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Autore: Dernier Orage    03/04/2012    2 recensioni
Un frammento di una mattina d'Ottobre, una quarta elementare, un bambino che si ribella incosciente ad una brutalità. Fluff e slice of life.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
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Blessed Persistence





Brest, Ottobre 1974

La moyen 2 era raggruppata su degli sgabelli attorno al lungo bancone di legno del laboratorio di scienze e biologia, graffiato e inciso con insulti e dichiarazioni d’amore. Il pingue maestro di mezza età, con gli occhialetti in bilico dietro le orecchie e i capelli radi, unticci e grigiastri, costeggiava la parete nord, sollevando di scatto le tapparelle e illuminando la grossa e vecchia aula con luce metallica del cielo in tempesta. Stephane Alunir, un alunno di nove anni, uno dei più piccoli della classe, mangiucchiando una penna osservava i fulmini all’orizzonte e sobbalzava leggermente per i lievi tuoni, l’insegnate gli diede un colpetto dietro la nuca per farlo voltare verso il tavolo di lavoro.
- Mi annoio.- Mormorò Stephane aggiustandosi gli occhiali dalla montatura di plastica rossa. Scorse lo sguardo lungo la tavolata, ad un’estremità Antonin, Henri e Leonard si scambiavano cartoline e figurine nascosti dai quaderni. Lionel e Jules si pasticciavano sulle braccia a vicenda, il primo con un pennarello viola e l’altro con uno arancione. Maurice e Ismael parlavano di racconti di paura, irrigidendosi ad ogni tuono e lanciando occhiate di sottecchi al maestro appena si avvicinava per ascoltare o rimproverarli.
- Mi scusi c’è del gesso?- Chiese una bambina bassissima probabilmente di cinque o sei anni, guardando con reverenza la classe completamente maschile e il maestro gigantesco.
- No, fila via!- Le rispose lui facendole un cenno con la mano, lei scappò spaventata in uno svolazzo di gonna e trecce e battere delle scarpette. Nella classe scese un silenzio quasi di contemplazione, erano la penultima classe omogenea dell’istituto e non avevano mai o quasi giocato e parlato con una bambina.
Il maestro circumnavigò nuovamente il tavolo da lavoro per raggiungere delle mensole in fondo alla classe, sollevò un drappo di stoffa scura per scoprire una piccola teca con acqua, terriccio e piantine verdi, con una retina acchiappò una ranocchia verde oliva. Ismael affascinato seguì con lo sguardo la bestiola che cercava di aggrapparsi al tulle nero, l’insegnate la prese in mano schiacciandole leggermente la schiena e si allungò per afferrare un bisturi da una custodia sulla cattedra. Ismael si irrigidì, guardò attentamente gli altri, non si erano accorti di nulla, disinvolti ignoravano il maestro.
- Venite qui.- Ordinò l’insegnate deponendo la rana sul ripiano in legno e tenendole schiacciato l’indice sul dorso lucido.
Ismael fissò la lama brillare argentea e sinistra. Non poteva succedere veramente, era brutale. Sentì le lacrime rigargli le guance, in uno scatto prese l’ombrellino dal pavimento, spintonò i compagni di classe e giunto davanti al maestro gli puntò l’ombrello contro, minacciando una stoccata.
- La lasci.- Mormorò assottigliando gli occhi e ruotando la punta dell’ombrello.
- Chalm, di grazia, che hai intenzione di fare?- L’insegnate si mise a ridere sguaiatamente a vedere quel bambino impettito che brandiva un ombrello come un fioretto pronto ad un tiré droit.
- Mi dia la rana.- Gli intimò tenendolo sotto tiro, con la coda dell’occhio vide Stephane osservarli allibito.
- Lascia perdere Chalm, è inutile.- Pronunciò l’insegnate avvicinando il bisturi alla ranocchia, incurante delle spiegazioni che avrebbe dovuto dare mentre la sezionava.
Ismael lasciò cadere l’ombrello e mise le manine a coppa sulla rana, proteggendola, ignorando il moto di disgusto provocato dalla patina viscida la prese in mano, si fece un taglietto scontrando il bisturi e scappò via.
Corse lungo il corridoio, giù per la prima rampa di scale e poi infondo dagli spogliatoi della palestra, dove c’era una porta che dava sul giardino. La stringeva tra le dita, cercando di non farla cadere e avendo paura di schiacciarla troppo forte. Sull’erba bagnata rischiò di scivolare ma senza fermarsi raggiunse l’olmo più grande e più lontano dall’edificio. Si sedette su una radice, appoggiandosi con la schiena al tronco e guardò il piccolo anfibio, liscio, lucido, verde oliva e soprattutto salvo.
Guardò il dorso della mano destra, le goccioline di sangue diluite dalla pioggia.
- Buona fortuna.- Sussurrò lasciando la rana su una foglia arancione e guardandosi schifato i palmi sporchi.
Quando alzò lo sguardo, vide Stephane affrettarsi nella sua direzione, anche lui in maniche di camicia nonostante il freddo, e con l’ombrellino rosso aperto. Sulla porta, in attesa, l’insegnante, una bidella e il preside.
- Dobbiamo andare in presidenza.- Gli disse fissando con curiosità la ranocchia saltellare verso l’inferriata.
- Perché?- Ismael sembrava non essersi reso conto delle sue azioni.
- Perché tu hai minacciato il maestro e io gli ho tirato un calcio.- Gli spiegò Stephane aiutandolo ad alzarsi e notando il taglietto sulla mano.
- Davvero gli hai tirato un calcio?- Mormorò colpito, voltandosi a guardare per un’ultima volta l’animaletto e avviandosi sotto l’ombrello verso l’edificio, scivolando sull’erba e sporcando le scarpe e le calze nel fango.
- Ti stava inseguendo con il bisturi! Non lo vedevi, eri di spalle.- Rispose Stephane tirando su col naso e rabbrividendo.- Maurice è rimasto in classe ma è disposto a raccontare cosa è successo al preside.-
Prima di andare nell’ufficio del preside consentirono ad Ismael di lavarsi le mani e Stephane gli ricordò di lavarsi anche il viso rigato dalle lacrime.
Aspettarono seduti su una panchetta di laminato giallo.

- Buongiorno, casa Chalm?- Chiamò una voce femminile.
- Sì, mi dica…- Rispose la domestica dal telefono dalla cucina.
- Parlo con la madre di Ismael Chalm?- La domestica gemette a sentire il nome del bambino, chissà cosa aveva combinato, di solito era così tranquillo, poi senza il signor Jean Jacques come avrebbe fatto a spiegarsi? La madre mica lo ascoltava.
- Può dire a me tranquillamente, riferirò alla signora.- Accennò con voce calma.
- Devo parlarle personalmente.- Insisteva la voce, Marie si tolse lo strofinaccio da cucina da dentro la tasca del grembiule e lo ripose su un gancio.
- Allora gliela passo, buongiorno.- Mormorò gelida, mettendo in attesa la chiamata e andando a cercare la signora Chalm. La trovò coricata sul letto della camera patronale, con una mascherina sugli occhi e la radio accesa.- Signora? Al telefono c’è la presidenza della scuola di Ismael, vorrebbero parlarle.-
- Mh? Sì, vai pure.- Mormorò sollevando la seta dalle palpebre.- Allô?-
- Signora, dovrebbe venire a prendere suo figlio. Si è verificato un grave incidente nel laboratorio di biologia.- Spiegò concitata la segretaria.
- Che ha combinato?- Con aria svogliata Marguerite si guardò le unghie laccate.
- Il preside vorrebbe parlarle personalmente.- La troncò la voce femminile.
- Per questo ci sono le domestiche.- Vagamente offesa le risposte la signora Chalm.
- Con la madre, la prego.- La segretaria inclemente mise giù la cornetta.
- Tra un’ora, forse, se trovo un taxi libero.- Quando Marguerite si accorse che la linea era caduta lanciò indignata la cornetta sul comodino, i fili si attorcigliarono intorno alla lampada, si alzò dal letto, buttò la mascherina sul cuscino e andò nella cabina armadio, scelse un tailleur bianco, le décolleté e i gioielli di famiglia. Si tolse la vestaglia di seta e si vestì con calma. Mentre si truccava e inumidiva i capelli dietro le orecchie con una lozione ai fiori di ciliegio che Jean Jacques le aveva portato dal Giappone, ordinò alla domestica di chiamarle un taxi.

Il preside guardava le due signore da sopra le dita incrociate, i gomiti poggiati al piano in cuoio della scrivania. La signora Chalm, o Blanchard de la Roche come aveva specificato richiamando la parentela con la ricca famiglia di industriali, scocciata soffiava improperi e si sistemava i capelli guardandosi nello specchietto da borsetta; la signora Alunir, arrivata trafelata dal lavoro, scusandosi per il ritardo e nervosa per l’accaduto. Ne avevano discusso insieme, la madre di Stephane aveva difeso sia il figlio che Ismael, tirando in causa una sensibilità dei bambini e una dimostrazione pratica prematura da parte dell’insegnante. Aveva letto nella convocazione e in una sua frase una specie di messa in discussione del suo ruolo di madre e l’aveva difeso con i denti, con l’orgoglio di aver cresciuto da sola molto più che discretamente il figlio.
Il direttore scolastico le aveva accompagnate fino alla porta, i bambini erano seduti su una panchetta e scalciavano nervosi, aveva dato una carezza sui capelli di Ismael, spostandogli la frangia riccia del caschetto dagli occhi.
- A casa.- Ordinò Marguerite prendendo il figlio per il braccio e trascinandolo lungo il corridoio.
- Aspetti!- Stephane le corse dietro, seguito da Annik.- Aspetti.-
- Cosa c’è?- La signora Chalm si voltò di scatto, riservando loro una lunga occhiata indagatrice.
- Mi chiedevo se Ismael potesse rimanere a casa nostra qualche giorno.- Incominciò Annik guardando alternativamente Stephane, Marguerite ed Ismael.
- Sì, va bene.- Sbottò la madre di Ismael, aggiungendo rivolta al figlio.- Ti sta salvando la vita, signorino. Bene, io ho un appuntamento dalla sarta. Arrivederci.-
Ismael abbracciò Annik guardando la silhouette magra della madre allontanarsi.
- Che punizione dovrei darvi? Stasera mi aiutate a servire ai tavoli?- Mormorò distrattamente la signora Alunir, aiutando i bambini a infilarsi le giacche e gli zainetti che una bidella aveva portato loro dalla classe.
- Noi ti aiutiamo e tu ci lasci mangiare il dolce.- Le proposte Stephane rifugiandosi sotto l’ombrellino di Ismael.

- Stef, dormi sul divano o con me?- Chiese la madre mentre inginocchiata accanto alla vasca da bagno gli insaponava i capelli. Ismael sputò il dentifricio nel lavandino e si voltò guardando Stephane, sollevando il labbro superiore mostrò i canini in un’imitazione del Conte Dracula impersonato da Christopher Lee.
Stephane sgusciò sott'acqua, nascondendosi dietro il bordo della vasca.- Stef, dimmi per favore, devo ancora tirare fuori le coperte se scegli il divano.-
- Dormo con lui.- Rispose quando la madre lo tirò fuori dall’acqua.
- Avete di nuovo visto un horror con Didier?- Erano rimasti nella cucina, seduti su delle sedie di plastica a guardare il première chaîne con il cuoco, nonostante lei lo avesse sconsigliato. Ed ora il suo ometto spaventato cercava l’amico. Annik avvolse il figlio in un asciugamano.
- Sì, Le Cauchemar de Dracula.- Mormorò Ismael sfregandosi gli occhi. Indossava una maglietta e dei pantaloncini di Stephane, non aveva il ricambio, fortunatamente lo superava soltanto di pochi centimetri. Appena arrivati a casa Annik lo aveva spedito a farsi un bagno, così da togliersi il fango dai polpacci e il sale dalle guancie.
- Mael vai già a dormire? Gli devo ancora asciugare i capelli, tra un po’ arriva.- Ismael si avvicinò per darle un bacino sulla guancia e scappò in cameretta, Annik si voltò verso il figlio:- Non ha paura dopo il film?-
Stephane scosse la testa spargendo gocce d’acqua in tutto il bagno:- No.-
- Ma è da paura!- Protestò Annik tamponandogli i capelli corti e scuri.
- Ma mamma! E’ solo un film!- La rassicurò Stephane guardandola con gli occhi spalancati e poco convinti.
- Zitto ometto.- Gli diede un piccolo pizzico su una guancia.-…a te fa paura.-

Una volta arrivato in cameretta Stephane, pronto per andare a dormire, con il pigiamino pulito di colore azzurro e i capelli asciutti, trovò Ismael rifugiato sotto le coperte con un cuscino sopra la testa. Si infilò a letto e si sporse per spegnere l’abat-jour.
- No!- Implorò Ismael con un urlo che lo spaventò parecchio.
- Sei sveglio?- Mormorò Stephane con una mano a mezz’aria. -No cosa?-
- Non spegnere la luce!- Ebbene sì, Ismael aveva paura.

   
 
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