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Autore: revillanfog    09/04/2012    0 recensioni
Violentati dalla stessa forza dell'amore.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa, questa è in realtà una One Shot composta da due capitoli (per ora) magari poi la farò diventare una FF ma ancora non lo so...

La strada era buia, provavo un dolore che andava oltre ogni immaginazione, più che fisicamente, internamente.
Avevo il cuore a pezzi, l'anima a pezzi, sembravo un bicchiere di cristallo che, una volta rotto, non può più tornare insieme.
Avanzavo lentamente strisciando i piedi sui ciottoli, ad un tratto la luce del lampione sopra di me vibrò e si spense, inciampai e caddi a terra, non feci in tempo a coprirmi con le mani e beccai il selciato con la faccia.
« Fanculo » urlai.
Non mi preoccupai di essere sentita, nessuno avrebbe potuto sentirmi, mai, non li, non me.
Mi rialzai e continuai a strisciare fino alla strada principale, più avanti.
Avrei potuto sembrare uno zombie, quegli zombie dei film, malmenati, sanguinanti, che zoppicano nei vicoli loschi e pieni di drogati, fatta eccezione che nel vicolo non c'era nessun drogato, non c'era nessuno punto.
Fu forse un miracolo o un abbaglio ma ad un certo punto si aprì una porta e ne uscì un ragazzo.
In realtà più che uscire sembrò essere buttato fuori a forza, dall'interno si sentì una voce maschile urlare arrabbiata ma non parlava inglese quindi non capii nulla.
La porta si chiuse sbattendo violentemente, il ragazzo sputò a terra, sembrava sangue, disse qualcosa nella stessa lingua dell'uomo, poi si rialzò con aria dolorante, si guardò in giro, prima verso la strada principale in lontananza poi verso di me.
Solo che successe una cosa strana.
Il suo sguardo parve penetrarmi, letteralmente, sembrò non vedermi, guardava dietro di me e poi si voltò camminando verso la strada principale.
Raccolsi le mie ultime forze e gli corsi dietro, volevo urlargli di fermarmi ma non ci riuscivo.
Camminava spedito ma lo raggiunsi comunque in fretta, ansimavo e sanguinavo ma lui sembrava non accorgersi di me, continuava a camminare guardandosi indietro furtivamente.
Mi parai davanti a lui ma questo continuò a camminare come se non esistessi.
Arrivammo nella strada principale poco dopo, lui faceva slalom tra i passanti stupiti del suo aspetto violentato e malandato ma non facevano caso a me, che lo seguivo in condizioni ancora peggiori.
Ad un certo punto il ragazzo entrò in quello che sembrava un parco giochi abbandonato e si sedette su una panchina.
Mi sedetti di fianco a lui.
« Perché sei così conciato? » chiesi dopo un po'.
Non mi rispose, così glielo domandai ancora e ancora.
Alla fine stanca di non essere considerata mi alzai in piedi e mi misi di fronte a lui.
« Rispondimi stronzo! » urlai, nulla, il suo sguardo mi penetrava, come poco prima nel vicolo provai una strana sensazione.
Tornai a sedermi, ma dopo un momento non riuscii a trattenermi.
« Sei uno stronzo o sei sordo? E cieco magari? » mi rimisi in piedi e gli tirai uno schiaffo.
Fu allora che lui sobbalzò e io con lui.
La mia mano lo aveva attraversato, aveva attraversato la sua faccia come uno spiffero d'aria.
Lui si toccò il viso rabbrividendo, si guardò intorno e dopo un momento si rilassò pensando forse che fosse stato il vento.
« oddio. oddio. oddio » cominciai a parlare a vanvera, feci qualche giro su me stessa poi tornai dal ragazzo e lo schiaffeggiai di nuovo, la mia mano continuava ad attraversarlo e ogni volta lui rabbrividiva.
Dopo quattro o cinque tentativi il ragazzo scattò in piedi e ci ritrovammo uno in faccia all'altro, i suoi profondi occhi scuri che mi trafiggevano, eravamo tanto vicini.
La sua pelle mulatta, i suoi capelli disordinati.
Era sporco di sangue e coperto di ematomi ma era comunque bellissimo.
« Chi è? » sussurrò « Chi c'é? ».
Non gli risposi, sarebbe stato inutile.
« Chi è? » urlò ancora capendo che nessuno avrebbe risposto si coprì il volto con le mani e si lasciò cadere sulla panchina.
« Sto impazzendo cazzo. Sto impazzendo » sussurrò con la testa tra le mani, ciondolante.
Mi sedetti a gambe incrociate di fronte a lui, a terra e rimasi a guardarlo.
Ad un certo punto lui chiuse gli occhi e rimase immobile, addormentato.
Le occhiaie mostravano che sicuramente era tempo che non lo faceva, così rimasi li a fissarlo, il suo respiro regolare, percepivo il battito del suo cuore sotto la camicia a quadri strappata.
Tum. Tum. Tum. Tum. Tum. Mancava un battito ogni 5, poi ricominciava, tremante.
Alzai la mano e gli sfiorai il viso, attesi ma lui non si svegliò così cominciai ad accarezzarlo dolcemente, senza toccarlo davvero, solo un minimo contatto con la sua pelle.
Il cielo piano piano iniziò a schiarirsi, il grigiore di quella mattina si abbatté sul parco.
Il ragazzo aprì gli occhi e io allontanai la mano, si guardò intorno poi si alzò in piedi, improvvisamente ebbe una fitta di dolore, il suo viso si contorse e si lasciò ricadere sulla panchina sibilando parole nella stessa lingua che avevo sentito la sera prima.
Si tolse la camicia e ne lasciò intravvedere degli evidenti tagli da coltello sul petto destro, li sfiorò ma pareva che il dolore fosse troppo forte.
Il sangue si era fermato nella notte e ora aveva gran parte del petto ricoperto di sangue secco.
Appoggiò la schiena alla panchina e chiuse gli occhi.
Mi avvicinai e osservai meglio i tagli, non ero un dottore ma non ci voleva molto per capire che erano profondi e che se anche il sangue si era fermato i tagli non si erano richiusi, inoltre quei tagli li conoscevo bene.
Ricordai che la sera prima il mio ragazzo aveva provato ad accoltellarmi per un colpo andato male.
Aveva fatto molto male, mi aveva colpito quattro o cinque volte, poi...
Mi venne un terribile dubbio, mi alzai la maglietta e vidi il mio corpo letteralmente rigato, tagli, enormi tagli, non scorreva sangue ma erano aperti e terribilmente lunghi e profondi.
Mi alzai di scatto e cominciai a correre verso il luogo in cui era avvenuto “l'incidente”.
Non dovetti nemmeno raggiungerlo per capire che i miei sospetti erano esatti, in mezzo a quella che era un tempo una piazza, ormai deserta, c'era un corpo, magro, pallido, capelli arancioni molto chiari sporchi di sangue sparsi intorno al viso, occhi grigi, freddi, immobili, che guardavano il cielo.
E del sangue, molto sangue.
Rabbrividii, cosa ci facevo li sdraiata?
Cos'ero adesso? Uno zombie? Ero veramente diventata quello? Un fantasma? Uno spirito?
Mi voltai e mi allontanai per non dovermi guardare un'ultima volta. Tornai dal ragazzo, era ancora sulla panchina, respirava a fatica e il cuore mancava un battito ogni tre, ora.
Mi avvicinai a lui e gli accarezzai il viso nuovamente, stavolta si accorse perché aprì gli occhi.
Gli sorrisi ma lui non mi vide, alzò la testa e si guardò intorno, ovviamente non c'era nessuno, a parte me, ma io non... c'ero veramente.
Sfiorai i tagli che aveva sul petto, lui continuava a rabbrividire, decisi di smettere, era evidente che qualunque cosa fossi riusciva a percepirmi, ma dopo nemmeno qualche secondo mi accorsi che il suo battito si era fatto regolare.
Mi avvicinai a lui e gli sfiorai le labbra, lui le toccò, e anche allora il respiro tornò normale, in parte.
Lo baciai, fu forse una cosa stupida, ma in qualità di ... qualunque cosa fossi... non poteva vedermi e mi permisi così di baciarlo, sfiorai solamente le sue labbra, per non cadere e attraversarlo del tutto.
Si accorse comunque della mia presenza, ovviamente.
Si alzò in piedi di scatto nuovamente, questa volta non rischiò di cadere, si guardò intorno preoccupato e spaventato.
Parve decidere di andarsene poiché afferrò la sua camicia e si voltò, camminando a passo spedito verso il cancello del parco, lo rincorsi, attraversai il cancello e mi piazzai davanti a li a braccia aperte, come se questo potesse fermarlo, invece lui, dopo aver finalmente aperto il cancello, mi travolse.
Fu questione di un momento, ci fu diciamo una grane luce bianca, venimmo avvolti, o forse fu solo un abbaglio momentaneo, uno scontro, il ragazzo cadde a terra e io con lui.
O meglio.
Dentro di lui.
  
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