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Autore: MadLucy    02/04/2012    8 recensioni
Diciotto anni dopo,dopo Maka,Kid,Black*Star e gli altri,ci troviamo qui. A Death City.
Dove un tempo tutto è iniziato,e ricomincerà di nuovo.
Chi occuperà i banchi della Shibusen? Chi saranno i protagonisti di questa storia? Ma loro,ovviamente.
I figli dei nostri eroi.
La nuova generazione di Soul Eater non passerà meno guai dei loro predecessori; dovrà vedersela con manie di protagonismo,nevrosi da simmetria,lividi da enciclopedia e attacchi di panico,senza contare i loro genitori...
Ma la follia minaccia di nuovo il mondo,più forte che mai...a causa di chi? Lo scoprirete solo leggendo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un momento indiscutibilmente perfetto. Il passato è passato e il quattrocchi sapientone non assiste e riverisce la grande Silver?





Qualcosa prende forma nella mia mente intorpidita. E, d'improvviso, sento di nuovo il mio corpo pulsante dove prima solo il vuoto echeggiava pigro.
Una luce abbagliante mi ferisce gli occhi, facendo strizzare le palpebre infastidita. Proviene da una coltre bianca, che offusca ogni cosa, troppo luminosa e abbacinante: mi rendo conto, un po' stupita, che si tratta del cielo. Sì, quel cielo denso di nubi che non sa di niente.
Cielo? Aspetta. Perchè mi sorprende vederlo? Non è poi questa rarità...
Tutti a terra, il sangue. I corridoi. La paura. Il muro. Due demoniaci occhi rossi. La mia mente rielabora rapidamente tutto questo. Ma dove mi trovo?
Un soffio umido mi sfiora la guancia, spiacevole quanto il tocco di dita bagnate. Sotto di me, percepisco qualcosa di scomodamente duro.
Apro ancora gli occhi. Lì, il volto pallido ritagliato nella luce accecante, c'è Theodore scompigliato e serio. Mi fissa attentamente, accigliato, e noto che non porta gli occhiali.
-Come ti senti?- si limita a dire impassibile.
-Sei... stai bene!- esclamo incredula, con una voce rauca come carta vetrata. La mia gola è stranamente arida.
-Ricordi quindi ciò che è successo?- domanda apatico.
-Io... sì. Certo.- annuisco confusa. Le sue guance sono solcate da graffi sottili ed irregolari, che scivolano lungo gli zigomi e l'attaccatura del naso, ancora aspri e incrostati di sangue secco.
Theodore si alza in piedi. -Sembri stare bene. Non hai riportato nessuna ferita, per quanto strano possa essere. Qualche tuo incantesimo deve averti protetta.-
-A... aspetta!- Lo fermo, ansiosa. -Stanno tutti bene?! Ti supplico, dimmi di sì!-
Sospira. -Shi ha il polso destro slogato, Silver una gamba ed un braccio rotti e Jackson ha riportato ferite decisamente profonde, ma nessuno ha perso la vita, se è questo che intendi.-
Sento un sorriso radioso sformare le mie labbra irrigidite. -Oddio, ma è fantastico! Non sai quanto sono contenta! Ma...- m'interrompo, perplessa. -Come siamo finiti fuori dal castello?! Ran stava per-
-Non esiste più nessun castello, ora.- taglia corto il ragazzo, misurando da lungo rotolo delle bende d'un bianco asettico. Corrugo la fronte, sconcertata. Mi sono persa qualche pezzo, decisamente.
-Cosa intendi, scusa? In che senso non esiste più?-
Mi sorride, sarcastico. -L'hai distrutto tu, no?-
-Distrutto? Ma cosa dici?! E Ran dov'è?!-
Tace. -Lei... sta meglio. Ecco, vedi, dopo quello che le hai fatto... lo so, è assurdo, ma è tornata lei. Come prima di tutto questo casino. E' rinsavita.-
I suoi occhi grigi s'illuminano, sereni. Ehi, ehi, ehi! Calma!
-Che cosa le avrei fatto, io?!- chiedo incredula. Inarca un sopracciglio.
-Mi stai dicendo che ricordi tutto meno che questo? La tua trionfale vittoria?- ridacchia. Sgrano gli occhi.
-Raccontami tutto. L'ultima cosa che so è che Ran voleva uccidermi...-
-Dev'essere stato più o meno a quel punto che hai generato un'altra esplosione, simile a quella avvenuta tempo fa. Un'ondata di energia ha travolto l'intero maniero e le mura, vecchie e ormai precarie, hanno ceduto. Fortunatamente, per quel momento, Grace mi aveva già fatto riprendere conoscenza ed io e lei avevamo portato all'esterno tutti quanti: altrimenti avremmo fatto una brutta fine. Ma tu e Ran siete rimaste illese, dato che ovviamente non potevi essere ferita dal tuo stesso incantesimo e lei è un demone. Poi l'hai guardata negli occhi, ti sei avvicinata e le hai toccato la fronte, dicendo delle parole che non ho potuto, per ovvie ragioni, cogliere. E poi... basta, immagino siate svenute entrambe. Allora ci siamo avvicinati e vi abbiamo soccorse.-
Non riesco a capacitarmi d'una sola sillaba di tutto questo. Voglio dire... ehhh?!
-I... io l'avrei fatta tornare una ragazza normale?! Con qualche strano potere sconosciuto che non ricordo di avere scatenato?!-
Annuisce, un po' titubante. -Non suona una meraviglia, ma è così.-
Lascio che la palpebre ricadano pesantemente, esausta. Anche se non provo un particolare dolore, mi sento sfiancata e inerme come avessi corso per ore. Tutti sono vivi, Ran è tornata. Va tutto bene. Oddio, non mi sembra vero! E' tutto così perfetto...
-Ace.- borbotto quasi incosciente. -Dov'è Ace?-
Nessuna risposta. Poi percepisco qualcosa di morbido e piacevolmente caldo sul petto, qualcosa che ha un profumo familiare. Mi basta socchiudere gli occhi per intravedere in uno spiraglio sottile un gattino acciambellato, dalla pelliccia bianca come la neve. Come quei capelli che conosco e amo.
Sorrido, ed ora sì: tutto è assolutamente, indiscutibilmente perfetto.
Smetto di farmi domande, crollando in un mondo senza peso nè ragioni.


-Theo! Theooo!-
Il ragazzo sbuffa, infastidito. -Arrivo subito. E non chiamarmi in quel modo, che diamine.-
Mickey saltella impaziente, con un sorriso puro e genuino che ha fortunatamente riacquistato. -La sorellona vuole che un antidolocoso!-
-Sì, pulce, ho capito.-
-Non pulce, gi-raf-fa!- sillaba il ragazzino, vivace, strattonando Theodore per la manica.
Shi siede silenziosa su un ammasso di giacche dai colori smorti, strofinate con energia poche ore prima per rimuoverne ogni traccia di sangue. Le sue ginocchia rigide, nascoste da spessi cerotti, schiacciano la stoffa pesante. Gli occhi cerulei sono mesti, quasi pallidi sotto la luce plumbea di quell'umido pomeriggio odoroso di pioggia.
-Tuo fratello mi ha chiamato.- ribatte atono. Lei non risponde, assorta.
Svuota il contenuto di una minuscola bustina in un bicchiere d'acqua. -Questo dovrebbe bastarti, per il pomeriggio. A che ora hai detto che arriveranno a prenderci i nostri?-
-Verso le sette, forse.- mormora. Accetta il bicchiere, stringendolo con dita esitanti. Beve un sorso impercettibile.
-Quando ti ho visto lì per terra, credevo fossi morto.- aggiunge.
Theodore tace.
-Ti amo.-
-Lo so.-
-Ma tu ami lei.- Lei, con disprezzo e asprezza sul palato, come tutto ciò che è irrimediabilmente sbagliato suona. Lei.
-So anche questo.- risponde il ragazzo, quasi tristemente. -Un amore sciocco e vano che non porterà a nulla. Avrei dovuto innamorarmi di te. Sarebbe stato molto più semplice.-
Shi si stringe nelle spalle, arrossendo appena. -Ma non puoi decidere.- Tace. -Su, va' da lei.- conclude amara.
Theodore si volta, mentre l'erba scricchiola sotto le sue suole.
-Shi?-
-Mmh?-
-Non sono niente per Ran. Un giorno sarà lo stesso anche per te.- Sorride, dolorosamente.
E lei, stanca di quel giorno senza sole, per un solo splendido orrendo istante cede alla tentazione di crederci.


E' di spalle, a dondolare i piedi nel vuoto, a cavalcioni sul ramo d'un abete. Così, a vederla, sembra quasi che non sia cambiato niente. Mentre invece nulla più è come prima, nè lo sarà.
Solleva lo sguardo, fissando la lunga cascata di riccioli bronzei che catturano avidi ogni bagliore.
-Sono nei guai.- constata Ran con calma, quasi divertita. La sua voce, di nuovo una pacata sinfonia.
-Fino al collo.- conferma lui. -Come ti senti?-
-Tu come ti sentiresti, nello scoprire che hai appena cercato di distruggere il mondo?- ribatte lei, senza voltarsi.
Theodore riflette. -Un po' scosso, direi.-
-Allora sono un po' scossa. E mi gira la testa.- afferma Ran.
Theodore incrocia le braccia. -E' per questo che stai appesa ad un albero?-
Scrolla le spalle, con indifferenza. -Non me lo sono domandata, onestamente.-
Il silenzio è pace, una brezza serena carezza il suo volto sfregiato da ferite che non andranno mai via. Vuole urlare, vuole prendere Ran a schiaffi e baciarla, vuole dormire e svegliarsi solo quando tutto ciò che è successo gli parrà solo la trama di un romanzetto di serie B.
Ma non fa nulla. Non ne ha più la forza.
-Che razza di poteri ha Adelle?- chiede infine, pensieroso.
Ran prende qualche istante prima di rispondere. -Di certo non usuali. Qualcosina delle mie zie, qualcosina di mia madre. Ma sospetto che, in definitiva, sia la strega della luce.-
Theodore s'irrigidisce. -Luce?! Come sarebbe?!-
-Debole al buio, più forte all'aria aperta. Toccandomi, ha trasmesso al mio corpo un'ondata di luce. Luce.- ripete convinta.
-Credevo che le streghe avessero poteri riguardanti qualche animale, come Grace.-
-Adelle è tutto, fuorchè un classico esempio di strega. Sua madre è una Meister, dopotutto.- Fa una pausa. -La prima Gorgon ad avere poteri, in qualche modo, positivi. Questa è la fine della maledizione, ma ogni fine precede un nuovo inizio.- commenta.
Theodore scuote la testa. -Ancora non riesco a capacitarmi di cos'eri diventata.-
-E di cosa posso tornare, in un istante, ad essere. Non fidarti di me, Theodore. Non fidarti mai più.- Ran esita, quasi volesse aggiungere dell'altro. Ma sta zitta, persa in quel vortice tumultuoso che sono i suoi pensieri senz'ordine.
-Hai ragione. Ma non ci riesco.-
Persino in quel momento si fida, persino in quel momento non ha paura della ragazza che ama e odia. Persino lì, nonostante tutto.
Lei osserva la sua immagine dai contorni incerti nello specchio d'acqua di fronte all'albero. Occhi rossi, occhi d'assassina, occhi di cui non riuscirà mai a disfarsi.
Si disprezza, piena di disgusto. Ran, incapace persino di controllare se stessa. Ran, infinitamente debole nella forza dei suoi poteri. Che la travolgono senza scampo.
-E' come dicevi tu.- mormora Theodore. -Non saresti mai dovuta venire a Death City. Ma ormai non conta.-
-Conta sempre.- lo contraddice stancamente. -Non è mai tardi per salvarsi la vita, Theodore, finchè una lama non ti trapassa il petto.-



-Ho pensato molto.- Cassian socchiude gli occhi, a fatica. Grace ride, adagiandogli sulla fronte una pezza umida.
-Non dovrebbe pensare, adesso, solo riposare.-
-Inconcepibile, per una mente fervida e acuta come la mia.- ribatte il ragazzo serio, strappandole un altro sorriso.
-Allora sentiamo, cosa ha scaturito la sua geniale mente?-
Lui però tace per una decina di secondi, incerto. -Non voglio più rincorrerlo, Grace.-
Grace aggrotta la fronte. -Rincorrere cosa?-
-Il mio passato. Non ho fatto altro che viverlo come fosse la mia realtà e rivangarlo in continuazione, forse, nella infantile speranza di poterlo cambiare. Ma non è così.- Sospira. -Mia madre è morta, morta da tanti anni, e nulla me la farà riavere indietro. Nè la morte di Ran, nè quella di nessun altro.-
Grace si morde il labbro inferiore, annuendo triste. -Speravo che un giorno l'avrebbe capito, signore, anche se sarebbe stato doloroso. Quindi cosa ha intenzione di fare?-
-I fatti che di recente hanno avuto luogo mi hanno fatto capire che non voglio più mettere a repentaglio la mia vita in questo modo. Sarebbe sciocco e davvero inutile, contando il fatto che seguire quell'idiota di mia cugina per mari e monti sta iniziando a stancarmi.-
-Perciò... basta?- Grace s'illumina.
-Sì, basta. Dovrei rinunciare a troppe cose, per compiere una vendetta infruttuosa e ormai esasperante come questa: al mio futuro, prima di tutto. Poi... mi piacerebbe conoscere mio fratello.- ammette, pensando a tutte le volte in cui da bambino ha cercato di immaginare come poteva essere. -E ci sei tu.- 
Grace avvampa, abbassando lo sguardo. -Umh, non merito tanta considerazione.-
Cassian le carezza una guancia. -Non sei più la mia cameriera, stupida. Non sei più pagata per dire cosa del genere.- scherza.
-Io sarò sempre la sua cameriera.- sottolinea Grace decisa. -Che lei lo voglia o no.-
Le loro risate si confondono, nella brezza carica di pioggia ma sgombra d'ogni dolore.



-Dov'è quel maledetto quattrocchi sapientone?! Theodore!-
Jackson sorride al suono di quella voce tanto bella.
-Tranquilla, Silver, arriverà fra poco. Risparmia le forze.-
-La Grande Me merita di essere assistita e riverita di più e prima di chiunque altro! Theeeeodore! Theeeeeodore! Theeeeeeeeee-
Jackson le bacia una guancia, dolcemente. -Non urlare, ti prego. Sei tanto debole.-
La solita Silver avrebbe iniziato a strillare che lei non era debole, che calunnia, lei era l'Arma migliore della Shibusen, anzi della Terra e oltre, e non si doveva permettere mai più di offenderla in quel modo, altrimenti gli avrebbe fatto vedere le stelle con un calcio negli stinchi! ma quella lì, con le gote rosse e le labbra socchiuse dall'incredulità, non era la solita Silver.



Esattamente alle sette meno cinque di quella sera una sola voce squarta il silenzio.
-ADELLE!-
E Adelle, con rassegnazione, capisce che Crona è arrivato.



































Note dell'Autrice: E questo, gente, è l'ultimo capitolo. Brutto come finale, ovvio: ho intenzione di scrivere anche un epilogo -breve il più possibile- e poi basta.
Gli avvenimenti della storia si concludono qui, in ogni caso. Spero di non avere deluso in qualche modo le vostre aspettative, ma mi è sembrato giusto lasciare immaginare a voi una continuazione. ^-^ Insomma, Ran è tornata in sè, nessuno è morto (anche se, onestamente, mi ero ripromessa di fare morire qualcuno. Ma pensandoci bene la morte di un bambino sarebbe stata troppo traumatica in una storia come questa, bene o male abbastanza leggera.) quindi possiamo ben dire che questo è un happy ending. Ma happy ending un corno! Anche se non vi sarà un ennesimo seguito -sarebbe una tiratura bruttissima, in stile Beautiful- le loro avventure non si concludono qui. Anzi, sono solo all'inizio, ora che Adelle ha scoperto i suoi poteri (argomento accennato nell'epilogo... ecco, ho fatto spoiler!).
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto, ho voluto velarlo con un po' di malinconia. Perchè ogni volta che qualcosa finisce si prova.
Lucy

  
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