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Autore: Arwis     29/10/2006    8 recensioni
Solo cento passi ti separavano dalla sua porta, eppure non hai mai avuto il coraggio di bussare...
Genere: Romantico, Triste, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Konnichiwa!

Questa volta sono stata super veloce ad aggiornare, mi stupisco addirittura di me stessa!^^

Sta mattina mi sono svegliata e improvvisamente, mentre facevo colazione, mi è venuta l'ispirazione e allora mi sono subito messa davanti al PC, altrimenti ero sicura che in poco avrei dimenticato tutto...

Mi scuso per gli errori che c'erano nel precedente capitolo: ho notato che c'erano degli spazi messi a casaccio anche a metà delle parole, purtroppo ho avuto dei problemi con il nuovo sistema operativo che uso, per quanto riguarda l'HTML (ho fatto un macello...)

Comunque ho risolto la cosa ed eccomi qui!

Allora, carissimi, chiudo con il mio usuale monologo di inizio capitolo con i ringraziamenti a chi ha commentato il precedente capitolo:

Deda, Emotive, Londonlilyt, Frisulismite, Damynex, Angel_kiss...

Come al solito siete stati gentilissimi a regalarmi ancora un po' del vostro tempo!

Un bacio grandissimo

Arwis (ALIAS: DEAR N°1*°*°GACKT FOR LIFE!)



*°* IL FIUME DEL PERDONO*°*



Strisciavi nel buio e sapevi che lui era dietro di te.

Gudush ti seguiva, da lontano, mimetizzandosi nel buio come solo i demoni potevano fare e tu, benché sentissi la sua presenza, eri sola.

Eri sola, e il senso di insoddisfazione continuava ad opprimerti il petto, in una cacofonia di urla che solo tu potevi sentire:

Non ce la farai”.

Ma tu odi perdere, Rigel, ed era così anche allora.

Nata per uccidere: non eri riuscita a farlo con la regina del tuo popolo, ma il tuo destino si ripresentava davanti a te: il tuo futuro era nella lama.

Ogni volta che ci pensi, ancora oggi ti vengono i brividi, vero?

Ti arrampicasti su per quel palazzo e con un balzo fosti in quella stanza.

Loro dormivano, in che modo avrebbero potuto difendersi, in che modo avrebbero potuto sapere che la loro vita stava finendo?

Non avrebbero avuto neppure il tempo di raccomandare la propria anima agli Dei.

Avrebbero voluto fare tante altre cose, quell'uomo e quella donna.

Forse lasciare degli eredi.

Tu non ti sentivi nessuno, per privarli di tutto questo, per una causa che neppure conoscevi.

Ma come aveva detto Gudush “I sicari non sono che macellai. Vendiamo la carne al miglior committente.”

Lui doveva essere fiero di te, perchè solo quando saresti stata sicura di essere LA MIGLIORE e nulla di meno, allora saresti stata sicura di aver trovato il tuo posto.

Tutti dicevano che la prima volta che avresti ucciso, il sangue sarebbe rimasto appiccicato alle tue mani, che saresti stata colta dai tremori, che avresti desiderato morire a tua volta.

Eppure non fu così.

Non provasti nulla, quando la tua lama tagliò le loro gole e il sangue caldo e scuro si infilò tra le tue dita.

Nemmeno li udisti che esalavano il loro ultimo respiro e, nel profondo, eri consapevole di avergli fatto quasi un favore.

Avevi fatto un favore a quel bambino che mai sarebbe nato: provavi pena per i bambini umani.

Non volevi che nessuno di loro soffrisse come sapevi che gli umani soffrivano.

Le lenzuola bianche furono in breve rosse e tu osservasti il sangue allargarsi sulle coperte.

Mentre uscivi di nuovo dalla finestra, ti passasti le mani sul viso, dimentica che erano sporche della vita strappata di qui due sposi.

Il tuo viso dalla pelle bianca come neve fu rosso di morte.

Fu rosso di morte e allora iniziasti a vivere.

Gudush ti aspettava sotto il balcone, appoggiato ad un muro.

Era così scuro che occhio umano non avrebbe saputo distinguerlo nell'ombra.

La strada era silenziosa, tanto che ogni tuo passo sembrava troppo pesante, sacrilego.


-hai finito?-

-Sì, Gudush. -


Ricordi come ti guardò, allora?

Era un misto di orgoglio e di rassegnazione, era pena eppure era sollievo.


-Come ti senti?-


Alzasti le spalle e gli porgesti il pugnale inzuppato di sangue fino all'elsa.

Una goccia cadde sul selciato e tu fosti certa che mai avresti udito rumore più forte.


-Come prima. Non sento nulla di tutto ciò che Eralo mi aveva detto.-


Gudush sorrise, allora.

Ne fosti sicura.

Ti poggiò una mano sulla spalla, in quel gesto che ti faceva sentire sempre così sicura, così a posto.


-Meglio così. Te la sei cavata benissimo, anche se era una missione facile. Non hai avuto paura, Rigel. -


Non ho avuto paura, perchè ho già visto la morte.”


-Ora dobbiamo andare in un posto, ragazzina. Dovrai imparare ad andarci da sola, d'ora in poi, ogni volta dopo che avrai ucciso. Un giorno io non sarò più a guidarti e tu dovrai sapere come essere d'appoggio a tutti i tuoi compagni. Sono stato chiaro? -

-Ma io non sono che l'ultima arrivata, tra voi. Non sarebbe giusto che a prendere il tuo posto fosse Eralo o Hamal o Kaidan? -

Gudush non ti rispose, ma svoltò in un vicolo.

Rimase in silenzio ancora un po' camminando dritto per una strada che sembrava conoscere bene.

Tu non osasti chiedere di più, ma la risposta alla tua domanda, arrivò comunque.


-Vedi, Rigel, se un uomo ha molti cavalli, cerca di allevarne ognuno al meglio e ce ne sono sempre alcuni che sono più forti, veloci, resistenti degli altri. Allora l'uomo sa che se dovesse andare in battaglia porterebbe uno di quelli. Ma se una mattina trovasse un drago accucciato davanti alla sua porta, nonostante non smetta di amare i suoi cavalli, porterà lui, in guerra con se. Così eviterà ai suoi cavalli di morire e saprà, che quando qualcuno vedrà volare in cielo quel drago, allo stesso tempo qualcuno si ricorderà di lui. Quando io non ci sarà più, Rigel, voglio continuare a vivere attraverso voi ragazzi. Non c'è nessuno che, meglio di te, mi possa fare questo regalo. -


Gudush ti aveva donato fiducia, dignità, Gudush ti aveva regalato una vita, ti aveva fatto rinascere.

Ora ti stava porgendo il maggiore onore che ti fosse mai stato permesso di sfiorare e tu non sapevi come sentirti.

Onorata, spaventata, ansiosa, orgogliosa?

Mai, nel Tisenar, una tale tempesta di sentimenti ti aveva investita.

Era forse vero ciò che si diceva tra la tua gente?

Era forse vero che gli uomini provavano le emozioni con un intensità superiore, che confondevano gioia e dolore, che avevano il cuore costantemente stretto da una morsa?

Ma non aveva più alcuna importanza, cosa dicevano gli elfi degli uomini.

Perchè Rigel, da quella notte, avevi deciso di non essere più un elfo.


-Se è così, Gudush, ne sono onorata. -


L'uomo sorrise di nuovo, mentre la strada si trasformava in campagna.

Avevate oltrepassato il centro della città e dei bassi fondi tagliando per dei vicoletti che forse non erano altro che vie di fuga per topi di fogna: ladri, assassini...tu.

La marcia verso il luogo che Gudush ti voleva mostrare continuò ancora un po', finchè davanti a te fu una specie di parete di roccia, bassa, oltre alla quale intravedevi un ruscello che si allargava in un piccolo laghetto, dove l'acqua continuava a scorrere.


-Siamo arrivati, Rigel. A destra c'è un cunicolo che ti porterà di nuovo alla caverna, quando avrai finito. -

-Ma cosa... -


Gudush era già scomparso, lasciando dietro di se nient'altro che il suo odore a cui ti eri abituata e il fruscio del suo mantello.

Ti avvicinasti alla polla e immergesti una mano nell'acqua limpida.

Iniziasti ad amare quel piccolo corso d'acqua, che non si fermava mai, né per la notte né per il giorno, che non si fermava per la stanchezza e non era toccato dal dolore.

Capisti perchè Gudush ti aveva portata sin lì e fu naturale per te immergerti in quel gelido specchio.

Poco più avanti c'era una cascatella e tu, con i vestiti bagnati, che ti si appiccicavano addosso nel gelo della notte, che ti trafiggevano carne e spirito, arrancasti con l'acqua sino alle ginocchia, che scorreva in senso contrario al suo cammino, finchè non vi fosti sotto.

L'acqua iniziò a cadere sui tuoi capelli di pece, iniziò a picchiarti con violenza la testa, come se ti volesse punire, perchè non eri capace di provare dolore e rimorso.

Era fredda, fredda, fredda.

Era fredda come te.

Solo quando il tuo corpo fu intorpidito da quel gelo, solo quando non sentisti più le dita, in viso, le gambe, allora uscisti dal ruscello.

il fiume del perdono”. Sarebbe stato quello, il suo nome.

Non avevi più il sangue sulle mani, sotto le unghie. Il tuo viso era di nuovo bianco.

E a te piaceva pensare che lo fosse di nuovo anche il tuo cuore.

Delitto si addizionò a delitto e la tua vita fu vissuta nell'ombra.

Eppure non eri sola.

C'erano loro, accanto a te, rimasero accanto a te per tutti i due anni a seguire, eri l'unica donna, eri una madre per loro.

Una famiglia, finalmente capivi cos'era una famiglia.

Avere delle responsabilità, amare incondizionatamente, avere sulle spalle la vita di altri oltre che la tua.

Erano così, le tue giornate.

Ma la notte, non eri nient'altro che il sicario nero.

Iniziarono a chiamarti così già dalla tua seconda missione: amavi, la mattina dopo qualche lavoro, scendere in città e sentire i bardi urlare sempre la stessa frase, con piccole variazioni solo nei nomi:

Udite udite! Il sicario nero ha colpito di nuovo! Il sicario nero ha ucciso il consigliere Feldor nel suo letto, questa notte! Udite Udite, popolo di Faere!”

Ricordi come eri felice, sapendo che quelle comunicazioni che facevano di sottofondo alle chiacchiere delle donne al mercato, erano solo per te?

Eri felice, perchè se tu non avessi ucciso, il tuo nome non sarebbe mai stato pronunciato da nessuno.

E' ciò che facciamo in vita che ci permette di vivere dopo la morte.”

Era da poco che ci pensavi, alla morte.

Non ne avevi mai avuto occasione, perchè nel Tisenar nessuno considerava il morire come un'evenienza reale.

Ma tu non pensavi già più come gli elfi.

Avevi smesso di farlo più di cento anni prima, quando i cancelli si erano chiusi dietro di te.

Non consideravi che tutto ciò che avevi in quel momento sarebbe stato mangiato dal tempo vorace, ma che tu saresti vissuta oltre le ere e tutti i tramonti.

Non consideravi che ti saresti potuta trovare con nient'altro che un pugno di sabbia.

La folla ti spingeva da tutti i lati e il sole era quasi allo zenit.

Dovevi tornare alla caverna, o non avresti fatto in tempo a cucinare per gli altri ragazzi.

Ti voltasti e cercasti di farti spazio tra i vestiti voluminosi delle nobili e i gioielli dei politici, finchè qualcosa ti strinse alla vita.

Di riflesso sfoderasti il pugnale da sotto il mantello e lo puntasti alla gola di chi ti stava abbracciando.


-Non ti conviene, ragazza. Ho un lavoro per te, ma devi seguirmi. Metti a posto il pugnale e prendimi il braccio. Fa finta che sia naturale, come una coppia. -

-U...Una coppia?-

-Sì, sicario nero. Una coppia. -


Quell'uomo sapeva chi eri.

Non ti riuscivi a capacitarti di come avesse potuto fare a scoprire quale fosse il viso del sicario nero: quell'uomo doveva morire.

Ma poi c'era di mezzo un lavoro e soldi, tanti soldi.

Prendo i soldi dopo il lavoro e poi eliminerò anche lui. Nessuno deve sapere chi sono, Gudush non fa altro che ripetrmelo”

Il pranzo per qual giorno, l'avrebbe preparato Eralo.

Rinfoderasti il pugnale e ti voltasti cautamente.

Prendesti il braccio di quell'uomo e, sbirciando da sotto il tuo cappuccio, lo guardasti in viso.

Era alto, almeno tutta la testa più di te.

Era vestito come un nobile ma aveva il corpo snello e muscoloso dei guerrieri.

Teneva la testa alta, come chi ha a dispetto tutto il mondo e tutti i suoi abitanti, fiero come un leone che sa di essere temuto da tutti gli animali della foresta.

Il suo profumo egoista ti forzava perchè lo imprimessi nella tua memoria e i capelli leggeri gli ricadevano sugli occhi neri come tizzoni di un fuoco acceso, vivace.

Il naso dritto, perfetto, la curva delle labbra così belle da sembrare quasi quelle di una donna.

Non doveva avere molto più dell'età che dimostravi tu, Rigel.

Si voltò verso di te e ti sorrise.

Come faceva ad avere quel sorriso tranquillo? Era sotto braccio con il più pericoloso assassino di tutta Faere, ma non aveva paura.

Per la prima volta, Rigel, fosti tu ad avere paura.


Allora, avete capito chi è?

Sono sicurissima di sì, dai...

Il prossimo capitolo viene da se che sarà un po' “rosa”, anche se succederà una cosa che nessuno si aspetta (neanche io mi aspettavo che la mia mente la partorisse) e che farà uscire qualche lacrimuccia..

Non dico altro! :-X

Grazie per avermi letta e alla prossima!

Arwis










  
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