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Autore: PattyOnTheRollercoaster    08/04/2012    1 recensioni
In fin dei conti, si diceva sempre Elizabeth, lei e Ciel si conoscevano da tanto tempo. Erano cresciuti assieme, le loro famiglie erano vicine, e lei era sempre stata destinata a diventare sua moglie. Vedeva la cosa con particolare positività: lei voleva molto bene a Ciel e l’idea di diventare un giorno la signora Phantomhive poteva solo riempirla di gioia. Non sussistevano proprio problemi di alcun tipo, almeno fino a che Elizabeth non conobbe quel ragazzo misterioso, bello e terribile come un demonio, che le fece considerare un nuovo modo di vedere le cose. [...]
La osservò e poi fece una smorfia. «Non dovrebbe privare agli uomini un tale piacere qual è baciare la sua pelle.» Così dicendo le tolse fulmineo il guanto e la ribaciò sulla pelle nuda del dorso della mano. «Piacere di conoscerla, il mio nome è Alois Trancy.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alois Trancy, Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Venerdì 21 Marzo, alla sera
Un buon partito





   Ciel non sapeva definire con esattezza che cosa fosse quella strana sensazione che gli opprimeva il petto, e che lo portava a rivolgere spesso lo sguardo a Lizzy, quella sera a cena, ma più che altro ai suoi occhi e alle sue labbra, dato che entrambi parevano sinceramente interessati ad Alois Trancy. La discussione fra quei due era animata, e Lizzy sorrideva con gli occhi brillanti e vispi. Ciel non capiva come mai quello sguardo, solitamente riservato a lui, si fosse così bruscamente spostato su Alois.
   Si poteva dire che lui odiasse Alois, con tutte le sue forze. Lo aveva già incontrato, conosceva anche Claude, e non riusciva a sopportare che quei due si intromettessero nel contratto suo e di Sebastian. Era qualcosa fra lui e il maggiordomo dopotutto – fra lui e il demone –, era un sacrifico che lui aveva scelto di fare per rendere la sua vita, e la sua morte, migliori. Quando aveva incontrato per la prima volta Alois, un paio di anni prima, credeva che fosse una coincidenza, invece aveva poi scoperto che in realtà lui lo stava cercando per vendicarsi di Sebastian. La cosa gli era parsa realmente folle in un primo istante, e anche Sebastian aveva negato di aver mai visto quel giovane e meno che mai il suo presunto fratello. Purtroppo le difficoltà si erano come moltiplicate quando Claude aveva deciso che l’anima di Ciel era molto più interessante di quella Alois, e quel ragazzo lo aveva stupidamente preso come un affronto personale. Se fosse successo a lui Ciel avrebbe solo potuto esserne sollevato, dato che sapeva che il suo futuro inevitabilmente comprendeva la morte, ma Alois era uno di quegli esseri umani estremamente sciocchi e bisognosi d’attenzione in maniera malata, e sapere che due demoni si contendevano l’anima di Ciel lo aveva fatto diventare geloso.
   Alla fine del loro primo incontro nessuno aveva divorato l’anima di nessuno, ma Alois si era ripromesso di vendicarsi di Ciel per il suo essere così odiosamente interessante e sempre al centro dell’attenzione. Dopotutto, secondo il ragionamento del ragazzo, non era certo colpa dei due maggiordomi, era solo colpa di Ciel se le attenzioni venivano riservate tutte a lui. Ciel aveva qualcosa che ad Alois mancava. Il ragazzo vi aveva pensato a lungo, ed era giunto alla conclusione che la ragione prima per cui Ciel era di gran lunga più appetitoso era quel che si sarebbe lasciato alle spalle una volta morto: affetti. Affetti reali, non vuote relazioni come quelle di Alois. I suoi servitori erano fra quegli affetti, e c’erano anche i parenti, ma in prima pagina al posto d’onore c’era di sicuro lei: Elizabeth Middleford. Quale soluzione migliore che privarlo di quell’affetto così forte? Privarlo, in effetti, del sentimento più importante e più potente che possedeva? L’amore. E prenderselo per sé. In quel modo di sicuro Claude e Sebastian avrebbero lasciato perdere quello sciocco ragazzino nano, molto più basso di Alois, e anche per quello più insignificante! Si sarebbero battuti per lui, solo e unicamente per Alois Trancy.
   «Come dice scusi?»
   «Non è carino?!», esclamò Lizzy saltellando allegra sulla sedia.
   L’unico vero problema era forse proprio Elizabeth Middleford: Alois non aveva mai incontrato una ragazza più sciocca e noiosa di lei. Nonostante questo a Ciel sembravano andare a fuoco gli occhi dalla rabbia quando loro due parlavano, e fu questo a convincerlo a chiacchierare sempre di più con la ragazza, e ad avvicinare la sedia alla sua.
  «Davvero molto grazioso», disse sorridendo Alois osservando il centrotavola che, la ragazza gli aveva assicurato, aveva scelto lei personalmente.
   Stufo di tutte quelle smancerie Ciel sbuffò e si rivolse al conte suo coetaneo. «Alois, come hai conosciuto i genitori di Elizabeth?»
   «E’ stato un giorno in cui erano a Oxford per il lavoro del padre di Lizzy, Claude li ha aiutati riguardo ad una faccenda e poi li ho ospitati per qualche giorno a casa mia, così qualche settimana fa mi hanno invitato una lettera dicendo che desideravano contraccambiare. E’ stata una vera sorpresa e, se devo essere sincero, non vedevo l’ora di venire qui a conoscerla, mia cara Lizzy.» Alois sorrise serafico e la ragazza sbatté le palpebre, confusa e leggermente imbarazzata da certe affermazioni di lui. «I suoi genitori mi hanno parlato così tanto di lei, che mi sono ricordato subito delle loro parole quando mi hanno invitato. Sinceramente, le loro descrizioni non vi hanno reso giustizia.»
   Elizabeth ridacchiò lusingata, e decise che Alois era solo un tipo troppo espansivo. «Invece loro non mi hanno mai parlato di voi signor Trancy, stia sicuro che per questo verranno rimproverati.»
   In quel momento uno degli ospiti propose di spostarsi dalla sala da pranzo dato che la cena era già terminata da un po’ e loro si trattenevano lì solo per conversare. «E’ un’ottima idea, andiamo Lizzy», ne approfittò Ciel facendola alzare e trascinandola via sotto lo sguardo soddisfatto di Alois.
   Ciel salì le scale velocemente tenendo Lizzy per il polso e la ragazza faticava per stargli dietro. Nonostante questo corsero fino alla prima stanza che Ciel trovò e si rinchiusero dentro a quella che scoprirono essere una grande sala al piano di sopra in fase di ristrutturazione. Le luci erano spente ma delle grandi finestre facevano entrare la fredda luce lunare.
   Il padre di Elizabeth aveva deciso di situare una sala svago in quella stanza che non era mai stata troppo utilizzata, così aveva chiamato un architetto e diversi pittori per farla diventare più bella. Ovunque, per terra, c’erano attrezzi, colori freschi, sedie, e una grossa impalcatura correva lungo tutta la parete destra ad un’altezza di almeno tre metri da terra. Ciel non perse tempo a osservare gli arazzi mezzo srotolati e gli affreschi ancora non terminati, e si rivolse a Lizzy con cipiglio severo. «Che cosa stai facendo?!» La ragazza lo guardò senza capire, sinceramente, che cosa intendesse dire Ciel. «Da quanto conosci Alois Trancy?»
   Elizabeth boccheggiò, gli occhi spalancati e la gola secca. «D-da quando l’ho incontrato in corridoio, questa sera.»
  «Eppure sembrate conoscervi da molto più tempo. Siete intimi.» Ciel si avvicinò al viso della ragazza, strattonandole il polso e portandola vicino al sui viso. «Non voglio che parli più con lui, sono stato chiaro?» Senza accorgersene stringeva la ragazza troppo forte e quelle mani che erano diventate le mani di un uomo stavano facendo male ad Elizabeth nella carne come nell’animo. «Fai come ti dico.» Così dicendo Ciel lasciò andare il polso della ragazza, che si portò automaticamente il braccio al busto per massaggiarsi, mentre guardava Ciel con le sopracciglia sottili corrugate e gli occhi che esprimevano qualcosa a metà fra la paura e lo sdegno.
   Elizabeth non aveva mai risposto a nessuno all’infuori di Paula, ma lei era una serva e un’amica e poteva farlo di tanto in tanto, perché sapeva che avrebbero chiarito. Portava rispetto ai suoi genitori e a suo fratello, perché era più grande di lei, e in genere tentava di essere gentile con tutti, anche con i domestici di Ciel; nonostante il loro basso rango non vedeva perché disprezzarli, come facevano molti nobili e borghesi che conosceva. Mai avrebbe immaginato che le prime parole intrise di amarezza le avrebbe pronunciate verso Ciel, semplicemente perché non si sarebbe mai sognata di rispondere al suo futuro marito. Ma il pensiero ancora vorticante nella sua testa che Ciel non la volesse, e il suo comportamento irragionevole, egoista, le fecero montare la collera. Ciel era ancora girato e non la guardava quando Elizabeth, rossa in viso per la rabbia, gli disse con tono basso e collerico: «Non siamo ancora sposati, non puoi dirmi che cosa fare.»
   Il ragazzo spalancò gli occhi incredulo e si volse a guardare Lizzy. O meglio, qualcosa che somigliava alla sua Lizzy, ma che in quel momento era diversa dal solito. «Come?»
   «Hai sentito bene: io e te non siamo sposati, non puoi darmi ordini. Io parlo con chi mi pare.»
   Ciel non poteva credere a quel che sentiva. Da quando Elizabeth gli parlava in quel modo? Da quando lo trattava in quel modo? La risposta era così semplice, così ovvia: da quando era arrivato Alois Trancy. Non gli bastava intromettersi fra lui e Sebastian, doveva anche ficcare il naso nel suo fidanzamento! Cosa poteva avere mai detto a Lizzy quel mostro per farla diventare così? Il ragazzo affilò lo sguardo. «Che cosa vi siete detti tu e lui?»
  Elizabeth alzò il naso all’aria. «Non sono cose che ti riguardano, e non credo nemmeno che t’interessi veramente dato che riguarda me.» Con quelle parole la ragazza si affrettò a imboccare l’uscita e, aperta la porta, si trovava proprio sulla soglia quando una mano di Ciel la bloccò nuovamente. Lizzy si volse, piena di incredulità e rabbia per come Ciel la stava trattando. Lei era una lady, era la figlia dei Middleford, non uno qualsiasi dei giocattoli di Ciel – Sebastian, Bard, e tutti gli altri – e le avevano insegnato che tutti la dovevano trattare con rispetto. Scoprire così all’improvviso che il suo futuro marito il rispetto per lei l’aveva sotto alle suole la fece infuriare. Raramente lei era infuriata, e forse proprio per questo quando lo era il cuore le batteva forte e le sue frasi erano taglienti come lame. «Non mi toccare», sputò fra i denti. Guardò Ciel con quello che il ragazzo credeva essere odio puro. Elizabeth si liberò della sua stretta con un gesto secco e si allontanò da lui come se volesse tutelarsi, come se ne avesse paura. «Non ti avvicinare.» A malincuore gli occhi cominciarono a farsi appannati, ma la ragazza tentò di trattener le lacrime. «Non trattarmi mai più in questo modo Ciel, non ho mai fatto nulla per meritarmelo.» E svanì oltre l’angolo del corridoio.
   Ciel rimase immobile, a metà fra il corridoio e la stanza buia, gli occhi puntati sulla parete dove Lizzy era scomparsa. O meglio, fuggita. Rivedendo la scena nella mente Ciel dovette ammettere che non era stato molto rassicurante il suo comportamento. All’età di dodici anni aveva quasi colpito Lizzy, e solo Sebastian glielo aveva potuto impedire. Certo non si era dimenticato di quell’episodio, e neanche lei. Poteva pensare che lui fosse il tipo di uomo che faceva queste cose? Che gettava via così la sua umanità? L’umanità di Ciel valeva molto di più, e gli era già stata strappata via a forza da bambino. Poi lui aveva terminato l’opera, promettendo di farsi strappare via anche l’anima quando fosse giunto il momento.
   Però una cosa era certa: lui voleva bene a Lizzy. Non le avrebbe mai fatto del male, al contrario desiderava solo proteggerla da ogni minaccia che si fosse stagliata all’orizzonte. E la minaccia di quel giorno era Alois Trancy.
   Un rumore di passi lo riscosse da quello stupore e Ciel chiuse la porta in fretta per non far credere di stare ficcando il naso in casa. Quando alzò gli occhi vide dall’altra parte del corridoio la figura alta di Alois, che superava di parecchi centimetri un’Elizabeth arricciata su se stessa, con gli occhi tanto bassi da non vederlo. Il biondo invece gli lanciò uno sguardo divertito, mise un braccio attorno alla spalla di Lizzy e le sussurrò qualcosa all’orecchio, così vicino al viso che Ciel non poté udire, e non poté impedirsi di pensare che quell’essere non aveva il diritto di rimanere così vicino a lei, di toccarla, di respirarle sopra. I due fecero dietro front e imboccarono un corridoio diverso, di modo che Lizzy non vedesse Ciel.
   Il ragazzo, scosso, senza sapere cosa pensare, senza capire perché fosse tanto turbato, scese veloce le scale e sedette lontano da tutti su una poltrona. Le sue sopracciglia corrugate scoraggiarono chiunque dall’avvicinarsi a lui. Solo una persona ebbe il coraggio di affiancarlo.
   «Desidera qualcosa padrone?» Sebastian stava ritto al suo fianco, elegante nel suo frac nero.
   «Voglio andare via.»
   «La festa non vi piace? Eppure a tavola mi sembravate molto preso da certi discorsi.»
   «Non m’interessa, prendi il mio soprabito e andiamocene via.» Così detto Ciel si alzò e andò incontro al marchese Middleford per salutarlo e inventare qualche scusa per andarsene.
   Un quarto dopo era nella carrozza da solo e guardava fuori le strade quasi vuote, buie e tristi. Un bussare sordo lo fece alzare e aprire la finestrella che veniva usata per parlare con il conducente, girato a mezzobusto per farsi sentire. «Che cosa vuoi?», domandò infastidito a Sebastian.
   Il maggiordomo, senza smettere di guardare la strada, fece un mezzo giro per avvicinare la voce alla carrozza. «Ha parlato con Alois Trancy?»
   «No.» Esitò. «E tu?»
   «Ho avuto una curiosa chiacchierata con Claude. Dice che la loro visita è inutile e non servirà mai agli scopi del suo padrone, ma potrebbe essere comunque interessante, per voi.»
   «Che cosa vuole fare?»
  «Non lo so. Ma non credo che sia prudente che Elizabeth si intrattenga troppo con lui. Sa molte cose su di voi, potrebbe dirle a Claude, o ad Alois stesso. Perché non le suggerite di stargli lontano?»
   Ciel guardò furioso la schiena del maggiordomo e chiuse con rabbia la sportelletto, tornando a sedersi nella carrozza con le braccia incrociate. All’improvviso, i cavalli si fermarono. Ciel si guardò attorno accigliato, credendo che fosse successo qualcosa, invece una delle porte della carrozza si aprì e Sebastian sedette di fronte a lui, l’espressione seria. «Che cosa fai?!», gli urlò contro Ciel, «Ti ho detto che voglio andare a casa.»
   Senza fare caso alle parole del conte Sebastian disse con tono di biasimo: «E’ così che vi rivolgete a lady Elizabeth? Con questo tono maleducato?». Ciel accusò il colpo, spalancò gli occhi e rimase zitto, colpevole. «Dopo questa notte non ho dubbi sul piano di Alois, anche se non so a cosa porta o che idee abbia in testa. Secondo Claude è qualcosa di irrealizzabile, ma appunto per questo le sue azioni sono più pericolose: quando si renderà conto che non succede nulla, cosa potrebbe fare?»
   «Il piano di Alois?», domandò piano Ciel.
  «Oggi si è comportato molto bene con Elizabeth, ha parlato con lei tutta la sera ma non perché avesse voglia di chiacchierare. Quando voi l’avete portata via non ha detto una sola parola a nessuno ma, quando Lizzy è tornata di sotto è corso da lei e poco dopo si sono appartati.» Sebastian fece una pausa e avvicinò il viso a quello di Ciel. «Che cosa ha detto a lady Elizabeth? L’ha fatta arrabbiare.»
  «Co-?!» Ciel si scostò, una brutta smorfia in viso che confermava la sua colpevolezza. «No! Io le ho detto semplicemente di non parlare con lui, basta.»
   «E in che modo gliel’ha detto? Se posso sapere? Nello stesso modo con cui parla con me?» Gli occhi di Sebastian si affilarono.
   «In nessun modo!», strillò Ciel. «Le ho detto solo di non parlare con lui e lei si è arrabbiata. Ha detto che io non posso dirle cosa fare perché ancora non siamo sposati.» Lo sguardo di Ciel si adombrò. «Sì… è vero, non sono stato gentile, ma è per la sua sicurezza.»
   «Elizabeth non sa che è per la sua sicurezza, a meno che non le venga spiegata tutta la storia. Ma siccome non possiamo dirgliela lei deve fare in modo di tenerla lontana da Alois, perché se il suo piano implica Elizabeth potreste essere in pericolo, sia lei che voi padrone.»
   «Ma come posso tenerli lontani? Alois è stato invitato a casa Middleford.» Ci pensò su qualche istante. «E comunque non credo sia in grave pericolo, Elizabeth sa difendersi, lo ha già dimostrato in passato.» A quel ricordo Ciel stirò leggermente le labbra.
   Sebastian sorrise serafico. «Gli umani sono molto particolari: quelli più indifesi sono forti dentro, e quelli che paiono imbattibili si corrodono facilmente dall’interno. Da quel che ho visto questa sera Alois cerca di creare una frattura fra lei e Lizzy, ed è aiutato dal fatto che la frattura, fra voi due, c’è sempre stata.»
   «Non è così», disse duramente Ciel corrugando le sopracciglia. «Io e Lizzy siamo promessi fin da bambini, lei vuole sposarsi con me…»
   «Fino a quando, padrone?» Sebastian lo guardò con occhi scaltri. «Se Elizabeth trovasse un partito buono quanto voi, e in lui una persona piacevole, credete che non preferirà abbandonarvi, voi, che l’avete sempre trattata con freddezza?» Ciel era in difficoltà, così Sebastian uscì dalla carrozza e chiuse la porta, sporgendosi dalla finestra per dargli l’ultima stoccata: «Alois Trancy è un buon partito, e ora come ora pare anche essere vostro rivale in amore.»

  Elizabeth singhiozzava da parecchi minuti, abbandonata sulla spalla di Alois. Lui non le aveva domandato il perché della sua tristezza e lei non gliel’aveva rivelato, ma Alois poteva facilmente immaginarlo: conosceva Ciel, e sapeva che i suoi comportamenti spesso erano molto duri, specialmente per una signorina. Riprese a picchiettare dolcemente sulla schiena di Lizzy, affondando una mano nei suoi capelli biondi lasciati sciolti e portandola più vicina al suo petto. Quando la ragazza si fu calmata ed ebbe alzato gli occhi su di lui Alois la guardò come se fosse preoccupato. «Va meglio Lizzy?»
   «Perdonatemi, perdonatemi davvero io non so cosa mi è preso», cominciò Elizabeth con voce tremante, tirando fuori dalla manica un fazzolettino e passandolo sul viso. «Lei non è tenuto ad ascoltare le mie lamentele, e io non avrei dovuto coinvolgerla. Dopotutto non ci conosciamo che da poche ore. Sono molto dispiaciuta per il mio comportamento inopportuno. Le faccio le mie scuse.»
   «Non è colpa vostra Elizabeth. Quando è tornata alla festa era chiaro che fosse sconvolta, credevo che vi sentiste male e volevo solo riportarla nella sua stanza. E’ normale ogni tanto lasciarsi andare, anche le ragazze speciali come voi hanno il diritto di farlo quando ne sentono il bisogno.» Così dicendo Alois sorrise, e a Lizzy parve un vero segno del destino che, poche ore prima, Ciel le stesse dicendo che lei era una ragazza come tutte le altre, mentre Alois, che la conosceva da poco, le dicesse che era speciale.
   «Oh», Elizabeth abbassò il capo, confusa. «Grazie per essermi rimasto accanto, signor Alois, e mi scusi per la brutta serata che le ho fatto passare.» La ragazza si sciolse dal tiepido abbraccio di lui e si diresse alla porta, aprendola e invitandolo ad uscire. «Ci vediamo domani a colazione.»
  Alois, avvicinatosi all’uscita, sorrise ammaliante e prese una mano della ragazza. «Lo spero proprio Lizzy. Mi raccomando, una signorina non deve avere cattivi pensieri altrimenti la sua bellezza sfiorirà.» Si chinò, diretto al dorso della sua mano per baciarlo, ma a metà strada cambiò direzione e si accostò alla sua guancia. La sfiorò con le labbra e sussurrò all’orecchio di Lizzy: «Sogni d’oro.»
  Poco dopo nella camera di Elizabeth arrivò Paula, e trovò la sua signorina seduta sul bordo del letto a rigirarsi fra le mani il suo guanto della mano destra. «Signorina Elizabeth?», chiamò la domestica per attirare l’attenzione, siccome pareva che nemmeno il rumore della porta l’avesse distratta dai suoi pensieri.
   La ragazza si volse. «Paula. Hai avuto molto da fare alla festa?»
  La donna fece segno di no e si chiuse la pesante porta alle spalle. «Vostro fratello Edward mi ha chiesto dove eravate e io gli ho detto che vi sentivate poco bene, che eravate qui nella vostra stanza perché non ve la sentivate di rimanere giù.»
  «Hai fatto bene, è meglio che Ed non sappia di quel che è successo», disse Lizzy alzandosi e posizionandosi dietro il paravento. Paula si affrettò a raggiungerla, e con mani abili prese a slacciarle i vari fiocchi e nodi dell’abito che indossava.
  «Se posso essere indiscreta… Cos’è successo? E’ tutta la sera che siete molto strana. Non avete degnato il povero Ciel di uno sguardo, sembrava seccato.»
   La ragazza sbuffò di fastidio. Non aveva più voglia di essere triste a causa di Ciel, già per quello aveva disturbato il loro ospite e non desiderava combinare altri guai per colpa di quel ragazzo. «Ciel, Ciel», sbottò irritata Lizzy, «non voglio parlare di lui.» Rimase per un po’ in silenzio, mentre sentiva che il vestito pian piano si allentava. Poi riprese. «Non mi considera altro che una seccatura, non mi ha mai considerata più di questo. E oggi, solo perché conversavo con il conte Trancy al posto di stargli attorno, vuole che non parli più con lui. Be’ non lo farò di certo, inoltre mi è impossibile farlo senza ignorare tutte le norme della buona educazione, siccome il conte sarà nostro ospite fino a tempo indefinito. Tu sai fino a quanto Paula?»
   «No signorina… In effetti Ciel se non parla con voi è molto raro che prenda parte a delle conversazioni.»
   «Si comporta come un bimbo capriccioso: solo perché oggi non tutte le mie attenzioni erano riservate a lui!» La veste cadde a terra ed Elizabet alzò i piedi per uscire da quel groviglio di stoffe. «Io l’ho sempre trattato con rispetto, ho sempre cercato di essere come voleva lui, di comportarmi come voleva lui, invece Ciel non ha mai fatto nulla per me.»
  Paula ascoltava quel monologo annuendo coscienziosamente. Dopotutto era uno dei suoi compiti. Sbottonò la sottoveste alla ragazza e le passò la vestaglia da notte e la veste da camera.
   «Non posso credere che Ciel sia così… così… egoista. Da quando è tornato non è mai più stato lo stesso.» Elizabeth terminò di vestirsi con gesti secchi, poi sospirò e sedette sullo sgabello, mentre Paula ripiegava con cura il suo abito e lo metteva nella cabina armadio assieme agli altri. Lizzy si passava le dita sulla fronte, sconfortata. Quel lato del suo carattere non esisteva per nessuno, a eccezione dei familiari e dei domestici, e men che mai per Ciel. Da bambina, quando lui era ricomparso all’improvviso accompagnato da quel nero maggiordomo, Ciel aveva smesso di sorridere, così lei si era ripromessa di sorridere per entrambi. Ma ahimè doveva ammettere che quell’occupazione era più difficile del previsto. Aveva sempre tentato di essere carina e allegra quando Ciel era nei paraggi, e mancava tanto così a che pensasse che quello era il suo modo naturale di comportarsi. Invece, come tutti gli esseri umani, anche la gioiosa Lizzy aveva dei cedimenti, che però tentava di celare all’interno della sua camera e lasciava intravedere solo a Paula e la sua famiglia. E, ora che ci pensava, al nuovo arrivato, il conte Alois Trancy. Al pensiero che quel ragazzo l’avesse vista tanto debole e sciocca Elizabeth veniva invasa da un profondo senso di vergogna.
   «Paula, tu sapevi di quel conte Trancy? Sapevi che mamma e papà lo conoscevano?»
   La domestica si strinse nelle spalle. «Non ho mai sentito parlare il signore o la signora di lui, ma suppongo che se lo hanno invitato debbano per forza conoscerlo.»
   «Proprio non sai per quanto rimarrà?»
  Paula fece segno di no con la testa. «Forse ha intenzione di trattenersi per la primavera. Ha accennato qualcosa a proposito del fatto che vorrebbe visitare Londra e invitare lei e i suoi genitori all’isola di Wight per un paio di settimane.»
  Lizzy si lasciò sfuggire un sorriso. «L’isola di Wight? Mi piacerebbe tanto andarci, non siamo mai state lì.» La ragazza vi rifletté qualche attimo. «Potrei chiederlo al conte, forse potremmo organizzare il viaggio assieme e decidere quando andare. E’ una persona molto affettuosa, non è vero?»
 Paula piegò le labbra all’ingiù. «Veramente non mi è parso molto amichevole. A parte che con voi non ha parlato con nessun’altro.» La donna fece un sorriso furbo. «Che abbia un debole per voi? Eh, signorina?»
   «Oh non essere sciocca Paula, lo conosco da poche ore. E comunque io sposerò Ciel, siamo promessi.» La ragazza s’infilò sotto le coperte e diede la buonanotte a Paula. Si sentiva tanto stanca che prese sonno dopo pochi minuti.




















Buona Pasqua a tutti! =)
Allora, vedo che c'è qualche lettore, mi fa piacere! Immaginavo che la storia non sarebbe stata un successone, perché in questo fandom spopolano più che altro le yaoi Ciel/Sebastian. Be', non importa, questa fanfiction è per gli appassionati di Lizzy/Ciel, anche se sono pochi xD
Non c'è molto da dire questo capitolo, per cui vi lascio lo spoiler del capitolo tre sul mio blog, e vi ripeto di nuovo Auguri!
A Domenica prossima,
Patrizia
   
 
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