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Autore: Kodamy    02/11/2006    7 recensioni
Anche nella morte,
il corpo di lui
proteggeva quello di lei.
Il corpo forte del padre faceva da scudo
a quello fragile e vulnerabile della madre.
Senza sapere che ormai...
Ormai è troppo tardi, non lo sai?
[ Itachi, la notte del massacro. ]
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Room of Angels. -

 

 

“You lie silent there before me.

Your tears, they mean nothing to me.

… The wind howling at the window.

The love you never gave,
I give to you.”

 

 

Gocciola.

            Gocciola.

 

La mano continuava a gocciolare sangue sul pavimento di tasselli di legno lucido.

 

                                                                                                                                                 Gocciola.

                                                                                                                                   Gocciola.

                                                                                                                      Gocciola.

 

Il cuore continuava a sanguinare, sul pavimento, vicino alla mano bianca, macchiata di rosso. Nonostante non fosse più dentro di lei, il cuore continuava a sanguinare sotto quegli occhi vigili.

Occhi dello stesso rosso di quel sangue, macchiati però dal sangue di qualcun altro.

 

Gocciola.

 

Gli occhi di lei erano spalancati sul vuoto, pozze di inchiostro sfocate che contemplavano il nulla. Lo fissavano, dal basso, lo giudicavano e lo assolvevano. - Non è colpa tua.
La bocca di lei gelata in quell’eterno, dolce, malsano sorriso. Deformato dall’immobilità ineluttabile della morte.

 

Gocciola.

 

Nel sangue sul viso della donna, due piccoli solchi di pelle d’avorio, due piccoli letti di fiume per quelle lacrime che lei, negli ultimi momenti, aveva lasciato scorrere. – Non è colpa tua.

I vestiti sembrano non appartenerle, macchiati, sporchi, squartati sul petto.
La pelle stessa squartata sul petto, ed aperta in due; i due lembi dello squarcio faticavano a coprire la pozza di sangue dove, prima, si trovava il cuore.

Il cuore. Che ora era per terra, e sanguinava sotto quegli occhi vigili, tinti di rosso.

 

                                                                                                          Gocciola.

                                                                                                                                 Gocciola.

 

“… Really don't deserve it.
But now, there's nothing you can do.
So sleep in your only memory of me,
my dearest mother.”

 

 

Gocciola.

 

Nel silenzio, solo quel rumore. Ed il respiro di quel ragazzo di tredici anni con le mani sporche di sangue.

- Non è colpa tua. –

Ma lo è. Non hai mai capito niente, tu.

… Gocciola.

 

Scavalcò il cadavere di sua madre, calpestando di massa di capelli neri, che sembravano aver perso tutto d’un colpo la loro morbidezza, attaccati a ciocche, nauseanti di sangue.

Lei, dal basso, continuò a fissare il punto dove suo figlio si era fermato.

 

                                                                                                                      Gocciola.

 

Qualche passo risuonò in quel silenzio, ad eco delle grida che si erano spente poco prima. Il ragazzo misurò a grandi passi la stanza scura, spostandosi verso la porta, respirando silenziosamente.

Ancora nulla.

Lui non era ancora in casa, allora. E neanche suo fratello.
Nella casa deserta, solo lui ed il cadavere di colei che lo aveva messo al mondo.

 

            Gocciola.

                                   Un lieve sospiro abbandonò le labbra del ragazzo che, vigile, attendeva il ritorno.

Sguardo distratto sul cuore della madre, immobile nella pozza di sangue che

                                                                                                                                             gocciola.

 

“Peccato…” un solo mormorio sfuggi da quelle labbra tranquille, mentre con un lieve rumore metallico rigirò i kunai fra le dita. Destra, sinistra

Destra, sinistra.

    Destra.

                                                                         Sinistra.

Il vento fischiava.

 

    Gocciola.

 

Lo sguardo si spostò sulla porta chiusa, sopracciglia lievemente aggrottate, un un’unica piega sulla fronte.

In silenziosa perplessità. Domanda silenziosa.

Mi hai insegnato ad uccidere no? Vieni, allora.

E non farmi perdere tempo.

Cosa aspetti?

- Non è colpa tua.

                                   - Lo è.

Ma lui, in silenzio, continuava ad attendere il penultimo legame che lo    teneva legato a quella vita. La tela del ragno era pronta.

                                   Ed il ragno attendeva.

    Gocciola.

 

 

“…Here's a lullaby to close your eyes ( good-bye ).
[ It was always you that I despised ]
I don't feel enough for you to cry… oh well.
Here's a lullaby to close your eyes ( good-bye ).”

 

 


Le grida di sua madre rimanevano un’eco accusatoria nell’aria pregnante della stanza. 
Le grida di quando lui l’aveva divisa a metà, incredule, spaventate. 
                                                             Erano durate poco.
                                                                                                           Sua madre non aveva alzato un dito
								per difendersi.
- Perché non è colpa tua.
 
                                              Le grida erano durate poco, perché lei non aveva più voce. 
Non è aveva più fiato, soffocava, e non muoveva un dito.
 Si era lasciata uccidere, senza neanche provare a difendersi.
                                                                                                           Non dovrebbe essere così.
                                                                                                                                                 Gocciola.

Con un l’ultimo sospiro, alla fine, l’aveva colpito.

                                                                - Non è colpa tua.

 

Non si era arrabbiato, capitava di rado. Ma quella voce, quel sorriso, gli avevano dato fastidio.

                                                                                                                                 Non capisci niente.

            Le aveva strappato il cuore, e lei aveva smesso di parlare.

                                                                                              Come una bambola cui si tolgono le pile.

Con quel sorriso stampato sulle labbra, gli occhi aperti.

 

                        Gocciola…

Non voglio sentirti ora.
Dormi.
Dormi, e stai zitta.

 

Non puoi parlare, perché tu non sai niente.
Perché tu non hai mosso un dito, e sei debole.
Nessuno ha mosso un dito per far nulla.

Guardavano la morte, la guardavano e basta.

                                                                       Piuttosto che difendersi da me…

                        Patetici.           

                                   Patetici…

                                                           Peccato.

  Che delusione.

 

Sulla tela, il ragno attendeva.

Dalla tela, il sangue gocciolava.

                                                           Gocciola.

 

 

“So insignificant...
sleeping dormant deep inside of me.
Are you hiding away, lost,
under the sewers?
Maybe flying high in the clouds...
...perhaps you're happy without me?”
 

 

Si chinò sulla pozza di sangue sotto di lei, e le chiuse gli occhi, con gesto assorto.
Non potendo sopportare più a lungo quello sguardo vacuo.

           

Si rialzò.

                         La guardò.

                                       Serrò le labbra.

                                                             Le voltò la testa dall’altra parte, con un movimento seccato del piede.

 

Lei non oppose resistenza - come avrebbe potuto? – e restò così. Con la guancia sporca di sangue nel sangue.

 

                                   Sei ancora debole. Dopo tutto questo, sei ancora debole, Uchiha.

                                                                                                                             Perché pensi a lei.

                                               E sei debole.

 

Non il minimo rimorso, in lui. Solo quelle parole, che l’avevano colpito dritto dove avrebbe dovuto essere il cuore.

 

                        [ Lui non è sicuro di averlo, ma lei lo aveva, ed ora riposa sul pavimento.]

 

Gocciola.

Lo avevano colpito al cuore, ed ora l’amo tirava.
Non era la vista del cadavere di sua madre aperto per terra, a disturbarlo. Non era il sangue.
Era il modo in cui quella voce continuava a ripetersi, come un mantra, nella sua mente.

 

- Colpa tua, non era colpa tua…

 

E’ meglio così. Eri una madre perfetta.

 

Ma come Uchiha, non valevi niente. Non era per te questo posto, dove ti divertivi a fare di lui la tua bambola con cui giocare, perché tanto un assassino ce l’avevate già.

 

Eri una madre perfetta,

                                           [perfetta]

 ma non eri la mia.

                                                                       [ E’  m e g l i o  c o s ì . ]

Gocciola.

Non vedrai i tuoi figli morire prima di te, che non fai nulla.

                                                                                  Non c’è bisogno di ringraziarmi, però.

                                   Non l’ho fatto per te.

 

 

 

“So many seeds have been sown in the fields...
...and who could sprout up so blessedly?
[ If I had died
I would have never felt sad all...] ”

 

 

La porta si aprì, ed il ragazzo si voltò in quella direzione, evitando le lame metalliche che suo padre, prevedibilmente, aveva lanciato.  Prevedibile istinto di capo del branco, consapevole che qualcosa nella sua tana non era a posto.

Sgranò gli occhi.

Come un mostro. I mostri non esistono, che sciocchezza.

            Gli occhi.

                         Gli occhi rosso sangue di suo padre passarono, sbarrati, dalla moglie per terra al figlio, in piedi.

 

Occhi dello stesso rosso, uguali eppure così diversi.

                                                                       Il padre comprese ciò che la madre non aveva voluto ammettere.

- Per te è troppo tardi, vero?

                                               - …

Rimase in silenzio, ed ancora una volta l’unico rumore nella stanza scura fu quel gocciolare sommesso.    

                        Gocciola…

                                               - Hai ucciso tua madre.

                                                                                [ Il Clan ]

                                                                                                - …

                                                                                                           - Hai intenzione di uccidere anche me.

 

                                                                       L’uomo serrò lo sguardo, serrò i pugni, serrò se stesso al mondo.

 

Il ragno attese quegli ultimi attimi,
prima che la preda stessa si fiondasse all’interno della tela, e ne rimanesse invischiata.

                                                                                                                       Gocciola.

                                                                                  Gocciola.

 

                                   Ancora e ancora, più forte, perchè la ferita è aperta ed il cuore batte ancora.

 

Ed il sangue gocciola.

                                                                       [ Vediamo se il tuo sacrificio, Shisui, è servito a qualcosa. ]

           

Se uccidere era così sbagliato                      [ ed io ti disgusto tanto, padre ]

    perché non gli avevano insegnato nient’altro,
    da quando era nato?                              [ ti sto solo facendo vedere cosa ho imparato.

                                                                                                                                Sono il figlio che hai

                                                                                                                                 sempre voluto.

                                                                                - e ora non mi servi più, sei inutile
                                                                                                          ed il figlio abbandona il nido  –
]

Mentre nessuno aveva mosso un dito, contro di lui…

                                                                       … suo padre sembrava lottare contro il diavolo in persona.

Suo padre in quel momento lo voleva morto.

                                                                                                          E’ così, che avrebbe dovuto essere.

Nell’affondare la katana nel suo stomaco, nel lasciar ricadere il corpo
su quello della bambola sporca di sangue per terra…

Non provò quella strana sensazione allo stomaco di quando aveva ucciso lei.

                                                                                                          Affatto.

                                                                                                                                 [ Mentre lei era una                                                                                                                             madre perfetta,
                                                                                                                                 anche se non mia…

                                                                                                                                 Tu non eri niente. ]

                                               Dalla lama sporca di sangue…

       Gocciola.

 

 

“You will not hear me say: I’m sorry.

Where is the light?
Wonder if it’s weeping somewhere...”

 

[ -… t-tuo fratello?

                                    - … avrò cura di lui, come ogni fratello maggiore. ]

 

                                                                                                                 Anche nella morte,
                                                                                                                         il corpo di lui                                                                                                                        proteggeva quello di lei.

Anche nella morte, il loro sangue si mischiava.

                                                                               Senza creare un mostro, nella morte.

                                                                       In vita il loro sangue si è mischiato troppo e male.

[ Non è colpa tua. ]

                                   Gocciola.

                                                 [E’ troppo tardi per te?]

                                                                                  Gocciola.

                                                                                                          Il corpo forte del padre faceva da scudo                                                                                               a quello fragile e vulnerabile della madre.

                                                           Senza sapere che ormai…

                                                                                                          Ormai è troppo tardi, non lo sai?

Non importa.

                                   E’ meglio così.

                                                                       Forse, padre, eri l’unico ad esser degno del nome degli Uchiha.

 Ma… non eri degno di essere chiamato uomo.

                                                                                              [ Intanto continua a gocciolare. ]  

            Non dovrai subire la vergogna di diventare vecchio

                                                                                  e  i n u t i l e … [ lo eri già, non te ne sei mai accorto.]

Dei passi.

                 - Non entrare.

                                               I passi erano troppo lontani per sentire quella voce tranquilla. Li sentì fermarsi di

                                               fronte alla porta.

                                                                        - Non entrare.

                                                                                              La maniglia scattò, e gli occhi rossi videro un                                                     Gocciola.                      visino scosso nello spiraglio di luce dell’esterno.

                                              
Vide le lacrime affacciarsi a quegli occhi scuri spaventati.

                                                                                              - Nii-san?

                                                                                                                      [ Avrò cura di lui. ]

 

 

 

                                              

“…Here's a lullaby to close your eyes ( good-bye ).
[ It was always you that I despised ]
I don't feel enough for you to cry… oh well.
Here's a lullaby to close your eyes ( good-bye ).”

 

[ - Where is the light?

- You turned it off, nii-san. ]

 

( Goodbye. )

 

 

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A/N. Si può dire che sia correlata a “Demons in your dreams”? Beh, dall’ultima frase si. Ma giusto perché mi piaceva e ce l’ho messa. Non ho nulla da dire al riguardo, solo un piccolo studio in vista della prossima long fic >_<” [ Home Sweet Home è agli sgoccioli °_° ] . Ah, e mi sono divertita con quel tastino a sinistra, con le freccette. Avete presente?

Volevo rendere l’idea di una mente malata. Jem dice che ci sono riuscita [ti lovvo amoraH u_u]. Malata e frammentata. In fondo… non so come la vedo. E’ diventata sempre più frammentata man mano che andavo avanti. Spero di non essere diventata psicopatica anche io °_° Itachi, è la mia richiesta di perdono per tutto quello che ti faccio passare u_u” [E' semplicemente senza capo nè coda, non tentate di trovarlo >_<]Ah, si. La canzone è Room of Angels - Silent Hill OST 4 .

  
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