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Autore: Mikoru    04/04/2012    2 recensioni
Le storie narrano che in tempi di sventura, quando tutto sembra perduto, nasce sempre un eroe per riportare la speranza alla gente. Le storie sbagliano, poiché gli eroi non nascono, bensì vengono plasmati dagli eventi. E affinché ciò avvenga, devono prima essere designati e spinti lungo il giusto percorso.
Un grazie di cuore a Shainareth per il betaggio e l'incoraggiamento, e a chiunque di voi leggerà e (spero) apprezzerà questa storia.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Custode, Zevran Arainai
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 05

Verso un incerto destino

La consapevolezza giunse insieme allo scoppiettio di un falò, al familiare odore di legna bruciata e alla sensazione di qualcosa di morbido sotto la schiena e la testa. Luniel strizzò le palpebre, le sbatté e infine riuscì ad aprire gli occhi. Sopra di lei c'era un soffitto di travi e pali di legno, e comprese di essere distesa su un letto. Emise un lieve mugolio, confusa, e nel portarsi una mano alla fronte le dita incontrarono la stoffa di una fasciatura.

«Ti sei ripresa, finalmente.»

Era una voce sconosciuta. L'elfa girò il capo e vide, a pochi passi dal letto, una ragazza alta e pallida, dai capelli neri e gli occhi di uno stranissimo colore giallo: parevano le iridi di un animale selvatico. «Chi sei? Dove mi trovo?»

«Puoi chiamarmi Morrigan. Sei nella mia casa, o meglio, nella casa di mia madre. Nel cuore delle Selve» rispose quella, avvicinandosi per controllarla. «Bene, sembri esserti ripresa.»

Le Selve? «Ma come...? Cos'è successo? Come sono finita qui?» E dov'era Ascher?

«Non te lo ricordi?» domandò Morrigan a sua volta.

«Te lo chiederei, altrimenti?» Luniel non riuscì a trattenere il tono brusco. Ricordava soltanto la Prole Oscura che si precipitava nella stanza e le frecce che la colpivano... Si sollevò a sedere cautamente, scostò lo scollo della lunga camicia che le avevano messo indosso e osservò le bende pulite che le avvolgevano il torace. Non sentiva dolore, come se le ferite non fossero mai esistite.

«Ostagar è perduta. Mia madre ha salvato te e il tuo amico» spiegò la ragazza delle Selve, mettendosi a riordinare alcune ampolle su uno scaffale.

Amico? La dalish si corrucciò, perplessa, e Morrigan se ne accorse.

«L'altro Custode» precisò. «Mia madre vi ha portati qui e ha curato le vostre ferite. Una freccia ti ha quasi raggiunto il cuore, sembravi piuttosto spacciata. La vecchia sarà soddisfatta di vedere che ti sei ripresa. Se non ce l'avessi fatta, credo che il suo orgoglio l'avrebbe considerato un affronto.»

Luniel scosse in fretta la testa, rimediando un mezzo mancamento. «Aspetta, aspetta! Non c'era anche un lupo? Un grosso lupo dalla pelliccia grigia...»

L'umana la scrutò con blanda perplessità. «Non saprei. Mia madre non me ne ha parlato.»

Fu come ricevere una pugnalata e Luniel sentì le lacrime che affioravano prepotenti. Serrò gli occhi con forza e si morse il labbro, faticando a trattenere il pianto e a mantenere la calma. Non poteva aver perso anche Ascher... non anche lui... Deglutì e domandò, con voce malferma: «E... la Prole Oscura? Cos'è successo... a tutti gli altri?»

«Morti tutti, almeno così sembra» fu l'indifferente risposta. «Il Re, l'esercito, i Custodi Grigi...»

L'elfa sbarrò gli occhi, colpita dall'ennesima pugnalata. Duncan... Il fiato le si fermò in gola e lei annaspò a lungo, sentendosi quasi soffocare per lo sgomento.

«Stando a mia madre» proseguì l'altra, apparentemente imperturbata dal suo dolore, «l'uomo che doveva rispondere al vostro segnale ha abbandonato il campo e ha lasciato massacrare il resto dell'esercito. Il tuo amico l'ha presa decisamente male. È da due giorni, da quando si è ripreso, che non fa che imprecare, rimuginare e cedere al panico per la tua sorte.» La giovane scosse la testa con disapprovazione.

Le rivelazioni di Morrigan le rimbombavano in testa, lasciandola stordita e incredula. Come poteva essere accaduto tutto ciò? Perché era accaduto? Luniel sentì che il mondo le stava crollando addosso un'altra volta, ma si impose di resistere. Artigliò le coperte e prese un respiro profondo prima di commentare: «Quindi, nessun sopravvissuto...»

«A parte qualche sbandato che se l'è filata per tempo. Non tutti sono rimasti a farsi massacrare, quando è stato evidente che ormai era finita. Ma in quella valle...» Le piantò addosso quei suoi strani occhi gialli, uno sguardo penetrante che sembrava volesse sondarle l'anima, come per capire quanto ancora fosse in grado di sopportare. «Mi sono recata ad osservare il campo di battaglia e quello che ho visto ha turbato persino me... uno scenario a dir poco orribile. Cadaveri ovunque e i prole oscura che si aggirano fra di essi. Credo se ne nutrano.»

«Capisco» mormorò l'elfa, atona. Improvvisamente non trovava più la forza di sconvolgersi né di disperarsi. Si passò le mani sul volto. «Però non capisco perché tua madre ci abbia salvati. O come abbia fatto.»

Morrigan andò verso il caminetto. «Il motivo lo ignoro pure io. Oh, gliel'ho domandato, ma non ha voluto spiegarmelo. Lo fa spesso, in effetti, di non spiegarmi le sue azioni.» Si accovacciò per alimentare le fiamme. «Fosse stato per me, avrei cercato di salvare il vostro sovrano.»

«Grazie tante.»

«Cerco soltanto di essere pratica: un re ha molto più valore. Comunque...» La giovane donna si rimise in piedi e sbatté le mani una contro l'altra. «Si è tramutata in un volatile gigante, è volata sulla cima della torre e ha recuperato te e quello scemo biondo, uno per zampa. Forse è per questo che ha preso solo voi due, non poteva trasportare altri.»

«Una Mutaforma...» mormorò l'elfa, senza stupirsi più di tanto. Fra la sua gente, un tempo, magie del genere erano state comuni.

«Esatto.» Morrigan si mise a braccia conserte. «Riesci ad alzarti, sì? Allora conviene che ti fai vedere dal tuo amico, così smetterà di agitarsi. Dovrebbe essere fuori.»

«Non è mio amico» mise in chiaro Luniel, scendendo dal letto.

L'altra fece spallucce. «Come vuoi. Io rimango qui, preparerò qualcosa da mangiare.»

L'elfa mosse un passo, ma si fermò, folgorata da un pensiero. «Le mie cose! Dove sono?!»

Morrigan la guardò inarcando un sopracciglio. «In quel baule, insieme alla roba del biondino. Tranquilla, non ti abbiamo rubato nulla.»

Luniel si precipitò dal baule, frugò all'interno e ne tirò fuori il bracciale in legnoferro, emettendo un profondo sospiro. Lo rimise al polso destro, quasi con reverenza, poi se lo portò al petto con un secondo, più instabile sospiro.

«È molto bello, quel bracciale» commentò Morrigan. Il tono suonò volutamente impersonale.

La dalish percorse col dito alcuni dei delicati avvolgimenti che si diramavano e si intrecciavano fra loro al pari di tralci d'edera. «Sì, lo è» mormorò quasi a se stessa. Si alzò lentamente e raggiunse la porta. Quando uscì fuori la luce del sole, per quanto tenue, le ferì gli occhi e fu costretta a sbatterli più volte. Sollevò una mano a ripararli. In camicia e scalza com'era, rabbrividì per il freddo improvviso.

«Luniel! Oh, Creatore! Siete viva!»

Riabbassò la mano e vide Alistair, apparentemente sano, che le veniva incontro quasi di corsa. Il giovane tese le braccia come se volesse stringerla e lei si ritrasse di un passo.

Alistair si fermò riabbassando le braccia, sul viso gli passò un'ombra di dispiacere. Non aveva traccia di ferite, ma i suoi occhi erano gonfi e arrossati, segno che aveva pianto parecchio. «Io... credevo che fossimo perduti... Se non fosse stato per la madre di Morrigan, noi... ora...» La voce gli tremò e lui richiuse la bocca.

Luniel guardò la palude, l'acqua ferma e placida su cui si rifletteva il sole pallido e velato dalla bruma, e cercò di mantenersi ugualmente imperturbabile benché le costasse una fatica immensa. «La giovane shemlen mi ha raccontato...» sussurrò. «Mi ha detto che Loghain...»

«Quel maledetto traditore!» esplose il giovane. «Vile codardo! È fuggito lasciando il suo re in balia della Prole Oscura, ha tradito l'intero Ferelden! Schifoso... miserabile... Ignobile carogna! E a causa sua...!» Si fermò di nuovo, teso e tremante, i pugni contratti.

...loro due avevano perso tutto. Ascher, Duncan... Ma non si trattava più soltanto delle perdite personali. L'elfa si afferrò il lembo della camicia, faticando a resistere ora che l'enormità della vicenda la stava infine raggiungendo: se i Custodi Grigi erano stati sterminati, la Prole Oscura non avrebbe trovato ostacoli nella sua avanzata. Inoltre, malgrado lei odiasse gli umani, il pensiero di quante vite fossero state stroncate per la slealtà di un solo uomo la disgustava profondamente. «Perché mai l'ha fatto?» domandò.

«Per il trono?»

«Ma che senso ha averlo fatto adesso?» Luniel scosse la testa, sconcertata. «Il Flagello è un pericolo anche per lui.»

«Il cuore degli uomini» disse una voce alle sue spalle, «talvolta nasconde ombre più oscure di qualsiasi creatura corrotta.»

Luniel si voltò, trovandosi di fronte quella che doveva essere la madre di Morrigan: magra e ossuta, più bassa della figlia, aveva i capelli grigi e il volto solcato di rughe. La donna che aveva affermato di chiamarsi Flemeth. Si domandò distrattamente se la fosse davvero.

La vecchia proseguì: «Quell'uomo... Ancora malfidente malgrado l'evidenza. Rifiuta la verità, crede che quest'orda di Prole Oscura sia un esercito che si può sconfiggere con la forza e l'astuzia. Non vede, non vuole vedere la minaccia, il male che si cela fra le viscere della terra.»

«L'Arcidemone...» confermò Alistair in un sussurro. «Come può essere stato anche così stolto, oltre che codardo?»

La dalish lo guardò. «Pensate davvero che abbia agito per prendersi il trono?» volle sapere.

L'altro scosse la testa con fare sconfitto. «Non vedo altra spiegazione. È il padre della Regina, probabilmente conta di regnare in sua vece... Ma come può sperare di farla franca?»

Flemeth sbuffò infastidita. «Credete forse che sia il primo sovrano a ottenere il potere in questo modo? Ingenuo. Ingenuo, come lui. Non siete più un bambino, cercate di crescere!»

Alistair, risentito, si accigliò e fece per ribattere alla donna, ma Luniel intervenne: «Cosa facciamo, adesso?» Di colpo si sentì sperduta, ma tentò di non darlo a vedere. «Se i Custodi non esistono più... Senza Duncan cosa...?» Si fermò, sentendosi un'altra volta mancare l'aria. Dovette prendere un respiro profondo. Gli occhi le bruciavano per le lacrime a stento trattenute.

«È certo che non potrete restare qui» s'intromise Flemeth. «La mia magia tiene lontana la Prole Oscura, ma non durerà in eterno.»

Alistair, irrigiditosi, indurì l'espressione. «Dobbiamo continuare l'opera di Duncan. I nani e gli elfi ci avevano assicurato il loro appoggio, tuttavia non si sono visti. Dobbiamo scoprire per quale ragione, sperando che non ci abbiano semplicemente abbandonati anche loro. Probabilmente dovremo ricorrere ai trattati, per costringerli.»

«I trattati?» Luniel sbatté le palpebre, confusa.

«Li ho con me» le spiegò lui. «Duncan me li aveva affidati, raccomandandosi di tenerli al sicuro. Quasi se lo aspettasse...» Gli occhi gli divennero lucidi, ma non una lacrima ne uscì. «Con questi, nani ed elfi non potranno negarci il loro aiuto. Sono tenuti ad onorare gli antichi accordi. Dovremo chiedere aiuto anche ai maghi... per fortuna non erano tutti ad Ostagar, il Circolo esiste ancora.» Emise un sospiro. «Prima, comunque, dobbiamo pensare ad allontanarci da qui.»

«Per andare dove?»

Alistair scosse la testa. «Non abbiamo molte scelte. Credo che, per cominciare, ci convenga andare a Redcliffe, a chiedere aiuto anche ad Arle Eamon. Lui non era ad Ostagar. Là saremo al sicuro e potremo riorganizzarci.»

L'elfa inclinò la testa, senza capire.

«Eamon Guerrin, Arle di Redcliffe. È lo zio di Cailan, un brav'uomo molto rispettato dagli altri nobili del Ferelden. La sua parola ha molto peso e rivolgerci a lui, ora come ora, mi sembra la cosa migliore da fare. Ci aiuterà.»

Lei storse il naso, meno disposta a tanta fiduciosa speranza. «Cosa ve lo fa credere?»

«Be'...» Il giovane parve titubante. «Lo conosco, da molti anni, e ho motivo di supporre che mi ascolterebbe.» Nella sua voce c'era un'eco di dubbio, che svanì con l'affermazione successiva: «E so che non lascerebbe mai impunito l'assassino del nipote.»

Luniel scrollò le spalle. «Se pensate che sia così, allora andiamo da questo Eamon.» Non vedeva molte alternative, del resto.

«E tu che ci fai qui?» domandò Flemeth in tono curioso, di certo non rivolta a loro.

L'elfa, che si era quasi dimenticata di lei, si girò e spalancò gli occhi. All'inizio di un sentiero emergente dalla boscaglia c'era...

«Non è il vostro lupo, quello?» domandò Alistair, sorpreso.

«Ascher!!» Luniel si precipitò verso l'animale, che avanzava zoppicando, e si buttò in ginocchio davanti a lui, gettandogli poi le braccia intorno al collo, aggrappandosi strettamente al suo pelo, ora arruffato, sporco e chiazzato di sangue ormai secco. Cominciò a singhiozzare senza freno. «Sei vivo! Sei vivo! Credevo di averti perso!»

Il lupo, con un lieve uggiolio, spinse il muso contro la sua testa e le diede qualche leccatina sul collo. Lei si scostò per controllarne le condizioni, passandogli freneticamente le mani sul pelo, ancora incredula di averlo ritrovato. «Sei ferito, amico mio. Oh, Ascher...» Aveva diverse brutte lesioni, alcune in via d'infezione, e una zampa così malconcia che a malapena lo sorreggeva.

Alistair emise un basso fischio, stupito e ammirato. «È riuscito a fuggire dalla torre e si è fatto strada fino a qui. Per ritrovarvi. Incredibile...»

Luniel si rivolse a Flemeth. «Potete curarlo?» Si rese conto di aver quasi implorato, ma non era il momento di preoccuparsi dell'orgoglio.

«Certo che sì!» reagì l'anziana donna, con fare piccato. «Portalo in casa, me ne occuperò lì. E rientrate tutti e due. Se Morrigan ha finito di preparare il pranzo, mettetevi a mangiare. Avete bisogno di recuperare le forze. Soprattutto tu, ragazza.» Poi fece strada.

Luniel si rialzò senza protestare e accompagnò il lupo alla dimora. Ebbe modo di osservarla soltanto adesso: era niente più che una capanna di legno con un piano superiore, addossata ad un'antica parete di pietre erose dal tempo. Raggiunse la porta e fece entrare Ascher.

«Sono felice per voi.»

Girò la testa a guardare da sopra la spalla e vide Alistair che le sorrideva, pur con un alone di tristezza. Era talmente contenta per aver ritrovato Ascher da non irritarsi per quella che, in un altro momento, avrebbe considerato l'ennesima ingerenza dell'umano. Riuscì addirittura a rivolgergli un rapidissimo sorriso e a mormorare un fievole: «Grazie», che forse lui nemmeno udì. Poi entrò, sentendosi più sollevata di quanto fosse stata al risveglio; si permise addirittura di accantonare tutti i dubbi circa la disponibilità di Flemeth.

Ascher era di nuovo con lei, per adesso era l'unica cosa che contava.

Il pranzo si svolse in silenzio. Al piccolo tavolo di legno erano seduti soltanto Luniel, Alistair e Morrigan; la padrona di casa era nell'altra stanza, intenta a curare Ascher. Di quando in quando, il giovane lanciava delle occhiate sospettose verso la porta che conduceva di là e, in aggiunta, anche alla ragazza che sedeva con loro. La quale, ovviamente, ad un certo punto non mancò di irritarsene.

«Immagino tu abbia una sorta di tic nervoso, giacché non fai altro che muovere la testa di qua e di là» commentò.

Lui la fissò con cipiglio. «Nossignora» rispose con freddezza. «È solo che non oso immaginare cosa possa fare vostra madre a quella povera bestia. Luniel potrebbe ritrovarsi con un rospo al posto del suo lupo.»

L'elfa alzò lo sguardo, fissando il collega Custode con le sopracciglia inarcate, poi roteò gli occhi con fare esasperato.

Morrigan, dal canto suo, lo scrutò come se fosse una specie di grosso verme dotato di favella, ma non di cervello. «Non mi pare che tu o l'elfa siate dei rospi.»

Luniel valutò l'idea di un rospo al posto di Alistair e la trovò alquanto allettante. Poi, però, pensò che di certo avrebbe gracidato senza tregua... Forse, alla fin fine, era meglio che restasse com'era; le veniva più facile zittirlo.

«No, certo. Non ancora» insistette il giovane.

Se Nevan fosse stato con loro l'avrebbe fatto tacere con una delle sue solite battutine o semplicemente imponendoglielo. Luniel sbatté le palpebre, perplessa. Doveva essere una conseguenza della botta in testa, poiché per un attimo aveva quasi avvertito la mancanza del mago dall'eterno sorriso. Si trovò a pensare che Alistair dovesse sentirla davvero, avevano dato l'idea di essere molto amici, anche se non come erano stati lei e Tamlen... Il pizzicore all'angolo degli occhi la spinse ad abbassarli sullo stufato fumante davanti a sé, quel minimo afflato di comprensione per l'umano sparì e di colpo fu di nuovo consapevole delle voci degli altri due.

«...delle apostati.» Alistair stava concludendo un suo qualche discorso e lei rialzò lo sguardo.

«Come che sia» replicò Morrigan, tranquilla e con un sorriso beffardo, «mi risulta che la magia di mia madre vi sia stata utile. O preferiresti essere a marcire su quella torre?»

Preso alla sprovvista, Alistair non ribatté. E non sapendo come rispondere tornò a dedicarsi allo stufato, riempiendosi la bocca di una porzione così abbondante che Luniel si stupì non ne rimanesse strozzato. Quel che la stupì realmente, però, fu non averglielo nemmeno augurato.

Terminarono il pranzo nello stesso silenzio in cui era cominciato. Morrigan si alzò e, da ottima padrona di casa, tolse le stoviglie dal tavolo e le ripose in un mastello, dopodiché si mise a rigovernare, comportandosi come se i due ospiti nemmeno fossero presenti. Per quanto riguardava Alistair, era probabile che non lo sopportasse più di tanto e lui non si era certo sforzato per rendersi gradevole, mentre dell'elfa doveva aver compreso che non era in vena di parlare.

Il silenzio si protrasse, provocando disagio nell'umano, dal momento che non riusciva a stare quieto: grattava il tavolo con l'unghia, si agitava sulla sedia, batteva il piede sul pavimento...

Quanto a Luniel, stava ferma con lo sguardo fisso verso la porta dell'altra stanza, in trepida attesa. Non che dubitasse delle capacità guaritrici di Flemeth, ne aveva avuto prova su se stessa, ma era impaziente di riabbracciare il suo amato lupo di nuovo in salute. Quei pochi minuti in cui lo aveva creduto morto erano stati terrificanti. E se soltanto quella sorta di prodigio si fosse potuto ripetere anche per Tamlen e Duncan... Chiuse gli occhi, respirando a fondo per riprendere il controllo e trattenere il pianto.

Li spalancò quando udì il cigolio dei cardini. Flemeth avanzò, aprendo la porta, e subito dopo Ascher la superò, trottando rapido verso la propria padrona. Lei si alzò di scatto e gli andò incontro, piantando bene i piedi nel momento in cui il lupo si drizzò sulle zampe posteriori per posarle quelle anteriori sulle spalle. Sostenendone il familiare peso con una risata, Luniel tese le braccia a cingere Ascher, voltando appena il viso sotto una raffica di affettuose leccate.

«Ma come fate a rimanere in piedi?» domandò Alistair dietro di lei.

Era solo una questione di abitudine, naturalmente, ma non ritenne proprio dovere informarne l'altro. Continuò a scambiarsi coccole con Ascher, sfregandogli il viso contro il muso, arruffandogli e accarezzandogli il pelo, schioccandogli persino dei baci sul naso umido.

«Ma... ma cosa...?» sentì Alistair balbettare.

La risatina di Morrigan gli fece eco. «Sei forse geloso?»

«Fatemi la cortesia di tacere!» le ribatté subito lui. «Sono soltanto perplesso. È più gentile con il lupo che con le persone.»

«Se le persone con cui ha a che fare sono come te» lo rimbeccò la giovane umana, «ha senza dubbio tutte le ragioni.»

Luniel fece un mezzo sorriso. Quasi quasi quell'umana le stava simpatica... Prese le zampe di Ascher per farlo scostare. «Avanti, bestione, adesso scendi» lo esortò. «Le mie spalle sono delicate, lo sai» scherzò. E appena l'ebbe detto ogni traccia di gioia svanì. Quella era un'affermazione che apparteneva a Tamlen, una di quelle che rientravano nelle loro reciproche, affettuose prese in giro.

Ascher uggiolò a quel suo cambio d'umore. Lei fece un sorriso triste e gli accarezzò la fronte.

«Ah, figlia dei Dalish, li vedo...» mormorò Flemeth. Lei la fissò senza capire. «Rabbia... odio... dolore... e in quale quantità! Ti scorrono dentro come un veleno che finirà per consumarti, non meno della corruzione che già ammorba il tuo sangue. Oh, sì, e avvolgono il tuo cuore fra tormentose spire di ghiaccio...»

Morrigan emise un breve sbuffo. «Eccola che ricomincia» commentò in un soffio.

Flemeth non badò a quell'intervento. «Lascerai che lo intrappolino in una gelida gabbia? Chissà, chissà. Ma se fosse, anche la fiamma più debole, anche il sole più tiepido possono riuscire a sciogliere il ghiaccio, a lungo andare...» Puntò lo sguardo oltre le spalle di Luniel e lei, voltando appena la testa, vide che in quella precisa direzione si trovava Alistair. «E possono riuscirci più facilmente finché il ghiaccio è ancora sottile.»

«Vaneggiate?» domandò il giovane Custode.

L'elfa invece scosse il capo, irritata. «Smettetela di parlare per enigmi!»

Flemeth la osservò con aria di genuina sorpresa. «L'ho fatto? Oh, può essere. La mia cara Morrigan ti direbbe che, alla mia età, la mia mente non è più tanto affidabile. Vero, cara?»

«Oh, madre adorata, non mi sognerei mai di contraddirvi» ribatté l'interpellata, con voce talmente flautata da rendere più che tangibile l'ironia.

«Ah!» fece la vecchia. «Che figlia devota. Ma basta ciarlare.» Fissò alternativamente i due Custodi. «Direi proprio che siete in condizioni di mettervi in viaggio. Quanto prima, suggerirei. Vi ho già preparato delle sacche con ciò che vi potrebbe servire. Coperte, mantelli e provviste sufficienti finché non uscirete dalle Selve. Si trovano di là, insieme al vostro equipaggiamento.» Indicò con la testa la stanza da cui era uscita poco prima, avviandosi verso la porta d'ingresso. «Preparatevi, prendete tutto e raggiungetemi fuori» concluse, e uscì senza aspettare risposta.

Una bruma livida regnava fra gli alberi che circondavano la piccola radura in cui sorgeva la casa. Alberi neri, scheletrici, cui quella nebbia conferiva un'aria spettrale e malsana. I loro rami erano braccia rinsecchite che si tendevano ad implorare luce e calore da un sole egoista e sfuggente in quel cielo caliginoso.

Luniel scrutò il sentiero che si inoltrava in quel cupo groviglio di legna morta e si accigliò; l'idea di andare ad infilarsi là dentro non l'allettava neanche un po'. Alistair, al suo fianco, non appariva meno scontento, ma neppure lui si lamentava. Con i rispettivi equipaggiamenti indosso e le sacche da viaggio ai propri piedi, entrambi fissavano la presunta Strega delle Selve intenta ad osservare quel poco gradevole paesaggio. Ascher si aggirava lì attorno, annusando a terra e per aria.

Finalmente Flemeth si girò verso di loro. «Curioso. Oh, sì, davvero curioso» iniziò, palesemente assorbita da qualche suo pensiero. «È buffo come certi eventi sembrino ripetersi, non trovate?»

Luniel scambiò un'occhiata perplessa con Alistair, non meno disorientato da quell'apparente vaneggiamento da parte della donna.

«È proprio come allora» continuò quella. «Due giovani smarriti e in fuga, dopo aver perduto tutto... uno pieno di eccessiva fiducia, l'altro pieno di livido rancore.» Guardò verso Alistair. «Chissà se tu riuscirai a non essere tradito... Io l'avevo messo in guardia, ma non mi ha dato ascolto... ed ecco che tutto rischia di sfociare nella tragedia.»

«Ma di che state parlando?» domandò il giovane.

Lei agitò una mano. «Oh, lascia stare. Quando si è vecchi, i pensieri vagano senza controllo e finiscono per rincorrere antichi ricordi.»

Luniel la fissò con sospetto. «Asha'belannar» mormorò. «Se siete davvero lei, di ricordi ne avete senz'altro parecchi.»

Flemeth fece un sorriso furbo. «Può essere saggio nutrire dei dubbi, soltanto gli sciocchi non ne hanno mai» commentò. «Tuttavia, figlia dei Dalish, cerca di non essere tanto sciocca da negare ciò che sai essere vero. Oh, perché tu sai. Nel profondo di te stessa, sai chi sono io. Il tuo popolo mi conosce bene.»

L'elfa fu attraversata da un brivido gelido, sotto lo sguardo dell'anziana donna.

«Ciò è irrilevante, comunque» proseguì quella.

Alistair sbuffò, impaziente. «Sentite, ora basta. Non abbiamo tempo da perdere in... strambe chiacchiere sconclusionate. Abbiamo un compito che ci aspetta. E una giustizia da compiere.»

La vecchia fece qualche passo verso di lui. «Oh, certo che sì. Ma mi chiedo... Giustizia o vendetta? Cosa cercate, davvero? E cosa otterrete, davvero? Il perdono è difficile da concedere.» Si strinse nelle spalle. «Chi può dirlo, però? Nemmeno la mia magia è in grado di rispondermi.»

Alistair indurì lo sguardo. «Io voglio soltanto giustizia!»

«Ma sicuro» annuì la Strega e sorrise amabilmente. «Eppure la vendetta può essere tanto dolce...» Il suo sguardo si perse lontano per qualche istante, poi lo spostò su Luniel. «Soprattutto per ammorbidire così tanta rabbia. La sua era temprata nel puro acciaio e l'ha condotto ad affondarla nel cuore di chi più gli era vicino, allora come oggi. Ma tu... No, forse tu non lo farai, bambina. Puoi ancora essere salvata.»

Quelle allusioni non le piacevano per niente. Luniel si accigliò e disse: «Fatela finita!»

«Oh, certo che ho finito.» Si girò verso la porta di casa, apertasi in quel momento: Morrigan era sulla soglia, con una sacca sulla spalla e un bastone dall'estremità contorta in mano. «Bene, figlia, finalmente sei pronta. Ora potete partire.»

«Prego?» esclamò Alistair. «Credo di aver udito male.»

Flemeth gli lanciò un'occhiata. «Eppure fino a poco fa le orecchie ti funzionavano.»

Luniel guardò la figlia della Strega, poi la Strega stessa. «Posso domandare il motivo?»

La vecchia sbuffò. «Potresti considerarlo il compenso per aver salvato le vostre vite, Custodi Grigi. Ma se proprio vuoi una spiegazione... In primo luogo, senza di lei non sapreste uscire dalle Selve. Il tuo compagno potrà confermartelo.»

La dalish rabbrividì per le parole "tuo compagno", poi gli rivolse un'occhiata interrogativa.

Lui incrociò le braccia, corrucciato. «È stata lei a condurci di nuovo fino alla fortezza, quando siamo venuti qua a recuperare i trattati.»

«In secondo luogo» proseguì Flemeth, «la sua magia vi sarà molto utile, e voi avete bisogno di tutto l'aiuto possibile per fermare il Flagello. La qual cosa sarebbe un vantaggio pure per me. Vi sto affidando ciò che ho di più prezioso, Custodi, poiché non dovete assolutamente fallire.»

L'elfa inarcò un sopracciglio, scettica. Non le era parso che ci fosse troppo amore fra quelle due, ma forse si era sbagliata. Forse, semplicemente, erano poco inclini alle manifestazioni d'affetto.

«Dovremmo davvero credere» intervenne Alistair, «che lo state facendo soltanto per aiutarci?»

Flemeth roteò gli occhi, con aria apertamente esasperata. «Come ho detto, il Flagello è un pericolo anche per me. Per cui ho un certo interesse nel far sì che possiate fermarlo. Ma non sono io a tessere i vostri destini, Custode.»

Per qualche ragione, quell'ultima affermazione non la tranquillizzò affatto e Luniel ebbe il desiderio prepotente di andarsene da lì il prima possibile. Si mise la sacca sulla spalla. «Andiamo. Abbiamo parlato abbastanza.»

«Bene.» Morrigan si mosse verso il sentiero. «Addio, madre.» Nessun abbraccio, nessun bacio. Solo quel saluto secco e sbrigativo.

«Divertiti, cara.»

La giovane umana sbuffò. «Oh, già mi immagino lo spasso.»

I due Custodi e il lupo si accodarono a lei, senza più parlare. Alistair era palesemente contrariato, ma doveva essere consapevole che le rimostranze non sarebbero servite a nulla.

Luniel guardò l'incerto sentiero che si addentrava in quel sinistro intrico di tronchi neri e rami contorti e radici serpentine, attraverso acquitrini insidiosi e ombre inquietanti. Poi emise un profondo sospiro. Quel che li aspettava era un destino non meno incerto e angosciante...

Ed eccomi di ritorno. Domando scusa per aver slittato ulteriormente con l'aggiornamento, ma di rientro dall'Olanda ero un po' fusa e non ho fatto in tempo a revisionare il capitolo. Soprattutto, l'ho passato in ritardo alla mia beta... ^^' Fra parentesi, l'Olanda è una meraviglia: non ho potuto girare molto, siamo stati pochi giorni, ma per quel poco che ho visto mi sono innamorata. È un altro mondo.

Dunque, dunque. Spero che anche questo capitolo possa essere stato di vostro gradimento. Devo dire che Flemeth mi ha creato qualche problemuccio, non sapevo se sarei riuscita a renderla in maniera adeguata; a tal proposito, fatemi sapere se ho fallito clamorosamente o no. XD

Ah, supponendo che non tutti abbiano letto i libri di Dragon Age, preciso che alcune delle cose che le ho fatto dire sono riferimenti al romanzo "Il trono usurpato", dove Flemeth ha modo di incontrare Re Maric e Loghain. Chi l'ha letto probabilmente avrà colto la citazione. ^^

Oh, a proposito! Oggi ho finalmente finito Origins! Ho dovuto abbassare il livello di difficoltà perché l'arcidemone mi stava creando un mondo di problemi... -__- ma ho finito, con un happy end che più happy non si può, e ora ho la malinconia da "conclusione"! XD Soprattutto a causa della musica e della canzone dei titoli di coda. A breve inizierò Awakening.

Avviso che il prossimo aggiornamento potrebbe slittare di nuovo. Pasqua è a due passi, il weekend dopo ho un matrimonio in cui sono testimone (aiuto!) e il weekend successivo ancora ho un altro impegno... Insomma, al di là del tempo razionato, non so se avrò la testa per elaborare degnamente il capitolo... ^^'

E infine vi saluto, con un enorme ringraziamento alla mia pazientissima beta/gemellina Shainareth e a chiunque legga/recensisca la mia storia.

Ciaoooo!

  
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