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Autore: darkronin    06/04/2012    5 recensioni
Sequel di "Il labirinto visto dal castello". Quindi è la mia prima -vera- fic su Labyrinth.
Sono passati esattamente dieci anni dall'avventura nell'Underground.
La vita di Sarah ha subito particolari cambiamenti ma ancora non le sono chiare molte delle cose occorse in passato, specialmente l'atteggiamento di Jareth.
Il decimo anniversario scivolerà via come una giornata tra tante o dobbiamo prepararci a una nuova avventura? Verranno chiariti i punti controversi e le incomprensioni?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tela di diamante'
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12- E di notte...





Messo a nanna Toby, Sarah tornò in cucina per finire di sistemare. Jareth era ancora lì, appoggiato al termosifone come il primo momento in cui l'aveva visto in casa.
E tu che ci fai ancora qui? Sei umano, fila a dormire!” Disse cominciando a lavare i piatti.
Hai la fastidiosa abitudine di comandare tutti...compreso il sottoscritto! Non mi piace.” commentò lui
Non devo piacere a te, o sbaglio?” rispose lei, inviperita “E comunque, ora sei mio ospite, a scrocco, e sei umano...io sto cercando di essere gentile e di preoccuparmi per la tua salute...”
Una dopo l'altra, con rapidità e sicurezza strabilianti, le stoviglie sparivano nello scolapiatti e, in breve, anche i fornelli furono immacolati.
Beh, dolcezza...vedi di cambiare atteggiamento, io sono il Re di Goblin e tu non sei affatto carina...” la rimbeccò Jareth, rimanendo comodamente a guardarla
Sentite, Maestà...” sbottò, lanciando la spugna insaponata nel lavandino “E' casa mia e faccio quello che voglio. Vuoi il mio aiuto? Questo è il prezzo: una campionessa arrogante!” sputò con livore “Ho avuto un buon maestro! La prossima volta cercatene una più mansueta, come piace a te...” ringhiò esasperata, accusandolo. Tornò subito alla sua occupazione e all'ultimo rimasto, il forno, mordendosi la lingua: bella cosa rinfacciargli che avrebbe preferito non incontrarlo dopo che era stata lei a evocarlo. E se il passato non fosse stato quello... non l'avrebbe mai nemmeno incontrato, nel bene e nel male.
Gradirei non ripetere l'increscioso evento...” rispose lui, tutt'altro che offeso. Quelle parole, percepì, avevano dato sollievo al cipiglio e sciolto appena i movimenti della controparte. Certo, aveva detto che incontrarla era stato un errore. Ma, si rese conto, aveva anche alleviato implicitamente la gelosia che in quel momento, probabilmente la stava dilaniando: non ne avrebbe cercato altre. Sarah era così limpida ai suoi occhi, un vero libro aperto.
Si staccò dal termosifone, le mani strette tra loro dietro la schiena, e cominciò a girarle attorno, studiandone ogni movimento “Vedi...Credo che, anche da umano, sarei stato un uomo poco abituato ai rifiuti...” puntualizzò, lamentevole.
Modesto...” replicò lei istintivamente
...Ben lieto di potermi cimentare con una sfida ma... con il dovuto rispetto...” Finì, poggiando le mani sulla cassa dell'elettrodomestico, intrappolandola, mentre lei richiudeva il forno.
Troppo semplice, Maestà” Erano soli. Sarah se ne rese conto solo in quel momento: era stata così presa dal rassettare che non aveva calcolato una mossa del genere da parte del biondo. Si voltò, piano, a fronteggiarlo “Vedi... Se tu fossi stato un misero essere umano, saresti già finito agonizzante a terra con un calcio nei...” si trattenne dallo scadere in volgarità, quindi alluse solo con una rapida alzata di sopracciglia e uno sguardo fugace verso il basso “...o in gattabuia!” Disse sorridendo il più malignamente che poté.
Ma Jareth non si fece spaventare “Oh sì, certo...e cosa ti trattiene dal tentare di attuare almeno la prima delle opzioni, mia cara?” disse prendendole una ciocca di capelli scuri e sistemandogliela dietro l'orecchio per poi osservarla, compiaciuto della sua opera.
Quella vicinanza cominciava a metterla in agitazione “Non...non voglio altri pesi sulla coscienza!”
Dì che non puoi...perché è quello che vuoi, vero?” Disse suadente, puntellandosi la mano, ora libera, sul fianco
Non posso perché voglio cosa, di grazia...?” chiese accigliata incrociando le braccia al petto, quasi potesse proteggersi, dal suo fascino e da se stessa, con quel semplice gesto.
Non puoi farmi del male, perché mi vuoi, non è vero? Non mi faresti mai del male...” I loro volti, i loro corpi... erano pericolosamente vicini. Di nuovo. L'ultima cosa che voleva, era che lui popolasse i suoi sogni in modo più vivido di quanto già non avesse fatto fino a quel momento.
Un pensiero, rapido come una saetta e violento come un pugno, l'abbagliò: durante la precedente esperienza lui non le aveva mai torto un capello. Si era limitato a spaventarla, aveva lasciato che si arrangiasse o che si facesse male con le sue trappole: nulla di più. Ma ancora non se la sentiva di ammettere che, forse, c'era dell'altro “Non è che quello è uno dei tuoi desideri, Mon Chéri?” disse lei, facendo il verso a quanto aveva domandato lui solo poche ore prima.
Aveva ripreso il controllo della situazione e, forte di essere -forse- sulla buona strada, lo lasciò lì, a fissare il forno lucido, mentre andava a spegnere la luce al fratello.


Solo, nella grande stanza simile a quella in cui aveva rapito Toby dieci anni prima, Jareth non riusciva a prendere sonno. Sarah l'aveva liquidato, mollandolo in cucina e lasciandogli il compito di spegnere la luce. Si era barricata in camera, lasciandogli intendere che dovesse andarsene a letto.
Era ormai mezzanotte e la luce della luna filtrava dalle veneziane, illuminando a giorno l'ambiente.
Era sotto lo stesso tetto di Sarah, a dividerli solo una fragile parete e non più i chilometri del labirinto. L'aveva studiata per tutta la sera. Nei suoi occhi aveva letto desiderio, lo stesso, immutato desiderio che le aveva visto al ballo. Ma allo stesso tempo c'era paura, freddezza, determinazione che insieme costituivano un'armatura invalicabile: faceva tanto la dura ma quel suo atteggiamento sprezzante e scostante nascondeva solo la sua fragilità e il suo sempre crescente bisogno di amore e protezione. Negli anni si era fatta divorare dalle sue paure e non dai suoi sogni. Aveva scacciato con troppa foga la sua offerta e l'idea di una troppo facile esistenza felice per gettarsi in un gorgo di difficoltà. La vita non era giusta e con lei e Toby era stata particolarmente cattiva. D'altronde, lui sapeva benissimo come la vita fosse una bilancia che alla fine pareggia sempre i conti: tutto aveva un suo equilibrio e le esperienze che lei aveva vissuto, se da una parte l'avevano ferita e traumatizzata, dall'altra l'avevano anche resa accogliente nei confronti degli altri. L'attaccamento, che i bambini dell'agglomerato le avevano dimostrato, era solo un acconto della giusta ricompensa che l'attendeva.
Sbuffò indisposto, si alzò dal letto e si affacciò sul corridoio. Dalla porta socchiusa della stanza di Sarah, la calda luce di un'abat-jour sciabolava l'oscurità: era ancora sveglia, intenta a leggere chissà quale romanzo d'avventura.
Bussò con garbo allo stipite “Senti, Sarah...?” cominciò. Ma dall'interno non avvertì alcun movimento né, tanto meno, risposta “Sarah?” chiese scostando appena la porta ed entrando. D'altronde non c'era più alcun vincolo al non oltrepassare la soglia: “Avanti, entra!” aveva sbuffato quando lui, poche ore prima, si era piantato sul limitare della stanza.
La ragazza giaceva su un fianco, il libro aperto nella conca delimitata dal ventre, la testa appoggiata sul braccio che doveva sostenerla e che invece fungeva da guanciale, i capelli neri sciolti ordinatamente alle sue spalle. Vederla così indifesa lo fece sorridere. Le prese il libro, segnando il punto in cui era arrivata, spense la luce e si sedette nello spazio prima occupato dal libro. Un ringhio sommesso giunse dall'angolo della stanza e due occhi gialli gli si piantarono addosso, aggressivi.
Jareth sollevò un sopracciglio osservando seccato il grosso cane nero “Sai benissimo che non le farò nulla di male...” sibilò. Il cane si acquietò e trottò vicino a lui, poggiandogli la grossa testa sulle ginocchia. Il mago sollevò gli occhi al cielo: non c'era nulla da fare, non poteva nascondere la sua vera indole agli animali. E ai bambini. Sbuffò piazzandogli pesantemente la mano tra le orecchie e carezzandolo. “E sai che non è di me che devi aver paura, vero?” disse lanciando un'occhiata in tralice oltre la finestra.
Sì. Lui si stava decisamente facendo i fatti loro ed essere così monitorato lo indispettiva non poco. Il cane parve capire al volo il messaggio nascosto nelle parole di Jareth e si scostò bruscamente da lui, andando ad acciambellarsi sotto la finestra. Il mago sorrise compiaciuto: quel lupo aveva già capito chi fosse il nemico comune e l'avrebbe aiutato, disturbandolo quanto bastava. Quella mossa gli diede un'idea così brillante che si mise a ridere sguaiatamente, incurante della ragazza addormentata al suo fianco. “Tu me lo permetti, vero?” disse al cane che rispose con un grugnito. Si alzò, girò su se stesso e tornò ad acciambellarsi dando loro le spalle: che facessero quello che volevano.

Jareth si chinò su di lei, accostando la bocca al suo orecchio.
Sarah...?” chiamò mellifluo “Lo so che sei sveglia...”
Per tutta risposta lei si rigirò nel letto, di scatto, dandogli le spalle. Jareth si accigliò. Quindi riprovò. “Sarah... dimmi la verità...io ti attraggo, non è vero?”.
Quella biascicò un qualcosa di indistinto e lui le chiese di ripetere “Sì sì” urlò quasi seccata, cacciandosi la coperta fin sopra la testa.
Jareth sorrise tra sé. Le scostò le lenzuola fino a scoprirle gli occhi. Quindi riprese a parlare “Perché non me lo dici?” chiese poggiando la guancia sul palmo della mano aperta. Era divertente giocare a quel modo con quella ragazza.
Perché no!” fu la risposta seccata
E ora? Che faccio?” Pensò “Mmmm...” mugugnò divertito, scoprendola piano, un centimetro alla volta, senza mai toccarla “E....non mi vuoi?” chiese sfiorando il suo collo con le labbra
No!” ribatté prontamente lei, girando la testa altrove. Le guance le si erano imporporate e il respiro si era accelerato impercettibilmente.
Chissà perché non ti credo....” Sghignazzò soffiandole all'orecchio. “Di che mi vuoi...” suggerì con cattiveria.

Quella notte Sarah sognò. Sognò a lungo, vividamente, come non le capitava da anni. Quando le prime luci del mattino filtrarono attraverso le tende, schiuse gli occhi, crogiolandosi e al contempo vergognandosi di quanto aveva sognato. Che cosa strana...lei non era il tipo da ricordare i sogni, eppure...ne era stata contenta.
Doveva essere l'effetto di quel nuovo e inaspettato incontro con il biondo sovrano che aveva reso possibile la formulazione di un sogno tanto vivido. E il tepore di Marking, acciambellato alle sue spalle, stretto contro il muro, come al solito, la cui criniera le solleticava la nuca, aveva contribuito a dare un senso realistico, troppo realistico, al proprio sogno. “Dai, Mark! Su, forza!” sbadigliò con bocca impastata “E levami la coda di dosso!” disse prendendo con poca cura l'appendice che le cingeva la pancia. Era stranamente liscia e setosa...non sembrava la coda folta e soffice del cane.
Non fece in tempo a domandarsi cosa gli fosse successo quando lo vide sbucare dalla porta e andare a darle una leccata sulla faccia, poggiando le grosse zampe pelose sul bordo del letto.
Mark!!!” strepitò Toby nell'altra stanza: cercava il cane che subito si dileguò, veloce come era comparso.
Il cervello della ragazza era in loop: se non era Marking a farle tutto quel caldo...
Alzò il piumino, cercando di girarsi su se stessa. Ma, prima di notare il braccio maschile che le cingeva la vita, notò la propria nudità.
E' stato solo un sogno! E' stato solo un sogno!E' stato solo un sogno!” continuava a ripetersi, come un mantra, mentre si voltava del tutto, sgomenta, terrorizzata, scandalizzata.
Cosa aveva combinato la sera prima?
Steso accanto a lei c'era il suo ospite, profondamente addormentato e...nudo anch'egli. Almeno dalla vita in su. Non osò spostare oltre lo sguardo, troppo confusa e imbarazzata. Ma lui le aveva detto chiaramente come dormisse a casa sua.
Il cervello continuava a non connettere: erano loro due, nudi, a letto assieme, di prima mattina. Lei aveva un perfetto estraneo, affascinante e bellissimo, nel proprio letto. Un uomo che poteva essere il sogno di qualunque ragazza, che a tratti aveva popolato anche i suoi, di sogni, in un'infatuazione adolescenziale.
Era davvero l'uomo che aveva incontrato dieci anni prima? Poteva dirlo con certezza? O era un sosia e lei aveva fatto qualche tremenda cazzata spinta dal senso di euforia per quei dieci anni finalmente trascorsi dal suo viaggio fantastico? Era così malata da voler festeggiare un anniversario immaginario? Ma anche fosse stata la stessa persona...cosa le era saltato in mente? Erano comunque due estranei. Ma era sicura di quello che era successo? Con lui non si poteva mai stare tranquilli, forse era stato solo uno scherzo di cattivo gusto.
Il sogno di quella notte le tornò prepotentemente alla mente, facendola arrossire fino alla punta delle orecchie. Doveva concentrarsi: cosa aveva fatto, senza ombra di dubbio? Non ricordava di averlo chiamato in camera né che lui vi fosse penetrato. Stava leggendo, ne era certa. Si volse appena, distogliendo l'attenzione dalle lunghe ciglia del biondo, dalla sua bocca invitante come il taglio sul pane appena cotto, dai suoi capelli dorati, fitti e fini, che gli conferivano un'aura di magnificenza anche nel sonno. Sul comodino, il suo libro giaceva chiuso in ordine, col segnalibro nel punto in cui, finalmente, i due amanti si incontravano di nuovo.
No, pensò. Doveva essere un trucco...lui le aveva manipolato i sogni, attingendo da quel libro, come aveva fatto dieci anni prima, facendole credere che fosse stato tutto vero. Ma perché? Per prendersi poi gioco di lei, sicuramente! Era così determinato a farla capitolare? La sconfitta e l'indifferenza che lei, a soli 15 anni, ignorante in materia amorosa, aveva dimostrato, gli bruciavano ancora così tanto?
Eppure, anche l'atteggiamento di Marking era stato strano. Se lui avesse fatto tutto ciò, contro la sua volontà, di sicuro il cane l'avrebbe protetta. Invece, sembrava quasi aver ubbidito a un ordine, accettando l'estraneo in camera.
Si stava arrovellando concitata su quella questione da appena un minuto che Jareth, sotto di lei, sentendosi osservato aprì gli occhi, per nulla sorpreso di trovarla e trovarsi lì.
Buon giorno, dolcezza...” disse sorridendo, senza malizia, con un certo calore nostalgico negli occhi, cercando di tirarla nuovamente a sé. Ma lei, così come lui l'aveva dipinta anni addietro, si raggelò, fulminandolo.
Cosa cavolo ci fai nel mio letto?” domandò astiosa, pronta a prenderlo a pedate per la nonchalance con cui stava reagendo a quella strana situazione.
Subito anche lui cambiò registro e si fece aggressivo “E' questo il trattamento che mi riservi dopo...” in un baleno il suo sguardo si fece malizioso, indicando i loro corpi stesi sotto le lenzuola, e un ghigno sardonico gli increspò le labbra.
Non c'è stato proprio niente! Quindi ora fila fuori di qui!” ordinò lei perentoria.
Si domandò come mai non stesse urlando, tirandosi le coperte fin sopra il naso ma riuscisse ad affrontarlo così tranquillamente senza dare in eccessive escandescenze. Ma forse la sua reazione così gelida era dovuta a una fondamentale parità: erano nudi entrambi. E proprio per quello l'avrebbe ucciso volentieri.
Strega!” Replicò lui indispettito ma fece quello che gli era stato ordinato. Si alzò bruscamente in piedi sul letto, incurante di tutto, scoprendo anche lei, che gracchiò appena per la sorpresa, cercando di riagguantare le coperte per restare coperta. Lui la scavalcò con un balzo e andò alla finestra, scrutando oltre il vetro, assorto, quasi cercasse qualcosa di preciso. Le diede le spalle per tutto il tempo necessario a che lei si ricomponesse, dopo un primo momento di esitazione. “Spero, almeno, di essere stato all'altezza delle tue aspettative, nonostante ora sia solo... umano” soffiò con una velatura di tristezza nella voce. Sarah strabuzzò gli occhi e per poco non si strozzò con la saliva: che avesse davvero fatto qualcosa di irreparabile? Quel che le faceva più male, in quel momento, era il suo tono sofferente, più straziante di quello che aveva quando lo rifiutò alla fine del loro gioco e che la faceva sentire più colpevole dello sguardo che aveva quando lei l'aveva piantato al ballo.
No, si disse, stava solo cercando di farla sentire in colpa, di piegarla al suo volere. E se invece fosse stato tutto vero? Lei l'aveva praticamente usato?
Si vergognò di se stessa e gli lanciò i pantaloni della tuta che giacevano a terra insieme alle ciabatte e al suo pigiama. “Ci sono minorenni in giro, vedi di coprirti!” disse sgusciando fuori dal letto, pronta ad andare dal fratello. Si fermò un attimo, perplessa e scostò le coperte, in cerca di qualche traccia.
E' inutile!” rispose lui senza voltarsi “Non tutte...”
Prima che lui potesse finire la frase, lei uscì di corsa dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle, colma di vergogna.
Rimasto nuovamente solo, Jareth tornò nella camera degli ospiti e si ributtò nel letto sfatto. Si fece i complimenti per il poco tatto che aveva avuto l'accortezza di usare: ora lei lo odiava realmente. Come poteva darle torto?
Conoscendola, l'avrebbe odiato ancora di più, giunti alla fine di tutta la faccenda.
La realtà era che lui la stava usando e ingannando: per tornare, per riavere i suoi poteri... e per soddisfare, in minima parte, il desiderio che aveva di lei.
Con un lieve frusciò, Marking trottò in camera, i panni puliti stretti nelle fauci. Abbattuto, Jareth trovò nel cane un'insperata consolazione e lo ringraziò con un paio di pacche sul collo. “Sì...tutto bene...” disse quasi rispondendogli “Ma ora ho il dubbio che sia stata una mossa avventata.”

Toby e Jareth consumarono insieme al ricca colazione. Sarah non si fece vedere per tutto il tempo, apparentemente impegnata a preparare i bagagli al fratello.
Quando comparve nell'ingresso era ora di uscire per andare alla stazione.
Sarah...” la chiamò Jareth prima che lei prendesse in mano le chiavi di casa “Possiamo parlare un secondo?” Vedendo il suo sguardo allarmato correre al fratello, si affrettò a specificare “Per l'anello...” rettificò seccato.
Cosa?” domandò lei, visibilmente rilassata ma minimamente intenzionata a smuoversi da lì
Voglio un foglio di carta...me lo puoi procurare?” disse allora lui, con la solita arroganza. Senza rispondergli, lei scomparve nel corridoio e poco dopo ne riemerse con un paio di fogli bianchi presi dalla risma della stampante.
Che ci devi fare?” chiese Toby incuriosito, dando voce ai pensieri della sorella
In qualche modo andrà pure pagato, no?” rispose lui piegando il foglio con cura e strappando poi lungo il segno, ottenendo tanti piccoli rettangoli bianchi che ammonticchiò con cura, piegò e mise in tasca
Non voglio nessun regalo da te!” sentenziò Sarah inviperita
Jareth la guardò di traverso “Non è un regalo! Diciamo che è un prestito...Quando sarò a casa potrai farne ciò che vorrai ma per ora ne hai assoluto bisogno!”
Toby spostava lo sguardo perplesso da uno all'altra, senza afferrare la natura del contendere: adulti!
Andiamo!” disse Sarah seccata, afferrando la mano del fratello e avviandosi giù per le scale, lasciando che Jareth li raggiungesse insieme a Marking.




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Bene, un capitolo più leggero, no?
:D “Non maleditemi/Non serve a niente/ tanto all'inferno ci sarò già
E se vi state chiedendo chi è Lui io ho la bocca cucita...basti sapere che è il cattivo della storia. :) al dodicesimo capitolo forse era il caso di cominciare a parlarne...quanto a quello che è successo durante la notte...lascio a voi libera interpretazione... hanno combinato o no? È stato un sogno?
Vi dico solo che io non ho ancora deciso XD
ma cmq c'è un perché ...e lo saprete solo alla fine XD
quindi...vi lascio alle vostre succulentissime uova di cioccolata...
buona abbuffata a tutti!
ciaooo
   
 
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