggiò sul tavolo. – Spero che mi scuserai, ma non ho molto appetito. Ti faccio tanti auguri per il bambino e per il tuo matrimonio. Buona giornata  - e detto questo se ne andò tremante di rabbia.
Decise volontariamente la fuga, di nuovo. Per non mostrarsi arrabbiato di fronte alla collega di Rose.
Doveva allontanarsi, chiudersi in casa davanti al computer e scrivere. Canalizzare la sua rabbia, in qualcosa.
E poi il lampo di un’idea.
Continuando a camminare estrasse il cellulare, facendo scorrere i numeri salvati memoria.
Premette il tasto di chiamata. Dovette aspettare solo il terzo squillo.
- Ciao dolcezza – lo salutò la voce femminile da l’altra parte del telefono.
- Dobbiamo parlare, basta con i giochi Melody –
- E allora ti aspetto John, sai esattamente dove trovarmi – ed attaccò.
John mise via il cellulare con un sospiro, si tornava a casa.
 
 

***

 
Ripercorrere quelle strade fu diverso, quel pomeriggio la neve non c’era. Al contrario vi era solamente un plumbeo cielo, che sembrava promettere pioggia da un momento a l’altro eppure questa non accennava a cadere.
John si fece lasciare a l’inizio della via, aveva bisogno di arrivarci a piedi. E passo dopo passo mettere un piccolo mattoncino per andare a comporre un solido muro nella sua mente, per schermarsi dal dolore. Come un film a rallentatore i fotogrammi di quel maledetto ritorno a casa gli si stamparono nella testa.
 
 

PAPAAAAAAAAAAAA!
 

 
 
L’urlo di Jenny riecheggiava ancora lungo quella via, ora silenziosa.
Istantanee di una vita recisa troppo presto che sarebbe dovuta diventare prima una adolescente e poi una donna bellissima. Ma non sarà mai così.
Non ebbe neanche bisogno di arrivare fino alla sua vecchia casa.
Lei era lì, al centro della strada…in quel punto esatto. E lo stava fissando ora.
- Ciao dolcezza -
Un brevissimo accenno di sorriso tirò le labbra contratte  dello scrittore, al ricordo del modo in cui solo sua moglie lo chiamava.
- Sei qui..- cominciò lui.
- Esattamente come quella volta…ma aspetta questa volta sei venuto a piedi, vedo che alla fine anche tu puoi rimediare ai tuoi errori –
John nel sentire quelle parole, avvertendo l’odio per niente trattenuto dal tono tagliente di Melody, perse colore.
- Non farti questo solo per ferirmi  - sussurrò lui, sperando che la smettesse di rivangargli in faccia quel giorno.
Melody parve fare un’espressione assorta, come se stesse valutando le sue parole, per poi aggiungere – Come hai fatto tu? Dare un bel colpo di spugna? Dimenticare? DimenticarLa?Non lo farò mai – sibilò lei.
Era bella Melody, come la sera  in cui l’aveva conosciuta. Lo sguardo, era molto diverso. I suoi occhi azzurri quella sera di molto tempo fa erano curiosi ed anche un po’ insicuri. Ora quegli stessi occhi lo stavano guardando con disprezzo ed odio. Perché John sapeva che stava solo usando il ricordo di sua figlia per incolparlo di tutto ciò che lei e Jenny avevano subito. Il suo assenteismo in famiglia.
- Come potrei dimenticarla Melody. Amavo Jenny più della mia stessa vita, anche sé non sono mai riuscito a dimostrarlo..dal giorno in cui me ne sono andato da casa non ho fatto altro che cercare di perdonarmi .Con la testa sapevo che era stato un incidente causato della neve. Ma il cuore mi diceva che se solo avessi visto Jenny ora lei sarebbe qui. In questi anni il momento peggiore è stato la notte, quando il dolore e i brutti ricordi tornavano a galla. …- e si interruppe un attimo a  raccogliere le forze e buttare tutto fuori, sotto gli occhi di Melody, che perdeva la sua espressione glaciale ad ogni sua parola.
-…ho cercato con tutte le mie forze di provare ad andare avanti, non rendendomi conto che non facevo altro che rimanere ancora più ancorato al passato. La realtà intorno a me andava avanti come se nulla fosse. Ma io rimanevo indietro chiuso in me stesso con i miei fantasmi. Poi è arrivata Rose.  E con lei al mio fianco tutto è cominciato ad andare meglio, con lei sono migliore, posso essere migliore….So che sei stata tu ad andare da lei, a raccontarle tutto..-
Lei lo guardava senza parole, poiché percepiva la verità di ciò che lo scrittore le aveva rivelato fin dentro il suo cuore, che ormai non faceva altro che battere solo per una necessaria funzione corporea ma che non amava più da quel pomeriggio di sei anni addietro.
Era diverso John, diverso in un modo in cui lei non avrebbe mai potuto renderlo.
- ..Gliene avrei parlato di lei, di noi. Volevo solo aspettare  che tu firmassi i documenti per il divorzio . Volevo trovare il coraggio di ammettere chi ero stato, e che forse sono ancora. -
E lei fece l’unica cosa giusta da fare, perché poteva solo agire, le parole non erano necessarie.
Gli diede le spalle e cominciò ad incamminarsi verso una piccola villetta dalla porta verde. Mentre camminava a passo leggero sentiva dietro di sé il marciare dello scrittore, che un po’ stupito aveva esitato ad andargli dietro.
Camminarono in questo modo per circa una ventina di metri, poi Melody aprì la porta. – Entra – lo invitò lei quando vide che John era restio ad entrare. Così lo prese per un braccio e lo trascinò a forza. Ed entrambi dopo anni si ritrovarono sotto lo stesso tetto.
La casa era spoglia, con molti scatoloni accatastati in quello che una volta era il salotto di casa.
- Tra qualche giorno verranno dei camion per finire di portare via tutto. Questa casa l’avevo messa in vendita tempo fa..a quanto pare sono riuscita a trovare un compratore… - e lo guardò attentamente negli occhi. -…sono andata da Rose, perché non volevo che tu fossi felice eliminando il passato…volevo che sapesse che persona eri in realtà. Ben aldilà di tutte le frivolezze con cui ti sei circondato… non sono pentita di quello che ho fatto. Eppure quella ragazza ti ama. – lo disse come se fosse una cosa del tutto anomala.
John stette ad ascoltarla attento, non perdendosi neanche un suo movimento od un piccolissimo accenno di espressione, qualsiasi potesse essere. E seppe con estrema chiarezza che se lui, era riuscito a cambiare, seppure in una piccolissima parte grazie a Rose. La donna di fronte a lui negli ultimi anni non aveva fatto altro che alimentare il dolore che portava dentro.
- Come avrai già visto è stato quasi tutto imballato c’è solo una stanza che rimane da fare..e vorrei che mi aiutassi…- e fece qualche altro passo verso una stanza.
E John, per quanto potesse essere ancora possibile, si fece ancora più pallido.
La stanza di Jenny, il letto e i mobili tutto era coperto da teli per non farli impolverare.
- Non avuto neanche il coraggio di spostare nulla..aiutami con questa stanza, firmerò i documenti per il divorzio e sarai libero…e così anche io..-
John che era sempre stato un uomo quasi impenetrabile non potè fare a meno di trattenere le lacrime.
Perché era arrivato finalmente il momento di salutare la loro piccola. Entrambi a modo loro stavano per chiudere con il capitolo più doloroso della loro vita. Ma senza dimenticare.
Stavano per dire addio al dolore.
Ora dovevano solo andare avanti da soli.
 
 

***

 
 
 
Due mesi.
Da quando aveva smesso di vedere John. E lui non si era più fatto vedere. Era stato quasi di parola, quasi perché sapeva che sarebbe arrivato il momento del confronto.
 
Di cosa hai veramente paura Rose?
 
La domanda,che Martha le aveva posto la sera precedente, continuava a ronzarle nella testa.
Di cosa aveva paura?
Di essersi innamorata di una immagine. Di quello che John aveva costruito intorno a sé ma che non rispecchiava minimamente ciò che era il suo vero io.
Quello che gli aveva raccontato quella donna, Melody Pond, gli ronzava ancora nelle orecchie come un sottofondo fastidioso che non accennava a smettere.
Ed aveva fatto sì di insinuare il dubbio in quelle che per Rose erano sempre state delle certezze.
Come il sorriso che John le rivolgeva, sempre luminoso e contagioso.
Ma il dubbio, una volta instillato continuava a crescere. Portando a compiere decisioni del tutto sconsiderate.
- Tesoro? -
Rose voltò la testa, rivolgendo una annoiata attenzione a l’uomo che sedeva accanto a lei. Alla sua destra in una comoda poltrona del cinema.
Mitch.
Si erano rincontrati una mattina per caso, ad incrocio improvviso di sguardi. Lui dopo averla riconosciuta le aveva sorriso ed insistito per offrirle qualcosa al bar. Si erano visti il giorno seguente e quello dopo ancora. Sempre su richiesta di lui. E lei non aveva fatto altro che annuire con quella passiva attenzione che veniva prestata per questioni assolutamente prive di importanza.
Così si era trovata coinvolta in questo ciclo di appuntamenti inconcludenti.
“ Sta provando a riconquistarmi a piccole dosi” pensò una volta.
E lei glielo stava lasciando fare. Come se la cosa non gli importasse. Perché Mitch non era John, mano che in quel momento stava stringendo la sua non era quella calda e rassicurante di John.
E a lei stava bene.
Così permise al ragazzo di continuare a tenerle la mano. Mentre si rimettevano a guardare una insulsa commedia.
 
 
- Allora buona notte Rose – fece Mitch augurandole la buona notte davanti al portone di casa della ragazza.
- Notte anche a te.. – e la sua voce si spense quando vide che l’uomo si stava abbassando alla stessa altezza del suo viso, con gli occhi fissi sulle sue labbra. Qualche secondo e si sarebbero baciati, forse…perché la bionda voltò la testa, ottenendo una lieve pressione sulla guancia.
Senza dire nulla, non preoccupandosi del’occhiata delusa che gli aveva rivolto il suo accompagnatore si sbrigò a chiudere. Quando il lampeggiare in lontananza di fare di una macchina che conosceva molto bene le fecero chiudere con più lentezza la porta.
Ianto Jones, l’autista della casa editrice dove John lavorava era ad una decina di metri di casa sua. Appostato peggio di una sentinella.
Tuttavia l’autista non sembrava una persona che potesse fare cose come spiare..a meno che..
…a meno che non lo avesse mandato John. Doveva assolutamente verificare.
Così aspetto di sentire il motore della macchina di Mitch avviarsi per poi andarsene. Prontamente la ragazza aprì la porta e si diresse verso Ianto a passo di marcia.
- Buonasera signorina Tyler -  salutò lui formale, una volta sceso dalla macchina – chiedo scusa per l’appostamento, ma era l’unico modo per attirare la sua attenzione.. -
La postura così abbottonata con cui si presentava l’autista aveva sempre fatto apparire un piccolo sorriso alla bionda.
- Ianto che ci fa qui a quest’ora?- chiese la ragazza, aveva visto Ianto Jones solo un paio di volte. Tuttavia sua madre era diventata, inspiegabilmente, una convinta sostenitrice, di una “presunta relazione” tra lui e Jack Harkness, John parlava spesso di loro.
- A dire il vero, volevo parlarle del signor Smith –
Il tono grave che aveva usato la mise subito in allarme. - È successo qualcosa? – chiese immediatamente con voce agitata.
- No no! – chiari subito l’autista, alquanto sorpreso dalla grande preoccupazione mostrata dalla ragazza, pensava che ormai la loro storia fosse un capitolo ormai chiuso. A quanto pare si sbagliava.
Decise per cui, di tentare una cosa.
- Il signor Smith sta bene, anche se passa gran parte del suo tempo a lavorare. Ce la sta mettendo tutta. E lei? -
- Il ragazzo che mi ha riaccompagnato a casa non significa nulla per me…- si difese subito lei, portando le mani avanti.
- Non volevo insinuare nulla –
- Davvero..Mitch non significa nulla. È una brava persona ma - - Ma non è John, era questo che voleva dire? – azzardò lui. E la bionda annuì lievemente con la testa.
La ragazza non ebbe il coraggio di sostenere il suo sguardo, questo fece provare molta tenerezza a l’autista. Così decise di essere sincero anche lui. Perché se Rose avesse dimostrato di non provare più alcun sentimento per lo scrittore, allora avrebbe liquidato quel improbabile  appostamento con una qualche scusa convincente.
Fortuna che non era così.
Per cui se ne tornò in macchina aprendo lo sportello dalla parte del passeggero e ne tirò fuori un pacco, che porse alla bionda.
- Questo è qualcosa che lei non dovrebbe avere. Non so che cosa sia, quello che le posso dire è che è per lei. John ci ha messo quasi due ore a scriverlo, per poi gettarlo nella spazzatura. So che non sarei dovuto andare a vedere, ma dopo che lui se n’è andato dal suo ufficio, mi sono ritrovato questo pacco tra le mani con il suo nome scritto..ho pensato che dovesse averlo…-
Rose gli scoccò uno sguardo interrogativo, rigirandosi il pacco tra le mani, incerta.
- Ci dia un’occhiata e poi decida…la scelta spetta solo a lei. Buonanotte signorina Tyler -  Ianto si congedò silenziosamente ed educatamente, nella stessa maniera con cui aveva attirato la sua  attenzione appena dieci minuti prima.
Ianto accese la macchina e se ne andò, dallo specchietto retrovisore vide la figura della ragazza,che teneva ancora il pacco tra le mani, farsi ancora più piccola a causa della distanza.
Silenziosamente continuò a guidare, percorrendo un altro buon quarto d’ora di strada prima di poter parcheggiare la macchina davanti alla propria casa. Trovando un’ospite che l’aspettava sulle scale del portone.
- Ma dove accidenti sei stato? Non hai risposto alle mie chiamate! – tuonò Jack, dal tono si capiva che si era preoccupato. Ianto non mancava mai di rispondere a chiamate o messaggi. Solo che quella volta aveva deciso di corsa di andare da Rose, di fare qualcosa per lei e John ,non aveva pensato al fatto che ora non rispondeva più solo a se stesso.
- …Mi dispiace, mi sono dimenticato di avvisarti – biascicò l’autista con un tono abbastanza sconvolto per essere giunto ad una tale constatazione.
- Ok. Basta solo che la prossima volta non mi fai preoccupare- lo rassicurò Jack in tono leggero.
- Ora è meglio se vai, domani hai una riunione importante – lo congedò Ianto Jones mentre apriva il portone di casa.
- Mi fai salire? – Ianto inarcò le sopracciglia, in una palese espressione scettica. Non era la prima volta che Jack gli faceva una richiesta del genere, o che non palesasse la voglia di farlo rimanere a casa sua per la notte.    
Ianto sapeva essere molto paziente, almeno quanto Jack poteva battere sullo stesso tasto una volta che si metteva in testa una cosa.
Quindi sapeva che prima o poi lo avrebbe invitato, ma non quella sera.
Ma questo non voleva dire che non poteva prendersi una piccola rivincita su di lui. Così lanciandogli uno sguardo penetrante lo tenne fermo con lo sguardo, mentre faceva un paio di passi verso di lui.
Prendendosi tutto il tempo che gli occorreva, sapendo che gli occhi di Jack non lo perdevano di vista, inclinò leggermente la testa. Facendo pericolosamente vicino a lui. L’altro se ne stava immobile in attesa.
Un secondo ed agì. Veloce come un fulmine sfiorò  la sua fronte con le proprie labbra  per poi staccarsi con altrettanta velocità.
- Notte Jack- e altrettanto velocemente girò la chiave del portone ed entrò. Lasciando Jack completamente inebetito .
Salendo le scale, Ianto udì chiaramente la risata fragorosa di Jack riecheggiare da l’esterno per poi sentirgli dire – Prima o poi Ianto! Prima o poi…- in una velata minaccia.
A l’autista scappò un piccolo sorriso.
 
 
 

***


Con un passo silenzioso, per non svegliare Martha che dormiva nella camera accanto, Rose aprì la porta della sua stanza e la richiuse dietro di sé.
Si sedette sul letto a gambe incrociate, poggiando il pacco che aveva tra le mani davanti a sé.
Cosa doveva fare, vederne il contenuto oppure difarsene e chiudere con il capitolo John Smith?
Ma era quello che voleva veramente? Dimenticare tutto quello che avevano condiviso?
No si disse la ragazza. Perché le emozioni che aveva provato con John non le avrebbe mai provate con Mitch, per quanto lui ce la mettesse tutta per far funzionare le cose.
John aveva preparato quel pacchetto per una ragione, per dirle qualcosa.
Lo scartò si ritrovò tra le mani due grandi libri e un gruppo di fogli.
 
 
“ Rose,
non so perché sto scrivendo questa cosa…lettera? Si lettera, ti sto scrivendo una lettera dove posso scrivere tutte le cose che non ho ancora il coraggio di dirti in faccia…e credimi sono veramente tante. La verità  è che mi manchi, e sentire la mancanza di qualcuno fa compiere azioni inaspettate. Qualche settimana fa ero ad una ventina di metri dal tuo negozio e ti ho visto uscire con un ragazzo.
La tua collega Meggie che ho incontrato lo stesso giorno mi ha detto tutto, non nascondendo una nota leggermente contenta nel vedermi ferito nel vederti con qualcun altro nonostante non ne abbia nemmeno il diritto.
Ma se c’è una cosa che ho imparato nella mia vita è che non si può scappare per sempre. Perché, sarà una frase fatta, alla fine tutti i modi tornano al pettine..le cose lasciate in sospeso tornano a farsi vive con una potenza che non sempre siamo in grado di sopportare, e allora si scappa. Perché è molto meglio ricominciare sempre daccapo che cercare di salvare quello che resta di una situazione. Stavolta non sarà così.
Stavolta è mia intenzione restare. Con i miei guai e i miei difetti…che mi rendo conto essere l’unica cosa che posso darti.
Vorrei convincermi di essere una persona altruista, e dire che sono contento di vederti con un’altra persona al tuo fianco. Non è così. Perché volevo esserci io a tenerti per mano.
Continuo ad aspettarti Rose, il viaggio in Norvegia continua a rimanere prenotato. Spero che riusciremo a farlo insieme.
Solo un’ultima cosa i due libri che ti ho dato insieme a questi fogli. Sono le bozze definitive del prossimo libro che pubblicherò. Se vuoi conoscermi e rivivere la nostra storia attraverso i miei occhi dovrai leggere fino a l’ultima riga. Poi potrai sentirti libera di fare qualunque cosa.
Ad essere onesti non ho la più pallida idea se avrò mai il coraggio di consegnarti tutto questo. Forse non lo riceverai. Ma fino a che non avrai questo pacco spero che tu sappia che hai il mio cuore e sé anche questo non dovesse bastare, hai anche la mia mente. Perché non c’è giorno che passi da quando è successo tutto questo che non pensi a te Rose.
Insieme possiamo farcela, ce la posso fare ad essere migliore per te.
 
Ti amo
John”
 
 
 
 
Il cuore di Rose ci impiegò circa dieci minuti per tornare a battere normalmente.  E la ragazza non perse altro tempo. Prese il primo libro ed iniziò a leggere.








Buona sera! Eccoci qui con il nuovo capitolo, naturalmente spero che vi piaccia. Che ne pensate dei comportamenti di John e Rose? Aspetto di sapere le vostre impressioni, come potete notare la ditta Jack & Ianto ha fatto nuovamente la sua comparsa. Devo ammettere che mi diverto molto a scrivere di loro.
Detto questo vi lascio alla lettura, lasciate un commento se volete.
Grazie mille a tutti voi che seguite la storia, il prossimo aggiornamento verso la metà di aprile! Ciaooooo Cristie.

   
 
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