Fandom: Harry Potter
Rating: 16 anni.
Personaggi/Pairing: Draco/Hermione
Tipologia: Long Fiction (è una One-Shot ma essendo lunga ho preferito dividerla in più capitoli)
Lunghezza: 3 Capitoli
Avvertimenti: Lemon
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico (sotto certi aspetti)
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di J.K. Rowling che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, tutti gli elementi di mia invezione, non esistenti in Harry Potter, appartengono solo a me.
Rintocchi di mezzanotte
«Oppugno!» e gli uccellini si schiantarono contro la parete
infrangendo l’incanto tra un Ron spaesato e una Hermione delusa. Se non
fosse stato per Harry, il suo migliore amico, quella sera avrebbe incenerito la
nuova coppietta, e non soltanto con gli occhi. Quegli occhi colmi di
lacrime, rabbia e dolore. Per anni la piccola riccioluta aveva bramato quel
ragazzo dai capelli rossi; non era perfetto; spesso dimenticava le cose e si
comportava da stupido -non brillava per intelligenza, questo era certo – ma a
lei andava bene così. Lo voleva, pregi e difetti, ma ora era tardi: Lavanda
l’aveva baciato davanti a tutti e, cosa di gran lunga peggiore, lui aveva
ricambiato con entusiasmo.
Scossa dai singhiozzi, tornò in camera accompagnata da
Harry, l’unico che in quel momento voleva accanto, perché aveva imparato a
capirla, ci riusciva e ciò la calmava. In qualche modo la tranquillizzava.
Evidentemente, però, quella sera non bastò neppure l’amico a placare il suo
animo. Accucciata sotto il piumone, stringendo forte a sé il cuscino, tentava
di addormentarsi. Ogni qualvolta, però, provasse a chiudere gli occhi, la
visione del bacio la assaliva. Il petto le doleva e lucenti stille le
solcavano il viso. Inutilmente cercava di asciugarlo con la manica del pigiama
ma quel fiume in corsa non accennava a fermarsi, anzi, diventava sempre più
abbondante trascinando con sé tutti i pensieri della giovane. “Perché Ron non
si è allontanato?”- si chiedeva -“ Perché è rimasto con lei?”. Lo conosceva da cinque
anni, e in tutto quel tempo pensava di esser riuscita a far breccia nel suo
cuore così come lui nel suo, ma evidentemente si era sbagliata. Lei che aveva
sempre una risposta pronta, questa volta era senza parole. “Magari è colpa mia”
ipotizzò. Sì, sicuramente era così. Troppo diversi in troppe cose per stare
insieme, almeno dal punto di vista di Ron. Dal canto suo Hermione non poteva
biasimarlo nonostante credesse ancora che gli opposti si attraggano,
perché in fondo le persone sono come atomi vaganti costituenti l’universo,
tanti piccoli puntini legati insieme a due a due da un invisibile filo rosso.
Senza accorgersene stava fissando la finestra su cui la pioggia aveva da un po’
preso a picchettare; pareva andare a tempo con i battiti del suo cuore. Pian
piano si stava assopendo e la rabbia e l’angoscia e tutti i suoi pensieri
stavano scivolando via quando all’improvviso un rumore assordante la destò da
quello stato quiescente in cui era piombata. Un forte botto. Tanto era sovrappensiero
che non era riuscita a comprendere se il rumore fosse giunto da un punto vicino
o lontano, se nella sua camera o in quella di qualcun altro. Rivolse lo sguardo
verso la porta aperta, non riusciva a vedere quasi nulla. Quasi. Un
leggero movimento, pressoché impercettibile, attirò la sua attenzione. Hermione
prese la bacchetta dal comodino e con cautela scese dal letto; si mosse
lentamente, stando attenta a non urtare niente, doveva fare silenzio. Passo
dopo passo si avvicinò alla porta brancolando nell’oscurità. Un sibilo si levò
nell’aria, come un soffio, e la ragazza rabbrividì inaspettatamente.
Solitamente non aveva paura, era una Grifondoro! Nelle sue vene scorreva
coraggio con la C maiuscola! Ma in quel momento il cuore agonizzante nel petto
e il respiro annaspante lasciavano trapelare un tremito dell’animo.
Non vedeva più niente, le tenebre avevano avvolto
tutto nuovamente; un semplice incantesimo le sarebbe bastato a illuminare la
sua stanza e quella adiacente, ma non lo fece. Qualcosa – il suo sesto senso-
le sussurrava di restare nell’ombra, accendere la luce era un gesto avventato
in quel frangente; con gli eventi accaduti negli ultimi tempi, ci si poteva
aspettare di tutto. Se effettivamente c’era un intruso che si aggirava nel
dormitorio, non poteva esser visto da Hermione, ma nemmeno lei da esso,
sperava, e ciò la rassicurava e inquietava al tempo stesso. Presa dai suoi
ragionamenti entrò di soppiatto nella sala comune, avanzando in punta di piedi
si accorse che il tappeto rosso era bagnato, segno che qualcuno era entrato
dall’esterno. Come un gatto predatore della notte, la maga tese le orecchie in
ascolto del minimo rumore udibile in quel nero silenzio. Un tonfo la fece
trasalire. Un vaso, forse, era ruzzolato a terra e si era rotto. Poi silenzio.
Tutto ciò che riusciva a sentire era il pulsare del sangue nelle vene. Sangue?
No, paura liquida. Mentre avanzava cautamente, udì raschiare contro la
porta a pochi passi da lei. Voltò lentamente la testa verso il punto da cui
proveniva il rumore, che si faceva sempre più frenetico. Hermione, bacchetta
alla mano, fece qualche passo in avanti quando inciampò cadendo a terra. Lì
sotto e di fianco a lei c’erano tanti libri tutti sparsi. Improvvisamente un
bagliore illuminò la stanza, la libreria era caduta, probabilmente quella era
la causa del rumore assordante di pochi minuti a dietro. Come ci era finita,
però, per terra la piccola, ma non troppo, libreria? L’effetto luminoso fu
seguito dal rombo del tuono che riecheggiò in tutta la sala comune.
Poi di nuovo buio.
Soffiare.
Raschiare.
Picchettare.
Poi un suono differente: le parve come se un oggetto
di metallo – o simile – stesse strisciando sul pavimento. Socchiuse le palpebre
per aguzzare la vista e tra un bagliore di lampo e l’altro notò il notturno…
Grattastinchi col suo rosso pelo zuppo d’acqua scappare con la sua giratempo
serpeggiante sul freddo marmo! Storse la bocca in una smorfia, doveva seguirlo
altrimenti chissà che fine avrebbe fatto quell’oggetto tanto importante ai fini
della sua crescita intellettuale? Senza di esso le sarebbe stato impossibile
seguire ciascun corso cui aveva aderito. Quatta quatta e con passo felpato si
mise all’inseguimento del suo mezzo kneazle, il quale in velocità non
aveva esitato nel dirigersi in tutta tranquillità verso l’ala Ovest. Hermione
salì tra i mormorii dei quadri appesi alle pareti e i continui spostamenti
delle scale, erano passati cinque anni ma ancora non ci aveva fatto
l’abitudine; l’animale le sfrecciò di fianco sempre con l’oggetto magico in
bocca, ogni tanto dopo qualche gradino si fermava a guardarla quasi per
incitare a seguirlo la ragazza che, nonostante il sonno avesse cominciato a
farsi sentire, non demordeva. Spostando lo sguardo distrattamente si accorse di
una figura sospetta muoversi in fondo al corridoio, istintivamente cominciò ad
avvicinarsi. Non doveva essere avventata. Deglutì violentemente e strinse con
forza la bacchetta.
Improvvisamente, dal nulla,
comparì una porta, era grande e nera, decorazioni
floreali la ricoprivano avvolgendosi in spirali e cerchi
dall’andamento fluido
e sinuoso. Un raggio di luce entrò da una vetrata, segno che le
nuvole andavano
diradandosi, illuminando il corridoio e in parte la figura che,
guardandosi
attorno con fare guardingo, aprì la porta e vi
s’infilò dentro. Era un ragazzo, ne era certa, il suo
fisico appariva asciutto e slanciato, le spalle troppo larghe per
essere quelle d'una ragazza; era riuscita a notare i capelli biondi che
gli ricadevano sul viso, ma questo era rimasto nascosto e non aveva
potuto così riconoscerlo.
In un attimo di slancio, come suo solito, si fece prendere dalla situazione e si addentrò
anche lei in quella stanza.
Richiuse alle sue spalle la pesante anta ignara di
ciò che celava al suo interno.