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Autore: Metamorfosi    02/04/2012    2 recensioni
XIX secolo. Friburgo è una cittadina tranquilla a sud della Schwarzwald, la grande Foresta Nera. Camminando per questa piccola e accogliente oasi di legno e ciottoli, ci si può imbattere assai di rado in una misteriosa figura. Tutti la chiamano die Schwarzen Katz.
Beatrix è una giovane fanciulla figlia di un mercante e si è appena trasferita con lui in questa accogliente cittadina. Quale mistero si cela dietro a questo tanto temuto Fantasma? Beatrix proverà a scoprirlo... A suo rischio e pericolo.
Genere: Malinconico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Angolo dell'Autrice

Guten Tag cari lettori!  Sono tornata in Italia da appena due giorni e già ho idee per nuove storie.
Quella che state per leggere è ambientata a Friburgo una città che personalmente ritengo bellissima,
anche se purtroppo degli edifici originali ne sono rimasti pochi per i bombardamenti della della Seconda Guerra Mondiale.
Di questa città mi ha molto colpito questo...diciamo... Soggetto, che mi ha subito ispirato.
Il primo capitolo, di introduzione, potrà sembrare un po' noioso, ma tranquilli: il meglio arriva nel capitolo 2 :D
Ed ora, senza ulteriori indugi eccovi il primo capitolo! 
Buona lettura ;)

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Die Schwarzen Katz

Kapitel I: Ankunft in Freiburg 
Arrivo a Friburgo

 

Pioggia. Non si vedeva altro che pioggia e nebbia ovunque. Era strano: di solito non pioveva molto in quel periodo dell’anno.
Beatrix era seduta nella carrozza, e annoiata e stanca cercava di dormire, riuscendoci ben poco dato che di fronte a lei a suo padre russava.
Non si vedeva quasi nulla né dentro né fuori, era notte e le tende erano chiuse per evitare che la cabina si allagasse. Da mesi ormai Ludwig, suo padre,
le aveva annunciato che si sarebbero trasferiti più a sud, oltre La Schwarzwald, a Freiburg. Lei a malincuore aveva dovuto lasciare Heidelberg, dove era
vissuta fino al suo diciassettesimo compleanno. Avevano lasciato la loro casa, gli amici e i pochi parenti. A lei era costato molto allontanarsi da quei luoghi,
al contrario di suo padre: era un mercante, il caro Ludwig Arnold Weißhase, che spesso mancava da casa, anche per mesi. La carrozza si arrestò.
Beatrix scostò la tenda, quando arrivò il cocchiere dicendo: -Ci siamo fermati per orientarci. Sapete, con questa nebbia non si vedere nulla!-. Beatrix
acconsentì e si richiuse nella cabina. Ad un tratto si sentì un rumore provenire da sopra la carrozza: sembrava che qualcosa graffiasse il tettuccio.
La ragazza si sporse nuovamente; la pioggia stava iniziando a rallentare. Si guardò attorno, ma non si vedeva altro che nebbia e acqua, e la boscaglia
che fittamente costeggiava la strada. Improvvisamente scorse qualcosa muoversi dietro quegli alberi: un’ombra nera, nulla di più, ma mentre era distratta
a cercare quella figura misteriosa qualcosa saltò nella carrozza. Lei per poco non urlò, ma riuscì a trattenersi e scrutando con più attenzione l’interno della
cabina si rese conto che l’inaspettato ospite altri non era che un gatto. Un gattone nero, fradicio e scodinzolante. -Allora eri tu che grattavi il tettuccio!- disse,
e l’animale di tutta risposta miagolò fortemente, saltò sul sedile a fianco a lei ed andò ad accucciarsi sulle sue gambe. La carrozza ripartì. Beatrix si affacciò
un’ultima volta: un cartello con la scritta “FREIBURG” le dava il benvenuto in una nuova vita.


Il sole filtrò da una fessura delle tende, andando colpire la ragazza in pieno volto. Beatrix si svegliò, e guardandosi attorno cercò di ricordare dove si trovava.
Erano arrivati molto tardi, era notte inoltrata; le porte della città erano chiuse, così si erano dovuti rifugiare in una locanda appena fuori delle mura.
Si alzò e si lavò accuratamente il viso, osservando la sua immagine allo specchio: una cascata di lunghi capelli castano ramati, non troppo scuri, le incorniciava
il volto tondo e chiaro. I suoi occhi, color cioccolato, si riflettevano, così come le labbra, piccole e rosse. Poi indossò il suo abito di mussola azzurro e scese al
piano di sotto, dove il padre la aspettava. -Buon Giorno! Pronta a ripartire mia cara? Oggi finalmente entreremo in città- la salutò Ludwig, che pagando il conto
al locandiere si diresse alla carrozza. Dopo appena pochi minuti erano in città. Beatrix scostò le tende per ammirarla: era davvero splendida.
Forse non era come la sua amata Heidelberg, ma tutto sommato non sembrava niente male. La carrozza si fermò di fronte ad una grande casa gialla: sulla
facciata, appena sopra la porta, era dipinto un paffuto coniglio bianco, o meglio, una lepre bianca*; lo stesso stemma era riportato in un mosaico di fronte alla
porta d’ingresso. Mentre il padre dava indicazioni per scaricare i bagagli, Beatrix entrò nella nuova casa. Era abbastanza grande, meno di quella in cui era
cresciuta ad Heidelberg, ma molto comoda e accogliente. Era già arredata; Ludwig aveva passato alcune settimane lì a Freiburg per prepararla al trasferimento.
L’ingresso, il salotto, la sala da pranzo e la cucina. Tutto perfetto. Salì le scale ed andò al piano di sopra: vi trovò tre stanze da letto, una del padre, una sua
e una per gli ospiti, e la stanza da bagno. Avvertì aggrapparsi alla sua gonna: abbassò lo sguardo e vi trovò il gattone nero che giocava con i ricami del vestito.
Lo prese in braccio e lo adagiò su uno sgabello. -E va bene gatto, puoi restare… ma ad una condizione: non fare danni!-. Il gatto di tutta risposta alzò una
zampa e miagolò, guardandola fisso negli occhi: erano di un verde intenso e luminoso. -Bene…ma se devi stare qui, hai bisogno di un nome e…- prese un
nastrino rosso dal banco della toeletta e glie lo legò al collo con un fiocco -…Di un segno di distinzione. Hm… vediamo: che ne dici di…. Wald? Nah… Regen?
Troppo banale… Ho trovato! Émeraude!-
-Che fai tesoro, parli col gatto? Sei forse impazzita? Ahahah- ridacchiò Ludwig dal ciglio della porta.
-Ahah no padre, state tranquillo- rispose lei. -Allora figlia mia, cosa ne pensi?- chiese il padre, indicando la casa entusiasta.
- Penso che sia… perfetta-. -Molto bene. Le domestiche dovrebbero arrivare in giornata. Io vado a far visita ai nostri vicini-
-A più tardi padre- e così dicendo, congedò il padre ed andò a sedersi sul suo nuovo letto, guardando fuori dalla finestra.



Quando il giorno prima era arrivata nella nuova casa, Beatrix era stanca per il viaggio e doveva ancora aiutare le domestiche a sistemare gli abiti
e i bagagli. La sera poi, il padre aveva invitato i vicini, e lei aveva potuto far conoscenza con i Muller: i coniugi, la signora e il signor Muller, e i tre figli,
Anabel, Alexander e Adeline. Quest’ultima aveva la sua stessa età, e in segno di amicizia si era offerta per portare Beatrix a fare un giro per la città.
Ora passeggiavano per le tranquille vie della cittadina, indicando qua e là i negozi e i banchetti dei commercianti. Passando davanti ad una grande casa
verde, fu attirata da uno insolito disegno sul muro che si ripeteva, come nei negozi e in alcune abitazioni, sul marciapiede. Raffigurava un gatto Nero.
La casa, seppur splendida, non dava alcuna idea del tipo di persone che potessero abitarvi: era anonima. -È meglio tenersi alla larga da quella casa-
disse Adeline, allungando il passo. -Come mai?- chiese curiosamente lei, seguendola.
-Quella è la casa dello Schwarzen Katz**- -E chi sarebbe?-
Adeline si fermò alla fine della via e guardandosi intorno con aria circospetta bisbigliò: -Il Boia-.



“Diamine!” pensò Beatrix correndo sotto la pioggia. Era arrivata in città da appena una settimana ed era già piovuto tre volte. Per di più Émeraude
era scappato con uno dei suoi orecchini in bocca e lei era uscita a cercarlo, senza accorgersi che si stava annuvolando. Poi aveva iniziato a piovere,
e lei si era trovata sola lontano da casa e senza sapere come tornarci; aveva un pessimo senso dell’orientamento. Ora correva per la via, in cerca di
un negozio aperto in cui rifugiarsi almeno fin che non avesse smesso di piovere. Ma chi voleva prender in giro? Era domenica pomeriggio, nessun
negozio era più aperto a quell’ora. Poi, da lontano intravide una macchia nera correre verso una porta: era Émeraude che con il suo orecchino in bocca
si infilava in una porta socchiusa. “Perfetto! Due colpi di fortuna in una volta!” pensò la ragazza, che senza badare allo stemma sul marciapiede entrò
di corsa nella grande casa verde.



*in tedesco “Weiß hase” significa “lepre bianca”.
**il gatto nero”

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Angolo dell'Autrice II

Ri-salve cari lettori!! Allora, che ne dite?
Commentate, elogiate, criticate e scrivete tutto quello che pensate!!! Susu, VI PREGO >__<

Auf Wiedersehen!!!
   
 
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