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Autore: Rosie Bongiovi    08/04/2012    2 recensioni
"Teneteli" disse, lasciando nelle loro mani un ciondolo. Un simbolo della loro amicizia, solida come una costruzione di acciaio, delicata come un castello di sabbia.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Chelsea, ti senti bene?”. Richie era visibilmente preoccupato per la salute della donna, immobile. Pareva che non stesse nemmeno respirando, ogni suo muscolo era teso.

“Togliti da davanti” biascicò, a voce troppo bassa perché l'uomo sentisse.

“Che hai detto?” chiese, avvicinandosi a Chelsea che, senza nemmeno pensarci due volte, gli aveva dato un sonoro schiaffo. Richie spalancò gli occhi e arrossì violentemente.

Lo sapeva bene che avrebbe reagito in quella maniera, non doveva stupirsi.

“Chelsea, posso provare a spiegarti?” provò a dire il chitarrista, mentre l'amica, senza dargli il minimo ascolto, era avanzata nel soggiorno, dopo aver gettato a terra la borsa.

“Che diamine ti è passato per quella cavolo di testa?!”. Era furiosa, letteralmente furiosa, e ne aveva anche tutti i motivi.

Che cosa voleva quella donna da Richie?

Chelsea ricordava perfettamente ogni minimo particolare della storia di Denise. Era la migliore amica di Heather, ma chiamarla migliore amica è un insulto per tutte le persone che ne possiedono una. Era la vicina di casa dei coniugi Sambora. Un giorno, come se niente fosse, aveva sedotto Richie e l'aveva addirittura portato a tradire la moglie. La situazione era degenerata vorticosamente, Heather aveva chiesto il divorzio perché si sentiva profondamente umiliata.

 

Perché l'hai fatto?”.

Io.. Non lo so Chelsea, non lo so. Ma credo di avere una grandissima abilità nel mandare tutto a quel paese”.

Dimmi perché l'hai fatto, ci sarà un motivo. Non accetto un 'non lo so' come risposta. Tu e Heather eravate perfetti. Mi stai ascoltando? Metti giù quella bottiglia e guardami negli occhi!”.

Poco dopo il divorzio, Richie era entrato in contatto con la sua condanna, con l'alcool.

Lasciò sul tavolino la bottiglia di vodka e rivolse a Chelsea uno sguardo stanco, quello che possiede un perdente o un uomo ferito mortalmente.

Sono stato un idiota. Adesso, se non ti dispiace, io ho smesso di combattere. Se devo morire, allora morirò”.

Chelsea non riusciva a trattenere la rabbia che possedeva dentro se stessa.

Perché non voleva combattere? Cosa diamine stava dicendo? Perché non riusciva a dargli la forza che ruggiva come un leone dentro di lei?

Mi stai prendendo in giro, vero? Tu NON devi morire, non ti deve nemmeno passare per l'anticamera del cervello! Non fare cazzate, Richie. Non è il momento di giocare. Hai appena iniziato a combattere, non devi smettere sul più bello”. Non voleva parlargli con un tono arrabbiato, ma non poteva evitarlo. In un certo senso, se fosse successo qualcosa di male a Richie, prima si sarebbe innervosita come si innervosisce una madre se un estraneo tocca i suoi cuccioli, e poi avrebbe pianto, perché si sarebbe sentita inutile, tanto inutile..

Non faccio cazzate, Chelsea. Non mi resta più niente..” mormorò con voce estremamente stanca e con le lacrime agli occhi.

E io chi sono? Io non ti lascio per nulla al mondo. Poi c'è la band. Vuoi veramente abbandonare Jon con quattro figli? David con i suoi mille boccoli e Tico con le sue infinite mazze da golf? E poi c'è Ava.. Lei pende dalle tue labbra, Richie. Ti vuole bene, sei il suo papà.. Non ricordi la canzone che le hai scritto? Diceva 'Ain't no me, without you'. Non credi che per lei valga la stessa medesima cosa?”.

L'uomo abbozzò un sorriso. Il nome di Ava cominciò a rimbombare nella sua testa, l'immagine della band era stampata nella sua mente e anche quella di Chelsea, che in quel momento lo scrutava e gli teneva le mani. Non se n'era nemmeno accorto..

Cosa dovrei fare? Hai visto come mi sono ridotto. Non riesco a farne a meno, quando bevo nulla può farmi del male.. Ogni rimorso tace, ogni paura si spegne.. E' così dannatamente facile..”.

Chelsea non poteva sentire quelle parole, le stavano letteralmente lacerando il cuore.

Finirai con l'ucciderti così. Ti prego, smetti di farti del male in questa maniera. Dammi l'illusione che io sia utile...”.

Richie sospirò, stava osservando un punto non ben precisato. Forse il divano, forse il camino. La vista era così sfocata..

Credo che.. Ci penserò su..” rispose, arrendendosi per l'ennesima volta. 
“Non mi devi deludere, non accetto nulla di simile” disse infine Chelsea, stringendolo a sé con tutte le forze che possedeva in quel gracile corpicino, così minuto di fianco al metro e ottantacinque di Richie.

Potresti iniziare con una cosa..” aggiunse la donna, impaurita nel pronunciare le parole che stavano per uscire dalla sua bocca. “Cerca di.. Allontanare Denise, per il momento. Questa storia ti fa solo stare peggio..”.

L'uomo fece spallucce.

Una cosa alla volta” rispose facendola breve. Non era interessato a quel consiglio ma Chelsea decise di non insistere più di tanto.

Aveva raggiunto un grande traguardo quel giorno, aveva fatto ragionare Richie. Aveva fiducia in lui, prima o poi avrebbe capito che autodistruggersi non serviva a nulla.

Doveva solo aspettare che se ne rendesse conto, rimanendogli al fianco, in silenzio..

 

“Beh, abbiamo parlato, siamo rimasti in contatto in tutto questo tempo e.. Ch-che stai facendo con quel vaso? Chelsea?!”.

La donna aveva preso in mano un grosso vaso indiano, acquistato a Delhi qualche anno prima, da Richie.

“Sei un cretino!” esclamò, tirandolo verso di lui che, grazie al cielo, riuscì a schivarlo.

“Ma che diavolo?! Chelsea, ne possiamo parlare da persone civili??”.

“Io e te? Parlarne da persone civili?? Richie, ti pare che ti sia servito a qualcosa, in passato? Risposta? No! Quindi ora vediamo se così lo capisci!”.

Chelsea era completamente fuori di sé.

Se qualche anno prima si era limitata ad innervosirsi di fronte allo stato pietoso in cui si era ridotto il suo migliore amico, in quel momento era furiosa, pronta a scatenare l'inferno ad una sola parola del chitarrista.

Prese in mano una Les Paul dorata, a mo di mazza da baseball.

“CHELSEA STRAITS, METTI IMMEDIATAMENTE GIU' QUELLA O SAREMO IN DUE A MORIRE OGGI!” urlò Richie, avvicinandosi velocemente alla donna, rossissima in viso. Poggiò la chitarra sul divano, e iniziò a dare inutilmente pugni sul petto dell'uomo. Sembrava una bambina intenta a combattere con un gigante.

Richie ridacchiò, prima di prenderle i polsi e bloccarle le mani.

“Puoi, gentilmente, darmi ascolto, ora?” chiese, a bassa voce, dopo averla messa a spalle al muro.

Per quanto si sforzasse, Chelsea non riusciva a fare il minimo movimento. Si sentiva impotente e debole come non mai. Non sembrava nemmeno la stessa bambina che picchiava i maschietti per avere una merenda decente, non come il tramezzino al tonno che sua madre si ostinava a rifilarle ogni giorno.

“Sentiamo che cosa hai da dire” sbottò infine. Richie sorrise, la caricò sulle spalle e cominciò a salire le scale. “Mi puoi lasciare? Non è il momento per scherzare questo!” esclamò, dandogli una serie di pacche sulla schiena che, per lui, avevano la stessa intensità di una puntura di zanzara.

“Ti porto in un posto dove non ci sono oggetti taglienti da lanciarmi addosso” rispose, lasciandola cadere malamente sul letto di camera sua. L'unica cosa che avrebbe potuto lanciargli sarebbe stata un cuscino.

Chelsea sbuffò scocciata.

“Non sono una bambina di dieci anni!” replicò, incrociando le braccia al petto.

“Appunto, è questo che mi preoccupa” rispose Richie, ridendo e sedendosi di fianco a lei. “Ha semplicemente detto che potremmo riprovarci, che stavolta ha meno cose a cui pensare e che sappiamo entrambi quali errori non commettere. Tutto qui. Siamo ancora nella zona prova, non è nulla di ufficiale..”.

“Se non la ritenessi una cosa ufficiale non mi avresti detto quel che mi hai detto” controbatté Chelsea, squadrandolo.

“Non ti ho mai mentito però, lo sai bene questo” rispose, mostrando un sorrisetto furbo.

“Come faccio a sapere che non mi hai mai mentito? Magari sei così bravo che non me ne sono nemmeno accorta”. Chelsea sapeva bene che quello sarebbe stato solo un modo per stuzzicarlo, non pensava realmente quelle cose.

“Ti accorgi perfettamente quando mento..” mormorò. "Il caffè si sta raffreddando nel sacchetto che hai lasciato in soggiorno, andiamo a fare colazione?" propose, come se non fosse successo nulla.

La donna era poco convinta di tutta quella storia. Dovette lasciar perdere a malincuore, Richie non le avrebbe detto altro, avrebbe rischiato di peggiorare le cose e basta. 

"Andiamo a fare colazione" rispose, arrendendosi.

 

Nota dell'autrice:

Bonjorno a tutti!

Ebbene sì, siamo arrivati anche al secondo capitolo! *applausi scroscianti e grida, provenienti dal mio cellulare, dall'applicazione ICrediInTe*. Okay, sono deficiente e questa non è per niente una novità!

Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno recensito ovvero:

_ _lullaby

_barbara83

_HarryJo

_VaVa_95, 

la mia migliore amica, VaVa_95, che oltre a recensire mi sopporta e continua a credere in me, e quei pazzi chiamati Bon Jovi che mi ispirano tutte queste genialate.

Alla prossima! 


Rosie

  
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