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Autore: ImInAcOmA    07/04/2012    0 recensioni
"Cosa…Cosa stava dicendo quella creatura così sovrumanamente perfetta e inspiegabile? Mi stava prendendo in giro. Ovviamente. Come poteva essere vera una tale affermazione…Ma lui aveva parlato di tuoni, di aria che bruciava…Aveva descritto quel fischio come se fosse stato anche lui provarlo…O come se fosse stato lui a…produrlo. No. No, no, no…Allontanati…Annael, allontanati da lui…
- Annael, aspetta. Fermati –
- Nathan. Hai ucciso la mia famiglia –
- Noi non abbiamo ucciso nessuno, Annael. Non ancora –
Mi prese il viso tra le mani. Oddio, un brivido. Non so se aver paura di te. Dovrei averne…?
- Ti chiedo perdono se ti ho fatto del male. Non era quello che volevo… -
Avvicinò quelle labbra perfette alla mia fronte, e le mie guance divennero rosse sotto il suo bacio."
Impatto diretto con un Buco nero di emozioni che collidono come stelle...Quel giorno in cui Amore, Amicizia, Musica e Passione scatenano la Fine del Mondo. Un amore maledetto risucchiato dentro l'universo di due occhi neri e ri-utilizzato per uccidere. Una storia che ha dentro ciò di cui è fatta l'umanità: un'anima, un cuore, una lacrima. E un omaggio ai grandissimi Muse...la colonna sonora della mia vita.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con un tonfo la mia valigia toccò l’asfalto. La trascinai e il rumore delle rotelle risuonò nel parcheggio ampio e freddo dell’albergo.
- Mamma, quando si va a cena…? –
- Tesoro, siamo appena scesi dalla macchina, già pensi a mangiare? -, rispose mia madre con una risatina.
- Anche Michael ha fame…vero Micky…??  -. Mettere in mezzo mio fratello era sempre stata la mia arma migliore, ma Michael mi guardò dal basso dei suoi quaranta centimetri con aria ingenua e interrogativa.
- Ok, ho capito…dirò al mio stomaco di autodigerirsi ancora un po’…-, mi rassegnai, sospirando.
Saliti in camera e sistemati i bagagli, decidemmo di uscire. Erano appena le sette di sera, ma tanto dissi e tanto feci che convinsi i miei a trovare una tavola calda per rifocillarci. Era già quasi buio. Ancora facevo fatica ad abituarmi al fatto che facesse notte così presto, dopo tre mesi in cui si aveva goduto della luce del caldo sole d’estate fino alle otto e mezza passate. La città faceva sempre uno strano effetto, soprattutto a chi, come me, è abituato a vivere in un piccolo e tranquillo paesino di mare californiano. Le strade, i marciapiedi, tutto intorno a te, tutto sembra grande, uno spazio quasi sconfinato, ma allo stesso tempo caotico. Per chilometri all’orizzonte si scorgeva sempre lo stesso panorama: muraglie e file lunghissime di palazzi che sembravano grattacieli, e al centro un fiume luminoso di automobili.
- Papà, guarda! –
Indicai dritto davanti a noi. Vi era un lungo e maestoso ponte ad arco, e le luci posizionate lungo entrambi i lati davano un che di fiabesco al panorama. Papà annuì sorridendo, e prese per mano Michael.  Il fiume scorreva violento e tumultuoso sotto di noi, e mio fratello lo guardava estasiato, quasi impaurito, come se fosse un mostro pronto a inghiottire qualunque cosa incontrasse il suo passaggio.
E in effetti, l’impressione era proprio quella, se si ascoltava anche il sinistro rumore che sembrava provenire da lì sotto, cupo, simile ad un tuono prolungato, al vento quando soffia sui comignoli delle case…Ma quell’altro, quell’altro suono, ancora più strano, non apparteneva al fiume. Iniziammo a percepirlo in sottofondo…era un fischio, ma non un fischio normale… un sibilo che penetrava nel cervello, che stordiva, cresceva d’intensità. Voltandomi, mi resi conto che ogni persona si stava stringendo la testa con le mani. Successe tutto da un secondo all’altro. Un anziano a pochi metri da noi si tappava le orecchie, un ragazzo poco più lontano si guardava intorno spaesato, in cerca della fonte da cui proveniva quel suono, che aumentava… e non aveva assolutamente nulla di umano. La gente iniziava a buttarsi a terra, a rotolarsi in preda allo stordimento, urlare e imprecare, iniziare a correre ognuna in direzioni diverse, senza una meta. Quegli attimi furono i più veloci e confusi di tutta la mia vita. Ad un tratto, qualcosa mi afferrò e iniziò a trascinarmi via. Era la mano di papà che mi teneva stretta, correndo in mezzo alla folla, una marea di gente urlante, che si spingeva, disorientata, come impazzita, e faceva si che io non vedessi assolutamente nulla. Dovevo solo evitare continuamente di schiantarmi contro qualcuno…
“Oh Dio, ti prego, fa che smetta”… E la mia mano non stringeva più nulla. Papà non stava trascinandomi più con se, in salvo. Correvo avanti da sola, ero in balìa di quella valanga di gente che mi spingeva a destra e a sinistra, e non vedevo nulla, non sentivo nulla, neanche la mia voce che gridava “Mamma!! Papà!!!”, perché nell’attimo in cui tentai di emettere un suono, fui completamente sopraffatta da un tuono assordante, tanto terribile che per un attimo ebbi l’impressione che il cielo si fosse spaccato in due sopra la mia testa. Panico intorno a me.  La reazione a catena del terrore si era innescata ed era totale e irreversibile. Attraverso il mare di gente, all’orizzonte iniziò a splendere una luce rossastra, simile a quella del tramonto, ma che accecava, mentre attorno rendeva l’atmosfera buia, sempre più buia…ebbi l’impressione di trovarmi dentro un buco nero, uno di quei campi magnetici attraverso cui, nei film, accedi ad un’altra dimensione temporale…Ma questo non era un film, era una inimmaginabile realtà. L’aria era sempre più calda, asfissiante, i raggi di quella luce penetravano nelle ossa, e facevano male, tanto male…Le persone erano ormai ridotte ad essere formiche impazzite, che si contorcevano in modo raccapricciante sotto le torture di una mano sconosciuta, superiore…Perché l’unica cosa di cui riuscii con orrore a farmi capace, fu che quella forza, qualunque cosa essa fosse, non apparteneva di certo a questo mondo…
Io ero SOLA. Completamente sola. Quando me ne resi conto sapevo che ormai era già troppo tardi. Sapevo che non sarei riuscita più a ritrovare i miei genitori e il mio fratellino. Sapevo che c’era la probabilità che non l’avrei rivisti mai più…Le immagini riflesse nelle mie pupille dilatate al massimo trasmettevano impulsi al cervello. Ciò che vedevo non era di certo un qualcosa da niente, non un falso allarme…O era la fine del mondo, o al nostro mondo era giunto un qualcosa…un qualcosa che proveniva da molto, molto lontano…La verità l’avrei scoperta più tardi…
Le lacrime mi sgorgavano giù dagli occhi come un fiume in piena, ed io continuai a correre. Mi scontrai contro il muro di gente, spinsi, non sapevo neanche quale direzione avevo preso…ma corsi…chiamando disperatamente i miei genitori e mio fratello, e la testa mi girava a furia di guardarmi intorno freneticamente. Persa. Ero totalmente persa e tutto ciò che stavo facendo in quel momento era completamente inutile. Le ginocchia cedettero, come se tutte le mie ossa fossero sul punto di sciogliersi…e mi ritrovai a piangere, inginocchiata sull’asfalto, incapace persino di pensare…Un piccolo, minuscolo essere insignificante in balìa della vita, in attesa di ciò che il destino deciderà per lui, pronto a piegarsi a qualsiasi sua mossa. E pensai persino di restare lì, in attesa di qualunque cosa stesse per succedere, noncurante di reagire…
Fu la paura a riattivare un pizzico di adrenalina, quel tanto che bastava per darmi la forza di alzarmi da quell’asfalto febbricitante e cercare alla svelta un riparo: un tuono più potente e assordante degli altri fece tremare la terra, mentre una mandria impazzita di gente non era riuscita a travolgermi per una frazione di secondo.
Un buco, una porta, lì, sul ciglio della strada. In quel momento riusciva ad assumere un solo significato: salvezza.
Lì dentro, buio totale. Dopo pochi secondi riuscii a distinguere le sagome degli arredi dell’ambiente in cui mi trovavo. Un altro tuono assordante fece tremare le pareti. Lanciai un urlo, e terrorizzata sgattaiolai sotto la prima cosa in quella stanza che mi sembrava potesse dare riparo.
Forse non me ne ero neanche accorta, ma i miei singhiozzi non si erano mai fermati…continuarono a lungo, mentre, rannicchiata sul pavimento, non avevo la minima idea di cosa stesse succedendo lì fuori…ne di cosa sarebbe successo fra pochi secondi, minuti, o ore…ma questo pensiero probabilmente mi abbandonò…la consapevolezza di essere sola al mondo (forse tra non molto nel vero senso della parola), di aver perso la mia famiglia, le uniche mie vere ragioni di vita, e la paura inspiegabile che mi tormentava, mi facevano persino pensare che in fondo ciò che sarebbe successo non era poi così importante…che persino la morte ora mi avrebbe lasciata impassibile…E così, fu buio totale. Stremata, scivolai nel sonno, lentamente, un sonno buio e senza sogni…mentre due lacrime mi si asciugavano lente sulle guance…

 
 
  
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