Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: PattyOnTheRollercoaster    01/04/2012    2 recensioni
In fin dei conti, si diceva sempre Elizabeth, lei e Ciel si conoscevano da tanto tempo. Erano cresciuti assieme, le loro famiglie erano vicine, e lei era sempre stata destinata a diventare sua moglie. Vedeva la cosa con particolare positività: lei voleva molto bene a Ciel e l’idea di diventare un giorno la signora Phantomhive poteva solo riempirla di gioia. Non sussistevano proprio problemi di alcun tipo, almeno fino a che Elizabeth non conobbe quel ragazzo misterioso, bello e terribile come un demonio, che le fece considerare un nuovo modo di vedere le cose. [...]
La osservò e poi fece una smorfia. «Non dovrebbe privare agli uomini un tale piacere qual è baciare la sua pelle.» Così dicendo le tolse fulmineo il guanto e la ribaciò sulla pelle nuda del dorso della mano. «Piacere di conoscerla, il mio nome è Alois Trancy.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alois Trancy, Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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La pulce nell’orecchio





Venerdì 21 Marzo, nel tardo pomeriggio
Qualcosa vi sfugge?





   In fin dei conti, si diceva sempre Elizabeth, lei e Ciel si conoscevano da tanto tempo. Erano cresciuti assieme, le loro famiglie erano vicine, e lei era sempre stata destinata a diventare sua moglie. Vedeva la cosa con particolare positività: lei voleva molto bene a Ciel e l’idea di diventare un giorno la signora Phantomhive poteva solo riempirla di gioia. Immaginava che sarebbero andati a vivere nella magione di campagna di Ciel, e che tutti i loro servitori sarebbero rimasti lì con loro e non si sarebbero separati mai. Si sarebbe trasferita assieme a Paula, e avrebbero formato una nuova famiglia. Elizabeth Middleford non aveva mai sentito il bisogno di cercare l’affetto di un altro uomo altrove, perché a lei bastava avere Ciel, e anche se lui non le dimostrava certo l’affetto che a volte si aspettava e desiderava, a lei andava bene così. Aveva sempre pensato che la morte dei genitori di Ciel lo avessero reso distante, molto freddo e calcolatore, ma non era un ragazzo malvagio, era solo chiuso. E le forti responsabilità alle quali era stato sottoposto fin da bambino – essere il cane da guardia della regina, tanto per fare un esempio banale – lo avevano reso un adulto serio che non esternava le sue emozioni. Però, anche se Ciel non era mai carino con lei, Elizabeth sapeva bene che entrambi provavano un grande affetto l’uno per l’altra. Non esistevano problemi, per Lizzy, in questo frangente della sua vita. Aveva diciotto anni ormai, e fra pochi mesi, a Dicembre, quando anche Ciel avrebbe avuto la sua stessa età, si sarebbero sposati. La data delle nozze era già fissata: undici Gennaio dell’anno dopo. Non sussistevano proprio problemi di alcun tipo, almeno fino a che Elizabeth non conobbe quel ragazzo misterioso, bello e terribile come un demonio, che le fece considerare un nuovo modo di vedere le cose.

   Da diversi anni Elizabeth aveva accettato i consigli di sua madre e tentava di vestirsi in maniera più adeguata e a comportarsi più compostamente, ma non aveva mai abbandonato il colore rosa né aveva smesso di farsi chiamare dalle persone a lei care Lizzy. Era il 21 di Marzo, anno 1893, e la famiglia Middleford, in particolare Lizzy, aveva deciso di dare un party per festeggiare l’inizio della primavera. In realtà era un modo come un altro per fare una bella festa, e riempire la sala da ballo di cose carine, invitati con bei vestiti e ovviamente per ballare con Ciel.
   «Zia Frances, zio Alex.»
   Lizzy udì la voce di Ciel fin dalla sala di ricevimento, e lasciò a Paula l’incombenza di appendere le ultime decorazioni, sollevandosi il vestito e correndo fino all’ingresso. «Ciel!» La ragazza si ricompose appena in tempo per salutarlo con un sorriso e dargli un bacio leggero sulla guancia. Purtroppo a sua madre Frances anche questo atteggiamento pareva un po’ troppo espansivo per una signorina come lei, ma aveva da tempo rinunciato a riprendere la figlia quando si trattava di Ciel Phantomhive: era inutile, ciò che le diceva le entrava da un orecchio e le usciva dall’altro, passando svolazzante dentro la sua testolina momentaneamente vuota. Al fianco di Ciel stava l’immancabile Sebastian Michaelis, il maggiordomo perfetto, con i capelli elegantemente tiranti all’indietro come piaceva a zia Frances. L’uomo si inchinò ad Elizabeth e la salutò cortesemente.
  «Vieni Ciel, voglio farti vedere come ho decorato la sala da ballo! Ho pensato a tutto io, ho scelto i colori e la disposizione delle decorazioni.» Il ragazzo si lasciò trascinare docile, anche se non era neanche lontanamente emozionato come lei.
   Ciel aveva diciassette anni, e ne avrebbe compiuti diciotto a Dicembre. In appena due anni, dai quindici in poi, si era letteralmente trasformato. Se prima lamentava continuamente di essere basso, adesso era divenuto alto e sottile, e quello rallegrava Elizabeth perché poteva finalmente indossare i suoi tacchi e, alle feste, farsi portare sottobraccio dal suo futuro sposo in quello che sembrava il ritratto della coppia felice. Il volto di Ciel si era affilato, non era più pieno come quando era ragazzino, ma si era fatto meno paffuto sulle guance e la mascella gli si era pronunciata. Somigliava molto a suo padre nel viso, ma la corporatura esile e slanciata era quella di sua madre. Elizabeth aveva anche notato che Ciel, con un pizzico di compiacimento, aveva iniziato a radersi ogni tanto, la qual cosa lo faceva sentire molto adulto.
  «Ci sono moltissimi invitati. I parenti, ma anche degli amici di famiglia. Ho mandato un invito anche al Visconte di Druitt, verrà con la sua nuova moglie.» Ciel storse leggermente il naso a quella notizia. «Lui non ti sta molto simpatico, vero?»
   Il ragazzo parve disgustato e per un attimo si perse nei ricordi, ma poi si riscosse. «Certo che no», sbottò «con tutte le mogli che ha avuto mi chiedo che razza di perver- di persona possa essere.» E detto questo, il naso rivolto altrove, Ciel dichiarò che l’argomento era chiuso.
   «Mamma e papà hanno invitato anche un vecchio conoscente, un conte che hanno conosciuto l’anno scorso. Si fermerà da noi per un po’, ma non ricordo chi sia. Oh! E verranno anche Edward assieme ad Angelina e il piccolo Yvan.»
   Ciel corrucciò gli occhi. «Ah sì?» Non poteva certo dire di essere allegro, il fratello della sua futura sposa lo aveva sempre odiato.
  Lizzy sorrise allegra e riprese a ciarlare. «Non vedo l’ora di poter prendere in braccio di nuovo il mio nipotino, dovresti farti conoscere anche tu da lui, dopotutto diventerai suo zio prima o poi, no?» Nel dire quelle parole la ragazza arrossì violentemente. «Non l’hai mai visto, vero? E’ un bambino davvero bello. Spero…», Elizabeth prese un grosso respiro prima di dire, «spero che anche il nostro bambino possa essere tanto bello.»
  Nel sentire quelle parole Ciel raggelò. La parola bambino associata a lui e Lizzy era qualcosa a cui non aveva mai pensato, e siccome la realtà gli era stata messa di fronte così violentemente non poté fare altro che ragionare a proposito di un certo grado di intimità che avrebbe dovuto raggiungere con lei, se volevano proprio avere un figlio. Il ragazzo arrossì vistosamente ma tentò di celare il tutto abbassando la testa e assumendo un cipiglio che voleva essere severo. «Non dire sciocchezze», disse infine schiarendosi la gola e tentando di nascondersi sotto il cappello.
   Elizabeth sgranò gli occhi e aprì la bocca, come a voler dire qualcosa, ma poi ci ripensò e abbassò lo sguardo. «Scusami», mormorò piano.
  All’improvviso l’aria fra loro due si era fatta pesante, e Ciel sentì che era interamente, unicamente, colpa sua. Si diede dell’imbecille, e avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo per non dire mai quelle stupide parole. Peccato che Sebastian non possedesse anche quel potere fra le sue tante capacità.
   Non dire sciocchezze. Ecco cos’aveva detto. Ciel solitamente era molto misurato nelle parole, dopotutto era un uomo d’affari e la diplomazia era la sua arma migliore per mandare avanti la Funtom Company. Con un po’ di diplomazia metà del lavoro era fatto. Ma con Elizabeth erano un altro paio di maniche, con lei non riusciva mai a misurare le parole che diceva, e al contrario quelle uscivano a valanghe come a punirlo per essere trattenute così tanto in gola. E di parole in gola ne aveva molte, ne aveva a bizzeffe! Era una vera sfortuna che da quel forno che era la sua bocca uscissero solo le frasi sbagliate in presenza di Lizzy. Come al solito si rese conto che non c’era limite alla sua deficienza, e le parole che aveva detto non potevano che essere interpretate male: lui non voleva dire che il loro futuro fosse una sciocchezza, che un loro eventuale figlio fosse una sciocchezza, che lei fosse una sciocchezza. Ciel voleva solo tirarsi fuori da una situazione che lo metteva a disagio, e l’unico modo in cui sapeva farlo era tagliando corto con l’argomento il più ferocemente possibile. E in quel momento non c’erano dubbi sul fatto che, di ferocia, ne aveva usata parecchia.
  Elizabeth teneva lo sguardo puntato altrove, e si diresse verso la sala pranzo in silenzio. «Dove vai?», le chiese Ciel con slancio seguendola.
   «A vedere com’è venuta la tavola. Avevo detto alle cameriere di disporre tutto in un certo modo.»
   Ciel la seguì in fretta e accordò il suo passo a quello della ragazza. Non gli sembrava proprio il caso di litigare in un momento come quello. La festa sarebbe iniziata fra un ora al massimo e gli invitati dovevano arrivare da un momento all’altro. Per come Lizzy era fatta avrebbe passato tutta la festa a intristirsi se non avesse sistemato la cosa. «Lizzy?», il ragazzo la fermò sulla soglia dell’enorme porta che dava alla sala da pranzo, riccamente decorata e con un tavolo magnifico e perfetto. «Sei arrabbiata?», domandò per sicurezza.
   Lei fece un sorriso tirato, ma nonostante questo Ciel poté vedere che i suoi occhi esprimevano ancora una certa tristezza. «No, non sono arrabbiata.»
  Ma certo che non è arrabbiata, tonto. E’ triste. Che razza di stupido! È colpa tua! «Ascolta, io non volevo dire che è una sciocchezza… quella cosa lì.» Il ragazzo si umettò le labbra. «Cioè, lo so che lo dico spesso a tutti, e anche a te. Ma non perché tu dica sciocchezze, cioè, a volte. Insomma sì, dici delle sciocchezze ma dici anche cose normali a volte.» Nel momento esatto in cui stava pronunciando quelle parole Ciel seppe che la conversazione stava prendendo una piega pericolosa. Pericolosa per lui, ovviamente. «…e quindi io dico così, ma non voglio dire così capito? Quello che dici certe volte ha senso, altre volte no ma capita a tutti. In fondo tu sei una ragazza esattamente come le altre, e può capitare di sbagliare.» Dopo una tiritera lunga almeno due minuti Ciel pensò che poteva ancora salvare il salvabile. «Comunque, stai molto bene con questo vestito.»
   Il volto di Lizzy aveva subito parecchie trasformazioni in quel breve lasso di tempo. Prima era stupefatto, e poi quasi raddolcito. Alla fine si era fatto confuso, ma poi aveva iniziato ad assumere un atteggiamento veramente, veramente arrabbiato. Atteggiamento che non accennava a sparire. Elizabeth parve voler dire qualcosa, aprì la bocca adirata ma poi, come al solito, la richiuse e seppellì dentro di sé i suoi pensieri. Con voce fredda disse solamente: «Ci vediamo a cena Ciel. Ora scusami ma devo andare un attimo in camera mia.» Ciel la guardò allontanarsi con un leggero senso di colpa. Si chiese se poteva considerare la faccenda sistemata una volta per tutte.
   Quando Elizabeth fu in camera si abbandonò sulla sedia della scrivania, come spossata, e si lasciò andare ad uno sbuffo rabbioso. Era incredibile come Ciel fosse riuscito a dire tutte le cose sbagliate in una sola frase! Aveva detto che lei era una ragazza esattamente come le altre, non che per lui era speciale, aveva detto che diceva sciocchezze, e aveva detto che lui non desiderava trattarla in maniera diversa da come trattava tutti gli altri. Se doveva pensare di stare per sposare un ragazzo tanto distratto, che le dimostrava il suo amore in quel modo… Elizabeth venne sopraffatta da un senso di forte nausea e si sentì costretta in una gabbia. Ciel non dimostrava mai il suo amore per lei, e questo per un semplice, banalissimo motivo, talmente banale che Elizabeth non lo aveva mai neanche preso in considerazione, e si sentì una stupida per non averci pensato prima. Ciel non era innamorato di lei.
   Come aveva fatto ad essere tanto cieca? Lei era sempre stata tranquilla perché lo amava dal profondo del cuore, sentiva di voler stare con lui per sempre, e immaginava radiosamente la loro vita coniugale assieme: feste, serate davanti al camino, marmocchi in giro per la casa, pic-nic la domenica pomeriggio. Un’infinità di cose che a lei piaceva fare ma, in questo frangente, c’era una cosa che non aveva considerato: Ciel. Sembrava assurdo, ma come lei lo voleva Lizzy aveva sempre dato per scontato che anche lui volesse stare assieme a lei. Evidentemente non era così, altrimenti il conte sarebbe stato molto più felice nell’averla come promessa sposa, o per lo meno allegro. Elizabeth sapeva che Ciel non sorrideva mai, che il suo sguardo sembrava severo, e che anche che le uniche parole che pronunciava erano spesso molto dure, ma quando voleva sapeva essere gentile, nei comportamenti e non nell’atteggiamento. Era stato gentile con Snake, con Tanaka, con molte delle persone che aveva incontrato, faceva sempre ridere Undertaker e chissà con quanti altri era stato gentile. Ma, si rese conto Elizabeth, per lei non aveva mai avuto altro che parole dure e sguardi di biasimo. Anche se molte volte l’aveva aiutata, persino salvata in alcune situazioni, era chiaro che non lo facesse per un particolare affatto nei suoi confronti. Se ci fosse stato lì qualcun altro, chiunque altro, Ciel si sarebbe fatto in quattro per salvarlo esattamente come aveva fatto con lei, né più né meno. Dopotutto era il suo mestiere.
   A quella consapevolezza Elizabeth emise un singhiozzo che tentò di soffocare dietro ad una mano, come se qualcuno potesse udirla. Si impose di non farsi sfuggire una lacrima, perché altrimenti avrebbe rovinato il trucco e non poteva permetterselo dato che la festa stava per iniziare. Lei era la padrona di casa e doveva essere allegra, gentile e attenta ad ogni invitato. A nessuno sarebbe piaciuto avere un anfitrione con gli occhi rossi e gonfi.
   Nel momento in cui lasciò la sua stanza Lizzy indossò la sua maschera di allegria, ma dentro la testa continuavano a vorticare mille pensieri. Era ovvio che lei e Ciel si sarebbero sposati, e fino a quel momento le era andato benissimo, ma era perché pensava che lui ricambiasse. Alla luce di quella nuova, orribile scoperta, come poteva vivere assieme ad uomo amandolo, sapendo che lui non provava nulla di particolare per lei? Si sentiva così sciocca! Non si rese conto di stare vagando a vuoto lungo i corridoi finché non si ritrovò nell’ala est del secondo piano, in direzione totalmente opposta dalla sala da pranzo. Si bloccò all’inizio del corridoio, decisa a togliersi quei pensieri dalla testa e risolvere la questione dopo, quando una delle porte che dava al corridoio si aprì. Ne uscì un uomo alto nerovestito, con i capelli corti e degli occhiali che lo facevano più serio. S’inchinò al passaggio di un’altra persona che Elizabeth non poté vedere, ma quando questi sorpassò l’uomo in nero lui apparve.
   Era un ragazzo molto alto, aveva occhi azzurrissimi e un viso pallido e sottile, delicato. Indossava una camicia bianca e un gilet nero e verde smeraldo, abbinato ai pantaloni della stessa tonalità che ricadevano eleganti e alle scarpe nere con un accenno di tacco. Quando la vide il ragazzo sorrise, pareva allegro e solare, proprio come Lizzy. «Buonasera milady», disse facendo dei lunghi passi per raggiungere la ragazza. Senza che lei se ne accorgesse le afferrò la mano e baciò leggero la stoffa del guanto. La osservò e poi fece una smorfia. «Non dovrebbe privare agli uomini un tale piacere qual è baciare la sua pelle.» Così dicendo le tolse fulmineo il guanto e la ribaciò sulla pelle nuda del dorso della mano. «Piacere di conoscerla, il mio nome è Alois Trancy.»
  Elizabeth, arrossendo per quell’uscita, ritirò la mano in fretta, ma si mostrò cortese e sorrise. «Lei è il conte Trancy dunque, l’ospite dei miei genitori.»
  Alois si rizzò sulla schiena e la osservò mentre il sorriso gli si faceva più largo. «Quindi lei dev’essere Elizabeth Middleford. Incantato. Ma…», il ragazzo si fece serio per un istante, «non verrà a cena assieme a noi?»
   Lizzy annuì con vigore. «Ma certo che sì, andiamo.»
  Mentre s’incamminavano il ragazzo si volse e le indicò l’uomo che camminava loro affianco. «Lui è il mio maggiordomo, Claude Faustus.» L’uomo chinò leggermente il capo e seguitò a camminare in silenzio.
  A Lizzy era stato insegnato fin da bambina che la prima regola in una festa era conversare, per non far annoiare gli ospiti. «Lei dove vive signor Trancy?»
  «Ho una casa in campagna, vicino a Oxford. Per il momento è l’unica dimora che possiedo, anche se pensavo di acquistare una casa a Wight, o qui a Londra. Lei cosa mi consiglia?»
   «Be’ Londra è magnifica, ma non ho mai visitato l’isola di Wight, quindi non potrei dirle quale sia la migliore. Dovrebbe andare in villeggiatura e vedere quale l’aggrada di più.»
   Il conte sorrise e, mentre scendevano le scale, disse: «So che non è buona educazione, signorina Middleford, ma posso chiederle quanti anni ha?». La ragazza parve prese in contropiede da quella domanda, così il ragazzo si affrettò a spiegare. «Voglio dire che stiamo usando modi molto formali, ma io sono ancora giovane, e anche lei mi pare, oltretutto è ancora nubile, mi dicevano i suoi genitori, e anche se non ci conosciamo a fondo ora spero che potremmo farlo nel tempo in cui rimarrò qui, perciò che ne dice se la chiamo per nome?»
   In effetti Elizabeth trovava sempre molto noioso dover essere così formale con tutti, e fu contenta di trovare qualcuno a cui poteva parlare più normalmente. «Oh ma certo! Mi chiami pure Lizzy. Tutte le persone più care mi chiamano così.»
  «Oh sono già entrato a far parte delle persone care, mi fa molto onore signorina Lizzy», scherzò Alois. «Attenta, a dare troppa fede.» Sull’ultimo gradino della scala tese la mano alla ragazza e la aiutò a scendere gli ultimi gradini.
   «Grazie.»
  Molti degli invitati erano già arrivati, e quando Elizabeth individuò suo fratello e sua moglie, assieme con il piccolo Yvan, si congedò cortesemente da Alois dicendo che si sarebbero rivisti presto.
   Ciel si aggirava lungo la magione Middleford salutando chi lo salutava e tentando di evitare conversazioni noiose il più possibile. Aveva lasciato Sebastian in un angolo a osservarlo, non gli andava di essere seguito ovunque da lui. Ciel cercava Elizabeth con gli occhi, ma trovarla pareva un’impresa impossibile con tutti gli invitati dei Middleford. Stava per perdere le speranze quando la sua attenzione venne catturata da un suono fastidioso: il vagito di un neonato. Ciel si volse distrattamente per guardare chi fosse il marmocchio che emetteva simili animaleschi lamenti, e vide un piccolo bimbo paffuto piagnucolare fra le braccia di Elizabeth. Ciel raggelò vedendo Lizzy tanto felice, e non poteva fare a meno di pensare a quanti figli si aspettasse di sfornare una volta sposati, il che rimandava all’imbarazzo di poco fa. Mentre si avvicinava al gruppetto, tuttavia, lo sguardo del ragazzo non poté che addolcirsi vedendo come Elizabeth sorrideva cullando il bimbo e sussurrandogli parole dolci e scherzose assieme. «No, no, quel brutto cattivone di Sebastian non ti farà nulla, ti proteggerò io.» Poco distante stava il maggiordomo, con in viso una smorfia di rassegnazione. In effetti Sebastian non era mai particolarmente piaciuto ai bambini molto piccoli, Ciel immaginava che fosse per la sua aurea demoniaca, dicevano che i bimbi piccolo potessero captare questo genere di cose.
   «Lizzy», chiamò Ciel raggiungendoli.
  La ragazza sorrise leggermente incerta e andò verso di lui mostrandole il bimbo che si era ormai calmato. «Questo è Yvan. Yvan, lui è tuo zio Ciel. Vuoi prenderlo in braccio?» Così dicendo gli porse il fagottino morbido, che non sembrava per nulla colpito dalla nuova scoperta di aver incontrato suo zio. Il ragazzo stava per rifiutare, ma per fortuna arrivò Edward a impedirgli di negare. Si avvicinò con fare altezzoso e prese il bimbo dalle braccia della sorella.
   «Ciel», salutò l’uomo con fredda cortesia. Poi si allontanò il più velocemente possibile.
   Lizzy guardava il fratello e la famiglia e si strinse a Ciel. «Non è bellissimo?»
  «Sì», cominciò a dire il ragazzo per farle piacere, anche se personalmente credeva che quel piccolo essere urlante fosse leggermente stupido (forse aveva preso dal padre), ma si bloccò quando vide che la mano sinistra di Elizabeth era rimasta senza guanto. «Lizzy, hai perso un guanto?» Le afferrò le dita ed Elizabeth sentì che le sue mani erano fredde e secche. «Dove l’hai lasciato? Ti aiuto a cercarlo?»
   «Dev’essere…»
  Ciel stava per volgersi a chiamare Sebastian, quando un braccio si frappose fra lui e Lizzy, cacciando in modo poco gentile la sua stretta sulla mano della ragazza. Quando alzò lo sguardo vide un uomo alle spalle di Elizabeth, che le reggeva il polso sinistro e le infilava il guanto con scioltezza, approfittando della loro vicinanza per soffiarle nell’orecchio: «Mi perdoni. Non le ho restituito il suo guanto, Lizzy.»
   Elizabeth sentì sulla pelle il tocco della sue dita calde e rassicuranti, e non poté fare a meno di pensare che erano così diverse da quelle fredde, insensibili di Ciel. La ragazza si voltò in quello che poteva essere un abbraccio molto indiscreto – ma a lei non pareva dare fastidio, constatò con leggera irritazione Ciel –  e guardò l’uomo con un sorriso sulle labbra, ringraziandolo. La verità era che Elizabeth non aveva pensato nemmeno per un secondo a quel contatto come se fosse qualcosa di particolare, lo vedeva come un semplice atto di gentilezza.
   L’uomo si sollevò in tutta la sua altezza e rivolse lo sguardo a Ciel, sorridendo serafico. «Oh ma qui è pieno di gente simpatica!» Allungò una mano e la tese. «Piacere di rivederti Ciel Phantomhive.»
   Il ragazzo, con un brutto cipiglio in viso e le sopracciglia corrugate, la strinse un po’ più forte del normale. «Alois», disse a mo’ di saluto.
   Elizabeth si volse da uno all’altro senza percepire l’ironia proveniente da Alois e la rabbia di Ciel. «Voi due vi conoscete? Ah, che bello! Ciel, Alois è l’ospite di mamma e papà, rimarrà qui alla magione per…», si rivolse all’interessato, «per quanto?»
   Alois sorrise. «Ancora non saprei dire con precisione, ma spero di restare abbastanza a lungo per conoscerla meglio Lizzy. Che ne dice di farmi fare un giro per il castello prima di cena? Potremmo andare in giardino, ho visto che i fiori hanno già iniziato a sbocciare.» Così dicendo mise una mano sulla spalla di Lizzy e la condusse via, riempiendole la testa di rose e balli, e tutte le meraviglie che riusciva a decantare.
  Ciel rimase impietrito, fermo in mezzo alla sala. Con attorno decine di ospiti di cui non gli interessava un bel niente, con la sensazione sullo stomaco che fosse appena successo qualcosa di sgradevole.
   «Vi sentite poco bene padroncino? Cosa c’è? Qualcosa vi sfugge di mano, per caso?» La voce melliflua e canzonatoria di Sebastian all’orecchio poté solo irritarlo di più.




















Tornata nel fandom di Kuroshitsuji! Per l'allegria di ognuno u_u Seh! xD

Allora, diciamo un paio di cose sulla fanfiction!
Prima di tutto, il titolo, La pulce nell'orecchio, si riferisce a Sebastian, che per tutti e cinque i capitoli della storia non farà altro che mettere la cosìdetta pulce nell'orecchio (ossia il dubbio) a Ciel, riguardo Lizzy e Alois.
So che a molti la coppia Ciel/Lizzy non piace, ma il fatto è che dopo aver scoperto alcune capacità di Lizzy (capitolo 57 del manga) mi sta molto più simpatica! Inoltre in quei capitoli quei due erano proprio dolci! Il mio lato romantico è scattato! Qui, si noterà soprattutto nel prossimo capitolo, ho cercato di rendere Lizzy un po' meno rompi e un po' più umana. Spero solo di non essere andata OOC. Dopo le scottanti rivelazioni delle insospettabili capacità di Lizzy, credo che il personaggio sia qualcosa di più che un bel faccino, per cui ho cercato di tirare fuori il suo lato meno frivolo (meno stressante xD).
Ah, piccolo appunto: odio l'anime di Kuroshitsuji, preferisco di gran lunga il manga, ma ho inserito Alois come personaggio perché era già conosciuto e non avevo voglia di inventarne un altro nuovo. Ci sono quindi cose che sono successe solo nel manga, ma i due personaggi dell'anime; spero di non aver confuso troppo le cose! :S

Be', spero che la storia vi interessi! Posterò ogni Domenica, e se volete uno spoiler del prossimo capitolo potete cliccare qui e andare a leggerlo sul mio blog!
Buona Domanica a tutti,
Patrizia
   
 
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