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Autore: Ari_92    09/04/2012    39 recensioni
Ultimo anno al liceo McKinley, ma le cose sono andate un po’ diversamente da come le conosciamo.
Blaine si è appena trasferito, ma non ha mai conosciuto Kurt.
Cosa succederebbe se, tra nuovi Club e nuovi amici, Blaine perdesse la testa per un ragazzo che sembra detestarlo? Cosa succederebbe, se questo ragazzo nascondesse un segreto?
- “...Mercedes? Chi è quel ragazzo?”
La ragazza si voltò verso Blaine di scatto, quasi avesse dimenticato di non essere sola.
“Si chiama Kurt. Kurt Hummel.” Il ragazzo esitò un attimo, prima di chiederle ciò che lo tormentava dalla prima volta che aveva posato lo sguardo su quel giovane dagli occhi di ghiaccio.
“Cosa gli è successo?” -
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona Pasquetta a tutti :)
Ebbene sì, miei cari! È tempo di doni pasquosi *-*!! E cosa potevo mai regalarvi io, se non un aggiornamento pomeridiano ed oscenamente lungo?? Ecco, appunto ù.ù ...Ok, stavolta non ho intenzione di stressarvi troppo nell’introduzione (il che rientra sempre nel regalo pasquoso *^* *usa deliberatamente parole inesistenti*) ma vi riservo i miei vaneggiamenti a fine capitolo ;) ...Ecco, giusto per la cronaca questo aggiornamento è davvero lungo, voglio dire, quasi il doppio di uno normale, non so che mi è preso... ç___ç Ok, lo so: è il penultimo T_____T *le cry*
Prima di sparire davvero e lasciarvi a questa mole spropositata di roba, ci tengo a mandare il mio consueto abbraccio a tutte le fantastiche persone che hanno aggiunto questa storia a seguite, preferite o ricordate :’)! Mi rendete sempre felicissima ç___ç Non di meno, invio un virtuale abbraccio selvaggio (c’è chi ne ha sentito la mancanza, dell’abbraccio selvaggio XD) a P e r l a, Alessandranna, CrissColferIsOnBitches, YouArePerfectToMe, Chris_91, GiNeVrA_21, sakuraelisa, LexyDC__, saechan, Fiby AndersonBass_, KIAsia, aleka_80, Maggie_Lullaby, Tallutina, LUcy__, elisabethy92, Meg___Gleek, Joick, Me_mi, anastasianapp, Guzzy_12 e _marti  che hanno recensito lo scorso capitolo :’)
*cuoricino palpitante*
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kurt tenne gli occhi fissi sulle proprie ginocchia, rifiutandosi categoricamente di soffermarsi a considerare il fatto di essere praticamente saltato addosso a Blaine in un parcheggio, perché non era qualcosa di cui andava particolarmente fiero – da quando il suo autocontrollo aveva iniziato a fare tanto schifo? – e al momento aveva bisogno di un cervello funzionante, visto e considerato l’argomento di cui voleva parlare.
Ed era quello che aveva in mente sin dall’inizio, prima che i suoi ormoni partissero per la tangente.
 
Blaine spalancò gli occhi, e iniziò a tormentarsi le dita in grembo.
 
“...Di- Di mio padre?” Kurt annuì leggermente.
Non poteva negarlo: sapere della cena a casa Anderson l’aveva mandato leggermente in paranoia, per tutta una serie di ragioni con cui non aveva intenzione di annoiare Blaine. Sarebbe stato infantile da parte sua manifestare le proprie insicurezze circa la paura di non piacere ai suoi genitori, di essere ritenuto di livello decisamente inferiore a loro figlio – e davvero, non avrebbe avuto niente da ridire in merito – o qualunque altro possibile intoppo.
Perché al momento c’era una ed una sola cosa che gli premeva e che voleva chiarire con Blaine. Perché ci teneva, e sapeva cosa significava avere dei rimpianti: lui li aveva provati sulla sua stessa pelle, e non voleva che Blaine fosse costretto ad una situazione simile, non quando si poteva evitare.
 
“A dire il vero sì. Stamattina mi hai chiesto di venire a cena da te a San Valentino, e c’è qualcosa che vorrei dirti.”
 
Il ragazzo non rispose, limitandosi a fissare il vuoto.
 
“Io... io non voglio essere inopportuno, né ficcare il naso dove non dovrei. So che è una questione personale e forse sbaglio a parlartene, ma- ” Blaine scosse piano la testa, incontrando i suoi occhi.
“No. Non... Non devi preoccuparti, puoi parlare.”
 
Kurt gli sorrise dolcemente, prendendo un respiro profondo.
 
“...Vedi, tu mi hai sempre parlato tanto di tua madre, ed è meraviglioso che abbiate un rapporto così forte, davvero. ...Nonostante questo, hai nominato tuo padre pochissime volte, e con lui non hai neanche mai affrontato il fatto che sei gay.” Blaine abbassò lo sguardo, come se si sentisse colpevole.
 
A Kurt si strinse il cuore.
 
“Non mi fraintendere. Non ti sto giudicando per questo, e ti ricordo che se non fosse stato per te a questo punto nemmeno io l’avrei ancora detto a mio padre, e in realtà non ne abbiamo ancora propriamente parlato, però...” prese a giocare con un bottone del suo cappotto “...però almeno so che mi vuole bene, a prescindere da quello, ed è sempre grazie a te che mi hai riferito quello che vi siete detti.
Ovvio, dovrò prendere il coraggio a due mani e parlargliene apertamente, ma il punto è proprio questo: non voglio che tu rimanga nella stessa situazione di stallo che ho passato io, e magari arrivare a toccare quell’argomento per caso fra chissà quanto tempo,e scoprire che per lui andava bene fin dall’inizio, e roderti il fegato per tutti gli anni passati nel dubbio.”
 
Blaine fece vagare lo sguardo qua e là, evidentemente nervoso.
Era il momento di arrivare al punto di quel discorso e, per quanto invadere così prepotentemente la vita privata di Blaine lo rendesse tremendamente esitante, sapeva di non volersi tirare indietro.
 
“Penso che dovresti parlare con tuo padre prima di San Valentino.” Disse cautamente, studiando attentamente ogni singolo lampo che attraversava i suoi occhi.
 
“Kurt... Io non credo di riuscirci.” Lui sospirò, appoggiandogli una mano sul ginocchio.
 
“Lo so che a dirlo così sembra qualcosa di insormontabile. Ma guarda me: fino a qualche ora fa ero convinto di stare per affrontare la giornata peggiore della mia vita, e invece non è stato così! Anzi, sono contento di essere riuscito a superare la mia paura, perché più l’avrei rimandato peggio sarebbe stato.” Blaine alzò finalmente lo sguardo e, dopo quella piccola confessione di Kurt, sembrava un tantino più a suo agio.
 
“Hai ragione, in teoria. Lo so che è qualcosa che dovrei affrontare il prima possibile, e in ogni caso è palese che, nel caso lui non mi appoggi, tollera comunque la mia presenza. Voglio dire, mia madre gliel’ha detto, ovviamente, ma non riesco... non riesco davvero a intavolare quel discorso...” Kurt annuì, pensieroso.
“Beh, potresti farlo quando c’è anche tua madre nei paraggi. A pranzo, magari, o a cena, o mentre- ”
 
“Non è così semplice, Kurt.
Io e mio padre abbiamo un rapporto molto diverso rispetto a quello che ho con mia madre. Lo sai: lei scherza sempre, è una chiacchierona e la maggior parte delle volte anche imbarazzante, e l’adoro, ma mio padre... beh, è più simile a me.
Non parliamo praticamente mai, se si escludono i normali convenevoli familiari, ed era così anche prima che venisse a sapere che sono gay. Mi mette un po’ in soggezione, a dirla tutta, però... io gli voglio bene, e ho paura di scoprire cosa pensa davvero di me, dato che non l’ha mai detto... nemmeno una volta.”
 
Kurt colse ogni suo piccolo segno di emozione.
Il modo in cui gli occhi sfuggivano qua e là, la testa impercettibilmente abbassata, le spalle appena incurvate.
La consapevolezza di averlo portato ad aprirsi in quel modo, ad esternare cose per lui tanto delicate e vederlo in così, per una volta lontano anni luce dalla maschera di perfezione incorruttibile che indossava la maggior parte delle volte, glielo fece amare ancora di più.
 
Si sporse d’istinto verso di lui, circondandolo delicatamente con le braccia.
Sentì Blaine sospirare di sollievo contro la sua nuca, prima di appoggiargli la guancia sulla spalla. Kurt si limitò ad accarezzargli i capelli, senza dire una parola.
 
Rimasero così per un po’, in un silenzio leggero, giusto, che nessuno dei due sentiva l’esigenza di interrompere.
 
“...Non posso prometterti che gliene parlerò.”
“E non devi promettermelo, infatti. Ti chiedo solo di pensarci, perché non voglio che tu ti penta di non averlo nemmeno considerato come ipotesi.”
 
Blaine annuì sulla sua spalla, e Kurt lo strinse un po’ più forte.
 
 

***

 
 
Blaine aveva rimandato.
 
Poi aveva posticipato di nuovo.
 
E ancora.
 
Lo sapeva, lo sapeva fin troppo bene che Kurt aveva avuto tutte le ragioni per fargli quel discorso, risalente ormai a più di una settimana prima.
Eppure, ogniqualvolta si era trovato vicino a suo padre, inspiegabilmente avevano iniziato ad affiorargli in mente scenari apocalittici di cosa sarebbe potuto succedere, alcuni talmente assurdi che lui stesso era stato costretto ad ammettere che no, nemmeno nella peggiore delle soap sarebbe potuta andare così male.
 
Nonostante questa consapevolezza, non ci riusciva.
Non voleva correre il rischio di intaccare il delicato equilibrio che aveva da sempre caratterizzato il proprio rapporto con suo padre: non avevano mai alzato la voce l’uno con l’altro, dopotutto, in realtà la maggior parte delle volte non si parlavano affatto.  
Ma non era un silenzio rancoroso, il loro, Blaine questo lo percepiva: non era niente di più e niente di meno dell’esternazione del loro carattere.
 
Sapeva che suo padre  per lui c’era, era palpabile, e non si era mai rivelato necessario esplicitarlo, nemmeno una volta.
 
Eppure Richard non si era perso nemmeno un momento importante della sua vita, fin da quando era bambino.
Era in braccio a lui che aveva fatto la sua prima foto, appena nato. Era stato lui ad infondergli un po’ di passione per il football, e sempre lui aveva rischiato il licenziamento per aver abbandonato di punto in bianco una riunione di lavoro, al solo fine di arrivare in tempo alla sua festa di compleanno.
 
E questo lo sapeva solo perché glielo aveva detto sua madre, casualmente, diverso tempo dopo.
 
Blaine gli voleva davvero un gran bene, anche se non glielo aveva mai detto, e il solo pensiero di averlo deluso in qualche modo lo mandava completamente fuori di testa.
 
Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Perché tra meno di un’ora Kurt sarebbe arrivato, Meredith era al piano di sotto a preparare la tavola, e il suo pugno chiuso aveva già battuto tre volta sulla porta della camera dei suoi.
 
Suo padre era lì dentro: da sotto la porta filtrava una sottile striscia di luce, e poteva sentire il fruscio di qualche cassetto che si apriva.
 
“...Metz?”
“Sono io, papà. Posso entrare?” Ci fu una piccola esitazione oltre la porta, ma poi la voce arrivò sicura, impenetrabile come sempre.
“Certo figliolo. Vieni pure.” Blaine prese un ultimo respiro profondo, prima di abbassare la maniglia.
La stanza era perfettamente in ordine: il letto era fatto, le ante dell’armadio erano chiuse e sullo schienale della sedia se ne stava appesa soltanto la giacca scura che suo padre avrebbe indossato una volta allacciata la cravatta, che stava annodando proprio in quel momento, con aria concentrata di fronte allo specchio.
 
Blaine portò d’istinto una mano al proprio papillon – rosso, visto il tema dalla serata – aggiustandoselo sul collo.
Il ragazzo sorrise, perché a un tratto sembrava tutto tremendamente assurdo. Dopotutto suo padre si stava preparando in quel modo per incontrare il suo ragazzo, e non avevano nemmeno mai sfiorato l’argomento.
 
“Posso fare qualcosa per te?” Blaine sussultò, realizzando improvvisamente di essere entrato già da qualche istante, senza aver proferito parola.
“In effetti sì.” Suo padre annuì, sistemandosi il nodo della cravatta.
“Ti ascolto allora.”
“Beh... Volevo solo sapere se è stata mamma a dirti di vestirti in quel modo o è una tua iniziativa spontanea.” Chiese con un sorriso palesemente nervoso, sedendosi con cautela sul bordo del materasso.
Richard spalancò gli occhi.
“Perché? C’è qualcosa che non va in questo vestito?”
“...Cosa? No! Non c’è niente che non va, è solo...” Abbassò lo sguardo, fissandosi intensamente le punte delle scarpe.
 
“È solo...?”
 
“...Senti papà, io... io lo so che non sei un tipo di molte parole, e nemmeno io lo sono, e forse è proprio per questo che adesso mi sembra così assurdo, piombare qui e parlarti. Ma è anche troppo tempo che evito del tutto l’argomento, e stasera... stasera proprio non posso.” Richard annuì appena e, abbandonando del tutto lo specchio, si mise a sedere sulla sedia che reggeva la sua giacca, praticamente di fronte a Blaine.
 
“Papà, io- ”
“Hai ragione a dire che sono un tipo di poche parole, e poi beh, sei mio figlio, ovviamente hai preso da me.” Sorrise, rassicurandolo un po’ “...Però Blaine, sono tuo padre. Quando hai bisogno di parlare di qualcosa – qualsiasi cosa – io ci sono, e ci sarò sempre. Lo sai questo, vero?”
Il ragazzo fece cenno di sì con la testa, consapevole di essere improvvisamente entrato in un territorio del tutto inesplorato del suo rapporto con suo padre.
 
“Bene. Ora; credo di aver intuito di cosa mi vuoi parlare...” Blaine deglutì a vuoto, senza il coraggio di alzare lo sguardo.
“...È stata la mamma a dirtelo? Voglio dire, non della cena. Di... Beh, hai capito.” Era abbastanza sicuro che avesse sorriso.
“Sì. È stata lei.”
“E... E tu cosa le hai detto...?” Sentì una mano stringergli saldamente la spalla, e fu costretto, per quanto gli costasse a sollevare lo sguardo.
“Blaine.”
“Dimmelo subito se... se sei deluso, o se le cose sono cambiate, o- ”
 
“Blaine... Credevo che fosse chiaro... Non ti ho mai detto niente perché ne avevi già parlato con la mamma, e pensavo ti imbarazzasse venirlo a dire a me, ma davvero, credi che farei tutta questa fatica a vestirmi elegante per il tuo amico, se non vedessi di buon occhio tutta questa... mmh... faccenda?”
Blaine incontrò finalmente i suoi occhi, senza nascondere un certo moto di stupore, misto a felicità.
“Quindi... Quindi non sei arrabbiato con me, non- ”
“Blaine. Te l’avrei detto un bel po’ di tempo fa, non trovi? E comunque non vedo come questa cosa possa mettere in discussione il bene che io e tua madre ti vogliamo.” Il ragazzo annuì appena, senza trattenere un sospiro di sollievo.
 
“...Grazie papà.” Lui sorrise, dandogli un’ultima stretta alla spalla, prima di alzarsi dalla sedia e dirigersi nuovamente verso lo specchio.
 
“Piuttosto, ormai è risaputo quanto la mia memoria sia tremendamente carente. Metz me l’avrà ripetuto almeno cinquanta volte, ma al momento mi sfugge il nome di... beh...”
“Kurt. Kurt Hummel.” L’uomo si passò una mano tra i ricci, decisamente meno impomatati di quelli del figlio.
“Kurt.” Ripeté il nome tra sé e sé, quasi a volerselo stampare in testa.
A Blaine fece uno strano effetto sentirglielo pronunciare. Preso dall’euforia del momento, non si fece scrupolo ad aggiungere qualche raccomandazione.
“...Papà, per favore, non dire o fare cose strane che potrebbero metterlo in imbarazzo: tende ad andare in paranoia facilmente. Oh, e non metterti a parlare di football: a Kurt non piace il football, però gli piace la musica, ed è bravissimo anche a cantare!” Richard ridacchiò.
 
“D’accordo, d’accordo. Non preoccuparti.”
“Lui è... è una persona fantastica, davvero! È dolcissimo, e simpatico, e- ”
“Oh, non ne dubito. Dopotutto te lo sei scelto tu, questo Kurt. Tu sei un bravo ragazzo, immagino che anche lui lo sia.”
 
Blaine gli sorrise felicemente, alzandosi dal letto.
 
“Lo è.”
Richard annuì, e Blaine raggiunse velocemente la porta, indugiando un attimo prima di abbassare la maniglia.
 
“...Ti voglio bene.”
E gli suonava quasi assurdo averglielo detto ad alta voce, per la prima volta da quando ricordava.
 
“Anch’io, Blaine.”
 
E non fece neanche in tempo a chiudersi la porta alle spalle, che stava già digitando velocemente sulla tastiera del proprio cellulare, con il più sentito dei sorrisi sulle labbra.
 
 

***

 
 
– Avevi ragione Kurt! Ho parlato con mio padre, e indovina? Non ce l’ha con me! Ti aspetto tra... beh, pochi minuti ormai :)!! ♥ –
 
Kurt non poté fare a meno di tirare un profondo sospiro di sollievo, non appena posò gli occhi sull’sms che Blaine gli aveva inviato.
D’altronde non poteva che essere felice di leggerlo proprio in quel momento, mentre muoveva i primi passi incerti verso il giardino di casa Anderson.
Avrebbe voluto venire in macchina, ma Finn doveva andare al cinema con Rachel, e Burt era uscito con Carole, e comunque non sapeva dei suoi progetti per quella sera.
Così Kurt aveva finito col chiedere un passaggio a Mercedes, che l’aveva accompagnato proseguendo poi verso casa di Quinn, dove la ragazza aveva organizzato una specie di party privato per soli single.
 
Come avrebbe fatto a tornare a casa, per ora rimaneva un mistero.
 
Kurt si rigirò tra le dita il mazzo colorato che teneva in mano, per lo più rosa intenso, per via della rosa muscosa, e puntellato qua e là del giallo della primula maggiore*.
 
Attraversò il grande cancello socchiuso con le ginocchia che gli tremavano: non solo stava per rivedere Blaine – e davvero, era stata una tortura trattenersi dal baciarlo davanti a tutta la scuola, quel giorno, come del resto avevano fatto tutte le altre coppiette, tuttavia erano stati fin troppo fortunati ultimamente, ed era meglio non gettare benzina sul fuoco – ma stava anche per incontrare i suoi genitori.
Percorse il vialetto, guardandosi intorno per la prima volta. Dopotutto in ogni altra occasione in cui si era recato in quella casa, non aveva avuto esattamente il tempo di fermarsi ad ammirare il paesaggio.
 
Notò l’erba tagliata con precisione, tante piccole aiuole tutt’intorno, e dal retro proveniva una luce fioca, probabilmente proprio da quei lampioncini che Kurt aveva sempre immaginato.
C’era anche una lunga ombra, sul retro, che doveva appartenere a un albero decisamente più grande rispetto agli altri che crescevano qua e là in giardino.
 
Arrivò davanti alla porta pochi istanti dopo, neanche troppo velatamente terrorizzato. Spinse il campanello, sentendo provenire dall’interno il tipico suono dei vecchi citofoni che aveva sempre adorato, a differenza del rumore metallico del suo.  
Non fece nemmeno in tempo a considerare il fatto che stava davvero pensando ai citofoni in un momento come quello, perché la porta si aprì, lasciandolo senza fiato.
 
Davanti a lui, c’era la più meravigliosa versione di Blaine Anderson su cui i suoi occhi avessero mai avuto la fortuna di posarsi.
 
Portava un paio di jeans neri, leggermente più stretti del solito ed immancabilmente arrotolati alla caviglia, una camicetta sottile e un farfallino di un rosso acceso, esattamente come le scarpe, che Kurt non aveva davvero idea di come fosse riuscito a procurarsi. Inoltre, aveva usato meno gel del solito, riservandosene un po’ solo per i lati del capo, lasciando quelli in cima alla testa liberi da costrizioni.
Socchiuse la bocca, completamente senza parole.
Non fu nemmeno costretto a ricomporsi in fretta, perché Blaine parlò per primo.
 
“Oh, no...” Kurt alzò un sopracciglio.
“Vedo che sei felice di vedermi.”
“Cosa? Certo che sono felice di vederti, il problema sta nel fatto che oggi ti avevo chiesto esplicitamente di non metterti nulla di troppo attillato, o smanicato, o... o-oddio Kurt! Perché mi vuoi male?”
Il ragazzo lanciò una rapida occhiata al proprio abbigliamento: jeans scuri, stivaletti, un pullover aderente con scollo a V e il cappotto che doveva ancora sfilarsi.
“...Non vedo cosa ci sia che non va nei miei vestiti.”
Blaine deglutì rumorosamente, e poté sentire il suo sguardo scivolargli su tutto il corpo, con un’intensità tale da farlo rabbrividire.
 
Beh.
Non erano esattamente i presupposti migliori per una serata in famiglia.
 
La tensione cominciava a farsi insopportabile, e Kurt aveva l’impellente necessità di dirottare il tutto su un altro piano se non voleva finire per saltargli addosso, come del resto aveva fatto una settimana prima in quel parcheggio, e non era esattamente una gran bella prima impressione da fare ai genitori del suo ragazzo.
 
Poi si ricordò dei fiori, ancora stretti dietro la schiena nelle le sue mani sudate.
Li allungò in direzione di Blaine, con un sorriso vagamente imbarazzato. Il moro socchiuse le labbra dalla sorpresa, spostando lo sguardo dai fiori a Kurt, da Kurt ai fiori.
 
“Per...Per me?” Il ragazzo roteò gli occhi.
“No, Blaine. Li sto allungando verso di te perché ho una paresi al braccio.” Lui ridacchiò, prendendo il mazzo dalle sue mani.
“Sono bellissimi, ma non dovevi disturbarti. Poi io devo ancora darti il mio regalo di San Valentino...” Kurt lo fissò stranito.
“...Anch’io devo ancora darti il mio regalo, se è per questo.” Blaine alzò un sopracciglio.
“Ma... ma i fiori...?”
“Blaine. Pensavi davvero che mi sarei limitato a un cliché come quello del classico mazzo di fiori?” Il moro sbatté le palpebre, e per un attimo Kurt temette di aver fatto la peggiore gaffe della sua vita.
“...Voglio dire, n-non per forza! Se mi hai regalato dei fiori ne sarei felice, Blaine, davvero- ”
“Kurt. Non ti ho preso dei fiori, sono solo sorpreso e felice che tu me li abbia portati.”
 
“Uh. Ok, meno male, non volevo offenderti! E in ogni caso, il mio regalo vero te lo darò più tardi...”
Vide Blaine avvampare completamente e, ancor prima di poter chiarire l’ambiguità imbarazzante di quelle parole, un’altra figura li raggiunse all’ingresso.
 
“Oh, tu devi essere Kurt! Benvenuto, caro!” Il ragazzo sussultò appena, trovandosi davanti quella che doveva essere Meredith Anderson.
 
Portava un vestito bianco, stretto in vita da una cintura blu della stessa tonalità delle scarpe. Non appena la guardò in faccia, capì perché il suo ragazzo era una specie di statua greca piombata in terra.
Quella donna era davvero, davvero bellissima: aveva gli occhi simili a quelli di Blaine, anche se leggermente più chiari, le labbra soffici e i tratti decisi, quel genere di volti dove nemmeno il tempo è in grado di imprimere il suo marchio.
 
“B-Buonasera signora Anderson!” La donna gli si avvicinò con un sorriso, lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Chiamami Meredith. Ma ora venite di là ragazzi, prima che si raffreddi la cena!” Meredith li precedette affrettandosi verso la cucina, e Blaine ne approfittò per prendere Kurt per mano, dopo aver appoggiato i fiori su una mensola, con la promessa che poi li avrebbe sistemati in un vaso.
“Non preoccuparti. È piuttosto esuberante, ma innocua.” Il ragazzo sorrise, seguendo poi l’altro dove era stato loro indicato.
 
Trovò il padre di Blaine già seduto in tavola, che esaminava con aria perplessa un alquanto bizzarro segnaposto.
Kurt si ritrovò a sospirare di sollievo: non poteva sentirsi minacciato, non da qualcuno così incredibilmente simile a Blaine. Richard non aveva soltanto i suoi stessi capelli ricci e il sorriso gentile, ma anche e soprattutto il medesimo sguardo incredibilmente dolce, immutato sebbene le sue iridi fossero scure come la notte.
L’uomo incontrò i suoi occhi, e Kurt li colse per un attimo smarriti, sorpresi, e forse un po’ spaventati.
Dopotutto Blaine gli aveva appena raccontato si sé, e di loro due.
Non poté fare a meno di rimanere colpito da quella reazione, e si domandò se quella simpatia così improvvisa quanto inaspettata fosse almeno in parte condivisa anche dal padre del suo ragazzo.
Sfoderò il migliore dei suoi sorrisi, avvicinandosi a Richard.
 
“Salve signor Anderson. Sono Kurt Hummel.” Tese una mano verso di lui, che l’uomo non esitò a stringere.
“Ciao Kurt. Blaine mi ha parlato molto bene di te.”
“Oh, Blaine esagera sempre!” Richard sorrise, mentre Blaine sbuffava indignato.
“Non esagero, Kurt! Ho solo detto che ti piace la musica, sei bravissimo a cantare e... beh, qualche altra cosa.” Borbottò, sedendosi di fronte a suo padre.
Kurt raggiunse la sedia accanto alla sua, proprio mentre Meredith ricompariva dalla cucina, con in mano una grossa teglia fumante.
 
“Pasta al forno, ragazzi. Spero vi piaccia, anzi, vi deve piacere, anche perché ci ho messo tutto il pomeriggio a prepararla...”
Mamma! Così sembra che lo costringi a mangiarla!”
“Oh Blaine, lo sai com’è tua madre quando si tratta di cucina...”
“Guarda che mi piace la pasta al forno, Blaine. La mangio volentieri.” Il moro si agitò un po’ sulla sedia, mentre Meredith, una volta distribuita a tutti una porzione abbondante, si sedeva vicino a suo marito, e di fronte a Kurt.
Doveva ammettere che quella pasta al forno non era davvero niente male: dopotutto non ne mangiava da fin troppo tempo per paura del brutto effetto che i carboidrati avevano sui suoi fianchi.
 
“Allora, Kurt? Come vi siete conosciuti tu e Blaine? Sai, provo sempre a tirare fuori l’argomento, ma lui puntualmente si impappina e non mi da mai risposte degne di questo nome.” Kurt sorrise, arrossendo appena.
“Mamma... Così lo metti in imbarazzo...”
“Oh ma dai, Blaine. Non preoccuparti.” Lo tranquillizzò con un sorriso, che Blaine ricambiò con una punta di nervosismo.
Dopotutto non poteva biasimarlo: se si fossero trovati in quella stessa identica situazione ma con davanti Burt e Carole lui probabilmente sarebbe sprofondato nella sedia.
 
Gli sfiorò un ginocchio con il suo, lasciandoli a contatto sotto il tavolo.
 
“Ci siamo conosciuti il primo giorno di scuola, al McKinley. ...Io però non ero molto propenso a stringere nuove amicizie e ad- ad aprirmi con la gente, e Blaine... Beh, se non fosse stato per lui... davvero, non so cosa avrei fatto.” Ammise, abbassando lo sguardo sul suo piatto.
Sentì la gamba di Blaine strofinarsi affettuosamente contro sua, e sorridere gli venne spontaneo.
 
“Oh... Ti ha mai detto nessuno che sei adorabile, Kurt?” Chiese Meredith con aria sognante, facendo tossicchiare il povero Richard, vagamente a disagio.
“C’è un amico di Blaine che non fa che ripetermelo, in realtà.”
“Sì. È Nick mamma, sai com’è fatto Nick.” La donna spalancò gli occhi.
“Lo stesso Nick che ha inciso il suo sulla porta del bagno, l’anno scorso?!”
“Beh...”
“Sapevo che non c’era da fidarsi nemmeno dei ragazzi delle scuole private. O forse Blaine si è andato a cercare gli unici studenti svitati...” Rifletté Richard.
Grazie, papà.”
“Non essere sciocco Richard! Blaine non cerca di proposito i pazzoidi, se no non vedo come avrebbe fatto ad incontrare un ragazzo come Kurt, non trovi?” Kurt arrossì di nuovo, mordicchiandosi un labbro.
 
L’uomo sorrise, annuendo mentre sua moglie radunava i piatti, pronta a servire il secondo.
Meredith sparì in cucina, e Kurt si aspettava di tutto, meno la domanda che il padre di Blaine gli pose in quel momento.
 
“Perciò... Da quant’è che voi due...?”
Alzò gli occhi, incontrando quelli autorevoli e seriamente interessati di Richard, che sembrava aver trasmesso a suo figlio tutta la premura e il rispetto che dimostrava verso le altre persone.
A un tratto Blaine sembrava essersi paralizzato al suo fianco, oltre ad essere arrossito vistosamente.
Fu in quel momento, che capì di dover dare voce non solo ai propri sentimenti, ma anche e soprattutto a quelli del ragazzo seduto accanto a lui.
E probabilmente era proprio a quelli che si interessava Richard, nonostante avesse scelto lui come intermediario con il diretto interessato. Kurt gli sorrise cordialmente, accantonando quell’imbarazzo per il quale ora non c’era posto.
 
“Da poco prima di Natale.
Siamo andati ad una festa per la Vigilia a casa di un’amica, e Blaine si è offerto di riaccompagnarmi a casa. Lui... Lui sapeva tutto quello che- quello che avevo passato, ma non mi aveva mai detto niente su di lui.
È semplicemente rimasto al mio fianco per tutti quei mesi, come un amico. Spesso non l’ho trattato come meritava, ed è qualcosa che ancora non mi perdono, ma... avevo paura. Blaine è riuscito a guardare oltre il muro che avevo creato, e... e ha trovato me.
È la persona migliore che conosca, e io... io mi sento davvero fortunato a stare insieme a lui.”
 
Lo disse tutto d’un fiato, non perdendosi neanche una delle diverse sfumature che attraversarono gli occhi di Richard, durante quel discorso, né il tono appena alterato dall’emozione che la sua voce assunse quando rispose.
“...Sembri un bravo ragazzo, Kurt.” Lui sorrise, sollevato.
“La ringrazio.”
 
“...In realtà non è lui quello fortunato,” aggiunse a un tratto Blaine, senza incontrare gli occhi di suo padre “...la mamma ha sempre detto che per voi è stato amore a prima vista. Io non l’avevo mai capito per davvero... almeno fino a qualche mese fa.”
 
Kurt sbatté le palpebre, guardando direttamente Blaine.
 
“Era il mio primo giorno al McKinley, ed ero terrorizzato. All’ultima ora avrei avuto l’audizione per il Glee Club, così prima sono passato a lasciare i libri nell’armadietto.
E Kurt era lì.
Io... non dimenticherò mai quello che ho provato quando l’ho guardato la prima volta. ...Era come se me lo ricordassi, in un certo senso. Come se fosse sepolto da qualche parte nella mia memoria e... ho avuto la certezza di essermi innamorato di lui.”
 
Kurt lo ascoltò in silenzio, lasciando che quelle parole si depositassero da qualche parte vicino alla bocca dello stomaco, talmente ingombranti che non si stupì di sentirsi pizzicare gli angoli degli occhi, né di credere che il suo cuore venisse improvvisamente oppresso da una morsa, mentre tentava invano di allargarsi nel petto.
 
Richard annuì piano e, quando Meredith tornò con il suo pollo al cherry, nessuno di loro sentì l’esigenza di tornare su quell’argomento.
 
La cena proseguì tranquillamente e, boccone dopo boccone, Kurt si sentiva sempre più a suo agio con i genitori di Blaine.
Si erano conosciuti poco lontano da Lima, avevano deciso di sposarsi praticamente subito e, a dispetto di tutte le amiche di Meredith che tanto avevano detto per spingerla a ponderare meglio quella scelta, stavano felicemente insieme da vent’anni.
Richard raccontò di come fino all’ultimo non avessero voluto sapere il sesso del bambino che avrebbero avuto insieme, e di come Meredith fosse assolutamente convinta si trattasse di una femmina, tanto che nei primi mesi dopo il parto qualche volta finiva per parlare di loro figlio sotto il nome di Blair, come del resto aveva fatto da nove mesi a quella parte.
Chiamarlo Blaine era stato inevitabile, a quel punto.
 
La conversazione si era poi spostata sulla famiglia di Kurt: Richard aveva voluto sapere qualcosa sull’officina che gestiva suo padre, e Blaine aveva puntualizzato che il suo fratellastro era il quarterback della squadra di football.
Quando Kurt mise in bocca l’ultimo cucchiaino di torta gelato, era ormai giunto alla conclusione che incontrare gli Anderson si era rivelata un’ottima idea. Non solo perché loro sembravano gradire la sua compagnia, ma anche e soprattutto per il fatto che quello scambio di battute e la loro precedente conversazione si era rivelato un nuovo inizio, per Blaine e suo padre.
 
“Hai bisogno di un passaggio a casa, Kurt?” Sorrise all’espressione speranzosa del suo ragazzo.
“Grazie. In realtà erano tutti impegnati stasera, così ho dovuto chiedere un passaggio a Mercedes...”
“Non c’è problema. Ti accompagno io.” Blaine si alzò da tavola, seguito da tutti gli altri.
“È stato un piacere conoscerti, Kurt. Voglio dire, sei un ragazzo davvero adorabile, e poi sei così carino... Non mi è difficile immaginare perché Blaine- ”
Mamma!” Richard ridacchiò.
 
“No, davvero: è stato un piacere conoscerti.” Kurt si sentì arrossire fin sopra i capelli, mentre cercava di mettere insieme una risposta di senso compiuto.
“G-Grazie. Anche per me è stato un vero piacere, e la cena era buonissima.” Meredith sfoggiò un’espressione adorante, tirando una manica del cappotto a suo marito.
“Ma lo senti, Richard? Lo senti?? Blaine, perché non prendi esempio da lui e la finisci di criticare il mio talento culinario? E- ”
Ciao, mamma.” La donna sospirò teatralmente, e Kurt non poté fare a meno di sussultare quando Blaine lo prese per mano, conducendolo con sé verso la porta d’ingresso.
Salutò un’ultima volta gli Anderson, annuendo al posto di Blaine all’ennesimo “guidate con prudenza” di Meredith.
 
Usciti dal campo visivo dei genitori il suo ragazzo aveva accelerato il passo, tanto che Kurt faticò quasi a stargli dietro, lungo il corridoio che portava all’uscita.
Blaine afferrò la giacca al volo, lasciando la sua mano solo per potersela infilare, Kurt fece lo stesso con il proprio cappotto, e un attimo dopo erano già fuori dalla porta.
 
 

***

 
 
Gliel'aveva detto.
 
Sì, l’aveva fatto, e peraltro in modo assolutamente non interpretabile. Semplicemente, l’aveva pregato di non infilarsi in uno di quei vestiti che mettevano in risalto in modo così dannatamente esplicito ogni singola forma del suo corpo.
E, a dirla tutta, era buona parte della cena che gli ormoni di Blaine erano partiti per la tangente, insieme al suo autocontrollo e alla dignità di non apparire come un pazzo assatanato di fronte ai suoi genitori.
Inoltre, come se tutto quello non bastasse, Kurt aveva detto a suo padre cose che gli avevano fatto perdere ogni difesa, tanto che era stato automatico ammettere che lo amava.
E suo padre era lì davanti a lui, ma avrebbe potuto esserci chiunque altro, per quanto gli importava: era innamorato, e non gli importava in quanti lo sapessero, l’unico di cui gli importava davvero era Kurt.
 
Già, Kurt.
Che si era appena chiuso la porta di casa alle spalle.
 
“Blaine? Si può sapere perché ti sei messo a corr- ”
La domanda del suo ragazzo si spense da qualche parte sulla sua bocca, e Blaine la trovò in ogni caso una risposta più che esauriente.
Gli prese delicatamente il volto con entrambe le mani, resistendo all’impulso di baciarlo con la medesima intensità che Kurt stesso aveva usato nel parcheggio della scuola, la settimana precedente. Assaporò invece la sua bocca con lentezza, compiacendosi del sospiro soddisfatto del suo ragazzo, che si era appena infranto contro le sue labbra.
 
Non si mossero dallo zerbino di casa Anderson per qualche lungo minuto, fino a quando il respiro di Kurt si fece irregolare.
Si staccò da lui con il fiato corto, trafiggendolo con uno sguardo fin troppo intenso per i poveri ormoni di Blaine.
 
“Blaine... Andiamo a casa mia...?” Il ragazzo era piuttosto sicuro di avvertire il principio di un infarto. Studiò l’espressione di Kurt, e decise di muoversi con i piedi di piombo.
“C-Certo. Ti ho già detto che ti accompagno- ”
“Sai cosa intendo.” E, a quel punto, Blaine era certo di avvertire il principio di un infarto.
 
Kurt a un tratto sbatté la palpebre, avvampando totalmente.
 
“...V-Voglio dire! Mi dispiace, non voglio costringerti a- ”
“Kurt. È  tutta la sera che cerco di evitare di saltarti addosso.”
Il ragazzo si inumidì le labbra con la lingua, e Blaine sperò con ogni cellula del suo corpo che non l’avesse fatto apposta.
 
Raggiunsero la macchina qualche istante più tardi, e quello che seguì si rivelò il più terrificante viaggio in auto che Blaine Anderson potesse rammentare.
 
La tensione nell’aria si poteva tagliare con il coltello, e i tentativi di entrambi di avviare una conversazione sulla cena appena trascorsa finivano inevitabilmente in niente, nel momento esatto in cui Blaine cambiava marcia e, spostando il cambio, sfiorava inevitabilmente il ginocchio di Kurt.
 
Ginocchio che, tra parentesi, lui non sembrava intenzionato a spostare.
 
Il moro sperò per tutto il tragitto di non schiantarsi contro un albero e, una volta svoltato nel vialetto di casa Hummel – Hudson, capì che nessuna sfida era impossibile per lui.
 
Sfilò le chiavi dell’auto dalla loro sede e, voltandosi lentamente verso Kurt lo trovò a fissarlo con lo stesso identico sguardo di prima, carico di qualcosa in grado percorrergli tutta la colonna vertebrale molto più intensamente di quanto avrebbe potuto fare un semplice brivido.
Era come se riuscisse a spogliarlo con lo sguardo, ed era umanamente impossibile da ignorare.
Ingoiò a vuoto, senza poter impedire al suo corpo di reagire prepotentemente a quegli occhi, dell’azzurro più caldo che avesse mai visto.
 
“Blaine?”
“Sì?”
“...Non è che potremmo rimandare a domani lo scambio dei ragal- ”
“Sì. Assolutamente.” Kurt sorrise appena, sporgendosi a baciarlo con dolcezza. Blaine si abbandonò a quel contatto e, da come le sue labbra tremavano contro le proprie, era deliziosamente chiaro che volesse qualcosa di più.
 
Qualcosa che forse aveva paura di chiedere.
 
“Kurt- ”
“Abbiamo deciso di fare un passo alla volta. Io... io mi chiedevo se...”
.” E, quella sera, sembrava l’unica parola che fosse in grado di pronunciare. Kurt annuì, allontanandosi quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
“Ti amo.” Ecco, un altro insieme di suoni che non si sarebbe mai abituato a sentir pronunciare da quella voce soffice, angelica come il volto del suo proprietario.
“Ti amo anch’io, Kurt.” Lui arrossì di nuovo, in quel modo adorabile che lo contraddistingueva.
 
Scese dalla macchina un istante più tardi, seguito a ruota da Blaine, che reputò i pochi secondi che il suo ragazzo aveva impiegando a far girare la chiave nella serratura della porta indecentemente lunghi.
Quando finalmente entrarono in casa di Kurt, il tempo parve smettere di funzionare.
A un tratto, a dispetto dell’urgenza che avevano avuto fino a quel momento, ogni istante sembrò dilatarsi.
Kurt si slacciò il cappotto lentamente, un bottone alla volta, e Blaine ebbe cura di sistemare con attenzione la sua giacca sull’appendiabiti. Raggiunsero la sala in silenzio e, se solo non fossero stati così presi dalla situazione, probabilmente avrebbero considerato quantomeno curioso il fatto che la luce fosse accesa.
 
Invece tutto ciò di cui Blaine riusciva ad accorgersi era Kurt, appoggiato al retro del divano, mentre si mordicchiava un labbro.
Annullò la distanza che li separava in due passi lenti, e un attimo dopo era davanti a lui. Tutta la sua intraprendenza sembrava essersi smarrita nei pozzi chiari davanti a sé.
 
Fece per aprire la bocca, ma Kurt lo precedette.
 
“Non sono pronto per- per tutto. Però... ehm...” Blaine sorrise, e sospirò mentalmente di sollievo, dato che nemmeno lui era così convinto di voler andare fino in fondo. Per ora.
“Cosa vorresti?” Kurt abbassò gli occhi, ed erano talmente vicini che avrebbe potuto contare una ad una le ciglia sottili che sembravano quasi sfiorargli gli zigomi, tinti di un delizioso colorito rosato. Gli sollevò il mento con due dita, e non fece nemmeno in tempo a domandargli altro, perché in tutta risposta Kurt fece incontrare le loro labbra in un bacio che, da lento com’era, non impiegò che qualche istante per diventare qualcosa di decisamente più appassionato.
 
Blaine si fece guidare da lui, lasciando che lo afferrasse per le spalle e lo attirasse più vicino a sé, tanto che si ritrovò a dover fare un pizzico di resistenza per paura di schiacciarlo contro al divano, cosa di cui Kurt non sembrava tuttavia preoccuparsi minimamente.
Si spostò invece un po’ più indietro, in modo da potersi sedere sullo schienale con Blaine in piedi tra le sue gambe.  
Il moro fece scorrere istintivamente le mani lungo la schiena del suo ragazzo, arcuata verso di lui, fino a fermarsi ad accarezzare con la punta delle dita l’orlo dei suoi pantaloni.
Kurt dal canto suo gli agganciò le gambe dietro la schiena, avvicinandoselo più di quanto non avessero mai fatto.
 
Blaine, a quel punto, aveva perso ogni vaga percezione della realtà.
 
L’unica cosa a cui riusciva a pensare era il modo in cui le cosce del suo ragazzo erano ermeticamente strette attorno ai suoi fianchi, e ai respiri irregolari che gli si infrangevano in fondo alla gola.
Blaine non poteva umanamente immaginare situazione più eccitante, cosa che dovette rimangiarsi un attimo dopo, quando le mani si Kurt si staccarono dai ricci a cui erano arpionate e raggiunsero i suoi polsi, spostandoli senza troppi complimenti verso il basso.
A quel punto, dato che l’autorizzazione era arrivata direttamente dal suo proprietario, Blaine non esitò a stringere quel fondoschiena che fino ad allora si era limitato a guardare, con l’aiuto di quei suoi dannatissimi pantaloni attillati che la maggior parte delle volte gli impedivano di pensare lucidamente.
 
Kurt si staccò dalla sua bocca per prendere fiato, e lui non poté fare a meno di vendicarsi un po’ di quel maledetto scollo a V che il suo ragazzo aveva pensato bene di sfoggiare.
Accarezzò con la punta della lingua il suo labbro inferiore, per poi scendere fino al mento e più giù, lungo quel collo niveo a cui tanto difficilmente resisteva.
 
“B-Blaine... Uh, Dio- ” Morse e succhiò la sua pelle fin dove la scollatura della maglia glielo consentiva, consapevole di come Kurt stesse stringendo le labbra per contenere almeno in parte quei morbidi gemiti di cui Blaine avrebbe tranquillamente vissuto da lì all’eternità.
Proprio quando iniziava a considerare di aver tormentato a sufficienza la sua giugulare, le gambe di Kurt allentarono la presa attorno alla sua vita quel tanto che bastava ad allontanarlo di qualche centimetro, in modo da potergli raggiungere i bottoni della camicia ed iniziare a sfilarli velocemente – per quanto le mani tremanti glielo permettessero – dalle loro asole.
 
Blaine si sciolse il papillon, rischiando peraltro il soffocamento, aiutando così il suo ragazzo a sfilargli la camicia lungo le braccia.
Kurt tornò a baciarlo avidamente, spostandosi in modo da far combaciare i loro fianchi. Il ragazzo fece scivolare istintivamente le proprie mani ancora più in basso, accarezzandogli le natiche fino a fermarsi all’attaccatura delle cosce, spingendolo direttamente contro i suoi fianchi.
Kurt gemette nelle sua bocca, mentre con una mano scendeva pericolosamente verso il basso, fino a sfiorargli la cintura dei pantaloni, al che, il moro diede completamente addio a ogni buon senso.
 
Lo stesso buon senso che lo investì come un treno in corsa, nell’esatto istante in cui una voce di sua conoscenza li raggiunse dal piano di sopra.
 
“Mamma? Burt? Siete voi?”
 
 
 

 
 
 


 
 
 
 
* Rosa muscosa: dichiarazione d’amore ( http://www.agel-rosen.de/fotos/Moss-Rose-Rosa-centifolia-muscosa-Rubra-81637.jpg )
Primula maggiore: fiducia ( http://www.stelviopark.it/images/Fiori/003Primula_elatior.htm )
...Io e i miei significati dei fiori XD
 







 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccoci qua ^_^
Dunque ragazzi, lo so che al momento volete solo strozzarmi attraverso lo schermo dei vostri computer (o me o Finn. O entrambi), e so anche di meritarmi la cosa, però... Suvvia, provo ad andare per punti, anche perché se no sclero, mi perdo, e sclero di nuovo.
- Kurt & Blaine. Con Kurt che cerca di convincere Blaine a parlare con suo padre. ...Ebbene sì, abbiamo un secondo candidato alla palma d’oro (?) di fidanzato dell’anno ù.ù ...No, boh, amo i motivi che lo spingono a farlo :’)
- Blaine & Richard. Ecco, loro due mi piacciono. Nel senso, mi piacciono anche Meredith e Blaine, ma lui ha un rapporto completamente diverso con sua madre rispetto al padre... e diciamo che conosco quel tipo di rapporto, e mi piaceva rifletterlo su di lui. Spero abbiate apprezzato quel bizzarro ma forte affetto che li lega ç___ç Ecco, poi parlano, e basta, tanto amore per Richard. (Blaine non ha drammi famigliari di alcun tipo, perché ci sono già state abbastanza calamità -.-“). ...Oh, Cooper non esiste XD. Sapete com’è, ho iniziato questa storia quando Blaine in Glee era ancora figlio unico, non mi sembrava avesse molto senso far sbucare un fratello da dietro un portaombrelli. Poi la nuova puntata non è ancora uscita: non so com’è il suo personaggio... e poi, figurasi se Blaine non l’avrebbe detto a Kurt ù.ù
- Cena. Dunque, prima di parlare della cena in sé, ci tengo a sottolineare quanto io sia cerebralmente lesa XD Suvvia: mazzo di fiori con tanto di significato! Dopo il ‘Clove’ questo ed altro ù.ù Comunque... (per chi mi segue già da tempi antecedenti a questa storia) notato niente nella descrizione che Kurt fa del giardino ç___ç?? Vi prego, internatemi u.u La cena... Boh, è stata cenosa. E poi abbiamo avuto un secondo e definitivo step tra Richard e Blaine *-* Belli loro u.u ...Meredith è una pazza *-* La amo XD!!
- Coff. Ecco. Sì. Figurati se ce la potevano fare, poveri esseri ç____ç. Anyway non perdete le speranze, o intrepidi lettori (?)!  Dopotutto vi ho detto che ci sarà un sequel, no?
 
Cooomunque. Quello di sabato  (mi dispiace D: è solo che questa settimana sono strapiena di verifiche, e non posso fare altrimenti D: ) sarà il 35esimo ed ultimo capitolo di questa storia.
...No. Non mi sto commuovendo *sbatte sinuosamente (???) le ciglia*. ...Cosa ci aspetta? Beh, intanto quei due devono ancora darsi il regalo di San Valentino, poi ci saranno tante piccole storielle che vedranno la loro conclusione, e inoltre... beh, la scena finale, quella che avevo in mente fin da quando ho iniziato a scrivere il primo capitolo ù.ù (e magari così il titolo acquista un significato, in tutto ciò XD)
...Ok. A questo punto credo di aver detto tutto (finirà che ho sparato solo inutilità e quello che dovevo dire davvero è finito nel dimenticatoio -.-“) e non mi resta che darvi appuntamento a sabato, con l’ultimo capitolo *si rassegna alle lacrime*, dove vi lascerò qualche informazione in più sul sequel (il titolo ad esempio, che non ho ancora deciso :S), oltre ai saluti e ringraziamenti vari :’) Come sempre, comunque, aspetto i vostri pareri su questo capitolo <3
  
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