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Autore: simovscalliope    06/04/2012    1 recensioni
Draco, il suo nome era Draco, e non vedeva l'ora che qualcuno fosse contento di ripeterlo insieme a lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tu Chiamami Draco - Capitolo 4

Se da una parte della città i marciapiedi erano vittime dei passi di due individui, dall’altra c’erano stradine nascoste che aspettavano di vederli passare, o correre.

Proprio come doveva essere per un rispettabilissimo pomeriggio d’agosto, il caldo afoso lo si percepiva ovunque, vivo e concreto mentre schiavizzava chiunque.
Succube della temperatura, e del troppo lavoro, c’era anche una signora, che nella sua vita non aveva fatto nulla che fosse degno di nota. E se quella signora si trova tra le righe di questa storia è soltanto perché il suo pregio era quello di essere un’acuta osservatrice.
Sai quella del balcone? Ecco, parlavo di lei.
Anche sotto quel sole prepotente lei si ostinava a sbrigare le faccende di casa, rendendosi anche degna di lode, ma come particolare non è troppo importante.

Alla fine del breve corridoio girò a destra ed entrò nella cucina bianca e nera. Buttò uno sguardo sull’orologio poggiato su uno dei ripiani della parete che aveva di fronte: le 16.55.
- Avrò diritto a cinque minuti di riposo? 
Si pose la domanda, e da sola nella sua testa rispose che cinque minuti non le avrebbero di certo cambiato l’esistenza, anche se di faccende da sbrigare ce n’erano.
Si avvicinò alla radio e la mise in funzione, facendo diffondere nell’aria afosa delle note che sembravano rinfrescarla.
Attraversò la stanza e aprì la porta che dava sul balcone, il famoso balcone.
Anche quel pomeriggio, come tutti gli altri d’altronde, si ritrovò poggiata alla ringhiera scrostata a meravigliarsi dello squarcio di città che riusciva a vedere.
Era lo stesso da sempre, eppure lei ad ogni occasione buona continuava a vagare con lo sguardo su ogni tetto, quasi come fosse spaventata che da un giorno all’altro sarebbero poi spariti.
Percorse con lo sguardo la linea discontinua disegnata dai tetti, poi si fermò a guardare le tre piazzole di pietra che aveva praticamente sotto casa. In quella centrale c’erano due panchine disposte l’una di fronte all’altra, e continuava a non capire come mai non ce ne fossero altre se non lì. 
Quello che la fece sorridere fu il pensare che quelle panchine potevano tranquillamente non esserci considerando l’unico frequentatore del posto.
Simone tanto arrivato lì, a costo di sporcarsi, saliva sul muretto della piazzola più bassa. Disegnò nella sua mente l’immagine di quel ragazzo, con la sua faccia indecifrabile, e pensò che lui era stato progettato per poi essere inserito in quel paesaggio.
Senza accorgersene stava fissando il muretto prescelto, quello speciale, e solo dopo un po’ si accorse che in quella scena mancava il personaggio principale.
Rimase un po’ delusa: quella meraviglia non aveva senso senza il suo cuore, senza il fulcro. Sembrava di leggere una storia dove veniva descritto tutto tranne che le avventure del protagonista, o di vedere un’ombra al muro senza vedere il proprietario di questa.
Non sapeva di completo, insomma.

Si tirò sui gomiti, fece forza e cercò di riprendersi e di convincersi che poteva farcela a rimettere in ordine quel disastro che era casa sua. Stava già tornando dentro quando sentì un rumore di passi che venivano da lontano, accompagnato da una musichetta che qualche secondo dopo sentendola con più chiarezza capì si trattava di un fischiettio.
Si sentì stupidamente sollevata, perché era certa che stesse arrivando quel qualcuno che serviva a alla scena per essere completata.
Si fermò e si poggiò nuovamente alla ringhiera, aspettando di vedere prender forma la faccia di Simone. Un volto che sebbene non riuscisse a capire di quale espressione fosse macchiato, riusciva comunque a farla sentire felice.
Vide quella macchiolina fischiettante avvicinarsi, e distinse sempre più accuratamente le note della melodia finché non ebbe chiaro il titolo della canzone.
Quando però la figura fu a distanza tale da permetterle di farsi riconoscere lei rimase nuovamente delusa.
Nessun Draco, o Simone.
Una ragazza molto carina, che lei non aveva mai visto prima, e che catturò la sua attenzione. Fissandola non riuscì a decretarne l’età, non riuscì a decifrare il colore degli occhi, e non riuscì a non spostare gli occhi su altro.
Il paesaggio incompleto sparì di fronte ad un essere umano che traboccava di tale semplicità.
In quel viso così luminoso che la tenne agganciata alla ringhiera distinse i lunghissimi capelli che brillavano del rosso più intenso che avesse mai visto. Decise che non era né troppo alta né troppo bassa, e che era decisamente troppo magra, ma nel complesso sembrava disegnata a matita, e colorata con dei pastelli.
Emanando nell’aria un profumo che non c’era, che sapeva di primavera, continuava innocentemente a guadagnarsi la scena, e avrebbe avuto gli stessi effetti anche su chi sarebbe arrivato qualche istante dopo.

E intanto.
Hai presente uno felice? Ora devo parlare di lui, di Draco, e dei colori con cui dipingeva l’anima delle persone.
In quel momento non si sarebbe accorto del mondo nemmeno se l’avessero chiamato col suo vero nome, tanto era grande il suo sorriso.
Stava praticamente correndo, con la cartellina stretta forte sotto il braccio destro e la tracolla che svolazzava e sbatteva contro il suo fianco.
Si sarebbe dovuto sentire forse un po’ esagerato nel provare emozioni così forti per colpa (o grazie, dipende sempre dai punti di vista) di una persona sconosciuta.
Era sicuro però che perdere quel foglio qualche giorno prima era stata la cosa più giusta che fosse mai accaduta per mano della sua sbadataggine. 
Era troppo ingenuo, e sebbene sapesse che le persone potevano far male, era convinto che lei – Kuu – non avesse le impostazioni di base per poter fare del male a nessuno.
Ecco l’arco, ecco che la stradina iniziava la sua discesa sempre più ripida, ed ecco che gli occhi già vedevano le pietre che componevano il suo posto speciale.
Se fino a quel momento aveva corso non vide il motivo per cui dovesse smettere. Arrivò e frenò davanti alla piazzola centrale, quella con le due panchine che credeva stessero lì per non sentirsi sole.
Piantato lì a gambe aperte e fermo a bocca aperta sembrava un manga vivente, un personaggio di un fumetto catapultato nella realtà.
La bocca aperta era la risposta all’immagine di Kuu, la quale lo guardava con una faccia altrettanto buffa.
Sembrava appena franata dalla nuvola più alta, e l’aria era un po’ da angelo, e un po’ l’aria stralunata di una che si era appena ricordata di esistere.
- Tu non ci sei mai stata giù al Vallone, vero? - chiese Draco con un sorriso che lasciava pensare ad un’overdose di emozioni positive.
Lei rispose con un’espressione palesemente disorientata.
Lui ribatté alzando gli occhi al cielo, e dopo aver esitato per un mezzo istante partì correndo, e percorse quanto rimaneva della stradina.
Lei non capì subito che doveva seguirlo, aspettava ancora che come tutte le persone normali lui la salutasse, ma poi ricordò che lui di normale aveva ben poco. Sbuffò e buttò anche lei gli occhi al cielo, sorridendo, divertita dai suoi pensieri, e lo raggiunse quando lui aveva già ormai oltrepassato un cancello alla fine della stradina.
Arrivò anche lei davanti al cancello ma non le sembrò di vedere Draco.
Possibile che fosse sparito?
Entrò timorosa e iniziò a percorrere la stradina cercando intorno la macchia di colore dei vestiti di Draco – canottiera bianca e rossa abbinata a dei jeans rossi slavati, l’avrebbe visto se ci fosse stato – ma niente, non si vedeva nemmeno più in giù nel parco.

Avanzò di qualche altro passo disorientata: era sicura di averlo visto entrare lì dentro.
- ALLORA COM..
- WOOO!
E Draco era piegato in due per le risate. 
Si era appostato in un angolo ed aspettava che Kuu lo raggiungesse, ma non voleva assolutamente spaventarla. Si sarebbe voluto scusare ma la faccia di lei era stata troppo terrificata per non riderci su.
- SCUSA!
- FOTTITI!
Cercando di trattenersi la fissò negli occhi cercando di capire se veramente si fosse arrabbiata, e in un attimo iniziò a sbiancare per il terrore: lui non voleva assolutamente che lei si arrabbiasse con lui, e che magari decidesse di andar via. 
- Oddio, scusa, scusa, scusa Kuu non volev..
- Ma dai, scialla!
La guardò interrogativo.
- Scialla?
- Non lo conosci come modo di dire?
- No! Sono preoccupante? Sarà che vivo in un mondo a parte, sicuramente, sì, sì, sicuramente! No, dai, seriamente, non lo conosco, no, non lo con..
- OKAY!
Ora era lei a ridere, di lui.
- Perché ridi? - chiese lui disorientato.
- No niente, è che quando inizi a parlare poi non la smetti più!
Lui continuava a non capire se era o meno una cosa bella, perché era sicuro che anche una cosa bruttissima sarebbe suonata dolce se detta da quella voce, ma a lei non l’avrebbe detto.
- Ah – rispose, e aspettò un momento prima di riprendere – ma comunque non mi hai detto cosa significa ‘scialla’
- Ah, sì, significa che devi stare più tranquillo!
- Ma come faccio se ci sei tu? - chiese con quanta più spontaneità potesse usare.
- Cosa intendi dire? Ti metto l’ansia?
- No – era completamente fuori strada – intendo dire che se ho davanti i tuoi occhi è un po’ difficile stare tranquillo, e poi ho paura che magari ti arrabbi con me e te ne vai, come tutti gli altri.
Kuu si fece automaticamente un esame di coscienza per cercare di capire se fosse stata colpa sua, ma anche se non credeva di aver detto nulla si sentì in colpa.
Era così.. indifeso.
- Oddio – disse Kuu, quasi sussurrando – vieni qui che ti abbraccio!
Lo stritolò in un abbraccio cercando goffamente di scusarsi, per motivi ancora poco chiari, ma comunque non voleva che lui fosse triste. Era troppo dolce con lei, ed era così diverso dagli altri.
Lo sentiva anche da un semplice contatto che lui aveva qualcosa di diverso da tutti gli altri ragazzi che aveva abbracciato.
Semplicemente lui non era uno stronzo: era una voce completamente isolata dal coro. Una voce che cantava una canzone d’amore in una lingua straniera e indipendentemente dal coro che gli stava attorno.
Mentre ancora erano abbracciati Draco le spiegò come mai l’aveva portata lì.
- Sai, questo è un posto bellissimo e non c’è nemmeno mai nessuno. Avevo pensato di sorriderti mentre eravamo stesi sull’erba, e quindi.. ti va se mentre decidiamo che forma hanno le nuvole mi parli un po’ di te?
Accetto soltanto se anche tu mi racconti di te!
- Ma io sono noioso e norm..
- Taci, e farò finta che tu abbia detto di sì!
Così dicendo Kuu si animò e prese prontamente Draco per un braccio, portandolo con se verso il centro del parco, per andare a sdraiarsi sull’erba.
- Hai avuto una bellissima idea, io adoro la natura, ed adoro le persone dolci come te.
- Quindi vedi che sono normaliss..
La finisci? 
- Ma se tu hai detto che ci sono persone come me!
- Ah, lo rimangio, sei proprio un caso perso
- Ecco, ecco, così va meglio
Draco si piegò e si buttò con la schiena a terra, sporcando la sua canotta bianca di terra, e attentando alla vita di parecchi insetti. Ma quel pensiero non lo sfiorò minimamente perché l’unica cosa che contava in quel momento aveva un nome, ed era Veronica, o Kuu.
Kuu non si stese nella stessa direzione di Draco: si girò lateralmente e poggiò la testa sulla pancia piattissima di Draco.

In quel momento gli occhi della signora – che dopo aver visto Draco arrivare era tornata in casa tranquillizata – se avessero avuto la possibilità di spiare i due avrebbero visto l’immagine della dolcezza, disegnata con la stessa semplicità che componeva i due.

Nonostante il parco fosse spoglio e non troppo curato, con quei due stesi lì per terra a parlare delle loro vite diventava tutto più ricco di colore, e da un momento all’altro i sogni di entrambi sarebbero tornati a galla.
E infatti..
- Dio, ho appena avuto un deja vu! - disse Draco guardando gli occhi di Kuu che lo fissavano.
Giura! Anche io!
- Io credo di averlo già visto questo momento, anzi no, ne sono certo!
- Sì ma cosa precisamente? Dimmelo, così vediamo se è la stessa mia immagine
- Non lo so di preciso, ma so di averlo già visto il tuo sorriso, e c’era tanto buio, però i tuoi denti splendevano come se non ci fosse nient’altro!
La guardò sperando che avesse capito e che non lo prendesse per pazzo per i sogni che faceva, che già ne aveva di ragioni per sembrare pazzo.
Lei rispose, dando spazio alle fatidiche coincidenze.
- Anch’io ricordo soltanto un sorriso, e mi ricordo di averlo visto disegnato, come se fosse vero solo per un momento. Come se avesse paura di restare lì! Però era bellissimo e sembrava uscito da una fiaba!
Scese il silenzio, un velo leggero che li avvolse morbidamente, arrivando quasi a farli sentire in imbarazzo, ma poi Draco urlò i suoi pensieri dichiarando che in realtà lui al silenzio non aveva prestato la più minima attenzione.
- VEDI? Vedi che siamo speciali? Non è normale che due persone sognino la stessa cosa la stessa notte, vedi? No perché, voglio dire, dai! Se veramente è una coincidenza è figo, no? Voglio dire, quante possibil..
- Finché continuerai ad eccitarti così per ogni piccola cazzata che ti dirò, io continuerò a pensare che sei il personaggio più bello di cui io abbia mai sentito parlare
Draco rimase di sasso. Kuu invece, sfruttando di quella reazione e di quel nuovo silenzio improvviso, sfruttò l’occasione per dire qualcosa che l’avrebbe lasciato ancora più felice di quanto non era già.
- Non mi interessa se era destino o no che dovessimo sognare la stessa cosa durante la stessa notte, per me conta soltanto che tu sia felice come l..
- Sei anche tu il mio personaggio preferito, ma non perché ora tu me l’hai detto e io devo risponderti la stessa cosa per educazione. Tu sei il mio personaggio preferito e c’è un perché. Sei l’unico personaggio della storia, e questo ti rende speciale. Capisci? Non c’è nessun altro oltre te. E dovresti sentirti anche più speciale, perché se proprio dobbiamo dirla tutta io ne ho letti poche di pagine su di te. Il libro l’ho appena iniziato.
Kuu prese un respiro, mentre nella sua testa pensava che se avesse scoperto che stava soltanto ancora sognando avrebbe preso a calci il suo subconscio.
Ma Draco ne aveva ancora di mezzi per farsi voler bene, e non si fece scrupolo ad usarli.

- Se ti faccio un altro regalo sono troppo scontato?
Così disse e premendo con le mani sul terreno si mise a sedere, costringendo anche Kuu a doversi spostare.
Chissà per quanto tempo erano stati seduti così vicini a parlare, senza che se ne accorgessero.
Draco passò la terra dalle sue mani ai suoi jeans, per poi avvicinarle al petto e cercare qualcosa che era nascosto dalla canotta. Quando finalmente ebbe in mano quel che cercava lo estrasse e lo rigirò tra le mani, e poi infine lo sfilò dal collo e glielo porse tenendo le mani unite a mezz’aria.
- Cos’è? - chiese Kuu prendendo la placchetta di metallo dalle mani di Draco.
- É l’unica cosa che attesta che io sia Draco Weinent, nato il 24/09/1996
- Ed è per me?
- Tu hai detto che ti piace il mio personaggio
- Però forse ho sbagliato a dirtelo, perché a me piaci tu, nel senso, tu.. capisci? E tu sei Draco. Sei tu ad essere dolce, e tu e Draco non siete due entità sep..
- Prendilo, voglio che lo prenda tu, anzi, aspetta..
Si avvicinò a lei, prese dalle sue mani la medaglietta e sganciò la chiusura sulla catenina di metallo.
Lei si alzò i capelli per facilitargli i movimenti, e così lui riuscì a chiudergliela dietro al collo.
- Non ti sta per niente bene, ma ora tu chiamami Draco
- É proprio un bel nome, lo sai?
- Lo so – disse lui mettendosi in piedi e scrollandosi via la terra secca di dosso - e tu lo sai che il 99% delle storie che ho letto sono storie d’amore?
- Nah, puoi fare di meglio, l’amore è troppo comune come sentimento – disse lei credendo di spiazzarlo.
- Tu prega per te che lo scrittore abbia deciso di scrivere una fiaba
- Scusa?
- No così vivremo per sempre felici e contenti, però per adesso io devo andare, perché io sono un supereroe e il mondo ha bisogno di me, ma questo lo devo ancora scoprire anch’io
Già stava muovendo i primi passi verso la stradina principale che l’avrebbe portato fuori dal parco, e già le aveva dato le spalle, ma poi si sentì prendere per un polso e sentì che probabilmente pur non essendo una fiaba, lo scrittore aveva deciso che tra i due personaggi sarebbe nato qualcosa.
- Dove credi di andare?
Lo prese per le spalle e lo girò verso di lei, sentendosi quasi in colpa per aver usato tanta aggressività su un esserino indifeso come lui.
Si alzò in punta di piedi per arrivare più facilmente all’altezza del viso di Draco, e si avvicinò, lo guardò misteriosa mentre lui la guardava sognante. E poi un bacino sulla guancia.
Un gesto che poteva significare amicizia, affetto, o qualcosa che doveva ancora svilupparsi meglio.
Lui la fissò negli occhi, e sorridendo le disse qualcosa che se fosse qualcun altro non sarebbe riuscito a dire.
- Anche Kuu è un nome fantastico.
Come te, aggiunse in silenzio, senza sentirsi pronto per dirglielo.
 Si girò e corse via verso il cancello.
- Domani ti aspetto sulla panchina a destra – urlò con quanta meno chiarezza riuscì a cacciare.
Kuu rimase con le braccia conserte ferma a guardarlo andar via, e non potè non pensare di aver conosciuto quello giusto, per quanto fosse fuori di testa.
E sorrise.

Draco stava risalendo di corsa la stradina, passando sotto la casa della signora impiccione.
Sorrise anche lui.

   
 
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