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Autore: vul95    07/04/2012    4 recensioni
Aveva cinque anni ed amava la sua quotidianità.
Piccola fic a due capitoli incentrata sulla vita di Midorikawa prima del Sun Garden.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jordan/Ryuuji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Se lo ricordava bene, suo padre

Mi Ricordo il Suono di Quella Fisarmonica.

 

Se lo ricordava bene, suo padre.

Era alto. E aveva sempre una barbetta ispida a coprirgli la carnagione olivastra. Gli occhi erano neri, e i capelli troppo lunghi. Li doveva tagliare spesso, gli crescevano ad una velocità sorprendente.

Era giovane, suo padre.

Sorrideva sempre. Un sorriso triste. Lo vedeva dalle rughe agli angoli delle sue labbra, che parevano invecchiarlo di cento anni.

Midorikawa però se lo ricordava allegro e spensierato. Erano due bambini sperduti nelle strade grandi delle città, loro due.

Suo padre non aveva un lavoro. Gli ultimi soldi rimasti li aveva usati per comprare un piccolo stereo a batterie e una cassa trasportabile.

Un giorno gli si era presentato con una fisarmonica in mano e, con il solito sorriso sghembo, aveva esclamato un “Andiamo a divertirci un po’, che dici?”. E da quella volta le loro giornate le avevano passate in metro. Il tempo di entrare in un vagone, accendere il piccolo stereo con la base e la cassa, suonare un paio di pezzi con la fisarmonica. Lui, che era piccolo e non la sapeva suonare, aveva il compito di girare per il vagone (a volte pieno, a volte semivuoto) con un bicchiere e prendere quello che la gente offriva. Poi uscivano, ed entravano da un’altra parte, a fare la stessa cosa.

A Midorikawa piaceva. Erano i momenti più belli della sua giornata, perchè poteva aiutarlo, e suo padre poteva essere davvero orgoglioso di lui.

Quando la sera tornavano a casa, un enorme edificio pieno di gente simpatica, spesso chiedeva a suo papà di suonargli qualcosa. Solo per lui.

Lui gli sorrideva e, anche se era stanco, suonava qualche pezzo. Gli insegnava le parole, gli faceva vedere quali tasti premere. Ridevano, assieme. E ogni sera, poco dopo aver cominciato a suonare, attorno a suo padre si riuniva una piccola folla di persone che ascoltava con un sorriso quelle melodie. I loro sorrisi erano tutti diversi. Midorikawa li osservava spesso, e si riscopriva contento di quei momenti d’intimità “allargati”.

Con il tempo, il bambino aveva cominciato ad imparare qualcosina, ed ogni volta, ogni giorno, ogni fermata, ogni vagone, aveva cominciato a canticchiare sopra le melodie del padre, un sorriso che gli illuminava il viso.

Aveva cinque anni ed amava la sua quotidianità.

-Facciamo un gioco.- gli aveva detto una volta il padre, la fisarmonica in una mano e l’indice alle labbra, strizzandogli l’occhio.

Midorikawa aveva annuito con un sorriso. I giochi con suo padre erano sempre divertenti.

-E’ tipo… Guardie e ladri. E noi siamo i ladri. Io e te.- si era indicato e poi aveva fatto lo stesso con il figlio, che entusiasta aveva allargato il sorriso –Siamo complici, nessuno può dividerci. Giusto?- aveva continuato.

Midorikawa aveva gonfiato il petto con orgoglio. Lui era la spalla di suo padre, lo sarebbe sempre stato. E suo padre la sarebbe stata per lui.

-Allora.- aveva gesticolato, poi si era guardato attorno circospetto, giocando –Prima o poi le guardie dovranno venire a prenderci, perché siamo i ladri.-

Il bimbo aveva annuito concorde.

-Ecco. Quando succederà, io farò in modo di essere lontano da te.-

Quello aveva storto le labbra in una smorfia. Dovevano stare insieme, no?

-Ragiona.- aveva quindi continuato il padre –Se siamo divisi e mi prendono, poi tu puoi venire a salvarmi, no?-

Midorikawa aveva ritrovato il sorriso.

-Perfetto. Quindi quando non mi vedrai, non dovrai spaventarti, perché sei un uomo, e sai che dovrai venire a salvarmi.- gli aveva scompigliato i capelli, e poi accarezzato una guancia.

Il piccolo aveva annuito, attento. Sarebbe stato impassibile come un agente segreto.

-Però dovrai stare attento!- gli si era avvicinato, circospetto –Può essere che qualche altra guardia venga a prendere anche te!-

Il bimbo aveva sussultato.

-Se mai succedesse, tu dovrai dire di non conoscermi, che non hai un padre e nemmeno un compagno, ed inventarti un’altra identità. Così. Puff. Perché sennò potrebbero incastrarti (sono intelligenti). E così non saresti più libero nemmeno tu, e non potresti salvarmi.- aveva spiegato –Mi hai capito, Ryuuji?- aveva aggiunto serio.

Midorikawa aveva continuato ad annuire fino alla fine del discorso, entusiasta. Si sarebbero divertiti un mondo.

Per giorni però non era successo niente, e Midorikawa si era quasi rassegnato all’idea che il gioco non si sarebbe più fatto.

Aveva ormai perso la speranza quando prendendogli la mano, suo padre l’aveva portato verso l’entrata della metro, come ogni giorno.

Erano entrati in un vagone, che come al solito aveva scelto lui a caso, e suo padre si era messo a suonare. Lui aveva cantato, poi aveva preso il solito bicchiere e si era immerso nella gente del vagone, distribuendo sorrisi a destra e a manca.
Quel giorno la metro era piena.

In molti gli carezzavano i capelli, gli sorridevano comprensivi. Il bicchiere rimaneva vuoto, ma loro sorridevano e gli davano buffetti sulle guance.

Era successo tutto così in fretta.

Il suono della fisarmonica si era confuso con quello del vociare della gente, e quando Midorikawa era tornato indietro, davanti alla porta dov’erano entrati, suo padre non c’era. Il bambino si era guardato attorno perplesso: suo padre doveva essere nei dintorni, per forza. Lo aveva chiamato, mentre le porte del vagone si aprivano per l’ennesima volta e la gente lo spintonava e sballottava da tutte le parti, prima piano, poi a voce sempre più alta.

Lui non c’era.

Lui non c’era.

Era uscito appena in tempo dalla metro e le porte si erano chiuse dietro di lui, poi aveva corso come un matto ed era uscito in strada. Continuava a chiamarlo come se da un momento all’altro fosse potuto sbucare dal nulla, ridendo come suo solito e dicendogli con una scrollata di spalle che “Sono qui, dove corri?”.

Non c’era.

Non era da nessuna parte.

E il sole calava velocemente.

Piangendo, alla sera, Midorikawa si era poggiato su una macchina, e aveva preso a singhiozzare, mordendosi il labbro.

Dov’era suo padre? A quell’ora di solito erano assieme e lui suonava la fisarmonica. In quel momento, il suo papà sarebbe dovuto essere davanti a lui “Questo è il do, Ryuuji.” Avrebbe dovuto dire indicando i tasto “Poi vai su, e c’è il re.” Avrebbe suonato il re, e avrebbe riso di come lui non riuscisse a ricordare la posizione della note.

-Bimbo, ti sei perso?- era stata una voce bassa a riportarlo alla realtà. Il moccio al naso e le labbra bagnate di lacrime, aveva alzato lo sguardo, riconoscendo la divisa della polizia -… Ehi?- aveva ripetuto gentilmente quella voce, allungando una mano verso di lui.

Midorikawa si era scostato spaventato, poi aveva capito.

Ma certo! Ma certo, era arrivato il momento! Il gioco era cominciato!

E lui cos’era? Lui era un ladro, ed aveva un compagno. Il suo compagno era stato preso dalle guardie, e ora toccava a lui.

Freddo come un agente segreto. Doveva essere impassibile. Lui era un uomo.

Gliel’aveva detto suo padre.

Si era asciugato con rabbia le lacrime, alzando il mento. Annuì. Lui stava benissimo.

-Dov’è la tua mamma?- gli aveva chiesto la guardia.

Lui aveva scosso la testa.

Non ce l’aveva.

-E il tuo papà?- l'adulto aveva aggrottato le sopracciglia.

Midorikawa lo aveva guardato serio. Poi, stringendo i pugni, aveva scosso la testa risoluto. No. Non avrebbero incastrato suo padre.

Non ce l'aveva.

-...- la guardia si era abbassta al suo livello -Vuoi venire con me, piccolo?- aveva chiesto, allungando una mano. Lui era indietreggiato velocemente e aveva tentato di scappare, ma l'uomo l'aveva ripreso subito -Non devi aver paura...- aveva mormorato, guardandolo preoccupato.

Midorikawa l'aveva guardato con odio. Non assomigliava per niente a suo padre. Non aveva la barba ed era più basso. Aveva i capelli chiari, e gli occhi erano freddi. Non sorrideva come il suo papà. Non era il suo papà. Il suo papà l'avevano portato via. Lui doveva salvarlo.

Forse, seguendo quella guardia l'avrebbe trovato.

Così si fece portare via da una volante della polizia.

Ma il posto dove lo avevano portato non era una prigione, nè un posto dove si sarebbero potute trovare delle guardie.

Era un edificio largo e basso. Era grande, e aveva un enorme cortile che lo circondava.

Lo avevano portato dentro, poi la guardia aveva parlato con una donna e quella gli si era avvicinata.

-Ciao.- gli aveva detto.

Midorikawa si era morso il labbro.

-Non hai una mamma?- aveva chiesto la signora, accucciandosi di fronte a lui, che aveva scosso la testa -E nemmeno un papà?- aveva continuato la donna. Lui aveva indugiato appena. Poi aveva nuovamente scosso il capo, come la prima volta.

Quella aveva sospirato e si era alzata -E' un orfano.- aveva quindi detto.

Il bimbo aveva sorriso appena. Ci era riuscito, non aveva smascherato suo padre. Poteva essere orgoglioso di lui, era stato bravo. Come una spia.

-Che indende fare?- la guardia aveva ripreso a parlare con la donna, che con un cenno del capo aveva indicato il bimbo -Lo teniamo qui.- aveva detto.

-Il Sun Garden è sempre aperto.- e, sorridendo, lo aveva portato in una stanza, dove l'aveva lavato e rivestito in silenzio.

Midorikawa non capiva. Se loro erano i cattivi, perchè lo trattavano a quel modo? Lo facevano perchè intendevano fargli tradire suo padre? Oh, ma lui non l'avrebbe mai fatto. Sarebbe rimasto lì fino a che non avesse trovato una pista da seguire per ritrovare il suo papà.

-Piccolo, come ti chiami?- aveva chiesto ad un certo punto la donna, tenendolo per mano e portandolo su per delle scale.

Ryuuji Midorikawa aveva alzato lo sguardo scuro.
Se mai succedesse, tu dovrai dire di non conoscermi, che non hai un padre e nemmeno un compagno, ed inventarti un’altra identità. Così. Puff.

Si era guardato attorno, poi era tornato a guardare la signora.

-Reize.- aveva mormorato, la voce rauca per il troppo stare in silenzio -Mi chiamo Reize.-

 

*

 

Ok. Si, ecco.

Bhè, ieri ero in metro. Ieri ero in metro ed ho visto un uomo suonare la fisarmonica. Con lui c'era un bambino che canticchiava e che, alla fine, ha girato per il vagone per prendere qualche spicciolo. Mi ha dato molto da pensare. Così mi è venuta in mente questa fic, che avrà due capitoli, incentrata su Midorikawa. L'ho visto come il più adatto a questo ruolo.

Mi sono sempre chiesta come potesse essere la vita dei ragazzi del Sun Garden prima di entrarci, e così è uscita questa piccola fic.

Spero vi sia piaciuta *inchino*

 

Greta.

 

aveva.

l' scosso la testa.

ia.

ei ricordòrdie, e ora toccava a lui.

i lui.

riconoscendo la divisa della polizia -....

, davanti

 

 

 

  
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