Un sottile raggio di sole attraversava la camera dalle listarelle delle
persiane ed, insistente, ricordava a Billie che il giorno era arrivato, e se
davvero non voleva che la sua vita continuasse a sembrargli un teatrino, nel
quale lui si muoveva a stento, sorretto da seta di ragnatele ormai consunte,
doveva cogliere quella luce, farla propria, aprire gli occhi di fronte ad essa
e resistere al bruciore degli occhi assonnati per poter vedere oltre, e
scorgere il sole che vigilava alto nel cielo sereno di Oakland. Si girò sull’altro
fianco per notare che, come sempre, l’altra piazza del letto era vuota, ed un
fosso profondo nel materasso gli ricordò le forme della moglie, ormai troppo
giunoniche ed inflaccidite dagli anni e dalla vita casalinga per apparire
affascinanti. Si ricordò dei suoi capelli, anni addietro, che lo avevano
affascinato talmente tanto da volerci affondare il viso per sentirne l’odore e
l’inconsistenza; si ricordò di quel sottile rossore che le aveva colorato le
gote, quando era ancora fresca e, dolcemente, il sole l’aveva accarezzata sulla
spiaggia per tutta la mattina di quell’ormai remoto giugno dell’89; si ricordò
del fatto di averla scelta perché, con lei, aveva creduto di poter diventare
una persona migliore, e distogliere l’attenzione da quel qualcun altro che,
alla fine, aveva sempre tentato di cercare in lei. Si ricordò che, in fondo,
lei era diventata sempre un punto fisso, un perno intorno al quale ruotare, una
spalla su cui piangere, ma nulla di più, perché non aveva mai cercato, in altre
donne con cui era stato, Adrienne, ma in tutte, in lei compresa, aveva sempre
cercato qualcun altro, che, per dovere e per paura di essere inviso e
discriminato, aveva deciso di abbandonare. Si alzò, come ogni mattina, con la
stessa espressione, gli stessi pensieri che lo rincorrevano, compiendo gli
stessi, identici, movimenti. Andò in cucina e lei, già vestita di tutto punto,
lo aspettava in silenzio, sorridendo, per poi esordire: -Buongiorno, amore-.
Lui non rispose, ma deglutì le parole che gli erano salite in gola, quel
discorso così ben congegnato che lo aveva occupato per tutta la notte. Tacque,
con la bocca impastata e serrata. Adrienne continuò:
-Sempre deciso a mollare tutto, stamattina, per prenderti una giornata di
pausa? Ti vedo stanco, Billie, davvero, forse faresti bene a prenderti una
giornata di riposo, se non fosse che i programmi di registrazione per questa
settimana sono molto impegnativi, e la tua presenza è costantemente richiesta …- era assillante e dolce insieme, premurosa e troppo
melensa per essere davvero sincera, o forse era sincera davvero, ma era il
marito che non voleva ascoltarla, e desiderava solo che tacesse, almeno per
liberarsi di lei e della sua voce squillante. Forse era un ingrato, ma l’unica
cosa che voleva era andarsene da lì. Si alzò da tavola prendendo una tazza di
caffè, il cellulare e il portafogli, interruppe il monologo della donna e le
disse semplicemente: -Esco, Adrienne.-
-Torni per pranzo, tesoro?- lo seguì lei, lungo il corridoio, persecutoria
nel suo tentativo di incrociare lo sguardo verde dell’uomo. Lui non rispose. Uscì,
mentre lei rimaneva sulla porta gridandogli: -ci vediamo dopo, amore, non
prendere freddo, oggi c’è vento!- sorridendo, mentre sentiva addosso lo sguardo
del vicinato e Billie se ne andava via con i suoi pensieri.
Adrienne tornò dentro e, per l’ennesima volta in quasi 20 anni di
matrimonio, si chiese perché non fosse mai riuscita a penetrare nella mente di
suo marito, perché non fosse mai riuscita a comprenderne davvero le emozioni,
le intenzioni, seppur ci avesse provato tante volte. Tentò di rispondersi,
razionalmente: avevano caratteri diversi, lei e Billie: lei era aperta, solare,
lui era chiuso, a volte scontroso e meteoropatico. Era normale che, a volte, ci
fossero delle incomprensioni, quando due persone così differenti venivano a
contatto, non c’era da colpevolizzare nessuno. Era normale che, a volte, Billie
non avesse voglia di parlarle, non aveva di certo vissuto un bel passato, era
assolutamente comprensibile che la sua indole ne avesse risentito. Era normale
che, ogni tanto, uscisse senza proferire verbo, ognuno aveva bisogno dei suoi
spazi. Era normale che non si girasse nemmeno più a guardarla, la conosceva nei
minimi particolari, e quando hai abitualmente una cosa a cui tieni accanto a
te, non hai più il bisogno di guardarla, ma solo di avere la sensazione che ti
appartenga e che tu possa stringerla ogni volta che ne hai bisogno. Era normale
che Billie avesse spesso lo sguardo basso, malinconico: capita di attraversare
un momento di stress e nostalgia. Perché preoccuparsi? La sua vita scorreva
tranquilla, e quella era e sarebbe stata una giornata come le altre. Anzi, oggi
avrebbe invitato le sue amiche a prendere un thè, magari avrebbe potuto
ascoltarle parlare dei loro problemi coniugali, e dispensare consigli, dato che
lei non ne aveva di certo bisogno, e poteva dedicarsi agli altri. Lei si dava
sempre una spiegazione logica per tutto, le altre no, ingigantivano le piccole
cose.
Sorrideva, serena, convinta, ormai, di avere tutto sotto controllo,e andò
nello sgabuzzino a controllare le conserve di frutta secca, quando il suo
sguardo si posò sul suo tormento, quell’oggetto che le toglieva il sonno e la
pace, che distruggeva tutti i suoi ragionamenti e i convincimenti che
macchinava a fatica, ogni mattina, ogni sera: quegli occhi la fissavano,
vividi, ingiuriosi, provocanti, quell’espressione la inseguiva e le ricordava
che le sue erano solo fantasie, e la verità era che tutto era falso, e suo
marito non l’aveva mai amata. Avrebbe voluto spaccarlo, quel maledetto
souvenir, se non fosse stato che suo marito se ne sarebbe di sicuro accorto e
le avrebbe chiesto spiegazioni, con una domanda puramente retorica. Billie lo
sapeva, che lei aveva sempre detestato quell’oggetto, e perciò lo aveva
relegato nel buio di quello stanzino per mera gelosia, ma spaccarlo in due
sarebbe stato troppo. Avrebbe mostrato le sue ultime carte, avrebbe rivelato al
mondo intero che lei sapeva tutto e aveva capito tutto. Preferiva passare per
stupida e cieca, piuttosto che mandare a monte tutto e ritrovarsi da sola. Richiuse
la porta dello sgabuzzino e tornò in cucina. Sì, sarebbe stata decisamente una
giornata come tutte le altre.
Camminava da un pezzo, con quella ridicola tazza di ceramica in mano,
tentando di passare inosservato per osservare, con quel caffè ormai freddo per
le strade collinari della città. Era uscito per trovare in qualcosa, tra quelle
vie, la forza per dare una svolta alla sua vita, per cambiare rotta, una volta
per tutte. Era giunto ai suoi 40 anni da poco, eppure, in quella mattinata
primaverile, si sentiva tremendamente insoddisfatto, come se, in tanti anni,
non avesse fatto mai nulla per rendersi davvero felice. Arrivò al molo, senza
una ragione, camminando per inerzia, e vide le barche attraccate: erano legate
al molo solo da una corda, altrimenti sarebbero andate dove le avrebbe portate
il vento. Allora Billie pensò alla sua vita, e si risolse a considerare la sua
situazione come quella di una barca attraccata, tenuta legata da così poco, ma
così vicina ad un molo che non era il suo, da non riuscire a staccarsene. Vide la
prua di un piccolo peschereccio e la corda che la tirava e ritirava verso il
legno del pontile, così ostinatamente e senza sosta, lottando contro le onde
che muovevano le assi, sotto il timone. E poi vide arrivare il pescatore con le
sue reti sotto il braccio, che salì sulla piccola barca e la liberò da quel
giogo asfissiante, per poi accendere il motore e partire. Era stato il suo
liberatore, o l’aveva ancora di più sottomessa ad una volontà diversa, ma
sempre predominante? E se la corda fosse stata il male minore, e la barca fosse
stata una stupida a volersene liberare, cadendo nella schiavitù di un uomo che
pesava su di lei e pretendeva di farla andare ovunque volesse lui? Billie non
aveva bisogno di un liberatore, doveva cavarsela da solo, e doveva cercare il suo
molo ripercorrendo tutti i porti ai quali era attraccato.
Brittney, la moglie di Mike, gli aprì la porta aggrottando le sopracciglia,
perplessa, ed accarezzandosi istintivamente il ventre. –Entra, Billie, entra
pure.- gli disse, piantandogli in viso due occhi interrogativi e mostrando
tutta un’ospitalità curiosa ed indagatrice. –come mai da queste parti?- chiese,
gentile.
-Dovrei parlare con Mike, c’è?- rispose sbrigativo Billie, lo sguardo basso
sul pavimento.
-Si sta preparando, dovete andare a registrare, no?- continuò Brittney,
sempre più perplessa. Il marito le aveva riferito che quella che andava a
cominciare sarebbe stata una mattinata intensa di prove, e che avrebbero
iniziato la mattina sul presto, infatti Billie avrebbe dovuto aspettarlo già in
studio. Allora perché si trovava lì? C’erano stati dei problemi o qualcos’altro?
O la storia delle prove era tutta una menzogna?
-Sì, dovremmo. Posso raggiungerlo?- fece evasivo Billie.
-No, aspetta, vado a chiamarlo- si precipitò la biondina, come,
improvvisamente, stuzzicata da qualcosa che la turbava. In quell’atteggiamento
Billie vide diffidenza, totale diffidenza da parte di quella ragazza che, come
sua moglie, tentava di tenersi stretto il consorte. Per Brittney, però, era
diverso: Mike la amava, e i suoi dubbi erano solo scaturiti dalla gelosia
tipica delle giovani mogli e future madri, ansiose di vedere i propri sogni
realizzati.
Poco dopo, arrivò Mike, perplesso anch’esso di vedere il migliore amico che
non lo aspettava, come concordato, in sala di registrazione, ma in piedi, a
casa sua. Chiese a Brittney di lasciarli da soli un attimo, intuendo che
qualcosa non andava. Lei lo guardò fulminea e, tenendosi la bella pancia
gonfia, cambiò camera.
-Che cosa è successo? Rob ha detto che dobbiamo
rimandare le prove?- iniziò, incerto. Aveva capito benissimo che ciò che Billie
aveva da dirgli non riguardava affatto il nuovo album e i pezzi da registrare. Lo
conosceva troppo bene, e nel suo sguardo eccessivamente distratto nei confronti
della sua donna aveva intuito un nonsochè di
colpevole.
-No. Non è per quello.- rispose il moro,
sempre con lo sguardo basso, la voce flebile. Era come se non avesse la forza
di continuare. Tipico di quando doveva dire qualcosa di importante, che avrebbe
fatto del male a qualcuno, ma non riusciva a tenersi dentro.
-Allora che c’è?- tirò dritto il bassista, incrociando le braccia, sempre
in piedi di fronte al suo interlocutore.
-C’è che mi sento in prigione, Mike, e ho bisogno di qualcosa di diverso. C’è
che non mi sento più in grado di reggere una situazione nella quale io mi sento
l’intruso,e voglio qualcosa di diverso. C’è che non mi sento realizzato, c’è
che non mi sento proprio niente, perché ho passato una vita invano e i
riflettori ai quali sono sottomesso mi opprimono. C’è che ho bisogno di un po’
di tempo da solo, Mike, e mollo tutto. Torno nel nostro vecchio garage. Sai dove
trovarmi, se magari, anche a te, è capitato di cogliere questa strana
sensazione. Ciao, Mike, avvisa gli altri.-.
E se ne andò da dove era entrato, veloce, senza dare a Mike il tempo di
ribattere e dirgli che non doveva permettersi una mossa così azzardata, che
sarebbe stato solo controproducente, che dopo tanti anni di lavoro non valeva
la pena di buttare via così tanto sudore, che tutti ne avrebbero risentito, e
il suo colpo di testa sarebbe stata la rovina di famiglie intere. Già, perché,
con i soldi che facevano loro, c’era gente che manteneva i figli all’università,
gente che aveva trascorso anni di studi per guadagnarsi un posto, gente che
dava da mangiare a tanta altra gente che, per colpa di un cretino qualsiasi,
sarebbe rimasta senza un posto di lavoro e senza nulla da portare a casa, per
dire ai propri bambini: “Guarda, papà ti sta donando un futuro”. E loro? Avrebbero
vissuto di rendita per un certo periodo, ma il successo che avevano rincorso
per tanto tempo, dove sarebbe finito? Erano arrivati ad essere a capo di un
impero, e ora rischiavano di perdere tutto. Brittney, vedendo che Billie era
andato via, tornò, e Mike la vide, con il figlio che portava in grembo. Magari avrebbe
ricordato suo padre come una persona la cui fama si consuma pian piano ed
inesorabilmente fino a spegnersi, mentre tutto ciò che ha costruito gli si
sgretola attorno.