Il migliore
amico
dell’uomo
“Io direi che il rosso le
starebbe decisamente bene!”
esclamò entusiasta la donna battendo le mani felice.
“Signora, glielo ripeto:
non voglio una
tunica, voglio del pane” ribatté Massimo al limite
dell’esasperazione.
“Senti giovanotto, forse sei un povero liberto senza soldi,
però non puoi
andartene in giro in mutande, finirai per farti arrestare”
Massimo si fissò i vestiti che aveva addosso e in
particolare osservò i
pantaloni aderenti di colore bianco perla.
“Questi non sono mutande, sono pantaloni!”
“Non so cosa voglia dire pantaloni ma, tu hai urgente bisogno
di un vestito.
Non puoi girare per la capitale conciato in quel modo
assurdo”
“Ma perché insiste? Voglio solo mangiare”
“Oh, che sciocca. Hai ragione, devi essere affamato; povero
come sei non avrai
monete neppure per comprarti un tozzo di pane”
Massimo sollevo un sopracciglio, ma dato che la versione della donna si
avvicinava di molto alla verità decise di non scendere in
particolari.
“Sì, è esattamente come dice
lei”
“Non preoccuparti ti aiuterò io”
“Mi darà da mangiare?”
“No! Ti creerò un bel vestito, così
potrai cercarti un lavoro onesto e
comprarti tutto il cibo che vuoi.”
Massimo scosse la testa frustrato; aveva fame, il fuso orario tra un
secolo e
l’altro doveva essere molto, infatti gli pareva di non
mangiare da decenni.
Purtroppo quella donna si era avvinghiata a lui come un koala su un
albero,
perciò l’idea di scappare non era neppure
lontanamente contemplabile.
“Allora dimmi come la vuoi la veste?” riprese
insistente la donna.
“Non saprei non mi intendo di queste cose”
“Un bel porpora, secondo me ti starebbe
d’incanto… Anche se devo dire che sei
un pochino palliduccio. Dovresti mangiare di più
sai?”
“Ma…” Massimo stava per urlare di
frustrazione ma la signora imperterrita
riprese:
“Sai, ho della seta bellissima che mi è arrivata
da poco, credo che sulla tua
carnagione sbiadita ci starebbe a meraviglia”
“Come vuole lei”
“Bene allora che seta sia!” decretò
entusiasta la sarta.
“Ehi un momento”
“Cosa c’è, hai cambiato idea?”
“Ma in questo periodo storico la seta non ci dovrebbe ancora
essere o sbaglio?”
“Non capisco cosa stai dicendo”
“Insomma, Marco Polo, le Indie e la seta… Non ci
dovrebbe essere un simile
materiale, per lo meno credo” mormorò confuso.
“Non capisco cosa stai dicendo”
“Sto dicendo che nessuno ha ancora portato dalle Indie la
seta”
“Non capisco cosa stai dicendo”
“Ma… Uff ci rinuncio”
“Meno male, cominciavo a pensare che ti mancasse qualche
rotella” sbottò la
donna e poi si infilò nel retro bottega a trafficare tra le
stoffe.
Dopo alcuni minuti né uscì tutta trionfante ed
entusiasta.
“Guarda qua, mi ero dimentica di avere due
tonalità di rosso. Cosa preferisci,
rosso vinaccia o rosso pomodoro?”
“Forse il rosso pomodoro è un po’ troppo
accesso” mormorò Massimo perplesso.
“Dici? Mi sa che hai ragione. Bene allora vada per un vestito
di seta rosso
vinaccia”
“Ehi un momento”
“Cielo di nuovo? Se è ancora per la storia della
seta, ti ripeto che non so di
cosa stai parlando!”
“Ma in questo periodo storico i pomodori non dovrebbero
essere ancora
conosciuti o sbaglio?”
“Non capisco cosa stai dicendo”
“Insomma, Cristoforo Colombo le Americhe e i
pomodori…Non ci dovrebbe essere
una simile cosa, per lo meno credo”
“Non capisco cosa stai dicendo”
“Sto dicendo che nessuno ha ancora portato dalle Americhe il
frutto di
pomodoro”
“Non… Un momento ho capito cosa intendi!”
“Davvero?!”
“Certo, il fatto è che ti confondi ragazzo, il
pomodoro non è un frutto”
“Sì, lo è”
“No, non lo è”
“Sì, lo è”
“No, non lo è”
“Sì, lo… Senta signora, con tutto il
rispetto, sono certissimo che i pomodori
siano un frutto, molti credono erroneamente che siano ortaggi,
però mi creda
sono frutti!”
“Ortaggi, frutti… Povero caro, tutti quegli anni
di schiavitù devono averti
menomato il cervello”
Massimo incrociò le braccia e la fissò torvo,
riflettendo sulla possibilità di strangolarla.
Commettere un omicidio in un secolo differente dal suo sarebbe stato
ugualmente
reato?
La donna, incurante dell’espressione del suo interlocutore,
continuò come se
nulla fosse.
“Lo sanno tutti che il pomodoro è una
tonalità di colore rosso e prende il nome
dal migliore amico dell’uomo”
“Dal cane?”
“Cane? Chi ha mai parlato di cani!? Ho detto il migliore
amico dell’uomo,
ovvero la coccinella”
“E da quando la coccinella è il migliore amico
dell’uomo?”
“Da sempre!”
“Perché?”
“Giovanotto ma dove sei stato per tutto questo tempo? Pare
che tu venga da un
altro pianeta” sbuffò la donna esasperata e poi
riprese:
“La coccinella e dolce, carina, fedele, piccola e soprattutto
porta fortuna.
Ogni uomo ha bisogno, nella vita, di quanta più fortuna
riesce a racimolare,
ecco perché la coccinella è il miglior amico
dell’uomo!” concluse fiera di sé
la donna.
Massimo soppesò l’ultima frase per alcuni attimi,
in fondo il ragionamento non
faceva un grinza, perciò decise di lasciar perdere
l’argomento e si posizionò
al centro della sartoria per permettere alla sarta di confezionargli
finalmente
il vestito.
Erano ormai passate diverse ore, ore nelle quali il povero stomaco di
Massimo
non aveva fatto altro che brontolare sulla scarsa capacità
del padrone di
procacciarsi del cibo.
“Bene ragazzo, devo dire che la veste è uscita
proprio bene” mormorò la donna
mentre, con occhio critico, girava tutto intorno alla figura di Massimo
per
scrutarne ogni particolare e per togliere, uno a uno, gli spilli che
erano
serviti a imbastire il lavoro.
“Sembri quasi un patrizio, se avessi una figlia da maritare
te la farei
conoscere. In fondo, anche se sei un liberto sei un gran bel pezzo di
Giulio
Cesare”
“Come?”
“E’ un modo di dire, significa che sei molto
prestante!”
“Ma, non si diceva Marcantonio?”
“Come? Mai sentito. Comunque vuoi mettere Cesare con Marco
Antonio? Tra i due
il più affascinate era di certo Giulio Cesare!”
“Ma, non era un tipo mingherlino basso e pelato?”
“Tutte sciocchezze” si alterò la donna
in preda all’ira “Quello che dici sono
solo frasi vuote, create dai suoi avversari politici per fargli fare
cattiva
figura alle elezioni! Pubblicità negativa”
Massimo stava quasi per ribattere quando una voce, ormai nota, alle sue
spalle
lo apostrofò con cipiglio irritato.
“Ah eccoti qui, brutto ingrato! Ti ho cercato per ore in ogni
angolo della
città. A furia di camminare credo di aver pure perso una
delle mie nove vite”
“Gatto, piccione! Come sono felice di rivedervi”
“Visto che ti dicevo? Bastava cercarlo, alla fine lo abbiamo
trovato” esultò il
piccione sbattendo l’ala.
“Sì, ma non grazie a te. Mi avevi detto di
cercarlo in tutti i fornai della
capitale e io mi sono consumato gli artigli a furia di correre qua e
là!”
“Il solito ingrato” sbottò l’uccello.
“Forza andiamo, abbiamo perso già troppo
tempo”.