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Autore: Artemisia89    31/10/2006    2 recensioni
Nata da una (eccessiva) preparazione per l'interrogazione di storia. Cortez è giunto per mettere fine all'impero atzeco. è giunto dunque lo straniero con gli occhi di cielo, il re divino tornato al suo esilio. e se proprio dovrà morire, l'ultima principessa, come ultimo dono, avrò il privilegio di vedere, morendo, i suoi occhi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Da fuori si sente fragore di tuono e tu, sei andato via da innumerevole tempo.

La luce del sole che inonda tutto quanto, si è fatta più intensa, più densa. Più torbida.

E l’aria…i profumi, le essenze della stanza, non bastano a coprire un unico, forte odore, che dilaga prepotente per i corridoi di questo immenso palazzo.

La luce stessa sa di quell’odore.

Il tuono. Si sente ancora un rombo di tuono.

Un grido.

Solo la voce di un uomo, soltanto un’armonia di suoni.

Mi hanno insegnato a non avere paura, e non ne avrò quando sarà il momento.

Mi hanno insegnato che è un privilegio, onore di pochi.

Gli dei sanno…e lo so anch’io.

Fuori sta avvenendo, fuori accade.

Sarà solo questione di tempo, poco…e non sarà la mia bellezza a salvarmi. A nulla serviranno i capelli di lunghe trecce, gli occhi della roccia più nera, la pelle pari alla terra appena smossa.

Lo so perfettamente.

Che mi perdonino gli dei per il mio peccato d’orgoglio.

Davanti allo specchio vedo il mio viso, ed è bellissimo, così adatto al mio ruolo, così degno. E io…non deluderò.

Scioglierò e intreccerò ancora i miei capelli, pari quasi una cascata d’ebano, truccherò i miei occhi a lungo e attentamente, precisa nel tracciare i segni sulla fronte e sulle tempie, cospargerò profumo di fiori sulla mia pelle, così tanto da coprire l’odore del sangue, così tanto da stordirmi, da ubriacarmi…

Soltanto per soffocare la paura.

Il vestito. " E’ un privilegio"

Devo ricordare solo questo.

E’ acqua. La stoffa è pari ad acqua e aria, leggera e impalpabile mi scivola addosso, cingendomi come un amante sa fare.

Sorrido malinconica pensando a te.

Il fragore comincia a scemare, il sole cala a ovest, la luce è più rossa.

Il dio sta arrivando.

Che siano fieri di me, tutti quanti.

Anche tu, marito mio, che sei morto difendendo il tuo popolo, me, dai bastoni di fuoco.

Lo so che sei morto, tutto il mondo mi parla di morte.

Sento dei passi provenire dall’atrio principale.

Prima di dare alle mie ancelle l’ordine di scappare, loro mi hanno pregato di nascondermi nei passaggi segreti del palazzo, lo hanno fatto piangendo e io, sorridendo, ho mentito a tutte quante.

Sono stata felice quando, dopo aver dato loro la mia benedizione, le ho viste scappare.

La cavigliere tintinnano sensualmente mentre mi avvicino al mio giaciglio. Devo sbrigarmi.

I suoi passi si avvicinano e il mio cuore, il mio povero cuore accelera i suoi battiti, e sento contemporaneamente freddo e caldo pervadermi e scuotermi.

Sono sul letto, tra i gioielli e i veli che si addicono a mio rango, mi distendo, mi affido ai miei sensi.

I passi si fermano, dalle ombre esce lui.

E’ il dio straniero dagli occhi di cielo e in mano ha il rombo di tuono.

Ed è venuto per me: io sarò l’ultimo sacrificio.

Osserva quella che era la nostra stanza, amore mio. Lascia vagare i suoi occhi divini sulle tende, i drappeggi, l’oro che mi circonda, tutto lo sfarzo, e poi me.

Si avvicina.

Sto aspettando. Occhi aperti, schiena dritta e testa in alto. E’ un privilegio, un privilegio.

Tutta la mia vita tendeva a quest’ultimo giorno.

Tutto quanto è cominciato con l’unico scopo di finire oggi.

E non saranno le mani di uno sporco sacerdote, ma sarà il dio in persona.

D’altro canto sono quella che verrà ricordata come l’ultima principessa azteca.

E’ giusto che sia così.

Ad un tratto, si avvicina, e sento le sue mani su di me.

Non una parola mentre mi spoglia, non una parola mentre giace su di me, non una parola mentre è in me.

Quetzacoatl sta per terminare il suo compito.

Quando si rialza io sono ancora distesa sotto di lui, estrae una coltello dalla lunga lama dalla sua veste e senza indugiare colpisce, colpisce, colpisce.

Era ciò che sapevo. Sangue a iosa, il mio povero cuore distrutto.

E nell’ultimo giorno sono i suoi occhi di cielo l’ultima cosa che vedo, solo l’illusione di un mondo che raggiungerò presto per i miei buoni servigi.

 

 

 

"…i tentativi di sfruttare il successo fatti dal fratello e dal nipote di Montezuma, il quale, ferito durante la rivolta, aveva rifiutato le cure lasciandosi morire, ebbero però un esito negativo, visto che Cortés, nell’agosto del 1521, riuscì a conquistare Tenochtitlàn e a segnare di lì a poco la fine di un grande impero con la decapitazione dell’ultimo sovrano azteco, Cuatemoc nel 1524…"

Fine

  
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