Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Giulls    01/04/2012    5 recensioni
Michelle Waldorf è all'apparenza una ragazza normale: ha 18 anni, vive con la madre a Los Angeles, sta per diplomarsi ed è il capitano della squadra di pallavolo della scuola. Eppure la sua vita viene presto sconvolta da due avvenimenti: il fantasma del suo passato e lui, il suo nuovo vicino di casa. Robert Pattinson.
< Ti va di ricominciare? > propose porgendomi la mano, < ciao, mi chiamo Robert Pattinson >
< Piacere, Michelle Waldorf >
< Waldorf? > ripeté sgranando gli occhi, < come Blair Waldorf in Gossip Girl? Cavolo, puoi farmi un autografo? Non capita tutti i giorni di conoscere una ragazza che faccia di cognome Waldorf >
< Va bene, ma tu devi promettermi di mordermi sul collo > risposi a tono e entrambi incominciammo a ridere.
[...]
< Io avrei ancora un paio di scatoloni da sistemare… okay, più di un paio e avrei bisogno di qualche buon'anima che mi dia una mano. Ti andrebbe? >
< Certo, perché no? > risposi alzandomi in piedi, < ma mi offri la colazione >
< Va bene, > asserì, posando una banconota da dieci dollari sul tavolo, < andiamo? >
< Andiamo > dissi mente prendevo la mia borsa e uscii dal bar insieme a Robert. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di una nuova amicizia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The only exception

< Signorina Waldorf? Il rettore è pronto a riceverla >
Alzai la testa verso la scrivania di Margareth Kempt, la segretaria del rettore, e la vidi sorridermi incoraggiante.
Sapevo cosa mi stesse aspettando al di là della porta, ma dopotutto era la prima volta che vi entravo, quindi nemmeno quella dolce donna dai capelli biondi e dagli occhi azzurri mi avrebbe calmata. Mi alzai dalla sedia apparentemente calma, mentre dentro di me sembrava esserci un tornado, la ringraziai ed entrai nello studio.
< Signorina Waldorf, che piacere vederla! > mi salutò il rettore Stan alzandosi dalla sua sedia e ci stringemmo la mano < Immagino sappia perché è qui > continuò tornando a sedersi e mi invitò a fare lo stesso in quella difronte alla scrivania.
< Certamente > replicai sorridendogli < qui ci sono tutti i documenti > continuai porgendogli la cartellina che stavo gelosamente custodendo, il mio passaporto per il tirocinio.
Il rettore la prese in mano e la guardò, o per meglio dire studiò attentamente e per un momento mi si gelò il sangue nelle vene: e se non avevo compilato tutti i moduli? E se c'era per caso qualcosa di sbagliato? E se non potessi più partire?
Il terrore mi stava paralizzando, ma tirai un sospiro di sollievo quando me la riconsegnò.
< Perfetto, signorina Waldorf, è libera di iniziare il suo tirocinio e quando tornerà indietro potrà incominciare il nuovo anno come tutti gli altri >
Ricominciare il nuovo anno come tutti gli altri? Questo voleva dire solo una cosa…
< Niente esami? > chiesi sorpresa.
Il rettore mi guardò come se fossi pazza, poi subito dopo scosse la testa.
< Rachel non gliel'ha detto, vero? > mi chiese alludendo alla professoressa Walsh e questa volta fui io a scuotere la testa < Con la media che si ritrova ha la possibilità di fare un tirocinio senza dover dare gli esami che si perde, l'importante è che lo completi con successo. Se invece fallisse, dovrebbe rimboccarsi le maniche e dare gli esami persi per non rischiare di perdere l'anno… >
< Ho capito > replicai sorridendo < niente brutte figure >
Ringraziai il rettore Stan e uscii dal suo ufficio libera come l'aria: stavo per tornare a casa.

 

< Mi chiamerai, vero? > domandò Kelly per la centesima volta.
< Sì, Kel, ti chiamerò > risposi roteando gli occhi.
< È solo che…mi mancherai > disse abbracciandomi e non potei non fare lo stesso: Kelly non era solo la mia compagna di stanza, era una carissima amica per me e sarebbe stato difficile e strano restare quattro mesi senza di lei.
< E tu mancherai a me. Ma non starò via per sempre, solo quattro mesi >
Kelly mi guardò sconvolta e per un attimo mi sembrò che stesse per scoppiare a piangere.
< E se decidessi di restare là? >
Inarcai le sopracciglia e la guardai come se fosse impazzita. Per quale assurdo motivo sarei dovuta rimanere a Los Angeles oltre quei quattro mesi?
< Impossibile, per quale motivo dovrei farlo? E poi ho gli studi da terminare >
Non ero certa di averla convinta, ma Kelly tirò su col naso e mi abbracciò.
< Voglio un regalo enorme quando torni >
< Te lo prometto > replicai circondandole la vita con le braccia < ti voglio bene, amica mia. E fai la brava durante la mia assenza >
< Io non sono mai brava >
< Lo so. Mi aiuti con la valigia? > le chiesi poco prima di saltare per prenderla da sopra l'armadio.
< Madre natura ti ha penalizzata sotto questo aspetto > disse prendendomi la valigia senza doversi accoppare.
< Ma certo, infierisci ancora > ribattei facendole la linguaccia.
Aprii la valigia e infilai dentro gli indumenti che potevano adattarsi al clima della West Coast, ovvero shorts, magliettine e vestiti; riempii la mia borsa con il portafoglio, le chiavi della macchina e quelle del monolocale che mi era stato dato dalla scuola, il cellulare e chiusi tutto.
< Non puoi partire dopo pranzo? > domandò la mia amica con gli occhi lucidi.
< Prima parto, prima raggiungerò il motel. Non voglio girare troppo col buio > le dissi abbracciandola < mi mancherai >
< Anche tu. Divertiti mi raccomando >
< Vienimi a trovare appena puoi >
Aprii la porta con l'intenzione di uscire, ma mi trovai Jeremy lì impalato che mi bloccava la strada.
< Credevi di andartene senza salutarmi? >
< Jer! > esclamai buttandogli le braccia al collo e immediatamente ricambiò la stretta.
< Michelle, fai la brava. Ho detto a mamma di tenerti d'occhio >
< Mi mancherai > gli dissi con voce rotta < e venite a trovarmi quando potete. Non accetto no come risposta >
< Verremo > ribatté baciandomi la guancia < abbi cura di te >
Cercavo di trattenere le lacrime, ma alla fine mi commossi.
< Ti voglio bene >
< Anche io >
Jeremy mi portò la valigia fino all'automobile e la posò nel bagagliaio, poi mi abbracciò un'altra volta.
< Fatti viva non appena arrivi >
< Certo >
< E ti prego, non correre >
Risi e mi scostai dal suo abbraccio.
< Te lo prometto, papà >
< Sii seria >
< Ma lo sono > replicai sorridendogli < Jer, andrà tutto bene, non è la prima volta che guido da Los Angeles fino a Yale >
< Lo so, però…stai attenta >
< Ti chiamo quando arrivo. Tratta bene la mia amica, o quando torno ti prego a calci nel culo. E salutami quello sfigato di Liam e…e digli che sono arrabbiata con lui perché non è venuto a salutarmi >
Jeremy rise e scosse la testa.
< Lo sai anche tu che quando si ubriaca non lo tiriamo giù nemmeno a cannonate >
< Lo so > dissi roteando gli occhi < mi mancherai tantissimo. Non sono più abituata a non averti più intorno >
< Quattro mesi voleranno, fidati di me. E torneremo insieme in un batti baleno. Stai attenta, mi raccomando. E non dare passaggi a sconosciuti >
< Stai tranquillo, non saprei dove metterli > replicai ridendo mentre indicavo la mia automobile strapiena di valige e zaini.
Mi misi al volante e dopo aver salutato con la mano sia lui che Kelly partii alla volta di Los Angeles, la mia Los Angeles. A mezzogiorno mi fermai in una tavola calda a mangiare qualcosa e decisi di fare un giro di telefonate: chiamai mio padre, Kelly e Jeremy e infine Jenny, che mi disse che ci saremmo viste la sera dopo a cena: lei, infatti, era tornata con la sua famiglia a Los Angeles per l'anniversario dei suoi genitori e sarebbero ripartiti tra dopo giorni.

***

Erano trascorse due settimane da quando mi ero trasferita a Los Angeles e le cose andavano alla grande. Adoravo il lavoro e poi avevo ritrovato i medici che mi avevano aiutato quando Bianca mi aveva rinchiusa lì dentro ed era sia divertente che strano dover dare loro del tu quando per tantissimo tempo mi ero rivolta a loro dando del lei. Avevo inoltre rivisto le mie vecchie compagne di squadra e il coach, che avevo incontrato per caso mentre facevo la spesa, e mi aveva invitato ad andare ad assistere alla partita di pallavolo delle ragazze che si sarebbe tenuta l'ultimo sabato del mese. Qualche sera fa ero andata a cena a casa del professor Rodriguez, che avevo incontrato un pomeriggio a fare la spesa con sua figlia, e dopo avermi presentato la sua splendida famiglia avevamo incominciato a ricordare i bei vecchi tempi.
Venerdì era il mio giorno libero, per cui decisi di andare nel parco che stava sotto casa a leggere un po'. Presi il libro Amerika di Franz Kafka, un telo sul quale potermi stendere, la borsa e uscii di casa. Una volta di sotto mi incamminai fino a raggiungere un posto poco frequentato, dove mi sedetti e mi dedicai alla lettura. Ero lì da quasi due ore e non era passato ancora nessuno, ma ad un certo punto sentii dei passi farsi sempre più vicini. Continuai indisturbata la mia lettura, ma con la coda dell'occhio vidi due piedi posizionarsi davanti a me.
< Michelle? > mi chiamò una voce calda a me ben conosciuta e alzai lo sguardo, mentre la mia mente diceva che la voce non poteva essere sua, che sicuramente mi stavo sbagliando.
Ma quando lo sconosciuto si tolse il cappuccio e rimasi shockata: oh, sì che era lui. Era il mio Robert, con una massa spettinata di capelli neri come la pece, e accanto a lui c'era un cane nero che mi guardava titubante. Il mio primo pensiero fu quello di scappare via, ma le mie gambe non sembravano dello stesso parere, senza contare che dalle mie labbra nacque un sorriso spontaneo.
< Robert > gli dissi senza smettere di sorridere e poi guardai quella massa nera che aveva sulla testa < cosa diavolo hai fatto ai capelli? > domandai ridendo.
Lui fece una smorfia e se li toccò.
< Li ho rovinati per il mio ultimo film. Posso sedermi? > chiese indicando il telo sul quale ero seduta.
< Ma certamente > replicai spostandomi per fargli più posto < e lui chi è? > chiesi allungando una mano verso il cane.
< Lui è Bear >
< È bellissimo > dissi avvicinando la mano per accarezzarlo, cosa che si fece fare solo dopo qualche attimo e dopo aver ringhiato.
< Ma…come mai sei qui? >
< Sto facendo un tirocinio all'Hill > risposi senza smettere di coccolare quella palla di pelo.
< Io sono tornato da Venezia la settimana scorsa per il mio nuovo film. È per quella produzione che ho rovinato così i miei capelli >
< Rovinato…sì, decisamente non potevi trovare un termine più appropriato > asserii e lui rise.
Per un attimo sentii il cuore perdere un battito e mi incantai a guardarlo: mi era mancato tutto di lui. Il suo sorriso, la sua risata, il suo sguardo, i suoi capelli ribelli, le sue mani, il suo corpo e il suo accento inglese terribilmente eccitante e i suoi occhi color oceano…Dio, quanto mi era mancato perdermici.
< Quanto resterai qui? > domandò senza abbassare lo sguardo.
Alzai la spalla e fui io a interrompere il nostro contatto visivo, guardando la spiaggia di fronte a me.
< Salvo imprevisti dovrei ripartire a ottobre, a tirocinio ultimato > risposi grattando la pancia di Bear, che si stava contorcendo sulle mie gambe.
< Gli piaci > disse Robert indicando il suo cane < di solito non si lascia coccolare così >
< Beh, quando mi ha visto però ha digrignato i denti >
< E tu l'hai coccolato lo stesso? > domandò stupito.
< È il tuo cane, Rob > risposi guardandolo e gli sorrisi < ero certa che non potesse farmi del male >
Lo squillo del telefonino di Robert interruppe il nostro secondo giro di sguardi.
< Cavolo, farò tardi per l'intervista > borbottò mentre guardava il telefonino < io devo andare ora. È stato bello vederti, Michelle. Ci vedremo sicuramente in giro >
< Certo > risposi sorridendogli imbarazzata < ciao, Robert >
< Ciao > sussurrò allontanandosi con Bear, che al contrario del padrone non ne voleva sapere di andarsene.
< Robert! > esclamai alzandomi dal telo e gli corsi incontro < Come stai? >
A quella domanda mi guardò dapprima stralunato, poi mi sorrise.
< Sto alla grande. Davvero, sto benissimo >
Sorrisi e annuii, tornando al mio posto: quella risposta mi aveva fatto piacere, ma allo stesso tempo mi aveva fatto star male. Jenny aveva detto che gli mancavo, ma da quel poco che avevo visto non mi sembrava proprio, anzi, sembrava se la stesse cavando alla grande. Presi dalla borsa il cellulare e le mandai un messaggio.
Te lo dico a titolo informativo: ho incontrato Robert in giro e abbiamo parlato. Ma non chiamarmi, non ho voglia di parlare con nessuno
Ripresi in mano il libro, ma il telefonino vibrò poco dopo.
Va bene, fatti viva tu quando ti sentirai pronta. Ma dimmi solo una cosa: stai bene?
Sorrisi nel leggere il messaggio della mia amica premurosa. Con lei potevo essere sempre onesta.
No
Riaprii il libro e mi misi a leggere, ma non ci capivo più niente, la mia mente era altrove, impegnata a pensare a tutti i bei momenti che avevo trascorso con Robert.
Gemetti frustrata e mi lasciai cadere sul telo: ero convinta che mi fosse passata, ero convinta che avrei potuto incontrarlo senza dovermi preoccupare, eppure non era così.
Alzai lo sguardo verso il cielo plumbeo. Avevo due opzioni: o alzarmi e correre nel mio monolocale, o restare lì a farmi bagnare dalla pioggia. Chiusi gli occhi e attesi le gocce che non tardarono ad arrivare, facendo mescolare così le mie lacrime alla pioggia, ma non appena sentii il rumore del tuono mi rizzai in piedi e corsi fino al mio appartamento: ultimamente i temporali mi terrorizzavano.
Rientrai in casa, mi tolsi gli abiti fradici e mi infilai sotto la doccia, aprendo il getto dell'acqua calda e uscendo fuori dopo venti minuti. Mi avvolsi nell'asciugamano e in quel momento mi accorsi che il cellulare stava lampeggiando. Avevo un messaggio in segreteria di Pamela e una chiamata senza risposta da parte di un numero che non conoscevo.
Mi sedetti sul letto e richiamai quel numero.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
< Pronto? >
La sua voce.
< Robert? >
< Oh, M-Michelle > balbettò < senti, mi dispiace per la chiamata, ma volevo chiederti se potevamo vederci, avrei bisogno di parlarti per chiarire alcune cose >
Chiarire alcune cose: sicuramente voleva infamarmi, giustamente, per come mi ero comportata con lui. E me lo meritavo.
< Aspetta > lo interruppi < come hai fatto ad avere il mio numero? Dopo… > mi bloccai, non riuscivo a dire ad alta voce “dopo che ci eravamo lasciati” < …dopo che me ne sono andata ho disattivato il numero >
< Me lo ha dato Jenny >
< Oh… > dissi e le mie labbra si curvarono in un gigantesco sorriso.
< Michelle, io avrei davvero bisogno di parlarti. Possiamo vederci più tardi? >
< Pamela mi ha chiesto di coprirle un turno e inizio a lavorare tra mezz'ora. Staccherò tardi. Possiamo vederci un'altra volta? >
< Domani? >
< Sì, va bene >
< Okay, ciao >
< Ciao >
Terminata la conversazione mi vestii, bevvi il caffè e andai a lavorare senza aver smesso di sorridere.
< Mi dispiace averti chiamato durante il tuo giorno libero, ma ero disperata > mi disse Pamela mentre mi camminava accanto.
< Figurati, mi hai fatto un grandissimo favore. Almeno mi terrò occupata >
Entrammo entrambe nel salone dove si trovavano i pazienti, e quando Adele mi vide mi corse incontro. Adele era la mia pupilla, una ragazza di quindici anni, attrice da quando portava il pannolino che non riuscendo a reggere lo stress delle luci della ribalta e l'abbandono di suo padre, si era data alle droghe e aveva addirittura tentato il suicidio.
< Ciao, Michy > mi disse abbracciandomi.
Sorrisi e ricambiai la stretta: lei era l'unica persona al mondo a chiamarmi Michy.
< Tesoro, come stai oggi? >
< Ora che sei qui sto bene > replicò sorridendomi.
Adele era bellissima, sembrava una bambolina di porcellana. I suoi tratti semi-orientali le davano un'aria sensuale, e lei di questo ne era consapevole, aveva gli occhi azzurri come l'oceano e i capelli erano castani e ricci. L'adoravo perché sotto certi aspetti ricordava me e sapevo cosa volesse dire drogarsi quando ancora si era bambini, per quello avevo deciso di prenderla sotto la mia ala protettiva.
< Coraggio, seguimi > le dissi prendendola per mano e la portai in giardino < ho un regalo per te >
< Cosa, cosa, cosa? > chiese curiosa e non potei fare a meno di ridere.
Mi tolsi il mio adorato fermaglio a forma di girasole e glielo porsi.
< Ho visto come lo guardi e voglio che lo abbia tu >
< Ma è il tuo preferito >
< Ne comprerò un altro. E poi voglio che lo prenda tu, così quando non ci sarò più ti ricorderai di me >
I suoi occhi, brillanti e bellissimi, si spensero in un istante.
< T-te ne andrai? >
< Beh, una volta finito il tirocinio, sì. Ma fino ad ottobre ti starò accanto. E poi chi lo sa, magari te ne andrai tu prima da qui piuttosto che io > risposi sorridendole per calmarla.
< Io non voglio che tu te ne vada > replicò piangendo e mi abbracciò.
< Tesoro, ora non me ne vado da nessuna parte, resto qui con te > le dissi sorridendole, ma lei mi guardò malissimo.
< Ma prima o poi te ne andrai e mi lascerai anche tu! > urlò a pieni polmoni e sia Pamela che Cory, anche lui tirocinante come me, ci raggiunsero.
< Adele, perché non torni nella tua stanza a stenderti? > domandò Pamela con premura.
< No! > urlò Adele guardandomi < Promettimi che non mi lascerai. Promettimelo! >
< Te lo prometto > le dissi anche io con le lacrime agli occhi.
< Bugiarda! > continuò e si tolse il fermaglio, lanciandolo per terra.
Cory con non poca fatica riuscì a riportarla dentro, mentre Pamela mi guardò incrociando le braccia al petto.
< Conosci le regole, Michelle > disse e la guardai mentre le lacrime mi rigavano le guance.
< Non si ripeterà più, Pamela >
< Me lo auguro. Adele è molto fragile, è qui da solo un mese e questo non le fa bene >
Rientrai nel salone e dopo aver preso la cartellina andai a fare il giro delle stanze per controllare chi non era voluto uscire dalla camera che stesse bene e chiedergli se volesse qualcosa, mentre le lacrime uscivano prepotentemente dai miei occhi. Dovetti chiudermi in bagno per venti minuti prima di riprendermi e quando finii il giro nell'ala ovest ritornai nel salone e vidi Robert che reggeva un enorme peluche a forma di orso.
< Cosa ci fai qui? > domandai sorpresa di vederlo.
< Ti ho mentito > rispose semplicemente < quando mi hai chiesto come stavo, ti ho mentito. Non sto bene, in questi due anni mi sei mancata da morire. Come un idiota penso ogni singolo giorno a quanto tu sia stata stronza a lasciarmi così e voglio odiarti, ma ti amo ancora e non ci riesco. Quindi mi ritrovo qui, ora, con questo orso gigantesco pronto a umiliarmi pubblicamente. Detesto umiliarmi così in pubblico, non sono tipo da queste cose. Se fossi stata un'altra ragazza ti avrei già lasciato perdere, ma tu sei tu. Tu, Michelle, sei l'unica eccezione. Ti sto chiedendo una seconda chance. E se mi dici di sì, questa volta non ti lascerò scappare via >
Ero come paralizzata, non riuscivo a muovere un muscolo, nemmeno quelli facciali per rispondergli, mentre il mio cuore batteva all'impazzata. E mentre tutti in sala mi incitavano a dirgli , io mi sentivo la gola secca e non riuscivo a parlare.
< No, lasciatemi! No, voglio Michelle! Michelle! Michelle! > gridò Adele e voltai la testa immediatamente.
< Michelle, corri! > esclamò Pamela incitandomi a seguirla.
Guardai Robert e scossi impercettibilmente la testa.
< Robert, ne parliamo più tardi > risposi liquidandolo e corsi nella stanza di Adele < Adele, tesoro, sono qui >
< Michelle > mi chiamò respirando a fatica.
< Sta andando in iperventilazione, datemi un sacchetto! > esclamai ai presenti e Cory me lo porse subito, la feci sedere e le dissi di respirare dal sacchettino, mentre io mi sedevo accanto a lei e le tenevo una mano sulla sua e l'altra sulla sua schiena < Va un po' meglio? > domandai guardandola e lei annuì.
< Mi dispiace > disse abbracciandomi e la lasciai piangere sulla mia spalla.
Le accarezzai la guancia sfregiata da tutti i graffi che si era data e le accarezzai la testa.
< È tutta colpa mia > sussurrai tenendola stretta a me.
< No, invece >
< Sì > replicai cercando di non piangere < ho infranto le regole >
< Vorrei che le infrangessi altre mille volte se questo vuol dire avere un'amica come te >
Sorrisi e le baciai la fronte.
< Ma se dovessi tornare indietro nel tempo rifarei la stessa identica cosa > le sussurrai ancora all'orecchio e sorrise felice.
Si addormentò mezz'ora dopo tra le mie braccia e la sistemai sotto le coperte, poi uscii dalla sua stanza.
< Michelle, vai a casa ora > mi disse Pamela posando una mano sulla mia spalla < hai avuto una giornata movimentata >
< Pamela, mi dispiace per questo casino >
< Lo so >
< Mi rispedirai a Yale a calci nel sedere? >
< Scherzi? > ribatté sorridendo < Io a Yale non ti ci mando più >
Sorrisi e l'abbracciai.
< Ci vediamo domani > le dissi e dopo aver salutato tutti nel salotto mi recai all'uscita.
< Michelle? > mi chiamò la centralinista < C'è questo per te >
L'orso che Robert mi aveva regalato era davanti a me e in quel momento mi ricordai di lui. Mi amava. Aveva detto di amarmi ancora.
Sorrisi e lo presi in braccio, arrivai fino alla macchina e dopo aver girato la chiave guidai fino a casa sua. Mi amava ed io lo amavo ancora, non volevo più separarmi da lui, mi ero decisa. Parcheggiai davanti al suo vialetto e dopo aver dato un fugace sguardo alla mia vecchia casa, che era nuovamente in vendita, mi diressi verso il portico di Robert.
Bussai alla porta e aspettai impaziente che aprisse la aprisse. Ma davanti a me trovai uno spettacolo diverso da quello che pensavo di vedere: c'era Tara Reid che mi fissava curiosa e che indossava come unico indumento una maglietta dei Red Socks da uomo.
La guardavo senza proferire parola, semplicemente sconvolta. Tre ore fa aveva detto di amarmi, ora a casa sua mi trovavo lei, per giunta seminuda.
< Posso fare qualcosa per te? > domandò guardandomi curiosa e scossi la testa.
Me ne andai da lì e guidai fino alla spiaggia, spensi la macchina e corsi in direzione della riva del mare, lasciandomi cadere a peso morto sulla sabbia, mentre le lacrime non cessavano di fermarsi.
< Michelle >
Una voce, la sua. L'avrei riconosciuta dovunque. Cosa diavolo voleva?
Voltai la testa e lo vidi guardarmi. Era per caso preoccupato?
< Come mi hai trovata? >
< Ti ho vista uscire dall'auto e sono venuto qui >
Un moto di rabbia si accese in me e mi alzai in piedi per avvicinarmi a lui, gli lasciai una serie di pugni sul petto mentre continuavo a singhiozzare.
< Ti detesto! > gli urlai in faccia mentre lui cercava di fermarmi.
< Ma…cosa ti prende? >
< Ho visto la tua ragazza >
< La mia cosa? > chiese bloccandomi per le braccia.
< La tua fidanzata, Robert. Tara Reid! Mi prendi per stupida? Ho guidato fino a casa tua e mi sono trovata lei davanti mezza nuda! Dici di amarmi e poi trovo lei? A che razza di gioco stai giocando? Credi sia stato semplice lasciarti? Credi sia stato semplice vivere per più di due anni senza di te? Mi fai schifo! > gli urlai mentre mi dimenavo perché volevo tornare a picchiarlo, ma quando mi resi conto che non ce la facevo più mi allontanai per tornare alla macchina.
< Michelle > mi chiamò afferrandomi per il polso.
< Non toccarmi > sibilai guardandolo minacciosa.
< No, ascoltami >
< No >
< Michelle, ti prego > continuò aumentando la presa.
< Perché? > urlai.
< Perché Tara non è la mia fidanzata >
< Ma certo, quindi te la scopi e basta? Robert, davvero, lasciami. Non voglio sapere niente di niente >
Anziché mollare la presa mi prese per le spalle.
< Io non ho niente a che fare con lei >
< Robert, era a casa tua! Devo forse pensare che abbia sbagliato casa? Come puoi pretendere che ti creda? >
< Perché io non vivo più lì > rispose guardandomi negli occhi e lo guardai sconvolta < sei mesi dopo la tua partenza me ne sono andato e mi sono trasferito lì > continuò indicando il palazzo di fianco al Mc Donald's < non ce la facevo più a restare in quel posto pieno di ricordi, così sono scappato e ho comprato la prima casa in vendita disponibile. Me ne sono andato con la speranza di dimenticarti, ma niente è cambiato perché mi manchi come prima, se non di più >
< Oh > dissi imbarazzata e risi nervosamente < mi sento una stupida per come mi sono comportata. Ecco, mi… >
Robert non mi diede tempo di finire la frase perché mi baciò. Rimasi scioccata per qualche secondo, poi portai le mani dietro al suo collo e mi strinsi a lui con forza, mentre le sue mani erano ancorate ai miei fianchi.
< Michelle? > mi chiamò dopo secondi, minuti, ore, anni, oppure secoli passati a baciarci.
< Mh? > risposi ancora in balia delle sue labbra.
< Me la dai un'altra chance? >
< No > gli dissi scuotendo la testa mentre lo guardavo negli occhi e lo vidi sgranare i suoi bellissimi occhi azzurri < sei tu che devi darla a me. Perché tra i due quella che deve essere perdonata sono io e non tu >
Robert si scostò da me e mi guardò dubbioso, finché non mi regalò il suo bellissimo sorriso.
< Ti perdono solo se mi resti accanto >
< È una minaccia? > chiesi ridendo.
< Vedila come ti pare > ribatté avvicinando le sue labbra alle mie e mi baciò, finché non gli saltai in braccio.

****************

Ciao a tutti, buona domenica!
Spero stiate bene e mi scuso per non aver postato prima, ma col fatto che in settimana sono a Urbino per le lezioni, proprio non ce la faccio >.<
Come al solito vi lascio la mia pagina di FB, se avete voglia di fare due chiacchiere con la sottoscritta ;) http://www.facebook.com/profile.php?id=100003078074791
A presto,

Giulls

P.S. Ho postato una OS, se vi va dateci un'occhiata! ;) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1009266
P.P.S. Il titolo è preso dalla canzone The only Exception dei Paramore

   
 
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