Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Arisu95    06/04/2012    1 recensioni
Romano ed Antonio si sono lasciati bruscamente, mentre Feliciano sembra vivere un sogno.
... Ma la disperazione di Romano, porterà presto disordine anche nella vita del fratello, fino a stravolgere la sua vita sentimentale e quella di altre persone.
- Il Rating potrebbe alzarsi ad Arancione;
- Alcune coppie sono destinate a sciogliersi;
- Alcuni personaggi muoiono;
- Presenti coppie sia Hinted che Crack;
- Presenti scene sia romantiche che di sesso;
- Le scene di sesso non sono molto esplicite e tendono ad essere tagliate.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NOTE. ... Ecco il quarto capitolo! Scusate l'attesa! >-<
Allora, come sempre, perdonate il linguaggio di Romano. Compaiono nuovi personaggi, come potrete vedere ^-^ Spero vi piaccia, buona lettura! :D

~ Ary.   ♥

~ ........... Capitolo 4 ............. ~

 

Feliciano si stava dondolando sulla sedia del suo ufficio, avvolto da mille pensieri.
Fissò per un attimo lo schermo del pc, per poi alzare gli occhi al cielo, le braccia a cuscino dietro la nuca.

Poteva pure prendersela con comodo.
Gli straordinari li avrebbe fatti comunque.
La notizia era giunta dal direttore, e non era l'unico interessato.
Gli cadde l'occhio su una foto di lui e Romano, ed inevitabilmente la mente volò verso suo fratello.

Cosa stava facendo ora ...?
Si era forse recato al lavoro?
Magari era ancora a letto, facendo incubi terribili e piangendo disperatamente, prigioniero del buio e dei suoi pensieri, senza la forza né l'intenzione di alzarsi.
O ancora, cosa che Feliciano sperava non stesse accadendo, poteva essere di nuovo ubriaco.

... Diamine.
Avrebbe tanto voluto stare con suo fratello anche quella sera.
Romano lasciato da solo, in una situazione così, avrebbe potuto commettere follie.
Una soluzione c'era, però: chiedere a qualcun altro di passare la serata accanto a Romano.

Francis? Elizaveta e Roderich? Ludwig, forse?
...
Non riusciva a pensare a Gilbert.
Non voleva.
Non dopo quello che Romano aveva detto la sera prima.
Era ubriaco fradicio, ma ... Se avesse detto la verità?

"Assorto come sempre, eh?" - Gli sorrise Elizaveta.

"Veh? Uh ... Sì."

"Ahah, ultimamente lo sei spesso! C'é qualcosa che non va? O forse pensi sempre a Gil?" - Gli lanciò un'occhiata maliziosa.

"Veramente dovrei chiederti una cosa!"

"Cosa?"

"... Mi chiedevo se stasera ..."

"Stasera? Qualsiasi cosa, direi di no ... Non sei l'unico che deve fare gli straordinari, sai?" - Tirò fuori la lingua con fare scherzoso. - "A parte gli scherzi, sono qui con te tutta la sera in ufficio. Ma di cosa avevi bisogno?"

"Vorrei che qualcuno stesse con Romano ... Non voglio lasciarlo solo." - Rimase un attimo in silenzio, a riflettere. - "E Roderich? Lui é impegnato?"

"... Sì, mi dispiace. E' stato invitato ad una specie di saggio di musica ... Bah, sai, quelle cose in cui é sempre impicciato ..." - Alzò le spalle, aggiungendo ironicamente - "... Suonare, essere giudici in concorsi di musica, assistere ai concerti ed ai saggi, essere acclamato e riverito mentre tua moglie si fa un mazzo così in ufficio fino a tardi ... Che ci vuoi fare, è un artista lui!"

"... Beh, però gli riesce bene! No?" - Sorrise l'italiano.

"Ah sì, per riuscirci ci riesce. Adesso si è messo in testa che vuole diventare anche direttore d'orchestra ... Ma dico io, sei già un musicista affermato, insegni musica, sei richiesto a destra e a manca, ti pagano pure profumatamente ... E ancora non ti basta ?!" - Pur fingendo di essere risentita dal comportamento del marito, gli occhi e le labbra dell'ungherese erano pieni d'amore ed ammirazione. - "Mi sono sposata con un maniaco perfezionista!"

"Siete bellissimi insieme ..." - Feliciano la guardava mezzo sognante, pensando a come, per quanto la sua mente potesse andare indietro nel tempo, non riuscisse a ricordare un singolo istante della vita di Roderich ed Elizaveta in cui i due non fossero già insieme. Erano fatti l'uno per l'altra.

"Grazie!" - L'ungherese arrossì lievemente - "Anche tu e Gil!"

"Grazie ..." - Lo sguardo gli cadde sul cellulare. - "Uhm, dovrei chiamare qualcuno e sistemare questa cosa con Romano ..."

"Capisco. A dopo, se ci si vede, ho un sacco di fotocopie da fare ..." - Sospirò la ragazza andandosene.

L'italiano la salutò sorridendo, per poi aprire il cellulare sfogliando la rubrica.
Chi chiamare ...?

"Allo?"

"Pronto! Francis!"

"Cuginetto! Comment ça va? E' da un po' che non chiami il fratellone, ein?" - Non erano fratelli, ma Francis amava riferirsi a sé stesso in quel modo, ogni volta che parlava con qualcuno più piccolo di lui verso cui nutriva particolare affetto, di tipo quasi paterno.

"Già! Scusami se non ti chiamo spesso! Sto bene grazie ... Tu?"

"Non c'é male, merci. Che mi racconti di bello? Successo quelcosa?"

"Uhm ... Beh, una cosa sì ... So che Gil ti ha parlato di Romano ..."

"... Già. Me ne ha parlato. Beh, in realtà ho avuto modo di parlarne anche con Antoine ..."

"Cosa ti ha detto ...? Anche Gilbert ci ha parlato, ma hanno finito per discutere pesantemente ..."

"Mmh, mi ha spiegato le sue ragioni, se si possono definire tali. Infondo siamo il Bad Touch Trio ... O almeno, lo eravamo. Sapendo che Gil era impegnato con te, ha immaginato che non avrebbe compreso le sue ragioni ... Riguardo a moi ..."

"... Immagino che tu riesca a capirlo di più ... Voglio dire, tu sei più ... Mmh, non hai ancora trovato la persona giusta ..." - Feliciano aveva un tono dispiaciuto.

Conosceva la vita di Francis: non era mai stata tanto disordinata quanto quella di Gilbert, o almeno non in apparenza: aveva sempre avuto un lavoro, aveva sempre passato le giornate nella classica routine del lavoratore medio ...
Anche se non erano rare le sere e le notti in cui si concedeva ai piaceri sfrenati che Gil e Antonio mai si facevano mancare.

Vi era però una differenza, tra suo cugino e quei due.
Per loro l'importante era passare notti sfrenate all'insegna del piacere, senza alcun riguardo per il modo in cui quel piacere arrivava, senza curarsi di quanto alcool avessero ingerito e dell'importanza di certi atti: erano un mezzo per procurarsi piacere. Che altro ...?
Una vera fortuna che nel frattempo Gilbert fosse cambiato ... E, dopotutto, anche Antonio si era ridimensionato molto, rispetto a quei tempi.

Francis la pensava in modo diverso.
Pur passando spesso le notti in giro con loro, non arrivava mai al punto di ubriacarsi del tutto.
Voleva rimanere sobrio.
Voleva che quei ricordi rimanessero impressi nella sua memoria per sempre.

Odiava l'idea di fare certe cose da ubriaco.
Perché, diceva, non c'era gusto a farlo, se dopo la notte ne rimanevano solo confusi ed offuscati ricordi bruciati dagli alcolici.
No, lui voleva ricordarsi ogni singolo istante.
Perché la parte più bella era il dolce ricordo in cui corpo e mente rimanevano avvolti per tutta la mattina seguente.

'Non importa quanto duri. Anche solo una notte. Ma in quell'unica notte, il mio cuore appartiene a quella persona, e per nessuna ragione voglio rischiare di dimenticarmi i piacevoli momenti passati insieme.'


Così andava dicendo, mentre la lista di persone che aveva fatto sue aumentava sempre di più, e la sua mente si riempiva via via dei nomi e dei volti di ragazzi e ragazze, tra petali di rose rosse, lenzuola e luci soffuse.

"Feli ... Vedi, io ..." - Doveva dirglielo. Era ridicolo che nessuno lo sapesse. Voleva gridarlo al mondo, voleva gridarlo più forte che poteva ...

"Veh ...?"

"Ultimamente ... Ahi!" - Qualcosa interruppe il francese, che lanciò un gemito, per poi dire qualcosa a qualcuno, il microfono del cellulare come ovattato - "... Va bene va bene! Però dovrei!"

"Uh? C'é lì qualcuno?" - Chiese perplesso l'italiano.

"Qualcuno ...? No !!!" - Pareva quasi che Francis stesse lottando contro un nemico invisibile. - "Ci dev'essere un'interferenza! Eheh! Comunque, dicevo che ultimamente non ci si vede spesso! Ma perchè hai chiamato? Qualche motivo specifico?"

"Mmh, a dire la verità sì ... Vedi, devo stare in ufficio fino a tardi, ma non vorrei lasciare Romano da solo ... Mi chiedevo se tu ..."

"Andare da Romano? ... Mi dispiace molto Feli, ma stasera non posso. Ho ... Ahi! Ehm, ho da fare! Devo ... Uhm, ho un appuntamento! Con ... Mmh! Con una ragazza che ho incontrato su Internet!" - Ogni tanto emetteva dei gemiti, come se qualcuno stesse cercando di interromperlo con la forza.

"Oh ... Veh, capisco. Non importa. Allora buona serata ... Ciao Francis." - Lo salutò Feliciano, un po' dispiaciuto.

"Mi dispiace davvero ... A presto, cuginetto."

Francis riattaccò il telefono e guardò Arthur.

"... Sei incredibile!"

"Volevi dirglielo! Non é così forse, rana ?!"

"..." - Francis scosse la testa sconsolato - "Hai intenzione di rimanere nell'ombra ancora per molto?"

"... Finché voglio. E per ora, lo voglio."

"Ma é mio cugino ... Che ti importa? Infondo anche lui sta insieme ad un ragazzo!"

"Non mi interessa! Non voglio e basta!" - Incrociò le braccia sul petto, arrossendo lievemente e sfuggendo con lo sguardo color smeraldo - "... Non che ci sia molto da dire. Non siamo fidanzati. You git, non mi fidanzerò mai con una rana francese come te. Mi sto solo ... Divertendo un po'."

"... Prima o poi uscirai allo scoperto Rosbif, te lo assicuro. Nel frattempo ... Oui, confesso che é divertente anche per me ..." - Gli cinse i fianchi con le braccia e gli accarezzò il coccige facendolo rabbrividire, per poi stampargli un bacio sulle labbra, lento e passionale.



Nel frattempo, Feliciano era impegnato in un'altra chiamata.

"Ja?"

"Ciao Lud! Sono Feli!" - Esclamò solare l'italiano.

"Oh, ciao!" - La sua voce per un attimo parve soffocata, come se avesse il cuore in gola. - "Che ... Che cosa c'é?"

"Uhm, dovrei chiederti un favore ..."

"Di che si tratta?" - Chiese curioso il tedesco, come se ad un tratto si sentisse un prode e fedele soldato in attesa di ordini.

"Sei libero stasera ...?"

"...!" - Rimase muto per un istante. Il suo cuore iniziò a battere più veloce. Che cosa voleva ...? Perché glielo aveva chiesto ...? Voleva che si vedessero quella sera? E Gil? Cosa avrebbe pensato Gil? - "... P-Perché?"

"Devo fare gli straordinari ... Ma non mi va di lasciare Romano solo. Potresti perfavore andare da lui a tenergli compagnia ...?"

"..." - Il tedesco fece un grosso sospiro, come se si fosse liberato di un peso, e sentì una nota amara di strana delusione infondo al palato. - " ... No, mi dispiace. Anche Vash stasera fa gli straordinari, e gli ho promesso di badare a Lily ..."

Avrebbe tanto voluto fare quel favore a Feliciano.
Voleva renderlo felice, perché il suo sorriso era una delle cose più dolci e meravigliose che avesse mai visto in vita sua.
Renderlo felice con piccoli favori come quello, e stargli vicino come amico, era il minimo che potesse fare ... Per il fidanzato di suo fratello.

Ma aveva già accettato l'incarico di Vash ...
Doveva andare a prendere Lily a scuola, e stare con lei fino a tarda notte, fino all'arrivo dello svizzero.
La parola data é sacra.
Mai avrebbe permesso di tradirla.

"Mmh ..." - La voce di Feliciano pareva triste, ma nascose il suo stato d'animo più in fretta che poté. - "Non importa! Salutami Lily, allora! Dalle un bacio da parte mia ... Buona giornata!"

"Ciao Feli! Mi dispiace ... B-Buona giornata anche a te!" - Rispose svelto, quasi balbettando, sentendo l'altro in procinto di riattaccare.

Diamine.
Ma che gli succedeva ...?
Certe reazioni non erano da lui ...


Feliciano riattaccò, in preda allo sconforto.
A chi altri poteva chiedere ...?
Gli altri suoi amici abitavano troppo lontano ...
L'unica soluzione era ...

'Ci andrei a letto volentieri, col tuo Gil.'


Le parole di suo fratello gli riecheggiarono nelle orecchie ferendogli i timpani e facendogli venire malditesta.

Era ubriaco ... Stava sicuramente delirando.
Sì, doveva essere così.
Eppure ...
Aveva paura, tanta paura.
Se, come si dice, 'in vino veritas', cosa si sarebbe dovuto aspettare?
L'unica persona che pareva essere rimasta sulla lista, era Gilbert.
L'unico che avrebbe potuto fare compagnia a Romano quella sera ...

Ma quei pensieri lo turbavano troppo.
Forse Romano, dopotutto, non aveva così bisogno di compagnia ...
Magari si era ripreso.
Chi poteva saperlo?
Forse quella mattina si era recato al lavoro, come sempre, e ad Antonio non ci stava nemmeno più pensando!
C'era un solo modo per scoprirlo ...

"R-Romano!" - Esclamò l'italiano, sentendo l'altro rispondere al cellulare.

"..." - Si sentiva solo il suo respiro, pieno d'affanno. - "Cosa vuoi?"

"Sei ... Sei andato al lavoro?" - Mai come allora, parlare con suo fratello gli stava provocando una certa soggezione.

"Lavoro ...?" - Pareva confuso. - "Oh... Lavoro! Sì sì! Ahahaha! Lavoro!"

"...!" - La voce di Romano somigliava a quella che aveva la sera prima. - "Sei di nuovo ubriaco ?!"

"Chi? Io? Ma va' !!!" - Rise sguaiatamente, tossendo e facendo strani versi.

"A che ora ti sei alzato ...?" - Feliciano cercò di mantenere il suo solito modo di fare. Arrabbiarsi con Romano in quelle condizioni, non sarebbe servito a nulla.

"Alle otto. Otto, nove, dieci, undici!" - Rise di nuovo, mentre il fratellino rimaneva in perplesso silenzio. - "Cazzo Feli! Che hai! E ridi un po'! La vita fa schifo!"

"Romano ..." - Sentirlo in quello stato lo faceva soffrire. Non poteva lasciarlo da solo ... No, non poteva.

"Ahaha! Me la sto spassando! Se solo avessi uno straccio di uomo con cui divertirmi, sarebbe ancora meglio!" - Feliciano deglutì in silenzio, ripensando alla scenata della sera prima. - "Non me ne frega di chi. Guarda, pure con quello stronzo di Vash. O quel perfettino del cazzo di Roderich. O quel bastardo mangia-patate del fratello di Gil. Ma pure con Francis, che problema c'é? Cazzo fratellino, pure con te lo farei!"

"..." - Feliciano ascoltò in silenzio, e per un attimo tirò un sospiro di sollievo. - "Uhm, stai tranquillo. E promettimi di non bere più ..."

"Ancora con sta' storia! Come te lo devo dire? Non sono ubriaco !!!" - Rispose seccato, ma la sua voce lo tradiva. - "Vieni anche stasera a rompermi le palle?"

"Mmh ... Manderò qualcuno, io non posso. Tu stai lì, non agitarti e non uscire ..."

"Si figuri, ho ancora un sacco di alcool!"

"... E non bere!"

"Siiii siiii" - Rispose tra un colpo di tosse ed un singhiozzo.

"Ok, dai. Per ora ti lascio ... Ciao Romano ..." - L'altro riattaccò senza nemmeno salutare.

Feliciano appoggiò il cellulare sulla scrivania e tirò un lungo sospiro, lo sguardo perso tra il candore del soffitto, adornato da vecchie ragnatele mezze rotte, sfuggite probabilmente alle pulizie.

... Romano era ubriaco.
Di nuovo.
Questa non era affatto una cosa positiva ...
Eppure, il fratellino si ritrovò sorprendentemente più tranquillo.
Forse era egoista.
Ma quella sua affermazione, sul fatto che il fratello maggiore avrebbe voluto sfogare i suoi desideri su una persona qualsiasi, l'aveva un po' tranquillizzato.
Non aveva nemmeno citato Gil ...
Certo, anche lui poteva essere nel mirino di Romano ... Ma, se stava dicendo il vero, questo significava che non si era certo preso una cotta per il suo fidanzato.
Era semplicemente uno dei tanti.

Almeno, questo aveva lasciato intendere.
La sera prima ci era andato davvero pesante, e Feliciano ancora non riusciva a capacitarsi di come fosse riuscito a gestire la situazione.
Non solo: se da una parte gli pareva sorprendente che, dopo tutti quegli apprezzamenti, fosse riuscito a mantenere la calma, dall'altra aveva iniziato a considerarsi un fratello ed una persona orribile per quell'unico, debole schiaffo che gli aveva tirato.

"Hey! Feli!" - Senza quasi accorgersene, Feliciano aveva già azionato la chiamata verso Gilbert.

"Veh! Uhm, ciao amore!"

"Tutto bene?"

"Beh, così così ... Purtroppo oggi dovrò lavorare fino a tardi ..." - Sussurrò piano, in tono triste, succhiandosi appena le labbra come un bimbo dopo un rimprovero.

"Oh, mi dispiace ..." - Ammise l'albino. - "... Io oggi esco alle cinque ... Che sfiga! Mi sarebbe piaciuto andare da qualche parte con te!"

"Senti, potresti andare a fare un po' di compagnia a Romano, perfavore ...?" - Chiese quasi sottovoce, con un nodo alla gola. Dopotutto, scordarsi certi apprezzamenti non era facile.

"...? Certo! Allora Feli, io esco alle cinque, stacco un'oretta e verso le sei vado da lui! Va bene?"

"Sì! Grazie mille, sei un angelo ..." - Deglutì saliva ed aria, e per un attimo gli mancò il respiro. Le mani gelide iniziarono a sudargli ... - "Quando sei da lui ... Stai attento."

"Attento? Perché?" - Chiese sorpreso il tedesco, allargando le iridi scarlatte e poggiando una mano sul fianco.

"Mmh ... Beh ... L-L'ho sentito, ed era già ubriaco!" - Si affrettò a rispondere.

Non gli andava proprio di spiegargli la situazione nei minimi dettagli.
Era imbarazzante ... Imbarazzante e scomodo.
Cosa mai avrebbe dovuto dirgli?
Che suo fratello, ubriaco fradicio, la sera prima aveva espresso più volte attrazione nei confronti dell'albino?
Che ora si era messo in testa che chiunque andava bene, purché soddisfasse i suoi desideri?
Che aveva messo in dubbio il loro rapporto ...?
E solo perché ... Perché, a suo parere, mancavano di una certa intesa?

"Ah ... Capisco. Ooook! Magari ci sentiamo dopo allora! Un bacio!"

"Baci Gil!" - Esclamò, per poi sentirsi in disperato dovere di aggiungere - "... Ti amo."
Quelle parole gli erano pesate in gola come due cubetti di ghiaccio.


Gilbert riattaccò.
Perché mai avrebbe dovuto 'stare attento'?
A cosa, di preciso?
La risposta di Feliciano gli era parsa sbrigativa e poco convincente, giusto una copertura, una vaga spiegazione giusto per non stare zitto.
Aveva letto tensione nella sua voce e nelle sue parole, come se qualcosa non tornasse, come una sensazione di inquietante vuoto.

Era già ubriaco ...
Da membro del famigerato 'Bad Touch Trio', a molte cose avrebbe potuto pensare.
Il suo passato era sempre lì, in un cassetto di se, sempre pronto ad essere aperto all'evenienza.
Ubriaco ...
Certo, lui ed Antonio ne avevano fatte di cose, da ubriachi.
In sella alle moto, in corsa sulle strade deserte, a vedere chi era il più veloce.
Nei bar, a gareggiare a chi diceva più cose insensate.
Per le strade, ad imbrattare muri, marciapiedi ed onore.
...
Ma Romano non era uno di loro, dopotutto.
Se lo fosse stato, forse avrebbe compreso di più Antonio.
Non al punto da perdonarlo, ma da non finire in quello stato ...

"Gil! Ci sono dei clienti seduti ad un tavolo all'esterno, puoi prendere l'ordinazione? Sono un po' indaffarata qui!" - Una sua collega lo fece tornare alla realtà.

Sbirciò l'orologio.
... Avvolto nei suoi pensieri, lavorando in modo meccanico, senz'anima, non fece caso al tempo che scorreva inesorabile.
Per molti lavoratori era pausa pranzo ... Il momento migliore della giornata per gli altri, secondo solo all'uscita definitiva, corrispondeva per lui al momento più intenso.
I tavoli prendevano pian piano a gremirsi, il locale si riempiva di voci, suoni e gente, portandolo in un'atmosfera confusionaria.
Quella confusione, densa e prepotente, che il vecchio Gil amava, e che il nuovo di certo non disprezzava.
Prese un blocchetto ed una penna, ed uscì.

"Vuole ordinare?" - Chiese sistematicamente, senza nemmeno guardare in faccia la persona seduta al tavolo.

"Tienen tapas?"

Quella voce pareva familiare.
Troppo familiare.
Il tedesco alzò di colpo occhi e testa verso l'uomo al tavolo.

"Antonio ?!"

"Sì! Ciao, Gil!" - Sorrise lo spagnolo, con candida innocenza.

"... Romano sta molto male, sai?" - Affermò duramente l'albino, perforandolo con gli occhi scarlatti.

"Mmh ... Lo so. Immagino. Lo siento ... Mi dispiace." - Scosse la testa, fissando per un attimo il posacenere sul tavolo. - "Ma ... D'altra parte, mi sono innamorato di un'altra persona. C'é forse qualcosa di sbagliato in questo?"

"... Non é questo il punto. E' l'averglielo nascosto, ad essere sbagliato!"

"Riconosco il mio errore. Sono stato uno stupido a non dirglielo, ma davvero non ne trovavo il coraggio." - Sospirò, voltandosi verso di lui, le iridi verdi illuminate dal sole. - "... Non voglio litigare con te. L'altra volta per poco non ci siamo messi le mani addosso ... Allora ero arrabbiato. Forse anche con me stesso, per non aveglielo detto. Ora sono più sereno ... Voglio solo che tu sappia che non voglio rovinare la nostra amicizia per questo."

"... Anche a me dispiacerebbe." - Ammise sottovoce Gilbert, sfuggendo con lo sguardo, come un criminale che ammette il suo reato. - "... Feli prima ha chiamato Romano. Stamattina era già ubriaco, e lo stesso ieri sera ..."

"..." - Antonio aveva un'espressione sinceramente addolorata. - "... Non mi pento di averlo lasciato. Non lo amavo più, comunque. Ma ammetto che sta soffrendo a causa di una mia negligenza ... Ti direi di informarlo del fatto che mi dispiace molto, ma probabilmente sentire il mio nome lo farebbe stare solo peggio."

"... Appunto." - Concluse Gilbert, tagliando corto - "... Beh, se con Bella sei felice, tanto meglio per te. Ora, se non ti dispiace, vuoi ordinare?"

"... Mmh, bueno, voglio un panino e un quartino di vino rosso. E un'insalata." - Gli sorrise, forzatamente sereno, con lo sguardo ancora colpevole. - "... Non ti dico altro Gil ... Li conosci i miei gusti, dopotutto!"

"Come no!" - Confermò il tedesco, segnando l'ordinazione e dirigendosi verso un altro tavolo.

Antonio sembrava diverso.
O meglio, pareva essere tornato lo stesso di sempre.
Quello allegro, con il sorriso sulle labbra.
Negli ultimi tempi era stato davvero teso e nervoso per quella faccenda.
Non aveva mai visto lo spagnolo così impulsivo ed aggressivo.
Ora, sembrava essere tornato ai tempi in cui tra lui e Romano non c'era altro che amore.
A quanto pare, quindi, la storia con Bella era qualcosa di serio ...
Beh, non poteva odiarlo solo perché si era innamorato di qualcun altro.
D'altra parte, infondo gli sarebbe dispiaciuto chiudere i rapporti con un amico intimo come lo spagnolo.

Dopo aver preso altre ordinazioni, Gilbert rientrò, consegnando i biglietti ed aiutando nel frattempo con bibite e preparazione.
Non ci volle molto, che alcuni piatti furono pronti.
L'albino consegnò velocemente le pietanze, facendo slalom tra i tavoli e portando poi, volutamente per ultima, l'ordinazione di Antonio.

"...Ecco!"

"Ah! Gracias!"

"..." - Il tedesco rimase un attimo a guardarlo intento a mangiare, come se si aspettasse che gli dicesse qualcosa.

"Mmh, ho sentito Francis l'altro giorno." - Disse infine lo spagnolo, dop aver ingoiato un boccone. - "Mi sembra strano ultimamente."

"Ah sì? Io l'ho sentito normale ..." - Si affrettò a rispondere Gilbert, ricordando la sua chiacchierata col francese su Facebook: probabilmente Antonio non sapeva nulla di quel famigerato inglese che pareva avergli rubato il cuore.

"Mah ..." - Alzò le spalle, un po' dubbioso - "Quando Romano si riprende e la questione si sarà fatta più stabile, avrei molto piacere di uscire con te e Francis ... E' da molto che non lo facciamo! Se non ti infastidisce, mi piacerebbe portare anche Bella!"

"Certo! Perché dovrebbe infastidirmi?! Faremo un'uscita tutti insieme, una bella rimpatriata! Magari anche con Feli e gli altri! ... Beh, non mi dispiacerebbe se ci fosse anche Romano ... Quando si sarà ripreso, ovviamente."

"Sì ... Sarebbe davvero bello, en serio ..." - Sospirò serio lo spagnolo con il sorriso sulle labbra e gli occhi sereni e malinconici, pregustando momenti futuri che avessero lo stesso sapore dolce e spensierato di quelli passati. - "Vabbhe, dai, ti lascio al tuo lavoro! Ciao Gil!"

"Ciao Anto!" - Lo salutò l'albino, voltandosi e rientrando nel locale.


La luce del sole ed i suoi raggi si erano fatti più caldi.
Fasci dorati filtravano dalle leggere tende delle finestre, ed illuminavano l'inchiostro nero sul pentagramma come una lunga scia scintillante.

 Concerto für Violine und Klavier D-Dur 


Aveva scritto Roderich in cima allo spartito, così accuratamente che pareva stampato, e per un attimo si chiese perché mai avesse fatto tutta quella fatica.
Il ragazzo a cui era destinato non avrebbe certo capito.
Avrebbe forse dovuto macchiare quel capolavoro con una brutta nota tra parentesi con la traduzione in italiano?

Neanche per sogno!
Il tedesco era molto meglio.
Provava un certo risentimento verso l'italiano, e l'Italia in genere.
Secondo alcune dicerie, il suo illustre compaesano, Wolfgang Amadeus Mozart, era morto per mano di un ingrato italiano, mosso dall'invidia.
A volte si chiedeva perché mai i suoi genitori avessero deciso di trasferirsi lì, quando lui era poco più di un bambino.

Il successo, l'avrebbe avuto anche in Austria.
Anzi, forse molto di più.
L'unica cosa per cui era davvero felice di essersi trasferito, era che altrimenti non avrebbe mai avuto modo di incontrare la sua Elizaveta.

Si erano incontrati a scuola.
Lei, ungherese, era in Italia da poco prima di lui.
Erano entrambi degli estranei, in quello strano stivale, nell'antico fulcro di un grande impero scomparso per sempre, e di cui il ricordo era ormai quasi completamente sprofondato nell'oblio.
Il padre di Elizaveta era mezzo austriaco, e le aveva insegnato un po' di tedesco, ragione per la quale fu tra le prime persone con cui Roderich fece amicizia.
... In realtà, già dal primo istante in cui la vide, si era innamorato perdutamente di lei.
E, forse, anche per lei era stato lo stesso, sebbene entrambi non l'avessero mai ammesso.
Troppo testardi, troppo orgogliosi per farlo.

Eppure, nonostante tutto, all'inizio la sintonia non era moltissima.
L'ungherese era un vero maschiaccio: non c'era sport in cui non eccellesse.
Amava passare i pomeriggi sulla ghiaia, vicino al lago, e far saltare i sassi sull'acqua.
Amava correre, sporcarsi, cadere.
Non importava quanti graffi si facesse, o quanto i suoi vestiti si sporcassero: non si lamentava, né piangeva mai.

Roderich era tutto l'opposto.
Considerava gli sport stupidi, una perdita di tempo.
Detestava sporcarsi gli abiti, sempre impeccabili e di pregiata manifattura.
Passava i pomeriggi a studiare musica, e, anche quando non c'era lezione, trascorreva le ore trasportato dalla melodia del suo pianoforte e del suo violino.
Mentre gli altri giocavano a pallone, disegnavano o scrivevano sui loro diari segreti, lui iniziava già a comporre musica.
Scriveva note su note, come una fiaba, ed il tempo passava senza che se ne accorgesse.
Era nato per la musica: suonare era forse l'unico mezzo con cui riusciva ad esprimere davvero sé stesso e le sue emozioni.

Con l'adolescenza, la bella Elizaveta si era addolcita.
Ai pantaloni sporchi di fango, spesso avevano iniziato a sostituirsi minigonne ed abiti lunghi.
La coda in cui raccoglieva i capelli si era sciolta per sempre, lasciandoli liberi di volteggiare, fermati appena da fiori e fermagli.
Lui era rimasto il solito.
Forse solo meno introverso.
O, magari, semplicemente più polemico.

Fatto sta che, tra una nota e l'altra, si erano baciati, e da allora non si erano mai lasciati la mano.

"Eccomi!" - Gridò un ragazzino sulla porta, aprendola in modo brusco - "Scusi il ritardo!"

"... Era ora. Siediti." - Rispose freddo Roderich, avvicinandosi al pianoforte con il foglio pentagrammato in mano.

Il ragazzo si accomodò vicino a lui, sullo sgabello, di fronte alla tastiera bianca e nera del pianoforte.
Si asciugò una goccia di sudore sulla fronte, per poi guardare Roderich con aria interrogativa.

"Peter, hai studiato?"

"... S-Sì." - Tardò un attimo a rispondere, e per l'austriaco era già presagio di un disastro.

"Fammi sentire."

Il giovane prese uno spartito dalla cartella, lo posizionò davanti a lui ed avvicinò le mani alla tastiera.
Fece dunque un gran sospiro, iniziando a muovere le dita sudate ed incerte sui tasti.

"No! E' un Fa Diesis!" - Lo interruppe presto Roderich, con la voce risentita, come se quella nota fosse stata una persona, e Peter le avesse fatto un grande torto. - "Riparti."

"..." - Il ragazzino riprese in silenzio.

"Sei andato fuori tempo! Da capo!"

"Il Fa si tocca col pollice, non con l'anulare!"

"Quel Do dura tre quarti, il tuo era da quattro!"

Peter continuava pazientemente a ripetere da capo, continuando a sbagliare.

"... Qualcosa non va?" - Lo fermò all'improvviso Roderich, poggiandogli una mano sulla spalla, la voce meno severa e quasi confidenziale. - "Di solito non sbagli così spesso."

"... No no, niente ..." - Eppure, sfuggiva con lo sguardo, incapace di guardarlo negli occhi. Prese a dondolare nervosamente le gambe.

"... C'é qualcosa, lo sento. Le note non mentono mai. Quando il musicista é preoccupato, anche le sue melodie lo sono."

"... Mmh ... Stavo pensando ad un mio amico. Mi ha confidato un segreto, e io ..." - La sua voce tremava, ed all'improvviso si portò la mano alla bocca, come preso da una forte nausea.

"Vuoi andare a bere dell'acqua?"

"... Sì, grazie. Torno subito." - Rispose Peter, alzandosi ed uscendo dall'aula.

Che gli succedeva ...?
E quale segreto gli aveva mai confidato, quel suo amico ...?
Qualcosa di così grande, da provocargli nausea.
Peter aveva quindici anni.
Quanto grandi potevano essere i problemi di un quindicenne, rispetto a quelli di un adulto?

Roderich decise di non farsi troppe domande.
Era curioso di sapere il motivo delle preoccupazioni del suo studente, ma se non voleva parlarne, non lo avrebbe forzato.
Dopotutto, non era mai stato un 'maestro-amico'.
Nel momento del bisogno c'era sempre stato, e quando un suo alunno aveva un problema, non gli aveva mai chiuso le porte in faccia.
Ma aveva sempre mantenuto una certa distanza da loro, almeno in apparenza, rifugiandosi dietro l'immagine di maestro, più che severo, freddo e distaccato.
Non voleva mostrare ai suoi studenti quanto in verità tenesse a loro: lo considerava quasi come un segno di debolezza.

"... Rieccomi!" - Peter abbozzò un sorriso, ma nei suoi occhi si leggeva ancora preoccupazione.

"Lasciamo perdere il compito. Me lo farai sentire la prossima volta. Ora, preferirei che ci concentrassimo su quest'altra sinfonia." - Decise Roderich, mostrandogli lo spartito su cui aveva in precedenza laboriosamente scritto il titolo.



Ormai era sera, nonostante il sole non fosse ancora sceso del tutto.

"Bastardo ..." - Sussurrò a denti stretti Romano, spegnendo nervosamente una sigaretta nel posacenere sul tavolo.

Rimase per un attimo con lo sguardo perso tra le bottiglie di alcolici, con le guance ed il naso arrossati.
La luce del lampadario si rifletteva all'infinito tra le bottiglie vuote e piene, rimbalzando sui fondi e sui liquidi colorati e trasparenti, densi e distillati.

Stappò con trepidazione una di quelle bottiglie, prendendo l'ultimo tratto del collo tra le labbra e bevendo avidamente.
Il liquido trasparente scorreva nella sua gola bruciandola, come una pista di petrolio con un fiammifero.
Gli grattava ed irritava l'esofago, giù fino allo stomaco, dove il dolore si irradiava in ogni direzione, come un rubinetto d'acqua aperto al massimo.
Dopo molti sorsi, allontanò la bottiglia, strofinandosi le labbra con il polso ed ansimando per la mancanza di ossigeno.

"Fumo, alcool ... Cazzo, manca solo il sesso." - Mugugnò mezzo ubriaco, lo sguardo impassibile e le palpebre calate a metà.

Voleva essere punito da qualcuno.
Perché, ultimamente, era stato proprio un cattivo ragazzo, senza alcuna regola.
Sì, qualcuno doveva fargli capire chi comandava.
Qualcuno doveva buttarlo per terra.
Doveva menarlo, morderlo, denudarlo e deriderlo.
Doveva lasciargli profondi solchi e lividi.
Doveva fargli sgorgare sangue da ogni singola ferita.
Doveva legargli braccia e gambe, tirargli il ricciolo più forte che poteva, spingergli la testa contro il pavimento fin quasi a spaccargli il cranio.
Doveva tenergli i polsi dietro la schiena e girarglieli contro ogni regola anatomica.
Doveva farlo soffocare sotto il suo peso, doveva impossessarsi del suo corpo, punirlo più forte che poteva.
Doveva distruggergli i fianchi, doveva lasciarlo inerme sul pavimento per l'intera settimana a venire, e poi deriderlo ancora, insultarlo e prenderlo a calci.
E punirlo ancora, ancora più forte.

No ...
Quel qualcuno doveva fare molto, molto di più.
Doveva prenderlo per mano.
Doveva baciarlo.
Doveva farci l'amore.
Doveva guardarlo negli occhi e dirgli che lo amava.
Doveva stringerlo in un abbraccio.
Doveva accarezzarlo dolcemente.
Doveva proteggerlo ed asciugare le sue lacrime.
Doveva dirgli che lo amava.
Che lo amava davvero.


"Romano ..." - La figura di Gilbert comparve alle sue spalle.

"...! Che vuoi ?!"

"Volevo vederti. Ti va di uscire con me, ora?" - Propose, tendendogli la mano.

"Come sei entrato ?! Come mai hai le chiavi ?!"

"... Muoviti! Finché il sole é ancora nel cielo!" - Lo prese per il braccio e lo trascinò fuori.

Romano protestò cercando di liberarsi, finché non furono in un campo di fiori.
Il sole rosso del tramonto scaldava i petali ed infondeva alle iridi del tedesco un colore ancora più denso e profondo. La luce calda si rifletteva sui suoi capelli di neve, facendoli quasi brillare.

"Ti piace?" - Gli sorrise. - "Il Magnifico-Me conosce posticini niente male, eh ?!"

"... Mmh, potrebbe essere meglio. Non é chissà cosa, ti sei un po' sprecato ..." - Borbottò guardandosi attorno - "E poi, non ho ancora capito perchè mi hai portato qui! Voglio tornare a casa! Dalle mie sigarette e dalle mie bottiglie di alcool!"

"... Sei uno stupido, Romano." - Gli sussurrò all'orecchio Gilbert, abbracciandolo. - "Non ti facevo così poco sveglio. Poi dici di Feli, eh? Idiota, ti amo."
Così dicendo, gli baciò le labbra.

"..." - Romano lo guardò un attimo negli occhi, arrossendo senza proferire parola. L'albino lo baciò di nuovo, passionalmente, e senza accorgersene, l'italiano era già disteso in quel campo di fiori, col sole mezzo assopito alle spalle, e il tedesco sopra di lui, a baciarlo di nuovo, e a farlo suo.


-------

"Toc Toc!"


"...!" - Romano alzò di colpo la testa, e tutto svanì.

Non c'era nessun campo di fiori.
Non c'era nessun uomo che lo amava.
C'era solo il posacenere pieno, e le bottiglie vuote e piene che lo fissavano con occhi invisibili.
Qualcuno doveva aver bussato alla porta ... O forse era stata la sua immaginazione?

"Toc Toc!"


A quanto pare c'era davvero qualcuno.
Romano barcollò fino alla porta, l'alcool ancora prepotente nelle sue vene, ed aprì svogliatamente, chiudendo gli occhi ed appoggiandosi allo stipite della porta.

"Testimoni di Geova, fuori dal ..."

"Romano!" - A quella voce, gli occhi dell'italiano si spalancarono.

"Gilbert?!" - Gridò sorpreso.

"Sì. Vedi, tuo fratello doveva ..."

"Entra." - Lo interruppe Romano, lasciando la porta aperta e vacillando fino alla poltrona, dove si distese con la testa all'indietro, gli occhi chiusi verso il soffitto.

Il tedesco chiuse la porta e si mise al suo fianco, sulla poltrona vicina.
Diede un'occhiata in giro, e vide il tavolo, tra cenere, sigarette e bottiglie di vetro, con le marche di chissà quanti alcolici.

"... Come va?" - Azzardò.

"Di merda. Come vuoi che vada?" - Rispose seccamente, senza degnarsi di aprire gli occhi. Gilbert nel suo sogno era davvero bello, e voleva che quell'immagine si fissasse per sempre nella sua mente e sotto le sue palpebre.
Se mai fosse successo, forse non avrebbe mai più voluto riaprire gli occhi.

"Mi dispiace ... Vuoi fare qualcosa di particolare?"

Perché aveva sognato Gilbert?
Perché proprio il fidanzato di suo fratello?
Era vero, aveva avuto in passato una cotta per lui, che aveva tenuto nascosta per il quieto vivere di tutti, e che pensava fosse ormai morta negli anni.
Invece, questa voglia di averlo e di amarlo era tornata prepotentemente a galla, dagli abissi del suo cuore.

"...!" - D'un tratto sentì le braccia dell'altro attorno a lui.

"Ehi ... Non puoi continuare così. Devi riprenderti!" - Gli consigliò Gilbert, dandogli un lieve abbraccio.

Perché lo stava abbracciando?
Perché voleva rassicurarlo?
Cosa mai gii veniva in tasca?
Il suo sogno era iniziato così ... Proprio così.
Con un abbraccio dell'albino.

Romano, senza aprire gli occhi, lasciò sprofondare la testa nel petto dell'altro.
Sentì una mano accarezzargli i capelli.

Forse era un segnale.
Forse anche l'albino lo amava.
Forse anche lui aveva tenuto i suoi veri desideri nascosti per il quieto vivere di tutti.
Ed ora che Antonio era fuori gioco, aveva potuto mettersi in discussione.
Forse il suo fidanzamento con Feliciano era tutta una montatura.
Magari era ... Giusto un modo per stare più vicino a lui, Romano Vargas?

Doveva verificare le sue ipotesi.
Doveva rischiare.
Infondo non aveva nulla da perdere, ora ...

"...! Romano!" - Gridò allarmato Gilbert, quando l'italiano posò le labbra sulle sue.

Si ritirò, quasi spaventato, sprofondando nella poltrona.

"..." - Romano lo guardò male per un momento, rosso in viso, per poi baciarlo d nuovo, con più forza e passione.

Le labbra ancora attaccate, iniziò a posizionarsi sopra di lui.

"Ma sei fuori ?!?!" - Il tedesco cercò di liberarsi, spostandolo ed alzandosi.

Romano non si scoraggiò, ma si alzò sulle punte e lo baciò ancora, prendendogli una mano.

"Gilbert ... Ti amo." - Ammise, ansimando nelle sue orecchie.

"... Sei ubriaco!" - Esclamò, sentendo l'odore pungente sulla pelle dell'italiano.

"Non sono ubriaco! Ti amo! Cazzo, sono sincero!" - Gridò ancora più forte, spingendolo contro il divano.

"Smettila!" - Gli tirò uno schiaffo, provocandogli una ferita per lo sfregamento.

"..." - Romano lo guardò dritto negli occhi, in silenzio, con la guancia insanguinata, per poi baciarlo di nuovo, intensamente.
L'aveva fatto sprofondare sul divano, ed ora era sopra di lui, con tutto il corpo.

Gilbert lo osservò confuso.
Era molto simile a Feliciano, esteriormente.
Di carattere, due esatti opposti.
Il Romano che ora era sopra di lui, stravolto dall'alcool e dai suoi sentimenti, dominandolo per essere dominato, gli ricordava il Feliciano che quasi sempre sognava.
Prepotente, intraprendente, volgare nelle parole e maleducato nei gesti.

Una parte di lui non riusciva a resistergli.
E mentre la sua mente lo pregava di fermarlo, mentre pensava che stava forse dicendo addio per sempre al suo amato Feli, mentre nel breve tempo a disposizione non riusciva a prendere la giusta decisione, il suo corpo era già caduto prigioniero di quella specie di gemello malvagio.

Quel ragazzo così simile e così diverso da Feli.
Quasi la sua seconda personalità, più scura, prepotente ed egoista.

~ Continua ...

_________________________________________________________________________

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Arisu95