Il regalo
adatto
“Senti, ho un dubbio che mi
assale da quando sono finito qui
e ti ho conosciuto”
“Quale?”
“Ma tu ce l’hai un nome?”
“Certo, mi chiamo Gatto”
“Gatto? Non mi pare un nome molto originale”
“Sì, lo penso anche io, ma che vuoi farci a mia
madre piaceva”
“A te invece come sarebbe piaciuto chiamarti?”
“Ho sempre adorato G come nome”
“G? Solo una lettera? Non preferisci qualcosa di
più elaborato?”
“ Perché mai dovrei preferirlo, noi felini non
siamo contorti come voi umani. I
nostri nomi hanno poche varianti, ci si può chiamare: Gatto,
Gatto I, Gatto II,
Gatto III, G, G I, GII, G III, Miao, Miao I, Miao II, Miao III oppure
Vercingetorige, Vercingetorige I, Vercingetorige II, Vercingetorige
III”
“Vercingetorige è un nome molto
complesso”
“No, non è vero”
“Sì, è vero”
“No”
“Sì”
“No, non è complesso; voi umani avete una bella
faccia tosta, pensate sempre di
sapere tutto. Cosa vuoi capirne tu di nomi gatteschi se fino a poche
ore fa
neppure sapevi che i gatti parlano?”
“Gatto ha ragione, sei un po’ arrogante”
si intromise il piccione.
“Va bene, avete ragione voi! Invece tu piccione? Come ti
chiami?”
“Io mi chiamo…”
“Oh lascia perdere, io convivo con lui da un sacco di tempo e
ancora non ho
capito come fare a pronunciare il suo nome”
“Capisco. Bene, allora che si fa adesso? Mi porti a conoscere
la mia anima
gemella?”
“Ma tua madre ti ha tirato su veramente maleducato!”
“L’uccello ha ragione; cosa credi? Di poterti
presentare a casa delle persone
senza neppure portare un pensierino? Che cafone!”
“Scusate, non ci avevo pensato”
“Sì, lo avevamo capito”
“Allora cosa posso comprare?”
“Non saprei devi decidere tu, in fondo si tratta della tua di
anima gemella,
mica della mia! Se fosse la mia saprei cosa portare in dono”
“Ma io questo tizio manco lo conosco. Anzi, ora che ci penso,
tu neppure sai
quali sono i miei gusti. Passi che hai deciso di accoppiarmi con un Lui
anziché
con una Lei ma, se neppure ti dico come mi piacerebbe che fosse, tu
come fai a
sapere se quella che hai scelto è la persona adatta a
me?”
“Ok, allora dimmi cosa ti piacerebbe”
sospirò il gatto rassegnato.
“Dunque per prima cosa il carattere.”
“Forza parla che altrimenti si fa notte!”
“Vorrei un uomo dolce, che sappia apprezzare
l’affetto e l’amore che gli donerò
ogni giorno. Un uomo amabile, che trovi conforto nel calore famigliare
e che
sia attivo nella comunità. Un uomo giusto, che sappia sempre
distinguere tra
ciò che è giusto e ciò che
è sbagliato, e che nonostante le difficolta scelga
sempre la strada dell’onestà.”
“Solo? Niente altro?”
“Bhè, se poi penso all’aspetto fisico,
direi che mi piacerebbe fosse più
giovane di me. Non di molto, io ho trentaquattro anni e mi piacerebbe
che ne
avesse circa venticinque o ventisei.”
“Altro?”
“Umm, no è tutto!”
“Bene! Sono felice che abbiamo fatto questa
chiacchierata”
“Allora, quella che mi vuoi presentare è la mia
anima gemella?”
“Sì”
“E corrisponde in tutto e per tutto alla descrizione che ti
ho fatto?”
“No”
“Ma…”
“Senti, te lo ripeto, il mio lavoro è quello di
accoppiare gli umani. Non sarà
di certo uno come te a farmi dubitare delle mie
capacità”
“Uffa, sei il peggior Cupido che mi potesse
capitare”
“Ah no, credimi, lui è gentile. Tempo fa ho
conosciuto alcuni suoi colleghi…
erano dei cani” disse l’uccello intromettendosi
nella conversazione, dato che
gli altri due parevano essersi scordati della sua presenza.
“Sono così cattivi?” domandò
Massimo preoccupato.
“Cattivi? No, semplicemente ho detto che Gatto è
gentile e che i suoi colleghi
sono cani”
“Ma se sono cani…”
“Cosa ti riesce difficile da capire?”
miagolò il gatto irritato, “Sono cani,
abbaiano, si leccano il sedere, si rincorrono la coda e
scodinzolano!”
“Sai che avevi ragione? Questo umano è davvero
esasperante”
“Lo so uccello ma bisogna pazientare fintanto che non
concluderò il mio lavoro”
“Hei, io… Oh fa niente, dimmi solo cosa devo
comprargli!”
“Ancora? Non lo so cosa devi prendergli è la tua
anima gemella, mica la mia!”
soffiò al limite della sopportazione il gatto.
“Ok, ok… Che ne dici di un tappeto?”
“Sì, direi che è una splendida idea,
sono certo che un tappeto sarà un regalo
davvero azzeccato”
“Sul serio? Io lo dicevo tanto per dire, solo
perché lì in fondo ho notato una
bancarella che vende tappeti”
“Sì, sì, sono arci sicuro che il
tappeto è un regalo più che adatto”
“Allora lo prendo? Lo pago con i soldi che mi ha regalato la
sarta o me ne dai
altri tu?”
“Per chi mi hai preso? Sono un gatto, io non ho soldi, non ho
neppure i pollici
opponibili!”
Massimo annuì e poi grattandosi un fianco si
avviò verso il venditore.
Dopo poche contrattazioni il ragazzo tornò indietro con,
sotto il braccio, un
grosso tappeto di quasi due metri per tre.
“Fatto, possiamo andare” disse appena raggiunse gli
animali.
“Perché lo hai preso di quel colore?”
“Non ti piace?”
“Pare vomito rinsecchito, e poi i disegni, sembrano fatti da
un bambino”
“A me piaceva e poi era l’unico che potevo
permettermi con i soldi che avevo”
“Capsico sei andato al risparmio”
“Non è vero, però mi sono dovuto tenere
qualche spicciolo sennò come lo compro
il pane?”
“Ancora con questa storia? Ti ho già detto che
mangerai una volta incontrato il
tuo futuro fidanzato”
“Io ho fame adesso!”
“Bhè, non ci posso fare niente, tienitela, quando
arriveremo a destinazione
faremo una grigliata di pesce”
“Pesce? A me non piace, lo trovo viscido e anche
l’odore è nauseabondo”
“Potrebbe essere un problema” mormorò il
gatto perplesso tra sé e sé.
“Perché?”
“Oh nulla di importante, vorrà dire che io
mangerò anche la tua porzione di
pesce e tu ti nutrirai con il maledettissimo pane che continui a
menzionare”
“Il pane è buono “ si difese Massimo
riprendendo senza accorgersene a grattarsi
un fianco.
Il gatto fece un balzo indietro spaventato.
“Cosa c’è?” chiese basito
Massimo.
“Hai le pulci! Stammi alla larga”
“Io non ho le pulci”
“Sì che le hai, è da quando siamo
usciti dalla sartoria che continui a
grattarti il fianco destro”
“Non ho le pulci, è solo che
c’è qualcosa che mi da terribilmente
fastidio”
“Le pulci danno fastidio”
“Gatto piantala, io non ho le pulci!”
“D’accordo ti concedo il beneficio del dubbio, ma
sappi che se mi infetti ti
graffierò la faccia talmente tanto che le
ferite formeranno una decorazione permanente!”
“Non lo faresti mai!”
“Fidati lo farebbe, a lui piace vedere il sangue che sgorga
dalle ferite aperte
che ha inferto ai suoi avversari” mormora il piccione, quasi
compiaciuto della conoscenza
profonda che possedeva del carattere di Gatto.
“Ma è una cosa orribile”
“Non è così, Gatto è un vero
artista, è un mago nel ferire gli esseri umani.
Pensa che crea addirittura delle decorazioni… come se si
trattasse di un
quadro”
“Un Cupido a cui piace ferire a morte i suoi
protetti… Fantastico, sono proprio
in buone mani”
“Non lamentarti poteva andarti peggio”
“Sul serio?”
“Oh sì, poteva capitarti mio cugino Gatto, lui
è molto irritabile soprattutto
con gli esseri umani, se vuoi te lo presento. Una volta ha sfregiato in
modo
permanente un’intera legione di romani, solo
perché quelli marciando gli
avevano disturbato il sonnellino pomeridiano”
“Va bene ho capito l’antifona. Comunque ribadisco,
non ho le pulci perciò non
serve che tu mi sfiguri la faccia”
“Peccato, un po’ di ferite sanguinolente adesso ci
sarebbero state bene, sai
giusto per interrompere un po’ la monotonia della
situazione”
Il felino decise che ormai il tempo di far incontrare le anime gemelle
era
giunto perciò si incamminò urlando:
“Forza muoviti, sono stufo di averti tra i piedi. Prima vi
incontrate, prima vi
innamorate, prima mi libererò di te”
“Gentile…” sussurrò Massimo
incamminandosi dietro di lui e grattandosi un’altra
volta.”
“Sì? Cosa vuoi?” domandò il
piccione.
“Niente perché?”
“Ma se mi hai chiamato?”
“Chi io?” chiese dubbioso Massimo.
“Hai detto Gentile”
“Sì l’ho tetto ma mi riferivo a
Gatto”
“Ah ecco pensavo stessi chiamando me”
“Ma il tuo nome non era impronunciabile?”
“Che ci posso fare se il gatto che mi tiene in bocca non sa
pronunciare la
parola Gentile”
“Quindi tu ti chiami così?”
“No”
“Ma scusa hai appena detto…”
“Cosa?”
“Credevo che ti chiamassi Gentile”
“Infatti mi chiamo così, è il mio
cognome”
“E invece il tuo nome qual è? Forse io riesco a
pronunciarlo”
“Mi chiamo: Grroorrrolflfllffllfllfry Truuurrruuuurrry
Frifillu con la u
finale, tanti si confondono e mi
storpiano il nome chiamandomi
Grroorrrolflfllffllfllfry Truuurrruuuurrry
Frifillo”