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Autore: INeedToBeSaved    08/04/2012    2 recensioni
Brooke era una bella ragazza, i capelli tra il biondo e il moro le arrivavano alle scapole, i piccoli occhi grigi anziché freddo emanavano calore.
Non era troppo alta, e non era magra, era alta, come le sue curve al punto giusto.
Era anche una ragazza di classe, fine, femminile, ma non superficiale, amichevole, quella che tutti i ragazzi volevano e le ragazze invidiavano, sì certo, ma alle scuole superiori.
Peccato che le superiori fossero finite da un pezzo e a ventuno anni si trovava sola, seduta sul divano di casa sua, il giorno di Pasqua, a fissare il vuoto.
Aveva voglia di un uovo di cioccolata, ma nessuno glielo avrebbe portato.
[One-shot di Pasqua :D]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Brooke era una bella ragazza, i capelli tra il biondo e il moro le arrivavano alle scapole, i piccoli occhi grigi anziché freddo emanavano calore.
Non era troppo alta, e non era troppo magra, era alta, come le sue curve, al punto giusto.
Era anche una ragazza di classe, fine, femminile, ma non superficiale, amichevole; quella che tutti i ragazzi volevano e le ragazze invidiavano, sì certo,
ma alle scuole superiori.
Peccato che le superiori fossero finite da un pezzo e a ventuno anni si trovava da sola, seduta sul divano di casa sua, il giorno di Pasqua, a fissare il vuoto.
Aveva voglia di un uovo di cioccolata, ma nessuno glielo avrebbe portato.
Lo sapeva, lo sapeva bene, ma era sola da troppo tempo.
Però quel giorno decise di non pensare troppo e nonostante la depressione avesse spesso la meglio su di lei, si alzo con una velocità esorbitante, prese il
suo giacchetto di pelle primaverile e se lo infilò sopra alla maglietta di seta color carne che quel giorno portava.
Cinque minuti dopo era già per la strada, il vento leggero le scompigliava i ciuffi che le andavano a finire negli occhi e che lei goffamente si spostava dal viso.
Si chiese se fosse riuscita a trovare un negozio aperto, visto che bene o male quello era il giorno di pasqua e le uova di solito si compravano la settimana prima.
Mentre si guardava in giro, incrociando già molti negozi chiusi, fissava i bambini che con le famiglie e gli amici giocavano nei parchi, tenendosi stretti le loro
uova di cioccolata.
In quel momento Brooke desiderò di poter essere una bambina dai capelli castani scuri, che era rincorsa, probabilmente dal suo migliore amico, lo stesso
che probabilmente la accompagnerà per tutta la sua vita.
Superato l’ennesimo negozio con la clere abbassata, tagliò la strada in un parco e inspirando quell’aria calda notò un ragazzo seduto a terra con le gambe
incrociate, che parlava da solo.
“Sto arrivando bambini, nascondetevi meglio!” Urlò mentre spulciava dell’erba.
Lei si fermò subito a fissarlo.
Aveva dei capelli, biondi, ovviamente tinti, si vedeva la ricrescita scura, gli occhi grandi, azzurri, innocenti, come quelli di un bambino piccolo, Brooke ne
rimase incantata.
“Stai fissando me?” Chiese lui, sentendosi osservato.
La ragazza in due secondi fece delle considerazioni su ciò che fosse stato meglio fare:
scappare senza dire una parola, ridergli in faccia o rispondergli come una ragazza normale avrebbe saputo fare.
“N-no, cioè sì, mi chiedevo cosa ci faceva un ragazzo in un prato a parlare con dei bambini invisibili ad alta voce.”
Rispose alla fine balbettando e avvicinandosi un poco a lui.
“Tu pensi, che loro siano invisibili, ma la verità è che si sono nascosti tutti, ma io so, dove sono, uno per uno.” Fece lui vantandosene con fierezza come se
fosse un premio.
Questo fece sorridere e intenerire la ragazza “Davvero? Sai, dove sono tutti quanti?”
“Sì! Solo che voglio rendere il gioco un po’ più emozionante e divertente, se li trovassi ora, ci metterei due minuti e sarebbe una noia.” Spiegò lui tranquillamente.
“Scusa ma... quanti sono?”
“Esattamente? Una decina... ”
“E tu sei qui perché…?” Esclamò lei esortandolo.
Lui prima di rispondere batté una mano sul pezzo d'erba vicino a lui, come per farle capire che non avrebbe parlato senza di lei accanto, così Brooke fece.
Il ragazzo, soddisfatto, riprese a raccontare “I miei parenti si sono riuniti per il famoso pranzo di Pasqua e a me tocca tenere i monelli.”
“Ah capito baby-sitting.” Fece lei, con una risata sulle labbra.
“No dai, alla fine mi diverto a organizzarli certi giochi, per esempio questo è un tipo originale di nascondino, chi vince avrà un uovo di cioccolata.” Spiegò indicando
un paio di sacchetti enormi appoggiati all’albero vicino a loro, contenente delle uova.
A lei s’illuminarono gli occhi, ma allo stesso tempo lo guardò perplessa.
“Come fa a essere solo uno l’uovo, per un solo vincitore se in quei sacchetti ci saranno almeno centinaia di uova?”
Il biondino rise “Faccio sempre credere ai bambini che ci siano solo otto uova per i primi otto vincitori, ma in realtà porto una quindicina di uova.”
“Ah... ” Rispose a malapena lei per scoppiare in una risata.
“E tu perché sei qui in giro tutta sola quando potresti essere a festeggiare con la tua famiglia?”
La ragazza s’intristì di botto, ma senza perdere il sorriso.
“Sto andando a comprarmi un uovo di cioccolata, perché nessuno me lo compra da quando ho cinque anni, visto che io non ho una famiglia….”
“Oh... ” rispose lui mortificato “Cos’è successo ai tuoi genitori?”
Brooke rise “Ma i miei non sono morti, cioè in teoria sì, in pratica no”.
Il ragazzo la guardò confuso.
Lei sorrise a malapena abbassando lo sguardo, perché stava per raccontargli la storia della sua vita?
Oh non importa, lei aveva bisogno di sfogarsi, non lo conosceva e non lo avrebbe mai più rivisto.
“Io ed i miei non siamo mai andati d’accordo, venivano a fare i genitori solo per impedirmi di fare le cose che avrebbero reso la mia vita migliore.
Quando litigavamo, io dicevo sempre loro che a diciotto anni me ne sarei andata, ma non ci credevano, peccato che la sera prima dei miei diciotto anni le
valigie erano pronte, nascoste dentro l’armadio e i biglietti per Mulligar, infilati nella tasca della mia giacca.
Non vollero nemmeno aspettare con me la mezzanotte, come gli avevo chiesto, per festeggiare la mia maggior età.
Così la mattina, alle cinque ero già partita, mi chiamarono un paio di volte ma io non risposi, finche alla terza lo feci, non erano preoccupati ma arrabbiati,
renditi conto, mi dissero che se non fossi tornata entro due ore io gli avrei potuti considerare morti, così ho fatto.”
Il ragazzo, senza dire niente, improvvisamente, la strinse in un abbraccio.
Non come quelli che si danno due fidanzati o due ragazzi che flirtano.
Fu un abbraccio da orso come quelli che si danno due ragazzi appena finto una partita di football, o come quelli che si danno due amiche quando il sogno di
tutta la loro vita si avvera.
Cosa che lei non aveva mai potuto fare poiché le delusioni provocate dai suoi genitori, dopo la scuola la spinsero a chiudersi in se stessa e a non fidarsi di nessuno.
Incredibile, lui non provava pena per lei.
Si staccarono sorridendosi.
“Ora dovrei andare, sai vorrei trovare un negozio aperto che finalmente mi venda un uovo di cioccolata!”
Esclamò Brooke alzandosi e pulendosi i pantaloni dai residui di erba.
Lui la imitò “Aspetta!” La fermò, e velocemente corse a prendere un uovo, nei sacchetti sotto l’albero.
Tornò indietro e glielo consegnò sorridente.
Ma la ragazza non ne fu altrettanto felice, ora sì, che lui provava pena per lei.
“No guarda non mi sembra il caso…” Provò a rifiutare il regalo.
Lui si avvicinò a Brooke, con poco più di dieci centimetri di distanza e le prese le mani, appoggiando l’uovo tra loro due.
La carta colorata sfrusciava contro la pelle candida del biondino.
“Oh invece sì che a me sembra il caso.” Le sorrise guardandola negli occhi grigi.
Messa sotto pressione dai suoi grandi occhi azzurri, annuì “Beh allora g-grazie.”
Il ragazzo non le diede nemmeno una risposta perché poggiò le sue labbra rosee su quelle della ragazza.
Non era un bacio come tutti gli altri, era fresco, primaverile, sì sapeva di pasqua e magari anche un po’ di cioccolata.
Ma una cosa era sicura, fu il migliore e più atteso bacio della sua vita.
Desiderò approfondirlo un po’, ma non se le sentiva per niente.
Ci pensò il ragazzo a far incrociare le loro lingue.
Si staccarono dopo alcuni minuti.
Lui la guardò intensamente e sorrise, mentre lei abbassò lo sguardo.
“Come ti chiami?” Le chiese.
“Brooke…” Sussurrò.
“Io sono Niall.” Fece sorridendo e prendendole la mano, il biondino. “Penso sia meglio andare a chiamare i bambini, a quest’ora penseranno che io sia morto.”
“Si forse è meglio.” Sorrise, finalmente guardandolo negli occhi e ridendo.
 
Dopo anni, guardando suo marito giocare con i suoi figli, si accorse che quel giorno aveva detto una vera cazzata.
In futuro avrebbe rivisto, eccome se avrebbe rivisto, quel ragazzo che un tempo l'aveva incantata.

  
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