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Autore: Iokyko    01/04/2012    0 recensioni
Può bastare la speranza del crepuscolo a smantellare le tenebre dell'odio?
In un mondo diverso, regnano ancora gli stessi uomini.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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crepuscolo

Non m'ero prima d'allora immaginata che si potessero recidere a uno ad uno tutti i fili di speranza dai palmi della terra. Credevo che pure se la luce fosse calata perché il sole disconosceva gli uomini i girasoli l'avrebbero visto lo stesso, e gli uomini si sarebbero visti lo stesso, e le foglie si sarebbero innalzate per respirare i raggi concessi. Pensavo che saremmo riusciti com'eravamo riusciti in tutte le imprese, ché tutto era nostro, dell'umana razza. Pensavo ma ero in gran torto. La prima luce a calare al crepuscolo della morte fu dei venti miliardi d'occhi umani, che alla prima ombra si fecero pure loro ombra. E allora vennero i mostri.

L'odio antico che c'eravamo alitati contro era rovente di dannazione, ed era asceso alle nuvole portando loro la corruzione per la prima volta. E le nuvole si erano tinte delle piume dei corvi e volavano basse, rovinandoci col corpo del piombo sulle spalle. Avevano lacrimato forte, lavando di zolfo e d'ossidi mortiferi i solchi dei semi nascenti, c'abortirono i fiori. Precipitavano in cristalli di verde tossico, ch'erano i nuovi cuori umani. Persi la mia famiglia al principio di questa discordia intestina e rovinosa, ma ne ho ricordi incolore. Le menti scordano presto i colori, pure prima dei cuori.

D'allora è iniziata la mia latitanza senza colpe, se non quelle che ci hanno macchiati tutti, nessuno escluso. Mi cercano quei mostri per asportarmi i colori dalle iridi, mi cercano anche adesso. Nel ticchettio del loro cuore tossico ci distinguo ancora un pianto umano che ha scordato le tempere delle affezioni. Il tempo perse il valore che non è mai stato suo quando il sole ha lasciato gli uomini. E gli uomini hanno lasciato gli uomini. Una coltre apatica detta da allora la mia non esistenza, il respiro dei mostri che strozza le radici dalla terra, che muore. Puoi sentirlo narcotizzarti gli arti dalla cute alla spina dorsale, con punture di silenzio. Posso sentirlo anche adesso bucarmi lo sterno. 

Lo sapevo che non m'avrebbero fatto attendere, avevo sentito vicini i loro ticchettii di pianti. Mi cercano da quando son partita. Ma non potevo più sperare di salvarmi. Non potevo più partire. Non ha più senso oramai, lo capite voi, fili amici? Non sarei stata né umana né mostro, sarei stata sofferenza eternamente. Abbiam perduto. E ora m'arrendo, m'arrendo agli uomini dai cui sono nata. E invece ora mi recidono con lame mute il cuore, e le mie mezzelune tramontano, colorandosi eternamente della speranza alata dell'ultima farfalla.

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