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Autore: Isuzu_27    03/04/2012    2 recensioni
Credo che sia bene presentarmi, per cominciare.
Il mio nome è Isabelle Burke, ma forse il mio nome non vi dice nulla. Potreste pensare che non esisto nel mondo di Harry Potter, e per diversi anni Harry stesso non mi ha conosciuta, sebbene io sapessi benissimo chi era lui.
Sono qui per narrare ciò che è successo ad alcuni di noi, che non hanno avuto la possibilità di conoscere Harry nel corso dei suoi studi o che hanno avuto un ruolo piuttosto marginale. Sono molti coloro i quali hanno in realtà una lunga serie di avvenimenti da raccontare.
Io sono una di questi.
- Ehm, spero che vi piaccia, anche se sarà un po' lunghina... è una personale visione di tutto un mondo che Harry non ha conosciuto, nata dall'unione delle idee della mia vicina di banco e dalla mia penna (si fa per dire) -
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Per quanto noioso e apparentemente inutile, è utile che io descriva la mia famiglia. Tutti ne abbiamo una, e che ci piaccia o no dobbiamo tenercela stretta.
Mio padre si chiamava Jeremy Harold Burke, era ed cresciuto con la nonna paterna, una vegliarda Purosangue completamente sorda dall’orecchio destro e mezza sdentata che non riusciva a pronunciare un incantesimo senza procurare danni a se stessa e a chiunque le stesse intorno, di centoventitré anni d’età. La donna era apparentemente l’unica parente che gli fosse rimasta, poiché i genitori di mio padre erano morti. Ariana Silente II, mia nonna, era morta nel dare alla luce Jeremy; era una ragazzina appena maggiorenne quando rimase incinta ed era oltretutto di natura cagionevole dalla nascita, così non ci fu nulla da fare. Mio nonno Harold Burke, che all’epoca era un omone di quasi quarantacinque anni, oppresso dal senso di colpa per aver messo incinta Ariana, per non averla nemmeno sposata e per averla lasciata morire, si suicidò, lasciando mio padre Jeremy orfano alla tenera età di due settimane e quattro giorni.
Mia nonna Ariana era figlia di uno sfortunato matrimonio tra Aberforth Silente e Petula Flint, che due anni dopo aver messo al mondo Ariana scappò con un uomo Babbano. Ab rimase distrutto dalla fuga della moglie, e quando scoprì che la sua dolce, fragile e unica figlia era incinta ebbe una crisi, dalla quale uscì scontroso, burbero e cinico. Restò accanto ad Ariana per tutta la gravidanza, e quando lei morì affidò Jeremy a suo padre, dicendogli che non voleva averci nulla a che fare.
Harold consegnò Jeremy a sua madre e si suicidò.
La mia bisnonna però morì all’età di centotrentasei anni, quando mio padre aveva tredici anni.
Fu allora che il Preside, Albus Silente, lo affidò alle cure dell’altro nonno rimastogli, nonché suo fratello minore.
Aberforth accettò di crescere Jeremy, che tuttavia era un ragazzino scapestrato, inetto allo studio, scostante e arrogante. Non appena ebbe finito Hogwarts – seppur con qualche difficoltà – Jeremy scappò letteralmente di casa per fare un lungo Grand Tour (un viaggio che i maghi facevano dopo il diploma, ma che di questi tempi ha perso ogni attrattiva).
Per quasi sei anni Jeremy non diede notizie di sé ad Aberforth, nonostante questi lo cercasse. Poi, di punto in bianco, Jeremy tornò dal nonno materno.
Il perché era semplice.
In Francia aveva conosciuto una Veela di nome Apolline e l’aveva messa incinta. Lei aveva messo al mondo non una ma ben due gemelle e ora toccava a lui crescerle, perché Apolline non ne aveva l’intenzione. Per fargli capire che non voleva assumersi nessun tipo di responsabilità era addirittura scappata mentre Jeremy sonnecchiava accanto a lei.
Non ho mai visto mia madre.
Rimasto senza soldi (da parecchio era squattrinato ma era un uomo furbo, rubava a chiunque e oltretutto vendeva oggetti preziosi che aveva già rubato a suo nonno prima di partire) e senza alcun tipo di esperienza su come mantenere due esserini, Jeremy Harold Burke si era visto costretto a tornare a casa, in Gran Bretagna.
Non appena Aberforth dichiarò che l’avrebbe aiutato a crescere le due bambine – me e mia sorella Beatrix – Jeremy scomparve di nuovo, non prima tuttavia di aver rubato preziosi ricordi e oggetti di famiglia del nonno Aberforth.
Per molto tempo non seppi nemmeno che faccia avesse mio padre.

Io e Beatrix crescemmo in salute e felici a casa di Ab; una volta mi disse che quando ci prese con sé aveva delle riserve, perché sapeva della natura piuttosto umorale delle Veela e temeva che noi due fossimo delle specie di bambine-demonio. Rimase piuttosto stupito quando invece sia io e che mia sorella dimostrammo di avere una natura docile e mansueta.
Quando poi giunse la lettera di ammissione ad Hogwarts per entrambe, Aberforth rimase piacevolmente stupito (avendo sangue Veela nelle vene non era detto che noi possedessimo abbastanza magia) e io e Beatrix ci preparammo per entrare nel mondo della magia. Abitavamo a Hogsmeade, perciò riuscivamo a vedere il castello dalle finestre del pub di Aberforth, la Testa di Porco. Oltretutto Albus, il fratello di Aberforth, era sempre gentile con noi e ci aveva portate un paio di volte a fare un giro dei parchi e del castello durante le vacanze estive, permettendoci addirittura di visitare la biblioteca (anche se Madama Pince non era stata molto contenta) e il suo studio, pieno di strani oggetti d’argento, di ritratti di Presidi e di libri sulle magie più strane.
Il 1° di settembre del 1971, io e Beatrix iniziammo il nostro percorso di studi.
Io venni Smistata nei Grifondoro, mentre Beatrix nei Tassorosso.
Il Cappello Parlante in realtà aveva pensato anche a Corvonero, per me, ma alla fine aveva gridato Grifondoro.

Forse, se fossi finita tra i Corvonero, ora non avrei nulla di strano da raccontare, qui.

Quella prima sera, infatti, conobbi le persone che più hanno influenzato la mia vita.
Innanzitutto conobbi la mia migliore amica in assoluto, una persona speciale e indimenticabile che ha saputo essermi sempre vicina meglio di una sorella, una ragazza con la quale ho condiviso segreti e paure, confessioni pericolose e tante, tante risate; naturalmente parlo di Lily Evans. Consideravo Lily al pari di una sorella, anzi forse il rapporto con lei era ancora più stretto che quello con la mia vera sorella. Custodisco gelosamente ogni ricordo che la riguarda, ogni lettera e ogni cosa che mi faccia ricordare gli splendidi anni passati insieme a lei.
Lily è una di quelle persone che non si riescono a dimenticare, nemmeno dopo la morte.
A quel banchetto conobbi anche le altre mie migliori amiche, Mary Macdonald e Alice Wood.
Mary Macdonald proveniva da una famiglia dove erano tutti maghi; aveva cinque fratelli maschi e due sorelle femmine, con le quali litigava spesso. Forse tutto il trambusto che aveva in casa la fece esplodere, perché Mary nel nostro gruppo era la dinamite. Era sempre la prima a mettersi nei guai, era sfrontata al punto giusto con tutti e aveva sempre la battuta pronta; oltretutto pareva divertirsi molto nel fare esperimenti con incantesimi e pozioni. Io non feci mai nulla per fermarla, anzi facevo in modo che anche Lily le desse retta.
Infine Alice era una dolce e materna presenza. Non la si poteva definire bella, aveva un viso grassottello e poca eleganza nel muoversi, ma la calma che esprimevano i suoi occhi, il suo sorriso dolce e la sua personalità adulta e posata la rendevano amabile. Alice era timida e disponibile, sempre pronta ad ascoltare uno sfogo ma severa nel rispetto incondizionato delle regole. Era una di quelle persone che sanno sacrificarsi con il sorriso sulle labbra, e il più delle volte, purtroppo, queste persone si apprezzano fino in fondo solo quando ci vengono portate via.
I nostri compagni maschi del Grifondoro erano invece James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus; fare la loro conoscenza avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
Notai immediatamente Sirius Black. Era bello e ostentava un’aria compiaciuta.
L’aria compiaciuta me la spiegò James Potter. “Ehi, amico, non avevi detto che i tuoi vanno tutti a Serpeverde?” ridacchiò prima di addentare del pollo.
Sirius sorrise (che sorriso!): “Ti avevo anche detto che sarei stato diverso, no?”
Mentre diceva quelle parole gli arrivò un pezzo di mollica di pane nel piatto. Poco dopo ne arrivò un’altra anche nel mio calice di succo di zucca e tra i capelli di Lily.
Ci voltammo tutti verso un ragazzo molto butterato che ridacchiava indicandomi. “Ehi, bimbetta, com’è che c’hai i capelli come una vecchia? Sembrano bianchi!”
Non so se lo sapete – se lo sapete già potete tranquillamente saltare questa parte noiosa – ma le Veela hanno i capelli di un biondo argenteo molto particolare, che ho ereditato quindi dalla mia dolce mammina. Purtroppo non si può far nulla per cambiarlo (non che non abbia provato a tagliarmi i capelli a zero o a fare delle misture magiche per colorarli, ma i miei tentativi si rivelarono inutili)… in ogni caso, se solo fossi stata una Veela matura, di certo quel tizio butterato non si sarebbe comportato in quel modo, sarebbe semplicemente cascato ai miei piedi. Forse non sapete nemmeno che in una Veela, quando comincia il periodo della pubertà, sfiorisce la candida bellezza infantile e per qualche anno cresce in modo piuttosto sconclusionato; all’epoca del mio ingresso a Hogwarts, avevo le braccia cortissime rispetto al busto, perciò le tenevo spesso saldamente incrociate o infilate in tasca in modo che nessuno le vedesse. Al termine della crescita, le Veela diventano adulte e bellissime, anche se ciò vale solo per la generazione come la mia che è l’incrocio di una Veela con un umano.
“Che maleducato!” esclamò Lily.
“Nessuno ha chiesto il tuo parere, mocciosa” rimbeccò lui fissando Lily con sguardo velenoso.
“Com’è che l’hai chiamata?” proruppe James prima che la ragazzina avesse modo di rimbrottarlo per le feste. “Lei non è una mocciosa! Modera i toni!”
“A voi bimbetti vi fanno sempre più sfrontati, eh, Jeff?” disse il ragazzo butterato al suo amico con un riportino terrificante. Quello grugnì come un porco.
Sirius parve averne abbastanza, estrasse la bacchetta e ordinò: “Languelingua”. La lingua del ragazzo butterato di accartocciò.
James rise. E io pure. Lily si abbandonò a un sorrisetto nervoso. Remus e Alice non mossero un muscolo. Mary si complimentò con Sirius.
“Bravo! Com’è che hai detto che ti chiami?”
“Sirius Black”
“Io sono Mary Macdonald, piacere”.
Lui le sorrise furbescamente.
 
  
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