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Autore: NonnaPapera    31/03/2012    1 recensioni
Storia nonsense di amore slash e di un gatto con in bocca un picicone
Genere: Comico, Demenziale, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il regalo adatto

“Senti, ho un dubbio che mi assale da quando sono finito qui e ti ho conosciuto”
“Quale?”
“Ma tu ce l’hai un nome?”
“Certo, mi chiamo Gatto”
“Gatto? Non mi pare un nome molto originale”
“Sì, lo penso anche io, ma che vuoi farci a mia madre piaceva”
“A te invece come sarebbe piaciuto chiamarti?”
“Ho sempre adorato G come nome”
“G? Solo una lettera? Non preferisci qualcosa di più elaborato?”
“ Perché mai dovrei preferirlo, noi felini non siamo contorti come voi umani. I nostri nomi hanno poche varianti, ci si può chiamare: Gatto, Gatto I, Gatto II, Gatto III, G, G I, GII, G III, Miao, Miao I, Miao II, Miao III oppure Vercingetorige, Vercingetorige I, Vercingetorige II, Vercingetorige III”
“Vercingetorige è un nome molto complesso”
“No, non è vero”
“Sì, è vero”
“No”
“Sì”
“No, non è complesso; voi umani avete una bella faccia tosta, pensate sempre di sapere tutto. Cosa vuoi capirne tu di nomi gatteschi se fino a poche ore fa neppure sapevi che i gatti parlano?”
“Gatto ha ragione, sei un po’ arrogante” si intromise il piccione.
“Va bene, avete ragione voi! Invece tu piccione? Come ti chiami?”
“Io mi chiamo…”
“Oh lascia perdere, io convivo con lui da un sacco di tempo e ancora non ho capito come fare a pronunciare il suo nome”
“Capisco. Bene, allora che si fa adesso? Mi porti a conoscere la mia anima gemella?”
“Ma tua madre ti ha tirato su veramente maleducato!”
“L’uccello ha ragione; cosa credi? Di poterti presentare a casa delle persone senza neppure portare un pensierino? Che cafone!”
“Scusate, non ci avevo pensato”
“Sì, lo avevamo capito”
“Allora cosa posso comprare?”
“Non saprei devi decidere tu, in fondo si tratta della tua di anima gemella, mica della mia! Se fosse la mia saprei cosa portare in dono”
“Ma io questo tizio manco lo conosco. Anzi, ora che ci penso, tu neppure sai quali sono i miei gusti. Passi che hai deciso di accoppiarmi con un Lui anziché con una Lei ma, se neppure ti dico come mi piacerebbe che fosse, tu come fai a sapere se quella che hai scelto è la persona adatta a me?”
“Ok, allora dimmi cosa ti piacerebbe” sospirò il gatto rassegnato.
“Dunque per prima cosa il carattere.”
“Forza parla che altrimenti si fa notte!”
“Vorrei un uomo dolce, che sappia apprezzare l’affetto e l’amore che gli donerò ogni giorno. Un uomo amabile, che trovi conforto nel calore famigliare e che sia attivo nella comunità. Un uomo giusto, che sappia sempre distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e che nonostante le difficolta scelga sempre la strada dell’onestà.”
“Solo? Niente altro?”
“Bhè, se poi penso all’aspetto fisico, direi che mi piacerebbe fosse più giovane di me. Non di molto, io ho trentaquattro anni e mi piacerebbe che ne avesse circa venticinque o ventisei.”
“Altro?”
“Umm, no è tutto!”
“Bene! Sono felice che abbiamo fatto questa chiacchierata”
“Allora, quella che mi vuoi presentare è la mia anima gemella?”
“Sì”
“E corrisponde in tutto e per tutto alla descrizione che ti ho fatto?”
“No”
“Ma…”
“Senti, te lo ripeto, il mio lavoro è quello di accoppiare gli umani. Non sarà di certo uno come te a farmi dubitare delle mie capacità”
“Uffa, sei il peggior Cupido che mi potesse capitare”
“Ah no, credimi, lui è gentile. Tempo fa ho conosciuto alcuni suoi colleghi… erano dei cani” disse l’uccello intromettendosi nella conversazione, dato che gli altri due parevano essersi scordati della sua presenza.
“Sono così cattivi?” domandò Massimo preoccupato.
“Cattivi? No, semplicemente ho detto che Gatto è gentile e che i suoi colleghi sono cani”
“Ma se sono cani…”
“Cosa ti riesce difficile da capire?” miagolò il gatto irritato, “Sono cani, abbaiano, si leccano il sedere, si rincorrono la coda e scodinzolano!”
“Sai che avevi ragione? Questo umano è davvero esasperante”
“Lo so uccello ma bisogna pazientare fintanto che non concluderò il mio lavoro”
“Hei, io… Oh fa niente, dimmi solo cosa devo comprargli!”
“Ancora? Non lo so cosa devi prendergli è la tua anima gemella, mica la mia!” soffiò al limite della sopportazione il gatto.
“Ok, ok… Che ne dici di un tappeto?”
“Sì, direi che è una splendida idea, sono certo che un tappeto sarà un regalo davvero azzeccato”
“Sul serio? Io lo dicevo tanto per dire, solo perché lì in fondo ho notato una bancarella che vende tappeti”
“Sì, sì, sono arci sicuro che il tappeto è un regalo più che adatto”
“Allora lo prendo? Lo pago con i soldi che mi ha regalato la sarta o me ne dai altri tu?”
“Per chi mi hai preso? Sono un gatto, io non ho soldi, non ho neppure i pollici opponibili!”
Massimo annuì e poi grattandosi un fianco si avviò verso il venditore.
Dopo poche contrattazioni il ragazzo tornò indietro con, sotto il braccio, un grosso tappeto di quasi due metri per tre.
“Fatto, possiamo andare” disse appena raggiunse gli animali.
“Perché lo hai preso di quel colore?”
“Non ti piace?”
“Pare vomito rinsecchito, e poi i disegni, sembrano fatti da un bambino”
“A me piaceva e poi era l’unico che potevo permettermi con i soldi che avevo”
“Capsico sei andato al risparmio”
“Non è vero, però mi sono dovuto tenere qualche spicciolo sennò come lo compro il pane?”
“Ancora con questa storia? Ti ho già detto che mangerai una volta incontrato il tuo futuro fidanzato”
“Io ho fame adesso!”
“Bhè, non ci posso fare niente, tienitela, quando arriveremo a destinazione faremo una grigliata di pesce”
“Pesce? A me non piace, lo trovo viscido e anche l’odore è nauseabondo”
“Potrebbe essere un problema” mormorò il gatto perplesso tra sé e sé.
“Perché?”
“Oh nulla di importante, vorrà dire che io mangerò anche la tua porzione di pesce e tu ti nutrirai con il maledettissimo pane che continui a menzionare”
“Il pane è buono “ si difese Massimo riprendendo senza accorgersene a grattarsi un fianco.
Il gatto fece un balzo indietro spaventato.
“Cosa c’è?” chiese basito Massimo.
“Hai le pulci! Stammi alla larga”
“Io non ho le pulci”
“Sì che le hai, è da quando siamo usciti dalla sartoria che continui a grattarti il fianco destro”
“Non ho le pulci, è solo che c’è qualcosa che mi da terribilmente fastidio”
“Le pulci danno fastidio”
“Gatto piantala, io non ho le pulci!”
“D’accordo ti concedo il beneficio del dubbio, ma sappi che se mi infetti  ti graffierò la faccia talmente tanto che le ferite formeranno una decorazione permanente!”
“Non lo faresti mai!”
“Fidati lo farebbe, a lui piace vedere il sangue che sgorga dalle ferite aperte che ha inferto ai suoi avversari” mormora il piccione, quasi compiaciuto della conoscenza profonda che possedeva del carattere di Gatto.
“Ma è una cosa orribile”
“Non è così, Gatto è un vero artista, è un mago nel ferire gli esseri umani. Pensa che crea addirittura delle decorazioni… come se si trattasse di un quadro”
“Un Cupido a cui piace ferire a morte i suoi protetti… Fantastico, sono proprio in buone mani”
“Non lamentarti poteva andarti peggio”
“Sul serio?”
“Oh sì, poteva capitarti mio cugino Gatto, lui è molto irritabile soprattutto con gli esseri umani, se vuoi te lo presento. Una volta ha sfregiato in modo permanente un’intera legione di romani, solo perché quelli marciando gli avevano disturbato il sonnellino pomeridiano”
“Va bene ho capito l’antifona. Comunque ribadisco, non ho le pulci perciò non serve che tu mi sfiguri la faccia”
“Peccato, un po’ di ferite sanguinolente adesso ci sarebbero state bene, sai giusto per interrompere un po’ la monotonia della situazione”
Il felino decise che ormai il tempo di far incontrare le anime gemelle era giunto perciò si incamminò urlando:
“Forza muoviti, sono stufo di averti tra i piedi. Prima vi incontrate, prima vi innamorate, prima mi libererò di te”
“Gentile…” sussurrò Massimo incamminandosi dietro di lui e grattandosi un’altra volta.”
“Sì? Cosa vuoi?” domandò il piccione.
“Niente perché?”
“Ma se mi hai chiamato?”
“Chi io?” chiese dubbioso Massimo.
“Hai detto Gentile”
“Sì l’ho tetto ma mi riferivo a Gatto”
“Ah ecco pensavo stessi chiamando me”
“Ma il tuo nome non era impronunciabile?”
“Che ci posso fare se il gatto che mi tiene in bocca non sa pronunciare la parola Gentile”
“Quindi tu ti chiami così?”
“No”
“Ma scusa hai appena detto…”
“Cosa?”
“Credevo che ti chiamassi Gentile”
“Infatti mi chiamo così, è il mio cognome”
“E invece il tuo nome qual è? Forse io riesco a pronunciarlo”
“Mi chiamo: Grroorrrolflfllffllfllfry Truuurrruuuurrry Frifillu con la u finale, tanti si confondono e mi  storpiano il nome chiamandomi  Grroorrrolflfllffllfllfry Truuurrruuuurrry Frifillo”

   
 
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