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Autore: fragolottina    06/04/2012    7 recensioni
'Anche io ho baciato solo una persona ed avrei voluto continuare a farlo…'
Era stata la prima volta che lo aveva sentito parlare ed anche la prima volta che il sapore delle lacrime gli aveva ricordato qualcos’altro.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II
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sora 3 ce la faccio... zitte che ce la faccio...
allora, siccome - come sempre - sono grafomane c'è l'eventualità che non riesca a finirla qui!
conto ancora che il prossimo sia l'epilogo perchè è anche ora... magari sarà un epilogo luuungo...
poi, quella è assolutamente la mia citazione preferita di Kingodm Hearts... lo so, sembra scema, sarà che mentre ci giocavo e l'ho sentita mi è uscita la lacrimuccia - perchè sono cosi commuovevole - per me Sora e Kairi sono tutti lì... patatini!



Capitolo 17


‘Non ti ricordi il mio nome?!
Grazie tante, Kairi…
Ok, ti do un aiutino.
Inizia per S’

Sora la guardava sempre, un po’ morboso forse, ma non riusciva a farne a meno.
    Esisteva, bella come aveva sempre sperato che fosse, sorridente, dolce… perfetta.
    I ricordi erano tornati, non tutti quanti, ma abbastanza da averlo spinto fin lì, su un altro mondo per vederla. Voleva soffocare la paura rimastagli di non trovarla mai, di essere costretto a sognarla soltanto, per sempre. Anche in quel momento, con lei tanto vicina da sentire distintamente il suono della sua voce, la certezza che esistesse e le appartenesse non riusciva a convincerlo del tutto.

    Non staccava mai gli occhi da lei, per essere certo che non sparisse.
    Kairi faceva tante cose: andava in spiaggia con una sua amichetta, che la sua mente associava al nome Selphie; nuotava con altri due ragazzi, Tidus e Wakka; andava al posto segreto ed accarezzava le rocce disegnate da loro. Abbracciava sua madre e piangeva tutto il dolore per la sua assenza.
    In quei momenti sarebbe voluto andare da lei, abbracciarla, dirle che era lì, era tornato, non se ne sarebbe andato mai più. Le avrebbe giurato mille volte che non c’era più alcun keyblade. L’avrebbe baciata fino a convincerla che era lui, lui soltanto, nessun Roxas, nessun altro, da nessuna parte. Poi però vinceva sempre l’incertezza, il dubbio: se i ricordi di Roxas fossero stati imperfetti? Se non avesse raccontato proprio tutto? E se avesse dimenticato proprio quella cosa fondamentale, il dettaglio più importante?
    «Ma la vuoi piantare di startene arrampicato lassù come una scimmia?!»
    Sussultò, perse la presa e cadde a terra. Per fortuna, non era un albero così alto. «Riku!» bisbigliò, guardandosi intorno per essere sicuro che nessuno lo avesse visto, che lei non lo avesse visto.
    «Va da lei!» gli ordinò, lanciandogli un panino. Riku aveva trovato la serenità. Sora non aveva idea di come fosse successo, un tale miracolo poteva essere opera soltanto di Kairi e la cosa lo preoccupava. «Questa situazione sta diventando ridicola!» si stiracchiò, sbadigliando.
    Sora raccolse il panino ed iniziò a giocherellarci nervoso, senza fare niente per dirigersi verso di lei.
    Riku lo studiò sospirando. «Non hai voglia di parlarle?» gli chiese con un sorriso, che lui non ricambiò.
    Aveva ricominciato ad osservarla, nascosto sotto l’ombra di una palma, serio come Riku lo vedeva davvero di rado. «Ho paura.»
    Rise, poi si tolse la maglietta e guardò il mare. «Ad un certo punto, bisogna smettere di avere paura.» disse come se fosse al cosa più importante del mondo, prima di tuffarsi e nuotare.

Sora si morse il labbro inferiore con il pugno chiuso sollevato davanti alla sua porta. La sua mente gli diceva ‘Bussa, bussa, bussa’, il suo cuore ‘no, no, no’.
    Era il tramonto e Roxas gli aveva mandato tanti di quei ricordi piacevoli nel caldo colore del sole che si abbassava, da convincerlo che fosse l’unico momento possibile per un’azione del genere.
    ‘Muoviti, fifone!’ – lo rimproverò.
    Kairi aprì la porta e lui rimase pietrificato davanti a lei; anche la ragazza sembrò piuttosto sconvolta, immobile con la bocca dischiusa e gli occhi sgranati in attesa. In attesa che gli dimostrasse che era lui, tutto lui.
    «Io non…» non sapeva cosa dire, da dove iniziare, come farle capire. Non ne era sicuro nemmeno lui, però era lì.
    Kairi sospirò fissandolo tetra, scoraggiata e per niente contenta di vederlo. «Come ci sei arrivato fin qui?» gli chiese paziente, chiudendosi la porta alle spalle ed incamminandosi verso la spiaggia. Aveva una borsa enorme con sé, così grande che dentro ci stava un cuscino.
    «Cid mi ha prestato una gummiship.» le spiegò prendendo ad inseguirla, nonostante lei non lo avesse invitato e non stesse, in nessun modo, lasciando ad intendere che le facesse piacere essere accompagnata.
    Rise amara. «Un’idea di Roxas, vero?» non gli sfuggì il velato disprezzo che trapelò quando pronunciò il suo nome, Kairi ce l’aveva ancora con lui evidentemente.
    «Veramente no.» cercò di giustificarlo.«Volevo vederti e…»
    «Resta lì.» ordinò interrompendolo, degnandolo appena di uno sguardo, come se posare gli occhi su di lui più a lungo le avesse potuto fare male. «Dirò a Riku di venirti a recuperare e riportare a Radiant Garden.»
    Le cose decisamente non stavano andando come aveva voluto. «Kairi…» supplicò.
    Tornò indietro con tanto impeto che Sora sollevò le mani, preoccupato che lo colpisse. Avrebbe voluto che Axel fosse lì, così avrebbe visto da sé se Miss Bontà poteva odiare. «Non pensare che ti basti tornare qui e chiamarmi come ti ha detto di fare.»
    «Ma io…»
    «Sai, che c’è?» gli chiese arrabbiata come non l’aveva mai vista. «La smemorata stavolta la faccio io: non mi ricordo niente di te, nemmeno il tuo nome!» gridò.
    Si rigirò e riprese a camminare decisa in direzione della spiaggia.

«Secondo te, ce la faccio ad arrivare all’Isola dei Bambini a nuoto?» chiese mordendo la cena che gli aveva portato, mentre con lo sguardo cercava di misurare quanto mare ci fosse tra loro e l’isoletta lì davanti.
    «Una volta ci hai provato e meno male che tua padre era andato a pesca e stava tornando in quel momento, altrimenti saresti affogato.» gli raccontò. «Quindi, non è il caso di ripetere la performance.» suggerì, osservandolo prendere un altro morso. «Tua madre dice che è stanca di prepararti panini, si può sapere perché non torni semplicemente a casa?»
    «Non torno se Kairi non mi vuole.» disse deciso.
    Riku sbuffò. «Kairi ti vuole, Sora.»
    «Non è quello che ha detto.» mormorò ad occhi bassi.
    Sospirando si arrese. «Che ha detto?»
    «Che devi riportarmi a Radiant Garden.» borbottò con la bocca piena.
    Una risata echeggiò nella sua testa, del tutto molesta. ‘Sembri me che parlo di lui.’
    «Non credo proprio.» rispose a qualcuno che non era Riku.
    Il suo amico lo studiò, vagamente perplesso. «Come pensi di gestire questa cosa?» non era la prima volta che lo sorprendeva a parlare da solo, ancora. E visto tutto quello che era successo per toglierlo dalla sua testa, la cosa era decisamente preoccupante.
    Sora sorrise e si strinse nelle spalle. «Non ho intenzione di farlo.»
    Lui sollevò le sopracciglia scettico.
    «Dopo tutti questi anni, penso che non saprei stare senza.»
    Riku rimase a studiarlo per qualche secondo in silenzio. «Puoi prendere la mia barca.» gli propose infine.

Sbatté con la testa contro il soffitto della grotta, l’ultima volta che ci era stato non era così alta.
    «Riku?» domandò Kairi con voce leggermente ansiosa.
    «No, sono io.»
    Lei sospirò. «Non dovresti essere a Radiant Garden?»
    Non rispose, strizzò gli occhi, mentre aspettava impaziente che si abituassero al buio, quando intuì la forma di una fagotto che sarebbe potuta essere lei ci si sedette vicino. Ma non troppo vicino, anche se avrebbe voluto. «E così non ricordi il mio nome.» iniziò.
    La sentì muoversi. «No, vattene o stai zitto.» disse brusca. «Voglio dormire.»
    Deglutì agitato dall’idea di averla tanto vicina in un posto tanto intimo. Ricordava la prima volta che lei lo aveva toccato, lui ci aveva provato tempo prima, ma Kairi gli aveva scostato la mano e non aveva più avuto il coraggio. Quindi il primo passo l’aveva fatto lei. Era rimasto immobile, pietrificato, terrorizzato di poter dire la cosa sbagliata, di fare la cosa sbagliata; Kairi si era sporta e gli aveva dato un bacino, il bacio più dolce e zuccheroso del mondo, per tranquillizzarlo, se fossero state parole avrebbero detto: ‘Va tutto bene, ti amo’.
    In quel momento si sentiva allo stesso modo, ma era sicuro che lei non gli avrebbe detto ‘Ti amo’.
    «Calmati.» gli disse annoiata. «Il tuo cuore fa le capriole e non mi lascia dormire.»
    Sora sorrise, stranamente onorato che lei sentisse ancora così tanto il suo cuore. Certo che faceva la capriole, galoppava.
    «Non…» si schiarì la voce che gli era uscita roca per il nervosismo. «non importa se non ricordi il mio nome.» iniziò. «Posso suggerirtelo io e quando me lo ripeterai faremo finta che te ne sia ricordata da sola.»
    Un sospiro. «Non è questo quello che intendevo.»
    «Inizia per S.» azzardò uno sguardo in sua direzione, tornandola con gli occhi fissi ed enormi su di lui.
    Per qualche minuto l’unico suono che sentì fu veramente il battito irregolare del proprio cuore, poi percepì qualcos’altro, un fruscio, un fruscio sul quale si permise di dischiudere un sospiro di sollievo.
    «S, eh?» fece lei, con aria meditabonda, immaginò il sorriso sulle sue labbra: doveva aver capito, non poteva star pensando ad una coincidenza. «Seifer?»
    Sora arricciò il naso e scosse la testa con un sorriso sulle labbra. «Nah.» e si permise di avvicinarsi a lei di pochissimi centimetri. Se l’aveva vicina non si sentiva impacciato, non si sentiva nervoso. Infondo, la prima volta che l’aveva toccato, dopo che gli aveva dato il bacino più dolce e zuccheroso del mondo, tutto era stato semplice, naturale come respirare, come evocare il keyblade davanti ad un nemico.
    «Sephirot, allora?»
    Roxas nella sua mente scoppiò a ridere. ‘Non hai altro da fare che spiare me?!’. Lo sentì gemere subito dopo, qualcos’altro da fare ce lo aveva, eccome.
    «Questa è cattiveria!» sbottò divertito.
    Kairi rimase zitta per una manciata di secondi. «Non voglio perdonarti così.»
    «Non farlo.» accettò semplicemente, cercando la sua mano piccola e morbida da stringere.
    «Mi hai fatto fare una cosa tremenda.» continuò, ma senza sciogliere la loro stretta. «Se non fossi stato tu, Riku ti avrebbe ucciso per avermelo chiesto.»
    «Lo so.»
    «Non solo mi hai lasciata ancora, ma qualsiasi effetto indesiderato sarebbe stato colpa mia.»
    «Io non ti avrei mai incolpata di niente.»
    Kairi gli diede uno schiaffo in pieno viso, uguale, identico a quello che aveva dato a Roxas. «Ma io sì!» gridò. Si prese la testa tra le mani. «In quel momento mi sarei strappata il cuore e l’avrei gettato lontano per poterti dire che Naminè non mi parlava e non potevo sapere come fare.» scoppiò a piangere e Sora sentì il cuore chiudersi in una morsa.
    Incerto si avvicinò ancora, azzerando quasi del tutto la distanza che li divideva, e la cinse con le braccia; lei gli si strinse addosso come se aspettasse di farlo da secoli e la abbracciò con più decisione, appoggiando la guancia sui suoi capelli. Si sentì davvero un ragazzo fortunato.
    «Ho bisogno di tempo.» mormorò. «Se non te la senti di aspettare…»
    Sora le prese il viso tra le mani, sollevandolo davanti al suo. «Mi mancavi anche quando non ricordavo che esistessi.» le sue mani erano ruvide, consumate, in confronto alla pelle morbida e liscia del suo bel viso. «Esisti, ti aspetterò tutta al vita.»
    Kairi si scostò e si asciugò il viso con le dita. «Inizia per S.» lui annuì piano e lei si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. «Sora.»

Axel si chinò sul suo viso e leccò via la lacrima dalla sua guancia, mentre Roxas nascondeva un gemito. Si chiese se fosse stato troppo brusco, quando ne vide un’altra e un’altra ancora. «Vuoi che rallenti?» gli chiese leggermente allarmato, puntellando i gomiti ai lati della sua testa, una lacrima poteva anche essere, ma non gli sembrava di essere stato così tanto brusco da farlo piangere.
    Questa volta più che un  gemito, Roxas trattenne un singhiozzo, che comunque lo scosse tutto come un colpo di tosse. Axel si allontanò velocemente e gli scostò le coperte di dosso, preoccupato di scoprirle macchiate, non aveva fatto le cose per bene? Era entrato troppo presto? Ma erano pulite, bianche, limpide.
    «Roxas?» lo chiamò stendendosi al suo fianco, guardandolo nascondere in un cuscino quel pianto a dirotto. Gli posò una mano sulla spalla nuda e leggermente umida di sudore. «Che hai?»
    «N-non…» si allontanò dal cuscino e le sue labbra si piegarono in un sorriso umido. «non ci ho mai creduto fino ad adesso.» disse guardandolo.
    Axel sbatté le palpebre senza capire.
    «Il tuo cuore batte.» annuì. «Io sono vero.» si guardò i palmi, che aprì e chiuse a pugno un paio di volte. «Sora sta bene ed è con Kairi.»   
    Intuendo il succo della faccenda, Axel allungò una mano e prese la sua. «Si, resti qui.» gli assicurò paziente.
    Singhiozzò. «Con te.» rise nervoso. «E non c’è davvero niente che possa portarmi via!»
    Axel scosse la testa, pensando che forse tutti loro avrebbero avuto bisogno di tempo per abituarsi alla normalità. «Beh, c’è sempre la voce nella tua mente.» gli ricordò battendogli piano un dito tra i capelli.
    Roxas sorrise e si asciugò gli occhi con il lenzuolo. «Mi sentirei perso se non ci fosse.» gli confessò ad alta voce. «Ti sembra strano?»
    L’uomo sbuffò e si lasciò cadere a pancia in su, intrecciando le braccia dietro la testa. «Mi sembra da te. Tutto quello che ti riguarda è strano.»
    Gli lanciò un’occhiata divertita. «Anche tu, quindi.» disse studiandolo.
    Lui rise, quasi gli avesse fatto un complimento. «Credi che lo perdonerà?»
    Roxas rotolò più vicino a lui, strusciando il viso contro il suo fianco nudo come una gattino. «Credo che l’abbia già perdonato.»
    Era importante che Sora e Kairi stessero insieme, fondamentale. «Beh, io non ti perdono per avermi interrotto così.»
    Roxas lo guardò con il mento appoggiato al suo ventre piatto ed era uno sguardo così tanto suo che lo portava indietro: alle notti nelle stanze di The World That Never Was, a tutti quei mondi esotici e tutti quei nascondigli improvvisati perché se avessero mandato a monte una missione per del sesso Xemnas li avrebbe uccisi, alle bugie raccontate a Xion da dietro una porta chiusa, mentre loro erano già oltre le parole.
    Spostò gli occhi in basso, sulla coperta che lo copriva un po’ e che lui tirò via piano, prima di leccarsi le labbra. «Vediamo se mi ricordo come si fa…» rifletté.
    Ed Axel fu ben lieto di scoprire che certe cose non le aveva dimenticate.

«Sora, non mi sembra una grande idea.» commentò Roxas preoccupato, mentre lui continuava a tirarlo per una mano verso casa sua. Cercò di liberarsi dalla sua stretta con scarsi risultati.
    «Ti vuoi fidare!» si lamentò sbuffando. «Non lo farei se pensassi che ti tirerebbero una vaso, no?»
    Sospirò. «Lo so, ma… insomma…» fissò con paura la porta di casa della famiglia ‘prescelto dal keyblade’ avvicinarsi pericolosamente. «sono quasi sicuro che non piacerò ai tuoi.»
    Sora si fermò e lo guardò. «Come puoi non piacergli, sei me!»
    «Forse proprio per questo.» annuì eloquente.
    Scosse la testa. «Smettila, saranno contenti di conoscerti.» si strinse nelle spalle. «Mia madre ha sempre voluto due figli.»
    Roxas però, era quasi sicuro che non avrebbe voluto due figli in quel modo, non avrebbe potuto giurarci, ma si entiva autorizzato a credere che sua madre avrebbe voluto due figli alla vecchia maniera. Strattonò forte la mano che stava continuando a stringere, facendolo fermare. «Sora, ascoltami.»
    Lo guardò in attesa.
    «Lo so, che questo è un modo per tenerci in contatto.» abbassò gli occhi. «Radiant Garden e le Isole del Destino sono lontani, ma non così lontani.»
    Sora lasciò la sua mano e sospirò. «Io vengo con te, ne ho parlato con Riku…» iniziò, intrecciando le braccia dietro la testa ed abbracciando con lo sguardo tutto il piccolo mondo dove si trovavano. «restare qui significherebbe mettere ancora in pericolo tutti.»
    Roxas scosse la testa, sfiorandogli piano una spalla. «Non è così, è finita.»
    Gli lanciò un’occhiata scettica. «Ci credi davvero?» non sembrava più stanco di combattere, era più una muta accettazione del suo compito, del destino, di chi era: Sora ed il prescelto del keyblade, ma...
    «Non hai più il keyblade, perché non ti limiti a vivere felice e contento?» gli propose.
    Sora si morse il labbro inferiore e non rispose. «Sai, quella casetta?» gli chiese invece, sviando l’attenzione da quel discorso. «Ci abitava Kairi, per questo mi piaceva tanto, voglio stare lì.»
    Si prese qualche secondo prima di chiederglielo. «Lei verrà?»
    Non lo guardò. «Non lo so.» sorrise nostalgico.
    Sospirando Roxas afferrò la mano di Sora, trascinandolo verso casa sua. «Andiamo a conoscere i tuoi.»

parliamo di Roxas che piange.
ero scettica quando l'ho scritto, insomma, puoi dargli dodici cuori, Roxas resta Roxas, tutto indifferenza ed apatia, però... anni dentro Sora a desiderare una vita vera, quello che aveva lui, arreso alla certezza di doversi accontentare di essere un'ombra nel suo cuore. a chiedersi se poi avrebbe senso vivere una vita con Axel morto.
poi si trova sveglio, vivo, normale, a fare sesso con Axel... anche io a fare sesso con Axel mi sarei messa a piangere di gioia...p questo sarebbe stato meglio ometterlo... cmq, secondo me ha senso che pianga. si, ho fatto tutta questa pippa solo per questo...
e Kairi perdona Sora. non so esattamente dove trovi la forza, però se c'è una che lo può fare quella è lei, non credete?
ci vediamo al prossimo capitolo, chiamato dagli intimi 'L'Epilogo Infinito!'
baci

   
 
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