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Autore: ermete    06/04/2012    5 recensioni
Al primo anniversario della morte di Sherlock, John si presentò davanti alla tomba del suo migliore amico: non andava spesso al cimitero, non occorreva andare lì per ricordarlo ed omaggiarlo, nè tantomeno serviva a lenire la sofferenza e la solitudine che provava. Tuttavia, una volta presentatosi davanti alla lapide nera, passarono pochi istanti prima che allungasse la mano destra sopra di essa: accarezzò la scritta dorata con la punta dell'indice in un gesto spontaneo più che simbolico e bisbigliò poche parole. "Torno in Afghanistan. Goodbye, Sherlock".
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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***Ciau! Allora, vi dico già che questo capitolo è un po'... non dico inutile eh, ma cronologicamente non ci siamo mossi più di tanto! Ne passeranno di capitoli sotto i ponti prima che Sherlock e John si rivedano u.u no scherzo XD non sarà una ff lunghissima, ma vi anticipo già che ci vorranno almeno altri 3 capitoli prima del grande incontro, perchè ho in mente una cosa e quindi per svilupparla cercando di rimanere nei canoni della coerenza/realtà ci vorrà un pochino! Grazie alle ragazze che mi stanno seguendo *_* poche ma OTTIME! altro che buone u__u tze *_* bene, spero che nonostante la sua "inutilità" apprezzerete comunque il capitolo! mi metto già sotto per il prossimo! baci!!! ***

Un regalo per Sherlock

Passarono solo due settimane da quando Sherlock aveva cominciato a lavorare coi Servizi Segreti, che il Governo Inglese era già riuscito a catturare o uccidere buona parte degli uomini di Moriarty: con l’aiuto di diversi tecnici informatici poterono infatti seguire le strisce dei codici usate dal criminale per incastrare più della metà dei suoi collaboratori. L’apporto di Sherlock, invece, era collegare gli uomini che avevano aiutato Moriarty al loro preciso ruolo nel “Grande Gioco”, in modo da poter scoprire ulteriori attinenze che potessero suggerire a loro volta altri implicati: inoltre riuscire a formalizzare delle vere e proprie accuse era utile per giustificare la loro cattura, anche se a Sherlock quel punto di vista importava ben poco. Si limitava a dire i nomi, descrivere il loro ruolo nell’organizzazione e passare alle ricerche successive. Mycroft invece si occupava di quelli che non volevano collaborare, guardandosi bene dal commettere lo stesso errore che fece con Moriarty.
La giornata di Sherlock era così fatta: si alzava, cercava gli uomini di Moriarty, tornava a riposare nella sua stanza. Se Mycroft era particolarmente pedante, mangiava anche qualcosa.
Quella sera tornò nella sua stanza portando con sè un sandwich ed una bottiglietta d’acqua che uno dei servitori di Mycroft aveva comprato per lui: si tolse le scarpe aiutandosi coi talloni, quindi si sedette di fronte al laptop, controllando le ultime novità dei notiziari. Lesse un articolo riguardante la guerra in Medioriente mentre mangiucchiava il panino controvoglia: dovette finalmente ammettere a sè stesso che il suo cervello aveva bisogno anche di carboidrati, soprattutto se lasciato lavorare tutto il giorno, tutti i giorni, senza tregua.
Bevve un sorso d’acqua, sbuffando stancamente: gli occhi di ghiaccio, svegli nella loro attività eppur spenti dalla malinconia, giocavano in quel curioso paradosso contraddittorio mentre vagavano per la stanza: avrebbe desiderato uscire, correre per le vie di Londra, andare da Angelo, riabbracciare Mrs Hudson, suonare il suo violino e, soprattutto, rivedere John.
Con quel pensiero si alzò in piedi, diretto verso il muro: in quel particolare giorno, seppur senza un motivo specifico, scelse la foto in cui John faceva la spesa come sua preferita. Si avvicinò al muro con tutto il corpo, facendo coincidere il proprio profilo destro con il volto impresso sulla foto, inspirando a lungo nel vano tentativo di percepire l’odore, il profumo dell’amico. I sensi non lo aiutarono, ma il suo fidato e rapidissimo cervello sì: anche le persone comuni, se si concentrano, riescono ad avere la limpida impressione di percepire un profumo a livello sensoriale, figurarsi il computer che lavorava nel cranio del detective. Sherlock sorrise a quel ricordo, sentendo il battito cardiaco accellerare un poco nel percepire quel profumo, l’odore di the, limone, marmellata, pane tostato e sapone, l’odore di John alla mattina, quando si sedeva al suo stesso tavolo a fare colazione: l’aroma del the, come quando era troppo avido di berlo e dopo essersi scottato la lingua, la tirava buffamente fuori in cerca di refrigerio, l’odore del pane che metteva a tostare per entrambi, la fragranza agre del limone e quello dolce della marmellata che si fondevano imprimendosi sulle dita del dottore e il profumo del sapone che percepiva sul viso di lui, quando si sporgeva a sbirciare un particolare articolo sul giornale.  Si voltò, sfiorando con le labbra la figura impressa nella carta fotografica in un gesto casuale, ma quando si accorse della coincidenza sorrise imbarazzato. Non fece in tempo a ringraziare tacitamente il caso per essere stato solo in quel momento intimo, che sentì bussare alla porta: tornò a sedersi di fronte al computer portatile prima di borbottare “Che vuoi, Mycroft?”
Secondo Sherlock era inconfondibile il modo in cui Mycroft bussava alla porta, dando un che di musicale a quei due colpetti che rimbombavano sul legno dell’uscio: fece il suo ingresso nella stanza il maggiore degli Holmes, vestito con un completo grigio chiaro, cravatta bordeaux, orologio da taschino lucidato di recente e l’immancabile ombrello “Buonasera Sherlock.”
Il detective trasalì, scuotendo il capo con espressione rassegnata “Mycroft, ma che cavolo... hai un vero e proprio feticcio per gli ombrelli. Te lo porti dietro anche quando sei in casa! Trovati un passatempo!” si esibì in una vera e propria scenata, così esagerata che era chiaro che fosse finta, anche se tuttavia non nascondeva una presa in giro ripetuta più volte.
Mycroft si esibì in una risata che sembrava ancora più finta della scenata di Sherlock “Ma come sei diventato simpatico ultimamente. Hai capito benissimo che sono appena rientrato da fuori.” fece qualche passo dentro la stanza, fermandosi davanti al collage: notò un leggero alone attorno alla foto di John che fa la spesa, quindi, per ripicca, decise di farlo notare al fratello “Oh ma vedo che non ti annoi per niente, anche se non mi sarei mai immaginato che ti saresti messo a baciare una foto. Anche se potremmo prenderlo come un progresso. Bacerai anche il vero John quando lo ritroveremo?”.
Prevedibilmente Sherlock si indispettì parecchio: si avvicinò rapidamente al muro e recuperò il quadro che, una volta riappeso, coprì interamente tutte le foto di John “Se tu e i tuoi Servizi Segreti lavoraste un po’ più velocemente di così, magari riuscirei a rivederlo prima di morire di vecchiaia.” ringhiò a denti stretti. Se l’intento di Mycroft era quello di metterlo in imbarazzo, allora c’era riuscito pienamente.
“Se tu ti fossi svegliato un po’ prima...” ribattè Mycroft, per poi prendere un lunga boccata d’aria, imponendosi di non litigare col fratello “Dicevamo. Domani è la vigilia di Natale, Sherlock, è festa per tutti, anche per te e per coloro che stanno lavorando per trovare tutti gli uomini di Moriarty e...”
“No! Non possiamo aspettare neanche un giorno, che mi importa di che giorno è domani?”
“Ma importa a me!” Mycroft alzò così tanto la voce, che rimbombò in quella stanza spoglia “Domani non si lavora, punto.”
Sherlock non si ricordò se avesse mai visto il fratello così serio, se l’avesse mai sentito alzare la voce in quel modo: deglutì per poi annuire con un leggerissimo cenno del capo, quindi mentì clamorosamente “Volevo giusto riposarmi.”
Mycroft alzò gli occhi verso il soffitto, sbuffando rassegnato: come al solito, quando Sherlock si trovava alle strette e non poteva non dargli ragione, ribaltava la situazione, come se fosse stato d’accordo con lui fin dall’inizio “In realtà ho un regalo per te. Credo che potrebbe piacerti, anche se dovremo fare molta attenzione.” ed uscì dalla stanza, senza aspettare la replica di suo fratello che, una volta tanto, non capì cosa stesse passando per la testa di Mycroft.

“Fate passare, sono un medico!” John entrò in fretta nell’infermeria affollata, dirigendosi subito verso il banco sul quale era poggiata la scatola dei guanti di lattice: si era precipitato in quella stanza dopo aver sentito chiamare a gran voce l’aiuto di tutti i medici militari tramite gli altoparlanti del campo.
“Cos’è successo?” chiese, per poi avvicinarsi velocemente ad uno dei due feriti sdraiati sulle barelle, quello meno assistito.
Si avvicinò Rainbow(1), il capo dei Chameleons, visibilmente preoccupato nonchè leggermente contuso “Sono spuntati altre due gruppi nemici quando abbiamo iniziato a sparare i sonniferi, così per togliersi il pensiero hanno cominciato a lanciare bombe a mano. Fortunatamente non erano di quelle più devastanti, ma Black e Green sono rimasti feriti... sono gravi?”
“Anche lei è ferito, Maggiore, dopo le darò un’occhiata.” rispose distrattamente John, ormai impegnato nelle cure del Camaleonte Black: alzandogli la maglia notò subito un evidente ematoma all’altezza dell’addome che suggeriva una considerevole ma ancora arginabile emorragia interna. Il soldato infatti era sudato e lamentava molto dolore nonostante una buona dose di antidolorifico “Non posso fare nulla per lui, deve essere operato, deve essere subito trasferito all’ospedale militare qui vicino.”
“Anche Green! Ha una frattura esposta della tibia e del perone destri. Per il resto i segni vitali e i riflessi sono ottimi.” dichiarò l’altro medico, quello dei Camaleonti, che era rimasto illeso negli scontri “White! Red! Portate subito le barelle agli elicotteri!” ordinò il dottore agli altri membri della squadra che, dopo aver preso una borsa piena di materiale medico, si apprestava a seguire le due lettighe.
“Stanno arrivando due feriti agli elicotteri.” comunicò via radio il capo dei Camaleonti: prima di seguire i suoi soldati però, si voltò verso John, chinando il capo riconoscente “Ti ringrazio, Mastino, mi farò ricucire in ospedale, voglio stare vicino ai miei ragazzi.”
John non potè fare altro che annuire, dato che avrebbe fatto anche lui la stessa cosa “Vada pure, le sue ferite sono solo superficiali.”
Rainbow però, prima di uscire, diede un ultimo consiglio a John “State attenti, voi Mastini, ma anche le altre squadre.” sussurrò febbrilmente prima di continuare “La verità è che questo progetto ha funzionato fin troppo bene, abbiamo ripulito tutte le zone relativamente sicure, ora invece siamo nel loro territorio: le prossime missioni saranno più rischiose. State attenti, per l’amor di Dio.”
John annuì, comprendendo la gravità delle parole del Camaleonte sulla spalla del quale posò la mano, che strinse saldamente “Spargerò la voce, Maggiore. In bocca al lupo per i suoi uomini.”
Accompagnò il capo dei Camaleonti all’elicottero a passo svelto, per poi rientrare al campo, alla ricerca di Zach.

Quando Sherlock salì su un furgoncino bianco per ordine di Mycroft, era vestito da muratore, con una salopette bianca, un cappellino dello stesso colore a nascondere i riccioli neri, occhiali da saldatore che andavano a coprire il suo sguardo tagliente e mascherina di protezione contro la polvere per celare più particolari possibili del suo inconfondibilissimo viso.
Non appena il furgone partì ricevette una telefonata da parte del fratello “Hai già capito dove stai andando, immagino.”
“Baker Street. Immagino che la Signora Hudson stia passando le vacanze natalizie dalla sorella e che tu abbia trovato una scusa per poter entrare nell’appartamento. Mh, vediamo, deve rifare la cucina? Non dirmi che ha affittato il nostro appartamento a qualcun’altro che ha pure la pretesa che la padrona di casa paghi le spese di ristrutturazione.” ringhiò il giovane Holmes, togliendosi momentaneamente gli occhialini scomodi.
“No. Ho continuato a pagare l’affitto io, convincendola del fatto che magari un giorno John avrebbe voluto tornarci. La scusa è riparare i buchi nel muro.”
“Oh, no, non fare togliere lo smile, ci sono affezionato.”
Mycroft sorrise al di là della cornetta: sapeva di aver fatto un enorme regalo al fratello con quell’uscita, e il risultato era il suo buon umore “I miei uomini faranno il possibile per salvare lo smile.”
“Non sembrerà strano alla Signora Hudson che dei muratori facciano dei lavori in casa la sera della vigilia di Natale?”
“Da quando ci conosce la signora Hudson ha smesso di farsi troppe domande.”
Sherlock rise di gusto, ricordando qualche episodio particolare: le dita nel frigo, il manichino appeso al soffitto, l’arpione, gli spari sul muro e molto altro. “Quanto tempo ho?” chiese Sherlock, giocherellando con un riccio nero che sfuggiva alla presa del cappello.
“Due ore, dalle 23 all’una di notte, quando tutti spacchettano i regali. Beh, è come se anche tu spacchettassi il tuo insieme a tutta Londra. Non è molto ma...”
“Grazie Mycroft. In realtà è molto più di quanto mi aspettassi.”
Mycroft non era decisamente abituato a tutta quella riconoscenza da parte del fratello: era cambiato, si era addolcito, nonostante la sua preoccupazione perenne per John. Era sicuro che quel soldato l’avrebbe cambiato, ma non si aspettava così tanto.
“Goditela Sherlock. Buon Natale.”

John e Zach si sedettero ad uno dei tavoli della sala comune, stanchi, spompati, sfiniti: erano da poco rientrati al campo base dopo aver aiutato una squadra di esploratori che si era ritrovata in difficoltà e che aveva lanciato un SOS con un segnale via radio.
“E anche questa volta si è portata a casa la pellaccia!” sbuffò Zach mentre si tamponava i capelli freschi di doccia con un asciugamano.
“Cos’è, hai chattato con Matt recentemente? Parli come lui ora.” osservò John, anch’egli impegnato a strofinarsi i capelli, mentre con lo sguardo vagava alla ricerca di un po’ di cibo.
Zach rise maliziosamente mentre spintonava John, invitandolo ad alzarsi “Andiamo dottore, non ce lo servirà nessuno il cenone.” virgolettò l’ultima parola, per poi dirigersi verso l’angolino dei cibi precotti, accanto ai quali riposavano anche alcuni cesti natalizi inviati ai “valorosi soldati di Sua Maestà” a nome della Regina e del Governo Inglese “Che gentili...” disse, non senza una punta di sarcasmo, per poi essere raggiunto da John che alternava lo sguardo tra le scatolette e i pacchi.
“Già... che gentili...” iniziò ad esaminare i pacchi, in particolare quelli provenienti da Downing Street tra cui, guarda caso, ne trovò uno, più piccolo degli altri, che recitava le iniziali “MH” come mittente.
Zach tornò al tavolo con un enorme cesto pieno di dolci e frutta secca, mentre John prese una confezione contenente un pudding natalizio e il piccolo pacco di Mycroft che nessun’altro soldato aveva preso in considerazione a causa delle dimensioni ristrette: poco spazio, poco cibo.
“Dottore, i pacchi te li prendo io la prossima volta. Tu non sai scegliere bene.” lo punzecchiò Zach, per poi riempirsi la bocca di biscotti.
“Ti sbagli mio giovane amico. Questo pacco, tra tutti,  è indirizzato proprio a me. Anche se non sono sicuro di volerlo aprire.”
“Mh?” rispose Zach con la bocca piena, mandando giù un po’ troppo cibo tutto insieme, tanto che si dovette battere dei sonori pugni sul torace per farlo scendere fino allo stomaco.
“Scemo...” commentò John, per poi spiegare la situazione a Zach, ma solo dopo avergli rubato un’albicocca essiccata “Lo manda Mycroft Holmes.” il giovane soldato accanto a lui interruppe il suo frenetico pasto, ascoltando interessato, segno che John gli aveva già raccontato la sua storia in quel periodo in cui erano rimasti soli “Sono abbastanza sicuro che non sia nulla di elettronico, quindi rintracciabile, in quanto lo avrebbero fermato all’arrivo, per timore di un attacco terroristico. E ovviamente Mycroft è al corrente di queste precauzioni prese dall’Esercito. Quindi, magari, semplicemente, mi ha solo scritto qualcosa.”
Zach osservò il pacchetto di sottecchi “Fai quello che ti senti. Senti, se vuoi posso aprirlo io.” si offrì il giovane, dedicando poi l’attenzione ad un dattero che spiluccò voracemente.
“Sai, quando sono partito da Londra ero così arrabbiato. Soprattutto con lui.” arricciò il naso, provando ad ignorare l’imbarazzante ingordigia di Zach “Dopo più di un anno passato qui, invece... boh, non è che non sia più arrabbiato, forse, beh...”
“Stai meglio John, è tangibile.” confermò Zach, posandogli una mano sulla spalla “All’inizio eri così teso, taciturno, sembrava che non volessi nessuno attorno. Poi invece ti sei sciolto. Sicuramente penserai ancora a lui, anzi non lo dimenticherai mai, ma questo non vuol dire che tu non possa stare meglio.”
John annuì: Zach aveva ragione, stava meglio ed era consapevole che non avrebbe mai smesso di pensare a Sherlock e mai avrebbe voluto farlo “E sia. Vediamo cosa vuole quel rompiballe di Mycroft. Spero non cose stupide e inutili come l’ultima volta che ci siamo visti.”
“Perchè? Che ti ha detto?” chiese Zach, ancora una volta con la bocca piena.
“Che non era necessario che partissi.” fece spallucce, iniziando sfasciare il pacchetto.
“E perchè avrebbe dovuto dirti una cosa del genere?” tossicchiò qualche briciola in faccia a John che si pulì il viso con una falsa riluttanza: in realtà era divertito da quello Zach più spensierato, ed era felice di sapere che il merito era un po’ anche il suo.
“Boh. E’ un Holmes, ha manie di protagonismo. Avrà pensato che dicendomi una qualche frase ad effetto mi avrebbe fermato.” una volta aperto il pacchetto, si soffermò qualche istante sul contenuto: una busta ed un sacchettino contenente una particolare fragranza di the. John aprì la busta, leggendo ad alta voce, in modo che anche Zach potesse sentirne il contenuto.


Carissimo JHW,
ho spedito un pacchetto presso ogni campo, ospedale militare e centro di reclutamento attualmente posizionato in Afghanistan, quindi vorrà scusarmi se il testo di questa missiva non è scritto a mano, ho anche io i miei impegni a livello internazionale.
Chi al posto Suo aprirà questo pacchetto si limiterà a leggere un testo assai formale e si gusterà un buon the, per questo non mi preoccupa l’idea che altri lo ricevano.
Come sono sicuro che anche Lei tra tutti aprirà questo pacchetto? Perchè lei è una persona curiosa e piuttosto intelligente, quindi credo che coglierà il significato di questa lettera.
Inoltre se la leggerà, vorrà anche dire che Lei non è più in collera con me, o quanto meno non abbastanza da impedirmi di augurarLe un buona Natale.
Ho rispettato la Sua volontà di non volermi più vedere, quindi come avrà notato non ha più ricevuto mie notizie ed io sono altrettanto contento di non aver ricevuto Sue notizie tramite il Telegiornale, tuttavia, se avesse cambiato idea, saprebbe benissimo come contattarmi. Sono sempre disponibile per Lei.
Come Lei ben sa, mio fratello non mi sopportava, ed in particolar modo non sopportava che noi due passassimo del tempo insieme, ma io sono convinto che preferirebbe saperLa al sicuro, con me, suo detestato fratello, piuttosto che in guerra. E’ pur sempre una questione di punti di vista, no?
Con la speranza di rivederLa presto, La saluto e Le auguro un buon Natale.
MH



Quando John ebbe finito di leggere la lettera, spostò lo sguardo su Zach con uno sguardo a dir poco interrogativo, scoprendo invece il giovane cecchino impegnato ad odorare il sacchettino del the con aria sognante.
“Zach, dì la verità, ti sei fatto con qualche oppiaceo?” John inarcò un sopracciglio, rileggendo la lettera da cima a fondo, alzandola verso le lampadine in cerca di eventuali scritte in controluce.
“No John, è che ha un odore particolare... sa di... miele... “ si giustificò Zach che poi posò il sacchettino, sbirciando a sua volta la lettera “Cavolo se è formale come lettera... e poi, mh, è come se avesse scritto delle frasi fatte, cioè in pratica non ti ha detto niente!”
“Ah, beh, lui parla sempre così, formale intendo. Ma sulle frasi fatte hai ragione.” John lesse e rilesse quella lettera, scuotendo appena il capo “Questione di punti di vista... sì, secondo il mio punto di vista devi lavorare di meno e trovarti un passatempo. Magari che non abbia a che fare con gli ombrelli(2). Ops, questa suonava proprio male!” John scoppiò a ridere accompagnato da Zach che piegò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, provando ad immaginarsi un’improponibile visione di un uomo che fa l’angelo della neve in mezzo a tanti ombrelli(3), scenetta che raccontò subito a John che a quel punto si strozzò con un pezzo di pudding “Questa avrebbe fatto ridere persino Sherlock!”
“Questa farebbe ridere anche il Generale Lightman!” urlò Zach, tanto che gli altri militari si girarono verso di loro, divertiti più dalle risate dei commilitoni che dallo scambio stesso di battute.
Risero ancora: John non rideva così tanto da quella mattina a Buckingham Palace in cui Sherlock era vestito con un solo lenzuolo. In fin dei conti, John stava piuttosto bene, aveva trovato dei nuovi amici e ora riusciva anche a ridere di un ricordo che riguardava Sherlock: sull’onda di quel buon umore decise che nei giorni successivi avrebbe risposto a Mycroft.

In quello stesso momento, a Londra, Sherlock entrò nell’appartamento di Baker Street: quando sentì il clic della serratura dietro di sè, chiuse gli occhi, facendo il pieno di profumi e odori provenienti dal legno vecchio, dal profumo di Mrs Hudson ancora sparso nell’aria, nonchè di umidità provenire dal piano superiore.
Passò la mano destra sul corrimano mentre saliva le scale che lo portarono all’appartamento che un tempo condivideva con John: mugolò un lamento nel vedere lo spettacolo che gli si parò di fronte. La sua roba era tutta lì, ordinata da Mrd Hudson, ma tutta ancora lì: il microscopio, i libri, il violino. Ma gli oggetti di John, tutto quello che serviva a riempire veramente l’appartamento, erano stati portati via. Sherlock corse sù per le scale aprendo con impeto la porta della stanza di John: un nuovo lamento ruppe il silenzio del 221B di Baker Street. Sherlock sapeva che John si era trasferito, ma vederlo coi propri occhi gli suscitava una profonda tristezza: ad un certo punto reclinò il capo di lato, avanzando sul letto rifatto e coperto con un telone per non farlo impolverabile. C’era un maglione sul letto, quello che John indossò a Natale, il primo Natale che passarono insieme: Sherlock pensò che probabilmente l’aveva dimenticato e Mrs Hudson l’aveva piegato e tenuto da parte per quando sarebbe passato a trovarla.
“E’ veramente... un maglione orribile... il peggiore tra tutti...” fu il commento di Sherlock che, in contraddizione alle parole appena pronunciate, strinse a sè l’unica cosa appartenente a John ancora presente in casa: scese nuovamente nel salotto, sorridendo istintivamente allo smile giallo prima di sedersi sulla poltrona che ero solito occupare il suo amico. Tirò sù le gambe, sedendosi di sbieco, come per farsi abbracciare da quella poltrona che in quel momento identificò come John, in un gesto dettato da un affetto primordiale, quasi infantile. Strinse a sè il maglione quando sentì il Big Ben rintoccare la mezzanotte: era già passata un’ora da quando era arrivato lì, un’ora carica di stimoli sensoriali, di ricordi tangibili e di malinconia.
“Buon Natale, John” sussurrò, strofinando lentamente il volto sulla poltrona.

A Kandahar, i soldati rimasti all’accampamento decisero di festeggiare l’arrivo del Natale con il fuso orario londinese, quindi in quello stesso istante alzarono i bicchieri in alto, facendosi gli auguri tra di loro.
Mentre Zach andava a salutare e a fare gli auguri ai soldati, uno ad uno, eccitato dall’enorme quantità di zuccheri ingeriti che a quanto pare lo disinibivano parecchio, John rimase per qualche istante seduto al tavolo da solo. Estrasse la foto che teneva nel taschino e che portava sempre con sè, la aprì e sorrise alla vista di Sherlock: gli carezzò il volto col pollice della mano destra, provando per qualche istante una profonda tristezza a cui non era più abituato.
Sospirò profondamente, battendosi il bordo della foto sulla punta del naso “Buon Natale, Sherlock.”

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(1)Ho deciso di darei ai Camaleonti dei nomi in codice riguardanti i colori, so che non è originale e anzi, alla fine sembravano di più i Power Rangers XD ma ormai è andata così XD e il capo, ovviamente è l'arcobaleno u___u <3 (2)Non so perchè, ma mi sono sempre immaginata Sherlock e John che prendono in giro Mycroft per l'ombrello che si porta sempre dietro :p (3)Ovviamente presa da "American beauty"
   
 
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