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Autore: roxy_xyz    07/04/2012    4 recensioni
“Sai, a volte quando si è tristi, la tua anima ti fa vedere solo un brutto cielo tempestoso e invece, appena ti affacci alla finestra, vedi un bellissimo sole. Alto, caldo, vivace, come per ricordarti che non dovresti stare rinchiusa in camera, ma uscire e andare a giocare. Vedo quello stesso sole che mi chiede perché non sei fuori, magari a cercare more… avrei tanta voglia di gustarmene un paio!”
“Se il sole ci tiene tanto…”
“Come se il sole? E a tua madre non pensi?”
“Ne vuoi tante?” le avevo domandato, finalmente allegra e senza più lacrime sul viso.
“Troppe!”
E io ero uscita, dimenticando ogni cosa, perché non c’erano più nuvole fuori dalla finestra.

[Quarta classificata al "Di carta e di inchiostro" Contest di May_Z e vincitrice del "Premio Emozione'']
[Questa storia partecipa al contest "La riscossa delle medaglie di legno" indetto da aduial95 sul forum di EFP]
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merope Gaunt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Soccorso di roxy_xyz perché anche loro sono da salvare!'
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Nome: roxy_xyz;
Titolo della storia: Castelli di carta;
Pacchetto e combinazioni scelte: Conte di Montecristo, Merope Gaunt/Tom O. Riddle; “La vostra anima è triste e vi fa vedere un cielo tempestoso”;
Personaggi: Merope Gaunt;
Rating: verde;
Genere: oneshot;
Avvertimenti: Malinconico (con Merope non si può scrivere una commedia!);
Introduzione: Non ho scelto un momento in particolare della vita di Merope, anche perché ho già scritto su di lei, quindi non volevo essere ripetitiva. Però, diciamo che quella benedetta citazione mi ha messo un po’ in crisi, mi sono chiesta chi mai potesse parlarle in quel modo. Dato che non si parla mai della madre, mi si è accesa una bella lampadina!
Nda: ho impostato la oneshot in tre fasi, spero siano abbastanza chiare! Ho usato uno stile molto semplice nella seconda parte, in quanto Merope è solo una bambina. Infine, il prompt fulmini anche se non è molto presente nella storia (di solito io martello con i prompt!), ho voluto dargli un compito diverso, in quanto accompagna la citazione e il fulmine serve per ricordarle che la sua esistenza non può essere cambiata. Illuminano il cielo e in un certo senso illuminano lei, facendole vedere le cose chiaramente, senza i veli dell’illusione che invece trovi nella prima parte.
So che è più una Merope/primaopoimiguarderaiTom, ma non sono riuscita a produrre nulla di migliore.
Grazie comunque per avermi fatto scrivere un’altra storia su uno dei miei personaggi preferiti!


Castelli di carta

Castelli di carta

La corteccia è fredda, ruvida; i miei polpastrelli disegnano piccoli cerchi su di essa, soffermandosi su alcuni punti, mentre traccio le lettere. 
Ecco come Merope Gaunt usa la magia, come mostra agli altri il suo sangue puro: disegnando come una sciocca le proprie iniziali. Insieme alle tue.
Piccoli brividi mi ricordano che dovresti essere già qui; sei in ritardo. Dove sei, Tom? 
Ho voglia di incontrare i tuoi occhi neri, vedere le tue labbra arricciarsi in un sorriso mentre conversi con tuo padre. Osservarti sta diventando la mia occupazione preferita, non quegli stupidi incantesimi. 
Eccoti arrivare, elegante e bello come sempre. 
Eccoti arrivare e superarmi. 
Guardami, Tom.

§



“Merope, cosa fai qui tutta sola? Dovresti andare a giocare fuori con tuo fratello!” mi aveva domandato un giorno mia madre, trovandomi nascosta in camera. 
“No.” La mia voce, seppur debole, era arrivata alle sue orecchie. 
“Che succede, amore?” 
“Nulla,” avevo continuato a rimanere con la bocca cucita, come mi aveva chiesto lui. 
“Merope…” Nessuno riusciva a pronunciare il mio nome come faceva lei, leccandomi le ferite e accarezzando il mio animo. 
Avevo nascosto la testa tra le gambe e cominciato a piangere. 
“Per favore…” Mi aveva implorato di parlare con lei ancora una volta.
Orfin mi odia e non fa altro che prendermi in giro perché non sono una strega.” 
Ma tu sei una strega!” aveva esclamato con una punta di stupore. 
“No.” 
“E invece sì. Hai solo bisogno di essere più sicura di te stessa. Hai sette anni, tesoro.” La sua mano si era appoggiata sulla mia guancia, accarezzandola lievemente. 
“Mamma, Orfin alla mia età faceva tante, tante magie?” 
Avevo sollevato di scatto la testa all’udire la sua risata: erano state davvero poche e rare le volte in cui l’avevo vista ridere. “Mamma?” 
“Sai, a volte quando si è tristi, la tua anima ti fa vedere solo un brutto cielo tempestoso e invece, appena ti affacci alla finestra, vedi un bellissimo sole. Alto, caldo, vivace, come per ricordarti che non dovresti stare rinchiusa in camera, ma uscire e andare a giocare. Vedo quello stesso sole che mi chiede perché non sei fuori, magari a cercare more… avrei tanta voglia di gustarmene un paio! 
“Se il sole ci tiene tanto…” 
“Come se il sole? E a tua madre non pensi?” Aveva messo su un leggero broncio.
“Ne vuoi tante?” le avevo domandato, finalmente allegra e senza più lacrime sul viso. 
“Troppe!” 
E io ero uscita, dimenticando ogni cosa, perché non c’erano più nuvole fuori dalla finestra. 

§



“Dove sono le mie more?” avevo domandato a Orfin. Ero stata fuori tutto il pomeriggio per raccoglierle; finalmente avevo deciso che sarei andata da lui e che avrei smesso di nascondermi. Sapevo di non essere bella, né tantomeno così intelligente da fare colpo su di lui, eppure quel giorno ogni cosa sembrava dirmi “Merope, vai! Il sole brilla, oggi puoi fare qualsiasi cosa!”, e io volevo tentare almeno una volta, provarci. 
“Fermo!” ordinai a mio fratello, vedendolo mangiare alcuni dei frutti che volevo offrire a Tom. 
“Che vuoi, stupida?” La sua voce velenosa cercò ancora una volta di ferirmi, qualcosa che non sarebbe successo quel giorno, così presa dai miei preparativi. Non badando agli insulti, presi il cesto dalle sue mani e abbandonai la casa in fretta, in modo da scampare alla sua furia. 
“Merope!” 
Le mie gambe si mossero sempre più veloci, mentre mi nascondevo dietro al solito albero. 
Qualche minuto e Tom avrebbe girato l’angolo e spronato il cavallo per gli ultimi metri. 
Mancava poco e gli avrei offerto le mie more. 
Guardai il cielo e sorrisi a mia madre e al sole. Le mie mani cominciarono a tremare quando sentii il rumore degli zoccoli. 
Due mani forti rovesciarono l’intero contenuto del cesto sul mio viso. Sentii il sapore delle more sulle mie labbra, sentii le risate di Tom alla mia ridicola vista, sentii una voce serpentina al mio fianco. 
“Stupida Merope.” 

 

“Sai, a volte quando si è tristi, la tua anima ti fa vedere solo un brutto cielo tempestoso e invece, appena ti affacci alla finestra, vedi un bellissimo sole.” Riuscivo quasi a sentire le parole di mia madre e quelle sue carezze lievi. Solo che questa volta nulla mi avrebbe fatto cambiare idea sulla mia inutilità, sul mio destino. Ero sola, ed era solo colpa mia.
Li vedi i fulmini, mamma? Illuminano il cielo e mi ricordano chi sono e qual è il mio posto, qual è il mio inferno. Non è dentro queste mura, è dentro di me. 
Li senti i miei singhiozzi, mamma? Mi troncano il respiro, lacerandomi, dissanguandomi. 
E io crollo, sotto il peso delle macerie, sotto il peso dei miei castelli di carta.




Questa oneshot ha partecipato al “Di carta e di inchiostro” contest indetto da May_Z sul forum, classificandosi quarta e vincendo il “Premio Emozione”. Per leggere il giudizio, fare clic qui
Questa storia partecipa al contest "La riscossa delle medaglie di legno" indetto da aduial95 sul forum di EFP
   
 
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