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Autore: GirlOnFire    03/04/2012    2 recensioni
"Aveva imparato che poteva essere piacevole quel tipo di dolore fisico e mentale."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Un taglio. Due tagli. Tre tagli.
Sulle braccia, i polsi, all'altezza delle costole.
La lametta affilata, un po' arrugginita e incrostata di sangue, scorreva sulla sua pelle, con decisione, mentre le faceva volutamente male, la dilaniava nel profondo, nell'anima, proprio come voleva lei. Il suo stesso sangue le scorreva lungo le ferite, lungo quella pelle che un tempo era luminosa, radiosa proprio come i suoi occhi. O almeno così li ricordava, attraverso le parole degli altri. Occhi marroni e grandi, da cerbiatto, coperti da un paio di occhiali che non li facevano risplendere come avrebbero dovuto.
Eppure ora tutto quello che vedeva era rosso, anche i suoi occhi sembravano essere iniettati di sangue. Per cosa? O meglio, per chi? Proprio per quegli altri che l'avevano costretta a scappare dalla sua casa, a dare fondo ai suoi risparmi prendendo il primo biglietto del pullman che l'avrebbe allontanata da tutte le parole che le gridavano contro in stupidi sussurri o frecciatine, da tutti quelli che dicevano di amarla e l'avevano poi abbandonata, allontanandola da ogni persona che per lei contasse veramente. Era scappata, senza voltarsi mai indietro, perché quella era la sua unica soluzione in quel momento, e dire che lei non scappava mai. Si rinchiudeva e usciva più forte di prima. Stavolta no, lei non c'era riuscita.
Tutto era diventato troppo da sopportare, troppo da gestire.
Non appena salì su quel pullman, diretto per una meta che neanche si era presa la briga di controllare, aveva preso posto e guardato fuori dal finestrino, rimuginando come suo solito. Rimuginava su tutto lei, ogni minimo particolare lo passava nel suo scanner mentale, era come se facesse la tac ad ogni gesto, ogni parola e dalle analisi capiva come doveva agire. A volte sbagliava, altre no, ma alla fine veniva sempre fregata dalla sua scarsa autostima e la sua insicurezza.
Insicura. Cavolo se lo era, ecco perché ogni volta che la ferivano, anche se riusciva a tener testa molte volte, aveva bisogno di piangere, di rimanere da sola nella sua stanza, a pensare.
A volte però non ce la faceva a tenere tutto dentro, non voleva pensare e allora si attaccava a qualche bottiglia che trovava nella vetrinetta dei liquori dei genitori, oppure alla lametta, la sua fidata lametta.
Aveva imparato a tagliarsi fin nella prima adolescenza. Avevo ricevuto le prime batoste fin da subito. Dai genitori, dagli amici, dal ragazzetto che aveva all'epoca. Aveva imparato che il dolore fisico poteva calmarla dal pensare eccessivamente, anche se solo finché non si rimarginavano le ferite, che poteva riaprire a suo piacimento, proprio come quelle della mente. Rinchiudeva tutto in piccoli cassetti del cervello, peccato che non li chiudeva a chiave e così bastava un non nulla per far sì che quelli si aprissero e facessero fuoriuscire i ricordi.
Aveva imparato che poteva essere piacevole quel tipo di dolore fisico e mentale.
Ma passati gli anni aveva capito che era un atteggiamento morboso, compulsivo e sbagliato nei suoi stessi confronti e così aveva iniziato a prendersi cura nuovamente di lei.
Peccato che ora sembrava essere tutto tornato a quegli anni, quando ancora aveva una mente fragile, che forse aveva solo mascherato in quei pochi anni che dividevano la donna che era diventata dalla ragazzina che era stata.
Era scesa dal pullman alla penultima sosta. Era entrata in uno dei bagni dell'autogrill, con il suo zainetto, suo unico bagaglio, e aveva estratto dal portamonete la lametta che non disinfettava da anni ormai. Lametta che era stata a contatto con i soldi che teneva lì dentro. Ma di quello non si preoccupò minimamente. Appoggio la schiena al muro e lentamente si fece scivolare finché il sedere fasciato dai jeans non toccò il pavimento freddo e sporco. Lo zaino lasciato sulla maniglia della porta, chiusa. Si tolse la maglietta e la butto dentro il bagaglio, dopodiché iniziò a ferirsi.

Un taglio. Due tagli. Tre tagli.
C'era più rosso che bianco sul suo corpo in quel momento, ma a lei non importava. Sentiva un dolore atroce che pian piano si dissolveva, non perché le ferite fossero poco profonde e non l'avessero lacerata a fondo. No, il dolore si dissolveva perché aveva perso troppo sangue e si stava lasciando abbandonare.
Ecco la fine di una ragazza che non ce la faceva più a sopportare il mondo, la società.
Nata sola, cresciuta in mezzo alle maschere, morta da sola.
   
 
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