Note:
So che non
si mette l’articolo determinativo davanti al nome proprio di una persona ma,
dato che io e le mie amiche lo facciamo spesso, ho deciso d’inserire
quest’abitudine nel racconto: chiudete un occhio, e pure tutti e due (;
The Girls are not Very Alright
Girls just wanna have fun
La ragazza se ne stava seduta per terra, le ginocchia raccolte al petto e
lo sguardo incerto che si spostava da una figura all’altra.
La prima, allampanata e dalle dimensioni dello Skyline di Seattle, la
fissava maliziosa e con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono, mentre
la seconda, sempre dal fisico asciutto ma un po’ più bassa, si
limitava a lanciarle delle occhiate ogni tanto, le labbra piegate in una curva
più dolce.
La gigantessa, però, si ruppe di aspettare il Giudizio Universale
della nostra paladina e, memore della finezza per cui era conosciuta,
incominciò ad urlarle appresso uno -Scegli me e non te ne pentirai!-
A quella presa di posizione, l’altra si sentì in dovere
d’intervenire, unendosi dunque al fracasso che la prima stava producendo
da sola.
La nostra eroina era stata dotata di scarsa pazienza da Madre Natura e
così, dopo innumerevoli -Sono usato ma ho la garanzia!- e -Se scegli me
non dovrai preoccuparti della sifilide!- si ruppe letteralmente i coglioni
(perdonatemi il francesismo) e sbraitò un -BASTAAAAAAAA!-, azzittendoli
definitivamente.
Sara si svegliò ansimante nel letto e, resasi conto che si trattava
soltanto di un sogno, borbottò un -Fanculo.- a
denti stretti. Il problema era che negli ultimi tempi quella visione veniva a
trovarla di notte un po’ troppo spesso, e la ragazza non voleva affatto
che quello fosse un tentativo del suo inconscio di comunicarle qualcosa.
-Troppo filosofia brucia il cervello.- borbottò, scendendo dal
letto, salvo poi rimangiarsi un po’ la frase -Spero che la Charlie non
abbia sentito la parola indicibile.- ridacchiò quindi, dirigendosi verso
il salotto.
Erano le sei di una domenica mattina, un orario infame: troppo tardi per
riprendere sonno e troppo presto perché le venisse voglia di mettere
qualcosa sotto i denti.
D’improvviso le venne la tentazione di chiedere un consiglio
psichiatrico alla Nat ma, una volta
arrivata davanti alla porta della sua stanza, le venne in mente un flash: la
sera prima erano state ad una festa, e la sua coinquilina non era tornata a
casa da sola… No, non ci teneva a
sapere con chi cazzo fosse andata a finire, o almeno non ancora.
Fece spallucce e tornò nuovamente a spiaccicarsi sul divano, in compagnia
dell’Interpretazione dei Sogni di Freud: chissà se
lì avrebbe scoperto il significato di quel suo sognare di continuo un McKagan a caso…
Ma, proprio nel momento in cui era vicina al capitolo in cui Sigmund parla
della differenza che c’è tra sognare uno che usa la Fender e uno
che suona la Gibson (?), il campanello squillò.
La ragazza sbuffò pesantemente, facendo sollevare per qualche
secondo la propria frangetta, e strisciò i piedi fino all’entrata.
Quando aprì la porta, si ritrovò davanti una figura che
conosceva ben poco, ma che le stava sulle palle a pelle. (YO, MI SENTO MOLTO REP)
-Ehilà, buongiorno! Senti, mi servirebbe un piacere: io e la Claire
avremmo bisogno di un po’ di panna montata… Non
è che tu ne hai-
-Chiedila a Watson.- tagliò corto lei, sbattendogli la porta in
faccia.
Dopodiché fece per ritornarsene al suo amato libro ma, ricordandosi
di chi gli era appena apparso di fronte, ritornò sui propri passi e
riaprì di scatto la porta.
Il tizio se ne stava ancora lì, intento a massaggiarsi il naso…
Merda, è proprio lui!
-Ma non sarai mica quel cazzone di Cumberbatch, tu!-
-In carne ed ossa, miss!- le sorrise lui, tendendole la mano, mano che
ritirò dopo aver realizzato che lei non gliel’avrebbe stretta per
nessuna ragione al mondo.
-Che cazzo ci fai, qui?! Anzi, rettifico: CHE CAZZO HAI FATTO ALLA CLAIRE?!
Brutto Pedobear dei miei stivali!- gli
saltò quindi addosso, afferrandolo per il colletto della camicia
immacolata che portava.
-Fonny, non
disturbarti: gliela sbottono io tra poco!-
Entrambi si voltarono in direzione della voce, l’uno con gli occhi
traboccanti d’amore, l’altra con uno sguardo di puro sconcerto.
-Mioddio, Claire! Che
cazzo ti sei messa addosso? La vestaglia che Brian Casalinga May porta in I Want To Break Free?!-
L’amica ridacchiò divertita, agganciandosi al braccio del suo amato amante.
-Oh, non dire fesserie! È pura seta, me l’ha regalata il mio
Benny! Non è dolcissimo?- cinguettò allegra, stringendosi di
più al suo fianco e togliendogli un granello di polvere dal colletto.
-Ecco perché sentivo una certa voglia di farmi d’insulina!-
sbottò Sara, beccandosi una linguaccia come risposta dalla Claire.
-Comunque… Davvero
non puoi darci quella panna?- quest’ultima era ripartita
all’attacco, cercando di far leva sul buon cuore dell’amica con un
sapiente utilizzo dello sbattimento di ciglia.
Per tutta risposta quella alzò gli occhi dal cielo e, tornata dalla
cucina con il necessario, lanciò la panna spray addosso
all’attore, ringhiando un -Auguri e fragole maschie!-
Claire ricambiò il saluto urlandole che anche lei le voleva bene,
per poi trascinarsi nell’appartamento un Cumberbatch un
po’ imbarazzato per tanto zelo nel prendere l’iniziativa.
Una volta richiusasi la porta, Sara non poté non lasciarsi sfuggire
un sentito commento sulla situazione.
-Ma possibile che abbiate tutti una vita sessuale più attiva della
mia?! Cheppalle, oh!-
-Ci sono anch’io!- una mano sventolante sbucò dalla porta
dell’appartamento di fianco, portandosi appresso il proprietario di tale
arto, ossia Lars Ulrich in
persona.
-Ma, a differenza tua, io so che un giorno riuscirò a conquistarla!-
rincarò la dose, indicando una ragazza dai capelli rossi che, in quel
preciso istante, usciva dal proprio loft tentando di limonare con un poster a
grandezza naturale di Dave Mustaine.
-Tsk, dai retta a me, Ulrich: non te la darà mai.-
Quello fece spallucce e le dedicò un sorriso raggiante: -La speranza
è sempre l’ultima a morire, Fonny!-
-Sì, Ulry, ma chi vive sperando muore
cagando.- e, detto quello, si chiuse la porta alle spalle, lasciandolo con il labbruccio inferiore tremante.
Solo dopo aver fatto un paio di sospironi profondi si rese conto di quel
che aveva appena combinato: aveva buttato merda addosso a Lars Ulrich! Quel Lars Ulrich!
Riaprì la porta di scatto ma si ritrovò nel pianerottolo
completamente deserto; proprio nel momento in cui aveva deciso di tornarsene a
casa, però, lo sguardo le cadde sull’ascensore.
Una volta avvicinatasi, ebbe modo di accorgersi che l’oggetto della
sua curiosità era un volantino; lo staccò e fece retrofront, leggendolo a voce alta.
-“Gentili condomini,
gradirei avvisarvi che sono lieta che
scopiate tutti come ricci, ma la mia assunzione quotidiana di protossido
può avvenire soltanto in situazioni di concentrazione monacale… Concentrazione che i vostri atti di
divertimento fanno sciamare. Confidando nella vostra comprensione, mi auguro
che possiate venirmi incontro, limitando le vostre performance o, perlomeno,
regalandomi un David Bowie ad uso e consumo personale.
Cordiali saluti, Francesca”
Ahahaha, Nat, hai sentito? Giustamente i David Bowie io li trovo
anche dal fruttivendolo! Vabbè, di che
cazzo mi devo preoccupare poi, che una badessa ci dà dentro più
di me-
Le parole le morirono in gola nel momento in cui aprì la porta della
stanza della coinquilina, ritrovandosela tra le braccia di quello che aveva
tutte le carte in regola per essere nientemeno che Izzy Stradlin in persona.
-Occhei, qui
qualcuno ha trovato un fottuto varco spazio-temporale e non m’ha
avvisato! Vi odio, basta distribuire ormoni a destra e a manca, bastaaaaa!-
E, detto quello, svenne.
Questa
cosa non ha senso.
Non temete, se non capite non siete
insani: quella sono io.
Dedico questa storia alle svitate del
gruppo The Girls are not Very Alright, augurandomi che qualcun’altra di loro si prenda la briga di
prendere le redini in mano e di scrivere il secondo capitolo <3
Vi amo tuttissime, slut o/
Dazed;