Disclaimers:
Saiyuki appartiene alla cara Minekura-sensei
e a Ichijinsha. Questa fanfiction non ha alcuno scopo di lucro, ci
mancherebbe
altro.
Ambientata durante il sesto volume del Reload,
è una specie di missing moment/filling moment (esiste?)
dell’Act 28 - Even a
worm 15.
Diciamo che ho espanso, rielaborato e
rimpolpato il dialogo tra Gojyo ed Hakkai sulla scorta dei miei deliri
mentali.
Le frasi che ho tratto direttamente dai dialoghi del manga sono
colorate in verde (inizialmente
erano segnate con un asterisco).
Ringrazio molto Clown che mi ha
dato
questo suggerimento e mi ha fatto notare l'eccesso di virgole. Buona
lettura.
AMICI
NEL VENTO
La
locandiera dagli occhi gialli era ferma da
dieci minuti a chiacchierare con un’amica davanti al portone
di un palazzo.
Un gruppo di ragazzini, il più grande dei
quali poteva avere dieci anni, attraversò di corsa la
strada, schiamazzando e
ridendo, per poi sparire in un vicolo stretto. Un vecchio seduto fuori
della
bottega del barbiere li rimproverò per l'eccessivo chiasso,
con tuttavia,
l'aria paterna di un nonno che in gioventù si era comportato
esattamente allo
stesso modo.
Seduto sul davanzale della finestra della
locanda, Hakkai guardava quella scena di vita quotidiana scorrere
davanti ai
suoi occhi, mentre accarezzava pigramente il suo draghetto addormentato.
Sdraiato sul letto, intento a un solitario a
carte, Gojyo poteva vederlo sollevare a tratti le spalle e rilasciare
un
impercettibile sospiro, gli occhi fissi sulla gente in strada ma vacui,
segno
che la sua mente era lontana migliaia di chilometri da lì.
Gli bastò alzare un
po' il collo e dare a sua volta una sbirciata fuori per intuire i
pensieri del
suo amico.
Di riflesso, anche il mezzodemone esalò un
breve sospiro: ultimamente Hakkai ci pensava più di prima,
l’aveva capito.
Giocherellò con una carta, facendola passare
rapidamente tra le dita, sapeva bene che quella particolare ferita
dell’amico
non era mai guarita del tutto.
Come le cicatrici che rigavano il suo volto:
potevi imparare a conviverci e ignorarle per la maggior parte del
tempo, ma
essendo sempre lì, era normale pensarci, di tanto in tanto.
Quando poi ti si parava davanti un esorcista
in grado di resuscitare i morti, il pensiero era quasi inevitabile.
Ma comunque non meno deprimente.
E se c’era una cosa che detestava, ancor più
del carattere lunatico di Sanzo e delle lamentele di Goku, erano quei
momenti
di cupa depressione di Hakkai.
Girò le ultime tre carte: donna di fiori,
sette di cuori e tre di fiori. Nulla, il solitario non era riuscito.
Sollevò le lunghe gambe dal letto e si alzò
con un movimento felino, afferrando la giacca. "Vado a comprare i
viveri." annunciò.
Hakkai parve come ridestarsi da un sogno
"Aspetta - appoggiò con delicatezza Hakuryu sul suo letto -
vengo
anch'io."
"Se te la senti. - Gojyo gli piantò in
viso i suoi occhi scarlatti, ad avvisarlo che, se fossero andati
insieme,
avrebbero parlato - Altrimenti, se preferisci restare qui, fai pure:
sono
capace di fare la spesa da solo." proseguì, lasciandogli la
possibilità di
scegliere. Che non si dicesse che lui metteva gli altri con le spalle
al muro,
quello era tipico di Sanzo.
"Ah, non se ne parla, compreresti un
sacco di cose inutili." commentò l’altro con un
sorriso garbato.
"E allora? - chiese il mezzodemone
prendendo la carta di credito del monaco - Tanto non paghiamo noi."
Hakkai si grattò la testa "Hn, ho paura
che prima o poi i Sanbutsushin finiranno per tagliarci i fondi."
Fecero la spesa con calma, parlando del più e del meno, discutendo solo un paio di volte su cosa acquistare, tipo "No, Gojyo, quattro stecche di sigarette sono decisamente troppe, tu e Sanzo dovete limitarvi, per la vostra salute." e poi si erano diretti nuovamente verso la locanda che li ospitava per la notte.
Giunti
all'altezza di un ponte che scavalcava
il fiume, Gojyo aveva appoggiato le borse a terra e si era appoggiato
alla
balaustra del ponte osservando la folla. Hakkai, che gli stava dietro
di pochi
passi, si era immobilizzato sul posto un secondo e poi lo aveva
imitato, girandosi
nella direzione opposta per guardare distrattamente lo scorrere delle
acque
sotto di lui.
“Chissà
che fine faranno le
persone che vengono resuscitate.”
chiese
in un sussurro il demone.
Che si potesse trasferire impunemente l’anima
di un demone dentro il corpo di un essere umano era già di
per sé una magia
inconcepibile. Sperare
che gli effetti
di quel trasferimento fossero permanenti sinceramente pareva un
po’ troppo
fantasioso. Magari, passato qualche mese o qualche anno, le anime
avrebbero
nuovamente abbandonato quei corpi dentro ai quali erano state
così
innaturalmente trasferite.
Insomma, tante implicazioni etiche per un
risultato quanto mai incerto.
Gojyo aspirò una lunga boccata di fumo dalla
sua sigaretta “Mah...
meglio non pensarci troppo.”
"E'
solo che le osservo
vivere in pace e penso che nessuno abbia il diritto di porre dei limiti
alla
vita umana."
cercò di giustificarsi Hakkai. Non era assolutamente
d'accordo con i metodi di
Hazel e non considerava le anime dei demoni come semplici strumenti per
resuscitare gli esseri umani: le vite di Goku, Gojyo, Yaone, gli erano
altrettanto care. Ma vedendo quella giovane locandiera che grazie ad
Hazel
poteva prendersi cura dei suoi bambini, proprio non riusciva a pensare
che
resuscitarla fosse stato un atto sbagliato.
"Io ho rinunciato a rimuginare su tutta
questa dannata faccenda, è troppo complicata per me e le mie
povere
meningi." sentenziò Gojyo rompendo il pesante silenzio tra
di loro.
“Eh?” Hakkai voltò leggermente il capo
verso
di lui con un’espressione interrogativa.
“Dico che è inutile angosciarsi troppo su
quello che sarebbe potuto accadere. Se, se, se... non serve, tanto le
cose sono
andate come sono andate, no? - disse con un'alzata di spalle - Prendi
queste
persone: resuscitate o no, ciascuna di loro potrebbe vivere
cent’anni o morire
domani per un incidente o l’attacco di un demone. Per questo
io preferisco
vivere alla giornata.”
Hakkai stese le labbra in un bonario sorriso
di rimprovero “Non si può dire che tu sia uno che
perde il sonno programmando
il proprio futuro.”
“No, decisamente no.” ribatté
placidamente il
mezzodemone, come a dire che non ci trovava nulla di male nella sua
scelta di
vita.
“Mh.” sospirò Hakkai in tono neutro. “Probabilmente quando tua mamma cerca di
aprirti la testa con un’ascia, preferisci concentrarti su
ogni minuto che ti è
stato dato da vivere, senza preoccuparti di altro.”
constatò tra sé.
Vergognandosi di se stesso, provò una punta di invidia per
la leggerezza (sì,
leggerezza, non superficialità) con cui Gojyo affrontava la
vita, come una
foglia portata dal vento. In fondo gli sarebbe piaciuto staccarsi
definitivamente dal rimorso verso Kanan e librarsi nell'aria allo
stesso modo.
Il mezzodemone si accorse che il discorso era
deviato rispetto al punto di partenza, e si premurò di
rimetterlo sui giusti
binari “E tu che ne
pensi?”
“A
che proposito?”
Non
si poteva negare che Hakkai fosse bravo a
glissare, quando non voleva affrontare determinati argomenti, ma lui
era
altrettanto bravo nell’insistere. Mai sottovalutare la
vitalità e la
cocciutaggine di uno scarafaggio “A
proposito di
riportare in vita qualcuno che è morto.” Finì
di fumare la sua sigaretta
e la gettò con noncuranza nel fiume sottostante, spostando
il peso da una gamba
all’altra per mettersi più comodo,
perché fosse chiaro che da lì non si
sarebbero mossi.
“Beh,
insomma, se perdessi una
persona molto cara, senza dubbio desidererei che potesse risorgere. Non
credo
proprio ne farei una questione morale.”
Kanan.
Il nome della sua amata rimbombò silente ed
inespresso.
La persona amata. L'unica donna della sua
vita.
“E’ così, lo farei, lo farei io stesso
senza
esitazione. Potrei arrivare io stesso a rubare un'anima, pur di ridarle
la
vita." Si passò una mano tra i capelli castani, sentendosi
orribile per quel
pensiero a cui aveva dato voce.
Gojyo tacque. Non stava dicendo niente e,
soprattutto non lo stava giudicando, non lo faceva mai. Questo era il
motivo
per cui Hakkai sentiva di potergli raccontare tutto e mettere a nudo la
sua
intera anima, fin negli aspetti più disgustosi, senza
ritrosie.
E poi iniziò a sproloquiare di una eventuale prossima
ragazza che gli sarebbe piaciuto incontrare: una ragazza sana e
dall'indole
positiva, con cui fare tanti bambini, lavorando sodo per loro.
Un sogno lontano, una fantasia diafana e senza
consistenza, descritta da Hakkai con assai poca convinzione. Il
mezzodemone
capì che in realtà il suo amico non stava
guardando al futuro: quella ragazza,
quei bambini che avrebbe voluto avere, tutto quanto riguardava sempre
ed ancora
Kanan; era certo che Hakkai non avrebbe mai amato nessun'altra donna
quanto lei
e, sensibile com'era, non avrebbe mai sposato qualcuna che non amasse
davvero.
Diceva 'la prossima volta', ma intendeva 'nella prossima vita'.
Lo capì, ma tacque ancora, assecondando la
falsa allegria dell'amico con una battuta squallida, lasciando che
arrivasse da
solo a quella realizzazione. Infatti, dopo qualche minuto di silenzio
si
azzardò a guardarlo e lo vide col capo chino, i capelli
spioventi in avanti, la
nuca esposta agli elementi; non gli era mai sembrato così
fragile.
"Ultimamente
ci penso spesso."
confessò
infine Hakkai. Finalmente il demone staccò gli occhi dal
fiume sottostante,
appoggiandosi alla balaustra imitando la posa dell'amico. Kanan era
sempre
morta, il suo corpo disperso tra le rovine del castello dove si era
suicidata.
Lui non avrebbe mai saputo cosa ne sarebbe stato di loro se fosse stata
resuscitata e, la prossima volta che avesse visto Hazel, ci avrebbe
pensato
ancora.
Non ci poteva fare proprio niente e quindi...?
Forse la soluzione prospettata da Gojyo, quella di vivere alla giornata
come
una foglia in balia delle correnti non era così malvagia.
Hakkai sollevò gli
occhi fino a incontrare il suo sguardo, buttò fuori un altro
sospiro, l'ultimo,
e poi gli sorrise.
Parlare di questo con il suo amico era stato
come disinfettare una ferita in suppurazione: un processo doloroso al
termine
del quale, però, sentiva il cuore un po' più
leggero. "Ma che facciamo se
a quarant'anni dovessimo ritrovarci esattamente come siamo ora?"
"Uffa!
- scherzò Gojyo - Perché
devo cominciare a pensarci anch'io? Te l'ho
detto che a me non va di spaccarmi la testa su queste cose!" il
mezzodemone si stiracchiò nella brezza serale e ad Hakkai
per un istante parve
davvero sul punto di sollevarsi da terra e prendere il volo. "Io sono
fatto così - insistette Gojyo - ma se tu un giorno trovassi
davvero quella
ragazza, non sentirti in alcun modo costretto a continuare a vivere con
me."
Hakkai prese le sue buste della spesa "E'
un modo gentile per darmi lo sfratto?"
Gojyo ridacchiò e raccolse a sua volta i
viveri "No, idiota. E' un modo per dirti di vivere la vita come meglio
credi."
"Seguendo l'istinto del momento?"
"Lo trovi così sbagliato?"
"No."
Sospinti dal vento che soffiava alle loro
spalle, i due amici si affrettarono verso la locanda.