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Autore: Just another Ghost    06/04/2012    3 recensioni
Logan Lerman
I nostri respiri si rincorrevano, i gemiti, i sospiri.
"Solo attrazione fisica" sussurrai sul suo collo.
"Non potrebbe essere altrimenti" mi rispose, baciandomi un’ultima volta, dolcemente, e accasciandosi al mio fianco.
Quella frase mi aveva lasciato l'amaro in bocca.
Lui amava Anna.
Lo avrebbe sempre fatto.

Non sottovalutate questa fanfiction, non è una storia d'amore fatta di zucchero e cannella.
Qui c'è fin troppo dolore. Perdite. Tradimenti. Sensi di colpa. Bugie. Musica.
Già, la musica.
Non fatemene una colpa se in ogni capitolo troverete una canzone.
Io campo di questo.
La musica è il mio veleno e
la mia
medicina.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti, prima che cominciate a leggere, vorrei dire un paio di cose, nulla di che, tranquilli, non vi ruberò molto tempo.
Intanto, vorrei che leggeste questo capitolo ascoltando What About Now, che merita veramente http://www.youtube.com/watch?v=XqTzrUJNtyU .
Sono fermamente convinta che le storie prendano un sapore diverso e più vero se lette con la canzone giusta in sottofondo :)
Pooi, per il fatto delle incongruenze tra l'età dei personaggi, (Logan non ha 22 anni, infatti, come invece è citato nella storia), vorrei specificare, onde evitare incomprensioni varie, che è tutto dovuto a motivi pratici, per l'andamento della storia. Capirete in seguito ;)
Be', ci vediamo sotto belli!



The Sun is breaking in your Eyes.



3. What if you're making me all that I was meant to be?



Cantammo altre due canzoni su richiesta di Lucia, che continuava a sorridere e a lanciarmi sguardi incoraggianti. Nonostante detestassi il fatto di dover continuare a cantare davanti a Logan, vederla sorridere mi faceva sentire meglio, quindi acconsentii.
Nonostante detestassi il fatto di dover continuare a cantare davanti a Logan, vederla sorridere mi faceva sentire meglio, quindi acconsentii.
Gab suonò gli accordi di All or nothing at all, una canzone che aveva sempre amato fare ad ogni piccolo concerto che avevamo organizzato.
E poi la conoscevamo entrambi a memoria.
Era strano cantare una canzone del genere senza il sostegno di un microfono, di un’asta che potesse sorreggermi.
Odiavo essere tanto scoperta e vulnerabile.
La seconda canzone fu What about now, dei Daughtry, una band che ammiravamo entrambi tra quelle più soft, per così dire.
Durante entrambe le esibizioni tenevo gli occhi fissi in quelli di Lucia oppure sulle dita di Gab che scivolavano sicure sulle corde, o ancora sul viso rilassato del mio amico, che mi lanciava sorrisi rassicuranti di tanto in tanto.
Evitavo accuratamente ed intenzionalmente Logan.
Mi sembrava terribilmente ingiusto che fosse costretto ad ascoltarci, mentre magari avrebbe preferito riflettere da solo sulla sua ragazza e sui rischi che correva.
Ma lui non è costretto. Puntualizzò una vocina saccente nella mia testa.
In effetti, poteva benissimo andare a prendersi un caffè o chissà che altro, piuttosto che starmi a sentire cantare d’amore e speranza.
«Direi che può bastare così» mormorai con un sorriso imbarazzato non appena terminammo anche What about now, alzandomi e posando un bacio sulla guancia di Gab.
«Vado a prendermi un caffè» annunciai, barcollando verso le scale, diretta al piano terra.
Ero sicura che ci fosse un distributore anche su quel piano, ma avevo bisogno di sgranchirmi le gambe.
E senza contare il fatto che sarei dovuta passare davanti a stanze stracolme di pazienti agonizzanti.
No, grazie.
Caffè. Caffè. Caffè.
La mia testa non pensava ad altro.
Amavo la caffeina, tenevo sempre una caffettiera rosso fuoco accanto a me quando potevo, per poter soddisfare il mio smodato bisogno di quella bevanda paradisiaca.
Presi un bicchierino di carta stracolmo di caffè, entusiasta per quel regalo tutto americano.
A casa le macchinette ti lasciavano quasi sempre a bocca asciutta.
Ma non appena presi un sorso, fui costretta a ricredermi.
Sembrava acqua sporca.
Di caffè aveva ben poco.
Scolai comunque il contenuto, bisognosa di un po’ di energia e uscii nel cortile appena fuori dall’ingresso per fare due passi.
Era quasi buio ormai, ma gran parte delle ambulanze non erano ai loro posti, segno che molta gente, in quel preciso momento, stava per fare una piccola gita in ospedale, grave o meno non ci è concesso saperlo.
Passeggiai per un po’ attorno alla struttura color avorio, senza pensare a nulla se non al calore sulla mi pelle che andava affievolendosi, fino a diventare una spiacevole sferzata gelida.
L’estate era proprio finita.
Chissà perché, pensando all’estate, mi vennero in mente gli occhi di Logan.
E fu una cosa strana, perché ogni cosa in quel ragazzo urlava Inverno.
Dalla pelle diafana, ai capelli scuri, ai lineamenti delicati.
Eppure quegli occhi erano talmente simili al cielo terso estivo che non riuscivo a non associarli alla sensazione della salsedine sulla pelle e sul viso, alla sabbia tra i capelli e al calore del sole.
Sperai che amasse davvero Anna come lui sosteneva.
Dovevo accettare il fatto che lei e Gab non sarebbero mai potuti stare insieme, che il mio raggio di sole si era fatta una vita lontano da casa, aveva trovato un ragazzo da amare, che la facesse sentire felice, che le teneva la mano mentre lottava contro la morte in un letto d’ospedale.
C’era anche l’altra faccia della medaglia, però, ovvero il dolore del mio adorato chitarrista che la osservava da lontano, senza poter avvicinarsi o sfiorarle anche soltanto il viso con le dita.
Non gli era permesso.
Il suo posto non era quello.
Non più.
 
 
Salendo al reparto chirurgia incontrai Rebecca e Marco che si sorridevano, abbracciati, e provai un moto di gelosia.
Tutte le persone a me care amavano o avevano amato, ricambiati o meno, qualcuno.
Tutti tranne me.
Per un po’ di tempo avevo stentato a credere nell’esistenza di quel sentimento, esempio lampante ne erano i miei genitori, insieme da quasi trent’anni, ma pressoché sconosciuti.
Dormivano nello stesso letto, mangiavano ogni giorni insieme, ma non si parlavano mai, non si conoscevano per niente.
Una volta estinta la passione, non rimane altro che la monotonia di un rapporto ormai giunto al capolinea.
Forse, però, le cose stavano cambiando, almeno tra noi giovani.
Forse.
Restavo comunque io, una povera Forever Alone, come usava definirmi Reb, che snobbava qualsiasi ragazzo le si avvicinasse.
Oddio, non ero mica una zitella acida, avevo fatto anch’io le mie esperienze – per quanto disastrose –, ma ero ben lungi dal cercarmi a tutti i costi un ragazzo.
E quello non era neppure il momento adatto per lanciarsi alla ricerca del miglior partito sulla piazza.
«Sapete nulla di Anna?» chiese Reb, affiancandomi.
Scossi la testa. «L’hanno portata in sala operatoria. Non ho idea di quanto tempo abbia passato lì dentro, ho perso anche la concezione del tempo ormai»
«Ti capisco» concordò.
«Che avete fatto, piccioncini?» chiesi con un sorrisino rivolta principalmente a Marco, che tossì colto alla sprovvista, mentre Reb arrossiva violentemente.
A quel punto della conversazione eravamo già arrivati in corridoio e Lucia ci veniva incontro.
Scoppiai a ridere. «Okay, okay. Risparmiatemi i dettagli, ragazzi» scossi la testa divertita e mi rivolsi alla madre di Anna. «Ci sono novità?» chiesi, cambiando totalmente atteggiamento.
«Dicono che stanno operando, tra un paio d’ore dovrebbero farla uscire da quella cazzo di sala operatoria» mi irrigidii al suono di quella frase.
Lucia non era mai tanto volgare, doveva essere proprio a pezzi.
Annuii distrattamente.
«Ragazzi, forse dovreste tornare in albergo. Almeno per riposarvi un po’. Domani mattina vi aggiornerò su tutto» propose Lucia.
Scossi decisa la testa, seguita a ruota da Gab. «No. Noi restiamo qui fino a quando…»
«Ragazzi!» ci richiamò la donna, aggiustandosi i capelli biondi nervosamente. «Dovete essere ragionevoli. Avete bisogno di riposare, non è il momento di fare gli eroi. La condizione di Anna non cambierà se voi resterete qui come zombie. E questo vale anche per te, Logan» aggiunse, puntando gli occhi verdi in quelli azzurri del ragazzo.
«Lucia, io devo…» tentò di protestare, senza successo.
«Tu non devi fare nulla. Solo dormire, perché sei uno straccio» ordinò con la voce che tradiva un certo orgoglio verso tutti noi.
Sorrise bonaria.
«Vi ringrazio per essere qui a sostenermi, ma davvero dovete pensare un po’ a voi. Andate, ci vediamo domattina» ci salutò, tornando a sedersi esausta sulla scomoda sediolina di plastica.
Annuimmo tutti, dirigendoci come opliti verso l’uscita.
«Stai anche tu in albergo, Logan?» chiese Reb gentile, stretta nell’abbraccio di Marco.
Lui le sorrise, scuotendo la testa. «Io abito qui, ho un appartamento vicino all’università»
«Vuoi che ti facciamo compagnia?» propose Marco.
Né io né Gab sembravamo particolarmente entusiasta all’idea.
«Vi ringrazio, ma non è lontano da qui. Ci vediamo domani» e si allontanò agitando la mano verso di noi.
Tirai un sospiro di sollievo.
In pochi minuti arrivammo nei pressi dell’albergo, ma non ero assolutamente pronta ad entrare.
Oltrepassare quella soglia avrebbe significato altro silenzio.
Decisi di fare due passi nelle vicinanze, aveva fatto buio soltanto da qualche minuto.
Nessuno fiatò e così fui libera di gironzolare un po’ lì intorno.
Avevo visto poco del mondo, ma New York non era certamente il tipo di città che mi si addiceva.
Troppo caotica, troppo tecnologica, troppo tutto.
Se fosse stato possibile, avrei volentieri vissuto nell’Inghilterra ottocentesca, oppure ai tempi dei Tre Moschettieri.
Non lo avrei ammesso nemmeno sotto tortura, ma le antiche usanze e la cavalleria mi affascinavano.
Da piccola immaginavo di volteggiare nel mio vestito vaporoso nel bel mezzo di una sala da ballo, mano nella mano con il mio accompagnatore.
Be’, a quei tempi “l’accompagnatore” era Antonio Banderas, del quale mi ero presa una cotta dopo aver visto The Legend of Zorro, ma quelli erano dettagli.
Dettagli imbarazzanti.
Considerato il fatto che ero solita invaghirmi di gran parte degli attori “grondanti romanticismo” che vedevo alla tv.
Compreso Johnny Depp in Edward mani di forbice.
Dio se ero messa male.
Sorrisi mentre facevo l’ennesimo giro dell’isolato con il naso all’insù ad ammirare le prime stelle che si scorgevano.
Era una zona poco illuminata, probabilmente in periferia, visto che anche l’hotel non era proprio nel centro città.
Si poteva scorgere Venere, forse, non ero mai stata brava con l’astronomia, ma le stelle mi affascinavano, quindi mi limitavo a sbirciarle dalla finestra, la sera.
Mentre camminavo, sempre a testa in su e con un sorrisino stampato in faccia, non mi accorsi di non essere sola e finii dritta contro un maglioncino grigio fumo che profumava di pulito.
«Oddio, scusami!» mi affrettai a dire, accorgendomi solo in seguito che il ragazzo davanti a me altro non era che Logan.
«Ti sei fatta male?» chiese, tenendomi per le spalle onde evitare un mio rovinoso scivolone.
Scoppiai a ridere alla vista della sua faccia.
Aveva gli occhi spalancati per lo stupore e le labbra semi dischiuse, per non parlare del berretto grigio che gli stava dritto in testa come fosse un puffo.
«Che c’è?» domandò, l’ombra di un sorriso sulle labbra.
Strinsi le labbra per evitare di ridergli in faccia e mi allungai per sistemargli il cappello.
Lui arrossì un po’ e lo aggiustò ai lati, per poi sorridermi affranto.
«Non eri male in versione nano da giardino» constatai strizzandogli l’occhio.
Rise. «Come mai non sei in hotel?»
Alzai le spalle. «Avevo bisogno d’aria. Anche se qua ci sono più fumi che in una fabbrica» feci una smorfia.
«Se il termine di paragone è una cittadina della Sicilia, allora hai ragione» disse sorridendomi e lanciandomi un’occhiata divertita di traverso, mentre passeggiavamo fianco a fianco.
«Già. E tu?» domandai.
«Io cosa?»
«Non dovresti essere nel tuo appartamento vicino l’Università?»
«Le mie ragioni sono le stesse delle tue» disse semplicemente.
Annuii distrattamente, tornando a rivolgere lo sguardo al cielo.
«Stai cercando un ufo?» mi domandò ironico Logan, facendomi ridere.
«Cerco di contare le stelle»
Alzò un sopracciglio, come per dire “ma fai sul serio?”.
Ridacchiai. «Ho sempre voluto un telescopio, ma non avevo dove metterlo. E se avessi toccato uno di quei cosi super tecnologici probabilmente l’avrei distrutto in due secondi».
Si unì alla mia risata.
«Anche Anna lo voleva» accennai con voce malinconica.
Logan s’incupì, guardando fisso davanti a sé e serrando la mascella.
Lo guardai a lungo.
Aveva davvero un bel viso.
I tratti erano delicati, quasi infantili, ma non avresti mai detto che fosse un ragazzino.
La sua voce, i suoi modi di fare, quel modo di incurvare il sopracciglio sinistro mentre parlava, erano tutti piccoli dettagli che ti rapivano.
Adesso capivo come aveva fatto a conquistare la mia Anna.
Sorrisi senza entusiasmo e lui se ne accorse.
«Stai pensando a lei?» mi chiese a voce bassa, provocandomi un brivido lungo la schiena.
L’avevo detto che l’americano era sexy.
L’avevo detto!
Dio buono, non farmi fare cazzate.
Annuii. «Non riesco a… immaginare la mia vita senza di lei. Siamo sempre state indivisibili, due facce della stessa medaglia. È sempre stata così… perfetta. La parte migliore di me» sussurrai con una punta di tristezza.
«Lei è bellissima. Sono un ragazzo fortunato» mormorò guardando anche lui il cielo stellato.
Ci eravamo appoggiati al muretto di un vicolo poco lontano dall’hotel.
«Certo che lo sei. Non… non lasciarla andare via» implorai ed erano molteplici i significati di quella frase.
Mi fissò concentrato per un po’, ma ero incapace di ricambiare.
Le lacrime sarebbero arrivate di lì a poco.
Voltò la testa appena in tempo e quasi mi commossi per quel gesto di umanità.
Non asciugai quella goccia salata che scendeva lungo la mia guancia.
«Mi sono piaciute le canzoni» disse con voce più serena, nel tentativo di distrarmi.
Cercai di sorridere. «Grazie. La prima mi sembrava adatta…»
«Lo era. Lucia ha ragione. Hai la capacità di colpire chiunque ti ascolti. E te lo dice un appassionato di musica».
«Suoni?» domandai incuriosita.
Mi rivolse un sorriso compiaciuto. «Il pianoforte e un po’ la chitarra. Anch’io ho una band con cui suono nel tempo libero, proprio come voi».
«Sinceramente riesco ad immaginarti come musicista» ridacchiai, guardandolo.
Alzò un sopracciglio, sorridendomi.
Oh Santa Madre di Dio.
«Davvero?»
Deglutii, annuendo.
I suoi occhi azzurri incontrarono i miei, ancora più scuri nell’oscurità del vicolo e quasi dimenticai di respirare.
Eravamo due goffi ragazzi, appoggiati ad un muretto, le mani dietro la schiena, occhi negli occhi.
Era una situazione pericolosa.
Estremamente pericolosa.
Mi morsi il labbro inferiore, senza riuscire a reprimere il desiderio.
Era solo quello.
Solo attrazione fisica.
Nulla di più.
Come potevo non essere attratta da Logan, andiamo!
«Emma» mi chiamò con voce roca, facendomi annaspare in cerca di ossigeno.
Oddio, oddio, oddio.
Fermatelo ora, oppure lasciate che sia il tempo a fermare la sua corsa, per permetterci di incontrarci sotto questo cielo stellato.
Non resistetti e mi avvicinai pericolosamente alle sue labbra, sfiorandole appena.
Profumava di menta.
Inverno.
Freddo e accogliente inverno, qui, tra le sue braccia che ancora non mi avvolgono ma che vorrei disperatamente addosso.
Azzerò i centimetri, facendo scontrare le nostre labbra in un bacio lento, ma senza alcun significato.
Solo attrazione fisica, mi ripetei.
E lo stesso era per lui.
Lui vuole il mio corpo, pensai con una nota di rammarico.
Schiusi le labbra e il suo profumo mi avvolse, mentre le nostre lingue si incontravano e si rincorrevano.
Mi aggrappai al suo maglione, mentre spostava le mani ai lati del mio viso, approfondendo il bacio.
Era diventato qualcosa di diverso.
La passione esplodeva, intensa, irrefrenabile.
C’era sempre una canzone che risuonava nella mia testa mentre baciavo qualcuno.
Stavolta c’era solo la sua voce.
Solo attrazione fisica.
Il suo corpo contro il mio, schiacciato sul muretto, intrappolato da Logan.
Solo attrazione fisica.
Le sue mani sulle mie guance.
Solo attrazione fisica.
Le nostre labbra incollate, indivisibili.
Solo attrazione fisica.
Le sue mani che scendevano lungo le mie spalle, giù fino alla vita.
Solo attrazione fisica.
Io aggrappata al suo collo, mentre i nostri corpi entravano in contatto con un fremito.
Solo attrazione fisica.
Lui che mi solleva da terra, io che stringo le gambe intorno al suo bacino.
Solo attrazione fisica.
Noi che arriviamo chissà come nel suo appartamento, Logan sopra di me, dentro di me.
Solo attrazione fisica.
I nostri respiri che si rincorrevano, i gemiti, i sospiri.
«Solo attrazione fisica» sussurrai sul suo collo mentre raggiungevamo l’apice insieme.
«Non potrebbe essere altrimenti» mi rispose, baciandomi un’ultima volta, dolcemente, e accasciandosi al mio fianco.
Fissai il soffitto per quella che sembrò un’eternità, pensando ad ogni cosa.
Quella frase mi aveva lasciato l’amaro in bocca.
Non potrebbe essere altrimenti.
Non potevo certo illudermi che avesse fatto sesso con me perché ero la donna della sua vita.
Lui amava Anna.
Lo avrebbe sempre fatto.
Ed io ero un’illusa, perché pensavo sul serio, mentre entrava dentro di me, che le nostre anime si fossero salutate complici, per poi dirsi addio per sempre.
L’avevo detto anch’io.
Solo attrazione fisica.
Mi odiavo per aver fatto tutto ciò ad Anna.
Mentre lottava per restare in vita, io ero a letto con il suo ragazzo.
Ma che razza di amica ero?!
Mi girai a guardare Logan e sorrisi nel vederlo dormire beato, proprio come un bambino.
Gli accarezzai una guancia delicatamente e mi alzai, recuperando le mie cose.
Sgattaiolai in bagno e mi guardai allo specchio.
Ma che diavolo ero diventata?
Una specie di puttana di quart’ordine, che se la faceva con i fidanzati delle proprie amiche?
Mi facevo schifo.
Presi un po’ d’acqua e bagnai lo specchio, in modo da rendere meno visibile la mia immagine, coperta di goccioline impalpabili.
Avevo addosso una tshirt di Logan ed inspirai inconsapevolmente il suo profumo.
Era stata una notte incredibile.
Le sue mani erano ovunque, le sue labbra erano ovunque, lui era ovunque.
Ma dovevo riprendermi.
Stavo per sfilarmi la sua maglia quando mi accorsi di una figura appoggiata allo stipite dell’ingresso del bagno.
«Ti ho svegliato?» chiesi, atona, cercando di non fissarlo.
Indossava dei pantaloni di tuta grigi.
«No, ero in dormiveglia. Che stai facendo?» chiese, avvicinandosi e sedendosi su uno sgabello proprio dietro di me, in modo da riuscire a guardarmi negli occhi tramite lo specchio.
«Cerco di non farmi schifo da sola» gracchiai, chiudendo il rubinetto e voltandomi verso di lui.
Aveva lo sguardo acceso, attento, serio.
«Non c’erano sentimenti. Era solo sesso, Emma» mi disse, pronunciando il mio nome in modo così incantevole…
Dio, quanto ero patetica.
Provai una fitta al cuore, abbassando lo sguardo.
Sesso e amore erano sempre andati di pari passo per me, la mia prima volta era stata con l’unica persona che a quel tempo mi capiva… si era rivelato un errore, in seguito, ma io credevo di amarlo, o almeno, gli volevo un gran bene.
Per Logan evidentemente non era così.
«Non devi sentirti in colpa» aggiunse, avvicinandosi a me e sollevandomi il viso.
Ero certa di essere orribile, con i capelli raccolti in una coda disordinata, il trucco quasi inesistente e quella lunga maglietta a coprirmi a malapena.
L’immagine del sogno proibito di ogni uomo!
«E’ comunque un tradimento, sentimenti o no» obbiettai, chiudendo gli occhi, incapace di guardare nei suoi.
Mi ero cacciata in un enorme guaio.
Non potevo permettermi cose di quel genere.
Non con Logan.
Tentennò. «E’ stato un momento di… debolezza. Eravamo entrambi provati ed esausti. Non succederà più» assicurò, certo di consolarmi.
Oh, Logan… come può consolarmi il fatto che non potrò mai piùsentirti come ti ho sentito stanotte?
Sospirai e lo interpretò come sollievo.
Mi sorrise, posandomi un bacio sulla fronte.
Non è abbastanza, adesso, pensai, incurvano gli angoli delle labbra all’ingiù.
«Ti sei pentito, Logan?» domandai di botto.
Dovevo saperlo.
Rimase in silenzio per un po’ ed ero certa che mi stesse scrutando.
«E tu?» chiese finalmente.
Scossi flebilmente la testa.
Che senso aveva mentire?
«Neanche io» e si diresse nell’altra stanza, lasciandomi con qualcosa di peggio dell’illusione.
La speranza.
 


Angolo della pseudo-autrice Just Another Ghost:
Bene, rieccomi qui :)
Vi prego, non odiate i miei piccoli, Emma è confusa e Logan... Logan soffre come un pazzo. E' un po' OOC, perché io personalmente immagino il caro Lerman molto più sensibile, ma qui entra in gioco il fattore età. A 22 anni non può certo piangersi continuamente addosso... Be', mi sembra tutto, alla prossima :)
Un bacio,
G.
PS: Ho in cantiere una nuova storia, ambientata durante le riprese de I Tre Moschettieri… Vorrei sapere se magari potrebbe farvi piacere leggere di questa povera disgraziata, amante dei vestiti vaporosi ottocenteschi, che incontra il nostro Lerman durante un provino per le comparse J
Fatemi sapere :P 

  
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