Era questo, che stupiva in lui.
Non era uno studioso, eppure, le sue parole erano pura
poesia.
Una soave musica, era la sua voce, armoniosa e magnifica.
Espressione di un animo forte e tormentato.
Tormentato, come poteva essere solo quello
di un Borgia.
Faenza, 1500 A.D.
Il Rampollo di Castel Sant’Angelo,
si è impossessato della città dei Manfredi,
e convoca i due fratelli al suo cospetto.
Era un giovane di
bell’aspetto, con il fisico atletico, gli occhi falcati e azzurri. Aveva la
fronte un poco alta, ma il viso lungo si sposava alla perfezione con quel corpo
poderoso. Una rada barbetta crespa gli incorniciava il mento e la zazzera di
capelli biondi lo facevano apparire come un angelo. Il più bello e letale di
tutti. Nella sua voce v’era qualcosa di sorprendentemente affascinante, che non
lasciava nessuno scampo alla mente e toccava le corde più sensibili dell’animo.
Si era rapiti dalla sua baldanza e dalla poesia delle sue parole. Pareva di
ascoltare Dio stesso che parlava, mentre fluttuava a pochi centimetri dal
pavimento, come se si innalzasse ad una
vita ultraterrena forte e stupefacente. Non era umano, o almeno, non pareva
esserlo.
Molti, che in quel momento
erano nella stanza, parevano rapidi dal suo sguardo di fuoco, e tutti gli occhi
dei presenti erano, inevitabilmente, calamitati a lui, come se una tale
bellezza, non potesse far altro che attrarre.
I fratelli Manfredi erano
ben ritti sulle gambe, e parevano essere dei pilastri al centro della stanza.
Si erano prostrati ai piedi del Borgia con tanta contrizione, che persino gli
occhi di ghiaccio del figlio del Papa s’erano leggermente addolciti, come se
provasse una pietà infinita verso di loro, innalzando ancora di più la sua purezza e il coraggio del
suo cuore verso Nostro Signore.
Era giovane, ma parlava con
tanto impeto e fermezza da apparire un più che esperto mediatore.
<< A voi, dunque,
Manfredi, l’ultima parola! >> disse, indicando con il movimento di un
braccio Astorre, che, ancora, restava immobile.
Il silenzio aleggio per la
sala, infine, sulle labbra del Manfredi, apparve un largo e lento sorriso
divertito.
<< Dubito, Borgia, che
l’ultima parola sia la mia! >> disse.
Il Borgia indugiò per
qualche attimo, infine, abbozzò un sorriso e ridacchiò, facendo imporporare
delicatamente le sue gote pallide. << Siete astuto, Astorre… >>
disse sotto voce, massaggiandosi lentamente la barbetta rozza e bionda.
<< La vostra astuzia, tuttavia … >> prese a dire più
seriamente:<< vi può aiutare, come può svantaggiarvi. >> fece una
pausa, e lo valutò con un occhiata severa, evidentemente in cerca di un
ennesima dimostrazione di prostrazione:<< Ma ho l’impellente bisogno di
ricevere una vostra risposta! >> sbottò, infine, indurendo un poco in
lineamenti del volto.
<< Come desiderate,
Duca Valentino… >> disse Astorre, digrignando lentamente i denti,
chinando un poco la testa:<< sono conscio, che la vostra, di astuzia,
superi nettamente la mia, soprattutto perché risulta indifesa davanti alla
schiera di mercenari pronti a prostrarsi alla vostra! >> disse con un tocco
si malizia nella voce.
Il Borgia si incupì ancora
di più, e i suoi occhi, parvero ridursi a delle linee sottili. << Il
sarcasmo… >> aggiunse lentamente, mantenendo un tono saldo, reprimendo la
voglia di trafiggerlo:<< non sarà egualmente esaltato! >> sbottò.
Astorre chinò ulteriormente
il capo, intuendo di aver irritato più del dovuto il Borgia.
<< Vi chiederei un
ultimo piacere! >> intervenne d’impulso Gian Galeazzo, alzando il volto e
incontrando lo sguardo dell’uomo. Era un sguardo freddo, calcolatore, ma allo
stesso tempo, gli trasmetteva qualcosa di diverso. Gli pareva di poter
intravedere il tormento nel quale volgeva il suo Essere. Si sentiva quasi
colmare dalla sua rabbia e dalla sua
forza. Quelle percezioni erano magnifiche, e vi avrebbe indugiato per ore, se
non fosse, che in quel momento, la ragione ebbe la meglio sui sentimenti.
<< Parlate, di
grazia…! >> sbottò il Borgia, distogliendo lo sguardo. Non si era quasi
accorto del giovane fino a pochi attimi prima, e la vista di quell’uomo lo
inquietava. Vi era troppa perfezione, troppa purezza nel suo animo, e in
qualche modo, provava invidia verso di lui. Lui voleva essere puro, ma la
tentazione di Satana lo avvolgeva sempre, lasciandolo senza fiato, cullandolo
tra le sue braccia d’oscurità e peccato. A tratti gli piaceva indugiare in quei
piaceri effimeri, che solo il Male poteva offrire, a tratti, odiava se stesso,
perché non aveva abbastanza forza per resistere a quelle tentazioni. Non era
degno di essere considerato un liberatore, non era degno di essere considerato
l’uomo tramite cui Dio parlava. Digrignò i denti e strinse i pugni, poi, il suo
viso divenne ancora più cupo.
Gian Galeazzo prese a
parlare velocemente, non voleva infastidire ancora di più il Borgia, non voleva
che il suo bel volto fosse sfigurato dalla rabbia, non voleva che la sua anima
si macchiasse. Doveva restare immacolato il suo volto, come il suo Essere.
<< Io e mio fratello
vorremmo il permesso per riflettere sulla vostra generosa proposta, prendendo
atto del parere del nostro più fidato consigliere, Petronio. Vorremmo
interpellarlo, forse per l’ultima volta. Ci fidiamo ciecamente di lui, è stato
quasi un padre per me e mio fratello, quando il nostro morì durante… >>
dalla sua bacca non fuoriuscì nessun’altra parola, mentre la mano alzata del
Borgia lo bloccava, non aveva la forza di opporsi a lui.
<< Permesso accordato!
>> sbottò in un ringhio, mentre la voglia di uccidere entrambi si
insinuava sempre più profondamente nella sua mente e nel suo cuore, come fosse un
serpente che strisciava lentamente a lui. Ancora una volta Satana stava usando
le sue lusinghe, e Dio, lo sapeva, lo stava mettendo alla prova.
<< Fra un ora precisa
da questo momento … >> sbottò infine, sporgendosi in avanti con il busto,
fissando famelico i due:<< vi ripeterò la mia generosa proposta, ed
allora, esigerò una risposta! >> disse:<< o morte, o vittoria, è questo
il destino di una guerra, e voi, Astorre… >> prese a dire in tono di
stizza, poggiando a fondo la schiena
nello scrano di legno:<< dovreste prenderne atto con maggiore
consapevolezza! >> sibilò, mentre il Manfredi chinava maggiormente il
capo, evitando di guardarlo in volto, conscio, che se l’avesse fatto la sua
furia non sarebbe più stata contenibile.
Lentamente, i due Manfredi
si voltarono e si avviarono verso l’altra sala, per discutere di quella
difficile situazione.
<< … per questo e per
altri innumerevoli motivi… >> la voce di Gian Galeazzo Manfredi gli
perforava le orecchie prepotente. Avrebbe voluto vedere il suo sangue scorrere
di tra le sue dita, macchiare il pavimento di marmo, imbrattare i suo capelli.
Avrebbe voluto assaporarne l’odore, berne goccia dopo goccia sempre di più,
fino a saziarsene completamente. Ah, quanto lo desiderava… era il bisogno più
impellente che avesse mai provato. Ascoltava quelle sue parole da minuti
interminabili, e quella voce lo tormentava. Era la voce di Dio, lo sentiva. Quel
suo tono, gentile e devoto, lo schiaffeggiavano in pieno volto, mostrandogli la gravità dei suoi
gesti. Dio lo puniva. Lo puniva perché non era riuscito a resistere alle
lusinghe di Satana.
Poggiando il capo su una
mano, in un gesto pieno di irritazione, strinse i capelli tra le dita. Voleva
solo che quella situazione terminasse. Odiava sé stesso. Non avrebbe più ceduto
a nessun istinto demoniaco, se solo quella tortura fosse terminata.
<< abbiamo, infine,
deciso di accettare la vostra generosa proposta, e… >> il giovane
Manfredi lanciò una rapida occhiata in direzione del fratello maggiore.
Petronio aveva consigliato loro quella tattica, ma era evidente il bruciante
disaccordo di Astorre. << ci vorremmo porre sotto il vostro servizio, non
come vassalli qui a Faenza, ma come vostri fidati consiglieri, generali… Mio
fratello… >> prese a spiegare con garbo, indicando Astorre con una
mano:<< è un ottimo combattente, astuto nelle battaglie, ed io… >>
fece una pausa e chinò un poco il capo, per non apparire come troppo
arrogante:<< sono un ottimo mediatore, mi interesso di politica, e
sarebbe un onore, per me, potervi aiutare nella gestione delle vostre faccende.
Saremmo degli ottimi assistenti per voi e vi seguiremmo con lealtà e fiducia in
tutte le vostre imprese, o più semplicemente, eseguiremo allo stremo delle
nostre forze, tutto ciò che ci ordinerete, senza indugi… >> chiuse le
mani dietro la schiena e attese che il Borgia dicesse qualcosa, con i cuore che
batteva all’impazzata. Desiderava con tutto sé stesso di porsi al servizio di
quell’uomo. Non desiderava altro. Il Borgia era un uomo astuto, forte,
intrepido, e per lui, sarebbe stato un onore poter stare in sua compagnia, per
eseguire uno qualsiasi dei suoi ordini, perfino se fosse stato un semplice
capriccio. Avrebbe fatto tutto ciò che il Borgia desiderava. Tutto.
Il Valentino si passò una
mano nella zazzera di capelli ricci e biondi, ed infine, riassunse un
atteggiamento più serio, accompagnato da una postura retta e decisa. I
lineamenti del suo volto si erano nettamente tesi, e i suoi occhi azzurri parevano
ardere nella fiamme, le fiamme dell’Inferno. Sentiva che nel proprio animo
ardevano sentimenti contrastanti. Odiava i fratelli Manfredi, e si era già
mostrato fin troppo magnanimo nei loro confronti, eppure, loro volevano di più?
Chi erano per chiedere a lui, Cesare
Borgia, Duca Valentino, figlio del Papa, un favore tanto ignobile? Quell’unico
e semplice pensiero gli stringeva la bocca dello stomaco, e gli impediva di
pensare con decisione.
La voglia di uccidere
entrambi si faceva sempre più largo dentro di lui, eppure, nel profondo del suo
Essere, poteva sentire un calore differente da quello delle fiamme infernali
nella quali bruciava. Era un calore avvolgente, intenso, qualcosa che lo faceva
sentire bene, appagato. La pace, proveniva da quel tepore lontano. La Sua,
pace. Era la voce di Dio. La sentiva, ma come poteva esserne certo? Satana lo
tentava sempre, ogni giorno di più, con sempre maggiore determinazione, e con
sotterfugi. Voleva trascinarlo con sé negli inferi, tra i lussuriosi, i
fraudolenti, giù, fin tra le ali dello stesso Lucifero, per ghiacciarlo a sua
volta, imprigionandolo insieme a quel mostro.
Le sue membra ebbero un
sussulto, e in un attimo, riprese a fissare i due Manfredi:<< D’accordo…
>> ringhiò sommessamente:<< dubito, comunque, che il vostro prode fratello
possa essere considerato un buon combattente! >> sbottò, mentre vedeva
che Astorre fremeva per la rabbia. Non temeva quell’uomo, lo avrebbe ucciso
come aveva fatto con i soldati che aveva incontrato nel suo cammino. Era suo
fratello che odiava, con quel suo modo di fare angelico, perfetto, puro, come
lui non sarebbe mai potuto essere.
Gian Galeazzo prese per una
spalla il fratello, intuendo la sua voglia di saltare addosso al
Borgia:<< vi ringraziamo dal più profondo del nostro cuore, Duca Valentino…
>> disse:<< vorremo prendere congedo da voi, ora, se ci è permesso…
>> disse con garbo.
Cesare ringhiò un assenso,
infine, mentre i due fratelli stavano per lasciare la sala, li bloccò con una
parola:<< vostro fratello resterà a Faenza, ci potrebbero essere
insurrezioni, è bene che i contadini abbiano un punto di riferimento! >>
sbottò seriamente, nella direzione di Gian Galeazzo. Desiderava la sua
approvazione più di quella di chiunque, Dio, parlava per mezzo di lui, ne era
certo:<< in quanto a voi… >> riprese a dire:<< se siete
davvero un buon politico come andate dicendo, allora qui siete sprecato,
verrete a Roma con me! >> spiegò:<< sarete presentato al Papa come
un infedele convertitosi, poi sarete al mio servizio! >> concluse
d’impulso, senza troppi altri giri di parole.
Per un attimo, gli occhi di
Gian Galeazzo scintillarono, empiti d’orgoglio e ammirazione. Addirittura a
Roma. Sarebbe stato il fidato servo di Cesare Borgia, nella sua stessa dimora,
presentato al suo stesso padre. Sperava in una duratura alleanza con il Duca
Valentino, ma addirittura Roma… non si sarebbe mai aspettato una cosa simile.
<< Vi ringrazio, mio
signore… >> disse inchinandosi profondamente mentre Astorre, sprezzante,
usciva dalla sala con fragore.
<< Si prende gioco di
te! >> sbottò Astorre, paonazzo in volto, per via della rabbia
crescente:<< e anche di me! >> urlò.
<< Calmati, fratello!
>> replicò con calma Gian Galeazzo:<< avrebbe potuto ucciderci,
invece, ci offre un’ occasione così tanto favorevole e generosa… >>
disse:<< cos’hai contro di lui, si è dimostrato generoso quando poteva
non esserlo! E’ un uomo giusto, degno di fiducia, e dei nostri servigi…
>> spiegò seriamente, fissando con sguardo piatto il fratello, che pian
piano si stava ricomponendo.
Con passi lenti e gravi,
Astorre si avviò verso il fratello, e con calma, gli poggiò una mano sulla
spalla e gliela strinse, fissandolo dolcemente, aprendosi in un sorriso un poco
forzato:<< sei sempre stato il più ragionevole tra i due! >> disse,
sorridendo un poco più sinceramente. Gian Galeazzo si aprì a sua volta in un
abbozzo di sorriso, che comparve di lato sulle sue labbra.
<< Come farò senza di
te! >> disse infine Astorre, stringendolo in un abbraccio caldo e
famigliare, ma allo stesso tempo mascolino ed impacciato. I due fratelli erano
sempre stati molto differenti, eppure, erano sempre riusciti a superare tutte
le avversità che si erano presentate loro davanti. Unendo le loro forze.
Il Borgia, tuttavia, pareva
essere un ostacolo troppo forte da poter esser superato, perché dalla sua parte
aveva una certa follia innata, che lo avvicinava al male più puro, e che allo
stesso tempo, lo faceva somigliare ad un ottimo messo di Dio.
Il suo tormento, avrebbe
fatto gli interessi di molti. Gian Galeazzo ne era certo.