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Autore: La_Nene_    04/04/2012    1 recensioni
Un ritorno. Un incontro sperato, ma inatteso. Tante sorprese e... un amore ritrovato ?
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dormivo beatamente, in un letto dalle lenzuola fresche e dal materasso comodissimo. Mi beavo della sensazione di benessere e del calore di un corpo accanto al mio che contrastava con la frescura del letto. Un momento?

Un corpo accanto al mio?

Cosa?

Spalanco gli occhi.

Ma dove cavolo sono ?

Non riconosco la stanza e per poco non mi viene un infarto. Grazie al cielo, a poco a poco, rimetto a posto i tasselli della memoria e ricordo la serata  precedente. E comprendo anche chi è il corpo attaccato al mio.  Mi rilasso e arrossisco un po’ al pensiero dell’altra sera. Non volevo girarmi, né far vedere che ero sveglia. Per ora volevo stare solo così e non pensare a niente. Sento che lui è sveglio e lo sento respirare tranquillo, regolare, mentre passa dolcemente la sua mano sulla mia schiena. Ne segue i contorni fino a raggiungere i fianchi. Mi accarezza piano, premuroso, dolce.  Mi bacia una spalla e sorride contro la mia pelle. Non riesco a trattenere un sorriso. Mi fa tenerezza.

-Ti amo.- lo bisbiglia, come se non volesse farsi sentire sul serio. Come se non volesse renderlo vero e tenerlo per sé, sicuro nel suo cuore.

Sgrano un po’ gli occhi. Poi mi rilasso. Lo sapevo. Non c’erano dubbi. Sorrido. Entrambi sappiamo che lo amo anche io, che il nostro amore, in qualche modo è lì.. non del tutto come prima, ma mai perduto.

Ripenso a ieri e a quando l’ho rivisto. Ripenso a tutto quello che ha vissuto e un po’ mi rattristo. In fondo al mio cuore sento che qualcosa non va. Qualcosa di minuscolo, quasi impercettibile. Una piccola vocina che mi dice di pensare bene e di riflettere se davvero tutto è così perfetto come sembra. E di colpo, realizzo di cosa sta parlando quella vocina. Di Enea. Suo figlio.

Un figlio. Cazzo, un figlio. Avuto da un'altra . L’avrei mai sopportato? Accettato?

C’eravamo detti così tante cose, ci eravamo promessi così troppe cose. Mentre sentivo il suo tocco leggero sulla schiena, cominciavo a voler andar via. Mi veniva da piangere. C’eravamo lasciati in un modo così ingiusto, così doloroso. E adesso era tutto dimenticato? No. Di certo, no. Non ancora. Ripensavo alle sue  promesse di restare con me per sempre e ai suoi discorsi di una vita insieme. E poi tutto era andato perso. Perché lui non si era fidato di me. Sentivo le lacrime cominciare a inondarmi gli occhi. Mi alzo di scatto. Non mi deve vedere cosi. Chiudo gli occhi e prendo fiato. Lui si alza con me. –Buongiorno.- la sua voce è dolce. Mentre mi abbraccia da dietro. Lo lascio fare, ma ci metto un po’ prima di rispondere. –Buongiorno. Che ore sono ?-  -Quasi le nove.- mi da un bacio leggero sul collo. Sorride contro la mia pelle nuda. –Credo che sia meglio che io vada.- -E’ sabato, Sere. Puoi restare se vuoi. – Il suo tono e carico di speranze. No. Non potevo restare. Mi ero svegliata dal verso sbagliato, o forse dal verso giusto ma nel letto sbagliato,  e ora tutti i nostri bei discorsi mi martellavano il cervello.  Mi alzo e raccolgo i vestiti.  Mi rivesto un po’ in fretta. –No, Fede. Devo andare, ho promesso ai miei di sistemare un paio di cose e ho da fare.-  mi infilo i jeans  e lo guardo. Sospira abbattuto. Annuisce. –Capisco. Vai allora.- Si alza e si veste solo con un paio di boxer.  –Immagino che tu non voglia neanche fermarti a colazione.- si ferma sulla soglia della stanza. Si volta e mi fissa con gli occhi un po’ più scuri. Lo guardo. Sono dispiaciuta e spero che nei miei occhi lo riesca a vedere, però non posso. Non posso. Dannazione! E poi lui cosa voleva? Come potevo essere certa che mi amasse ancora? Certo, l’ha detto e ieri sera era stato bellissimo, ma non bastava. C’erano troppe cose in sospeso. E poi il bambino.. lui doveva occuparsene e io, forse, avrei incasinato le cose. Le incasino sempre. Non riesco mai a semplificarle, nemmeno per me stessa, figuriamoci per un padre con un figlio a carico. No, no, non era fattibile. E poi la mia casa a Londra? Il mio lavoro? No. Era stato bellissimo, ma io non avevo certezze qua. In lui non vedevo sicurezze. Non più. Tutto era stato sgretolato in un addio non detto. In un saluto appena accennato. In uno sguardo di ribrezzo. Mi ricordo all’aeroporto come mi guardava, come se fossi sporca , come se non lo meritassi.  E forse era così, forse non lo meritavo.  Si. Dovevo andar via. Era la cosa migliore.

-Ti ringrazio, ma no. Vado a casa. – Sospira ed esce dalla stanza. Mi rivesto completamente e scendo in salone dove ritrovo la mia giacca e la mia borsa. Lui è in cucina, armeggia con la caffettiera. Cade un silenzio tombale e io non so cosa dire. Mi fermo sull’ingresso della cucina. Lui è di spalle e la sua pelle, perfetta, è rischiarata dai raggi di sole che entrano ,flebili, dalla finestra. –Bè, allora io vado.-  Lui non si volta. Accende il fuoco e mette la caffettiera sul fornello. Si ferma. Sembra, quasi , che non mi abbia sentito.  –Ci possiamo sentire quando vuoi. – prendo un foglietto e gli scrivo il mio numero di telefono. Lo metto sul tavolo. –Questo  è il mio nuovo numero. Se ti va chiamami. – Non dice niente. Mi sto incazzando. –Vado allora.- Mi sto per girare e uscire, quando lui si volta e mi fissa, dritto negl’occhi. Mi guarda come se non capisse con due occhi confusi e un po’ arrabbiati. –Quindi ?-  lo guardo perplessa: -Quindi cosa?- Mi si avvicina lento. –Quindi te ne vai così?-  Lo guardo seria –E come me ne devo andare?-  Mi guarda e contrae i muscoli del volto. Lo so che lo sto irritando. Ma lui irrita me. –La domanda è perché te ne vuoi andare.. -  Sbuffo. –Me ne vado perché ho da fare, Fede. Non posso restare.- Silenzio. Lo guardo, senza lasciare altri dubbi. Lo guardo con sfida, con orgoglio. Non ammetto repliche. –Lo sai che non posso restare.-  Lui mi guarda.  Lo sa. Ci sono mille ragioni per cui non posso. Nessuna di queste sarebbe sufficiente se lui mi dicesse di restare, perché io resterei. Solo se lo dicesse. Ma non lo dirà. Lo so che non lo dirà. Sospira. –Si, hai ragione.- Ecco. Appunto. Sorrido, con un sapore amaro in bocca. Mi dirigo verso la porta e lui mi segue. Me la apre. –Salutami Enea.- Annuisce senza guardarmi negli occhi. Sospiro. Il nostro gioco del silenzio mi ha stancato. –Buona giornata.- Lo guardo ancora un ultima volta. Mi sorride, educato. –Anche a te.- Esco e sento l’umido del mattino  che mi avvolge. Mi stringo nella mia giacca e non mi volto, mentre sento i suoi occhi puntati sulla mia schiena… Se devi dirmi qualcosa, fermami e dimmela.   Non sono mai riuscita a capirlo completamente, mi è sempre sfuggito qualcosa .. o magari ero io che me lo lasciavo sfuggire, troppo intenta ad essere innamorata.  Troppo intenta ad amare l’amore.

Corro giù per le scale e non mi volto. Sento la porta chiudersi a chiave dietro di me.  Sospiro triste pensando che, forse, non riusciremo a rivederci, che forse non riusciremo a superare le divergenze, i problemi e le mille cose lasciate in sospeso.  Percorro Piazza Duomo mentre tutti questi pensieri mi frullano in testa e senza nemmeno rifletterci troppo estraggo il mio telefono dalla borsa e chiamo il numero che so a memoria.  Uno, due, tre squilli.. –Pronto?!- Una Elena con la voce impastata dal sonno mi risponde dall’altro capo. –Pronto, Ele sono io, Sere.- -Ehi, Ciao. Mattiniera eh?- Guardo l’orologio. Le nove e dieci. –Bè dai, è un orario decente. -  -Si, bè non per me che ancora dormivo.- Sbuffo –Pigrona!- La prendo in giro, ma mi diverto. –Sese..allora?- -Allora cosa?- -Perché mi hai chiamato ?- -Così. Volevo sentirti.- Silenzio. Lo sa che devo dirle qualcosa. Lo sa sempre. –Si .. e immagino non potevi aspettare un paio d’ore..-  Silenzio. Non so bene da che parte cominciare. –Ho visto Fede. – Silenzio. Nessuna delle due sa cosa dire. –Ci sono andata a letto.- Silenzio. E ora mi sento scema. –Ha un figlio.- -Merda!.- è l’unica cosa che dice, ma è perfetta per descrivere il momento.  –Già.-  è l’unica cosa che mi viene in mente. –Non so proprio cosa dire- Silenzio. Nemmeno io lo sapevo. –Ma come è possibile? Cioè io non sapevo avesse un’altra. E poi, scusa, ci sei andata a letto che lui ha un figlio? E sua moglie?- -Non è sposato. Non c’è nessuna donna. È troppo lunga da spiegare.- Raggiungo la macchina. –Ci vediamo stasera?- le chiedo. –Ti racconto e ho bisogno di sfogarmi.- -Certo! Assolutamente.-  -Perfetto. Ci sentiamo dopo, che adesso vado a casa.- -Va bene.. Un bacio, tesoro. Non farti troppe pare mentali.- Sorrido. Ci azzecca sempre! –Ci provo, amo. Bacio.- Ripongo il telefono in borsa e mi siedo in macchina. Rimango in silenzio per un attimo e rifletto a tutto quello che è successo ieri. È un caos nella mia testa. Ma soprattutto nel mio cuore. I sentimenti per Fede sono lì, esattamente dove li avevo lasciati. Pensavo di averli sepolti in qualche parte oscura di me e averli abbandonati al corso inarrestabile della memoria. E invece.. si sono ripresentati, chiedendomi il conto, in sospeso, da pagare .. con anche gli interessi. Poi…Quel bambino! Adoro i bambini, ne ho sempre voluti. E quanti progetti avevamo fatto insieme! Quante volte ci eravamo detti che ne avremmo avuti minimo due e massimo quattro. Avevamo anche deciso i nomi, nel caso. Sorrido. Una lacrima sfugge alla presa tremolante delle mie ciglia. Mi mancava. Lui e le sue promesse. Lui e il suo amore candido. Lui e le sue labbra rosse e morbide. Lui e tutto quello che c’era stato e che, forse, da qualche parte, per entrambi, c’era ancora. Scuoto la testa e metto in moto. In meno di mezz’ora sono a casa e i miei sono usciti. Meno male. Sospiro e butto la borsa sul tappeto. Mi spoglio e mi infilo sotto le coperte.

Poco dopo e sono sprofondata in un sonno agitato.

  
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