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Autore: Dante_Chan    05/04/2012    1 recensioni
La disperazione, il perdersi dentro di essa, il non sapere come uscirne e come lasciarsela alle spalle. Un po' allegorico, una lupa dispersa nella nebbia.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La lupa sferzò nuovamente l’aria con gli artigli plumbei, tentando invano di offendere quella nebbiolina fastidiosa. Era tutta intorno a lei, la sconcertava, la disorientava, non le permetteva di guardarsi intorno né di capire cosa aspettarsi da quel luogo.
Abbassò la testa riprendendo fiato e quasi cedette con le zampe anteriori, che la sostenevano a malapena dopo la faticosa lotta che aveva ingaggiato contro il nulla. Ringhiò sonoramente per la frustrazione, dopodiché si ricompose –o almeno, cercò di farlo- e rimase immobile, stante, con gli occhi vuoti e la mente confusa.
Non capiva più niente, ogni capacità di ragionare era stata inghiottita dalla disperazione. Come c’era arrivata lì? L’aveva portata qualcuno o c’era finita da sola? Non si ricordava nemmeno da quanto tempo si trovava in quella situazione. E le cicatrici? E le ferite, alcune ancora sanguinanti, che aveva? Se le era procurate da sola o qualcuno gliele aveva inferte? Ebbene, non riusciva a porsi queste domande, nello stato di confusione mentale in cui si trovava; esse giravano senza volto nella sua testa mescolandosi, prive di un aggancio razionale, vorticando come vento di tempesta.
La pesante nebbia in cui era avvolta la immergeva in un delirante bianco vorticoso, di cui non riusciva ad avvertire la fine né il perché. Le entrava nelle orecchie, nel naso e nella bocca, le premeva gli occhi, le bagnava le vibrisse, sconvolgendole i sensi. Se fosse riuscita a ragionare, la lupa si sarebbe accorta del sapore di sangue e dei propri denti colorati di rosso, che denotavano il suo autolesionismo; notando le vecchie cicatrici avrebbe capito che ormai era passato parecchio da quando s’era trovata in quell’ovatta umida; andando indietro nel tempo con una memoria funzionante, pure, si sarebbe ricordata dei prati asciutti e soleggiati e dei boschi verdi ed ombrosi che un tempo aveva frequentato, finché certi individui non l’avevano costretta a scappare, avanzando per forza verso il posto dove al momento si trovava. E avrebbe infine capito che lottare contro la nebbia che ci avvolge quando siamo disperati è inutile, che porta alla pazzia, che ci fa male; e che l’unico modo per uscire da quella valle allucinata è avanzare, verso una qualche direzione, perché solo avanzando si può lasciare un luogo per trovarne un altro più consono e più felice.

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