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Autore: ermete    09/04/2012    7 recensioni
Al primo anniversario della morte di Sherlock, John si presentò davanti alla tomba del suo migliore amico: non andava spesso al cimitero, non occorreva andare lì per ricordarlo ed omaggiarlo, nè tantomeno serviva a lenire la sofferenza e la solitudine che provava. Tuttavia, una volta presentatosi davanti alla lapide nera, passarono pochi istanti prima che allungasse la mano destra sopra di essa: accarezzò la scritta dorata con la punta dell'indice in un gesto spontaneo più che simbolico e bisbigliò poche parole. "Torno in Afghanistan. Goodbye, Sherlock".
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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***Ciao ragazze! Ecco il nuovo capitolozzo! Come al solito i hope you'll like it XD Sherlock e John sono sempre più vicini, emozionate? Dunque, sapevate che avevo paura di non riuscire a scrivere scene guerreggianti? Beh alla fine per lo stile e per la tipologia di storia che sto scrivendo ho notato che non serve poi molto finire in tecnologismi vari, sto sfruttando invece l'idea degli orologi al massimo, anzi devo ringraziare la mia crapina bacata per aver avuto questa idea originale(nel senso che è proprio mia, non l'ho letta da nessuna parte giuro XD)perchè alla fine se i nostri amati Johnlock riusciranno a trovarsi sarà soprattutto grazie ai marchingegni di David! Bene allora passo e chiudo! Vi avviso già che il prossimo capitolo sarà molto introspettivo, o almeno credo °_° ho una scaletta in mente ma via via che scrivo non so di preciso la lunghezza della scena, non so se mi vengono idee da spararci in mezzo, cose così insomma! la mia perenne speranza è di non annoiarvi e di invogliarvi sempre a leggere :D grazie ancora a chi mi segue!!! baciuzzi!***
L'imboscata
Il campo 7 era in tumulto: tutti i tecnici disponibili ed i militari rimasti alla base erano in piedi davanti agli schermi che raffiguravano le diverse mappe geografiche della zona attualmente sotto assedio, del punto preciso da cui si aveva ricevuto l’allarme dall’orologio del Leone presumibilmente defunto.

In quel momento fece il suo ingresso nella sala il Generale Lightman seguito da Sherlock e le sue due guardie che destarono non poca curiosità nei soldati che ora potevano osservarli.
“Chi è l’Ufficiale più alto in grado presente?” domandò Lightman con voce autoritaria, rispondendo poi al saluto che gli fece il militare quando gli si parò di fronte.
“Colonnello Price, Signore.”
“Molto bene Colonnello.” annuì, per poi rivolgersi al manipolo di soldati che circondavano gli schermi “Soldati! Questi sono Sherlock Holmes e due agenti governativi, ci aiuteranno a riportare a casa i nostri commilitoni. Chiunque si senta pronto per partire e seguire le loro istruzioni via radio vada a prepararsi.”
Mentre i Rhinos uscivano dalla stanza diretti all’armeria, Sherlock toccò la spalla del Generale con abbastanza enfasi da farlo girare verso di sè, completamente irrispettoso della sua autorità.
“Io non comando nessuno via radio, io esco lì fuori e vado a cercare John.” si tolse la giacca del completo, seguito a ruota dalle due guardie.
“Non posso permetterlo. Non mi prenderò la responsabilità della sua incolumità.” Lightman scrollò la spalla, ma non si liberò della presa di Sherlock.
“Lei non ha alcuna autorità su di me, non sono un soldato. Non si preoccupi, non voglio che si prenda alcuna responsabilità, non passerà dei problemi per avermi mandato là fuori, anzi, non lo saprà nessuno, non risulterà sui rapporti.”
“Lei non ha questo potere.” sussurrò Lightman a denti stretti, scostandosi abbastanza da Sherlock per potersi finalmente liberare dalla sua stretta.
“Si dimentica di chi sono fratello. E a mio fratello preme quasi quanto a me ritrovare John Watson vivo.”
Il Generale Lightman indugiò qualche istante trovando negli occhi di Sherlock lo stesso sguardo determinato e impavido che lesse anni prima su John. Abbassò lo sguardo un solo istante, quindi si rivolse ad un soldato li vicino.
“Tenente!” chiamò, riconoscendo i gradi sulla divisa “Date a questi tre uomini l’equipaggiamento che necessitano: escono con i Rhinos.”
Sherlock sorrise soddisfatto, ma prima di avviarsi verso l’armeria fu fermato da Lightman.
“Ma, e dico ma, non potrete uscire finchè non studieremo una strategia: i Rhinos, a differenza vostra, sono una mia responsabilità.” comandò con un tono così autoritario che neanche Sherlock non potè dire altro. Si limitò ad annuire e ad andare ad equipaggiarsi.

Quando i Mastini e i Camaleonti si paracadutarono nelle vicinanze del posto dal quale avevano ricevuto il segnale dell’orologio di uno dei Leoni, osservarono impotenti la pioggia di bombardamenti che stava avvenendo nelle loro prossimità: i piloti dei due elicotteri che li avevano portati fino a quel punto si ritennero molto fortunati a non dover scendere a terra, ed in quello stesso istante aprirono le comunicazioni col campo 7 “Qui Tenente Strike, mi ricevete?”
“Sono il Generale Lightman, vi riceviamo forte e chiaro, com’è la situazione?” domandò l’Ufficiale, sporgendosi in avanti verso i microfoni.
“Generale, qui la situazione è critica: abbiamo sganciato le due squadre a terra e stiamo per rientrare, ma suggerisco vivamente di rimandare subito altri elicotteri maggiormente attrezzati a prelevarli il più presto possibile.”
“E perchè diavolo li avete lasciati andare se la situazione era così critica?!” intervenne Sherlock, rubando il microfono dalle mani del Generale Lightman “Cos’è? Li avete mandati giù a pedate?!”
“Non avevo l’autorità per fermarli... Signore” il Tenente chiamò Sherlock genericamente, non riconoscendo la voce di alcun commilitone “L’ho suggerito ma erano determinati ad andare a salvare i Leoni.”
Sherlock lanciò il microfono all’indietro in un gesto di stizza che fu previsto da uno delle due guardie, il quale, dopo aver preso l’attrezzo al volo, lo riconsegnò rispettosamente al Generale.
“Holmes! Non può fare quello che vuole lei!” sbraitò Lightman per poi tornare a parlare con l’elicotterista “Manderemo subito degli altri elicotteri, ora lo comunichiamo anche alle squadre tramite gli orologi. Voi rientrate subito, non siete attrezzati per degli eventuali scontri aerei. Passo e chiudo.”
Il Generale si rivolse poi ai tecnici “Contattatemi subito i Mastini.”
“Ma è impossibile Generale, non possiamo contattarli noi per primi, devono aprire loro la comunicazione.” si giustificò un tecnico.
“Faccia quello che le dico, c’è un codice per attivare le frequenze in caso d’emergenza.” disse Lightman, per poi digitare una lunga serie di cifre sulla consolle.

Dopo che i Mastini e i Camaleonti ebbero toccato terra, si liberarono dei paracadute per imbracciare i fucili: il clic che sentirono nel caricarlo era diverso.
“Niente più sonniferi, Mastini, qui si deve portare a casa la pelle.” ordinò Christopher, seguito da Rainbow: si radunarono tutti dietro un dosso piuttosto alto, si chinarono e decisero la strategia.
“Bene ragazzi, ora inizieremo a seguire le tracce, se è vero che c’è stato uno scontro qui vicino e che un Leone è a terra, allora vedremo delle scie, degli indizi del loro passaggio. Voglio stare lontano dal pericolo il più possibile, il nostro compito è recuperare i Leoni e tornare al campo tutti interi. Voglio gli assaltisti davanti, quindi Bruce e Logan dei Mastini, Yellow e Red dei Camaleonti: siete i più grossi e i più addestrati agli attacchi a sorpresa, quindi vi tocca. I due medici per ultimi, quindi John e Blue voi chiuderete la fila. Siamo senza cecchini quindi John, ci affidiamo su di te anche per quello.”
Annuirono tutti all’unisono, ma prima che potessero alzarsi, David alzò lo sguardo su Christopher, il quale capì che avrebbe voluto aggiungere qualcosa.
“Senti capo, direi che a questo punto la segretezza è andata a farsi benedire. Propongo di aprire i ricevitori degli orologi al massimo, così che al campo base sappiano sempre dove siamo. Quest’accortezza potrebbe salvarci la vita.”
Christopher e Rainbow si guardarono, quindi annuirono entrambi “David ha ragione, ragazzi. Mettete i vostri orologi sulla frequenza più ampia: in quel finimondo avremmo bisogno di più aiuto possibile.”
Bruce alzò lo sguardo verso il terreno che aveva davanti mentre sistemava l’orologio sulla giusta frequenza “Ehi ragazzi, magari mi sbaglio, ma io qui non vedo delle grandi tracce. Siamo sicuri che questo sia il posto giusto?”
“Il segnale dell’orologio del Leone era arrivato da qui vicino, magari è più avanti.” commentò David, smanettando col proprio orologio che era leggermente più sofisticato degli altri, giacchè li controllava tutti “C’è qualcosa che non va...”
“Che succede?” chiese John, sbirciando l’orologio di David.
“Stanno provando a chiamarci, oh, il protocollo di emergenza, l’avevo detto a Lightman che sarebbe servito un giorno.” gongolò per la propria intelligenza, dimenticandosi per qualche istante in quale situazione si trovavano.
“Generale Lightman?” domandò poi, avvicinando il viso all’orologio: dall’altra parte della duna, diversi chilometri più in là, proveniva un rumore tremendo. Un gruppo di fondamentalisti stava probabilmente attaccando un villaggio di civili e forse era proprio quello l'attacco che i Leoni stavano contrastando.
“Tenente? La sento malissimo, cosa succede?” Lightman alzò la mano, dando il tacito ordine di tenere Sherlock buono e silenzioso per qualche istante: ci vollero quattro cadetti ad adempire a quell’incarico.
“Abbiamo dei problemi con gli orologi, anche se non capisco il motivo!” David si scrollò il polso, per poi riavvicinarlo a sè “Abbiamo aperto le frequenze Generale, così potrete trovarci.”
Il segnale era davvero disturbato, ogni due parole pronunciate da David, una veniva persa e trasformata in un fastidiosissimo rumore elettronico.
“Tenente, vi stiamo mandando indietro gli elicotteri, dovete rientrare subito. E’ un ordine!”
Ma in quel preciso istante tutte le frequenze radio di tutti gli orologi presenti nel raggio di un miglio smisero di funzionare: al campo 7 persero il segnale e David capì tutto dal rumore bianco che proveniva dal piccolo altoparlante del proprio orologio e di quello degli altri.
“Ohhh... cazzo.” David si esibì in un’espressione che avrebbe anche potuto essere comica, se non fosse stato che dietro di loro, dall’altra parte della duna, stavano bombardando un intero villaggio.
“Cosa? Cosa c’è David?” domandarono i capi delle due squadre, scuotendo all’unisono David per farlo rispondere al più presto.
“Ehhh... direi che i nemici, di là, hanno capito come neutralizzare le frequenze degli orologi, non so come, non so perchè...”.
David venne interrotto da Red “Ehi un momento, ora ricordo! Uno degli Eagles una volta è rientrato senza orologio. Che l’abbiano trovato i nemici?”
“Oh beh sì, allora è per quello. Hanno degli informatici anche di là, sapete? I geni nascono ovunque nel mondo.” David schioccò la lingua, indicando con un cenno del capo un punto qualsiasi al di là della duna ogni qual volta usasse l’espressione “di là”.
“Quindi questo vuol dire...” iniziò John, ma David lo interruppe.
“Vuol dire che è un’imboscata, ci hanno attirati qui dove tra l’altro...” toccò più volte l’orologio, allargando la visuale della piccola mappa “...non sembra ci siano Leoni... quindi la buona notizia è che Matt, Zach e gli altri Leoni sono probabilmente al sicuro, la brutta notizia è che siamo nella zona più calda degli scontri, i nemici ne sono al corrente e siamo senza supporto.” il verdetto di David raggelò tutti: abbassarono all’unisono i fucili, borbottando qualche parolaccia in svariati dialetti della lingua inglese.

“Tenente? Tenente risponda!”
Sherlock riuscì a divincolarsi dalla presa dei soldati scalciandoli malamente “Avete perso il segnale!” morse la mano di uno dei cadetti che provava a tappargli la bocca “E ora? Come diavolo li troviamo?!”
“Abbiamo la loro ultima posizione, sono addestrati, sanno che in questi casi non si devono allontanare troppo dall’ultimo check point.” il generale Lightman rivolse un’occhiata ai cadetti, i quali capirono che potevano lasciare andare Sherlock, verso il quale alzò lo sguardo “Li troveremo, signor Holmes.”
“Io vado con gli elicotteri.”alzò l’indice verso il volto di Lightman, intimandolo a non contraddirlo con quell'unico gesto, quindi iniziò a studiare la cartina che aveva di fronte, interessandosi in particolare ad una parete di roccia non troppo alta segnata a lato del punto in cui erano stati sganciati i soldati.
Pochi minuti dopo suonò un allarme, segno che qualcosa o qualcuno aveva oltrepassato il raggio di un chilometro dal centro del campo: entrò un cadetto con un sorriso entusiasta sul volto “Sono i Lions! Ci sono tutti! Sono feriti ma ci sono tutti!”
Qualche soldato urlò di gioia, non curante della presenza di alti Ufficiali, altri si diedero delle sonore pacche sulle spalle, persino il Generale Lightman si sciolse in un sorriso: a Sherlock interessava solo sapere come si fossero salvati e cosa avevano a che fare con l’SOS lanciato poche ore prima, quindi si diresse fuori dall’accampamento, seguendo i militari che andavano ad accogliere i commilitoni.
La maggior parte dei soldati corse a gran velocità, altri portarono con sè delle lettighe e dell’acqua,ma la cosa che li accomunava era che tutti quelli che si fecero incontro ai Leoni urlavano con gioia i loro nomi a gran voce: d’altro canto i Lions, una volta accortisi di essere al sicuro, si lasciarono andare, c’era chi si fermava a riposare e chi si buttava direttamente per terra in attesa dei soccorsi.
Il Generale Lightman, invece, si incamminò senza fretta verso i superstiti, seguito da Sherlock “Cosa sono questi fantomatici orologi, Generale?”
“Sono il mezzo grazie al quale hanno potuto avere luogo le squadre segrete, tra cui quella di cui fa parte John: mentre le normali radio o ricetrasmittenti erano localizzabili dai satelliti, quegli orologi hanno una particolare tecnologia che viene attivata dai membri della squadra a seconda dei bisogni e questo garantiva loro una certa segretezza. Finora le onde radio su cui viaggiavano i loro messaggi erano ignote ai nemici, ma qualcosa deve essere andato storto.” la postura rigida tipicamente militare del Generale era accompagnata dall’altrettanto inflessibile tono di voce.
“Qualcosa è andato storto a livello delle comunicazioni col campo, ma a quanto ho capito funzionano ancora per individuare i membri delle diverse squadre. Quella funzione non dovrebbe lavorare sulle frequenze radio a lunga distanza.” ipotizzò Sherlock.
“Giusto. E con questo?” domandò Lightman, non capendo il punto al quale il detective volesse arrivare.
“Vorrei che me ne prestasse uno. Uno appartenente ai membri di questa squadra che è appena rientrata, così quando arriverò all’ultimo check point potrò cercare i suoi soldati.”
“Lei cercherà solo John, lo so.” lo adocchiò di sottecchi, senza mutare tono o postura.
“Vero. Ma giuro che se mi capiterà di trovarne altri per strada mi occuperò anche di loro. E i due agenti che ho portato con me aiuteranno in maniera altrettanto efficiente.” rispose Sherlock con una sincerità che poteva definirsi cristallina.
Lightman sorrise, in quanto apprezzò che perlomeno Sherlock non lo stesse prendendo in giro “Va bene, Signor Holmes. Ci saranno anche i Rhinos e altri che si offriranno sicuramente volontari. Sarete equipaggiati con delle normalissime ricetrasmittenti, a volte il vecchio è meglio del nuovo.”
“Parole sante.” annuì Sherlock che si fermò a qualche passo dai feriti, spaziando sui volti di tutti, provando ad intuire se avessero o meno problemi seri da curare “Quel soldato ha un’emorragia interna, sarebbe meglio portarlo subito in ospedale.” alzò la mano indicando l’artigliere dei Lions “Sta sudando tantissimo, è pallido e lamenta dolore a metà dell’addome sulla parte sinistra, penso sia la milza.”
Il Generale Lightman spalancò lo sguardo di fronte all’intuizione di Sherlock, quindi ordinò ad uno dei medici di dare la precedenza alle cure di quel soldato “John me l’aveva detto che lei era...”
“Brillante?” tentò Sherlock.
“Ha usato molti aggettivi...” tergiversò Lightman.
“Fantastico quindi?” riprovò il detective.
“Presuntuoso.” annuì il Generale.
“Intelligente?” Sherlock inarcò un sopracciglio. “Spocchioso.” constatò l’Ufficiale.
“Intuitivo?” sperò.
“Arrogante.” concluse.
“Va bene, ho capito.” sbuffò Sherlock: chiaramente John era arrabbiato con lui ed era consapevole che avrebbe dovuto affrontare anche quel lato del loro ricongiungimento.
“Oh, beh, ha detto anche qualcosa di positivo...” ammiccò il Generale Lightman che poi vide arrivarsi incontro due giovane soldati: erano Matt e Zach che si sostenevano a vicenda, incastrati l’uno tra il braccio dell’alto.
Erano feriti, malconci e stanchissimi: Matt, preso da un capogiro, rischiò di inciampare e finire addosso all’alto Ufficiale che però l’aiutò in tempo.
“Tenente! Rilassati, devi farti curare.”
Ma Matt e Zach non potevano rilassarsi: alzarono uno sguardo disperato e furioso verso il Generale “Perchè l’avete fatto? Perchè?!” scoppiò Matt, che, dimentico dei gradi del Generale, si espresse in modo di gran lunga più impulsivo di quanto avrebbe potuto permettersi. Fu quindi richiamato a sè da Zach, che cercò di calmare il compagno stringendolo al proprio petto.
“E’ vero che i Mastini sono fuori?” a Zach costò molto mantenere la calma mentre rivolgeva quella domanda al suo superiore “In quel finimondo? Nella zona 4? La zona 4 è...” si interruppe, irrigidendo la mascella imponendosi di non urlare “...la zona 4 è la più bersagliata. John, David e gli altri sono in quell’inferno?” lo sguardo del giovane tremava ma non si abbassava da lì, dagli occhi del Generale Lightman che deglutì impotente.
“Abbiamo ricevuto una segnalazione sbagliata, sembrava che i Lions fossero lì e che avessero già subito una perdita. Sono partiti per salvare voi.” il tono del Generale non era accusatorio, ma le parole usate avrebbero potuto suggerirlo: purtroppo però se ne rese conto solo alla fine della frase, quindi cercò di rimediare “Non è colpa di nessuno, sareste partiti anche se foste stati nei loro panni.”
Ma quelle parole non servirono a consolarli: Matt perse nuovamente l’appoggio di una gamba e fu preso in tempo da Zach che ora lo stringeva con entrambe le braccia, con forza, sentendolo tremare sotto la sua presa, i piccoli singhiozzi ovattati sotto il volto nascosto nell’incavo tra spalla e collo.
Sherlock fece un passo avanti: provò qualcosa di non identificabile nel vedere la disperazione dei due commilitoni, ma ancor di più sentì una sensazione di calore nel vederli sostenersi a vicenda. Avrebbe voluto abbracciare John, lo stesso John che in quel momento era in un posto che tutti quei soldati temevano. Eliminò la spocchia della sua voce, i toni bruschi e provò ad attirare l’attenzione di Zach, sfiorandogli appena la spalla con la mano destra.
“Scusami ragazzo. Scusami davvero se te lo chiedo in questo momento, sei ferito, sei stanco e sei preoccupato, ma ho bisogno di saperlo. Quanto è pericolosa questa famigerata zona 4? Ci sei stato? Provenite da lì?”
Zach alzò stancamente il capo e anche Matt si staccò un poco, riprendendo possesso di entrambe le gambe: entrambi osservarono Sherlock, e tutti e due i giovani cecchini spalancarono prima gli occhi, poi la bocca. La loro era la faccia di due che avevano appena visto un fantasma.
“Tu? Oddio devo aver battuto la testa più forte del previsto.” Zach assottigliò lo sguardo cerchiato dalle occhiaie su Sherlock, poi si strofinò la fronte sporca di sangue, scrollandosi un poco, ricercando la ragione che temeva di aver perduto.
“Sei quello della foto!” Matt fu più spontaneo: si staccò da Zach e con una forza ritrovata si buttò addosso a Sherlock, come a volerlo osservare meglio. Il detective, un po’ controvoglia, si fece mettere le mani sulle guance, facendosi studiare al meglio dal cecchino “John lo sa che sei vivo?” poi una smorfia di dolore e la gamba che si abbassò nuovamente, ma questa volta fu il detective a prenderlo al volo.
“No, non lo sa ancora. Sai, penso che dovresti farti curare questa gamba prima che...”
“Se John lo sapesse!” lo interruppe Zach che si fece a sua volta più vicino, sia per sostenere Matt che per osservare Sherlock “Potrete ricongiungervi, potrete stare di nuovo insieme, potrà dirti tutto quello che...” si fermò, così come si fermò il cuore di Sherlock.
Ancora, nuovi, innumerevoli sentimenti: John aveva parlato di lui a questi due ragazzi che gli erano così palesemente affezionati. Aveva parlato di lui a persone a cui teneva molto e a quanto pare aveva detto cose importanti. Aveva pure una sua foto che lo ritraeva! Anche John provava dunque dei sentimenti per lui? Se questi due giovani, palesemente una coppia, erano così entusiasti di un loro ricongiungimento, se parlano di cose non dette, vuol dire che anche lui è importante per John allo stesso modo che John lo è per lui?
“A maggior ragione ho bisogno di ritrovarlo in fretta, prima che sia troppo tardi.” Sherlock sorrise con una tenerezza che non pensava di possedere, riconoscendo in quei due ragazzi il suo sogno di poter raggiungere quello stesso livello di intimità con John, di poterlo fare in modo spontaneo, senza imbarazzi. Sherlock trovò quei due ragazzi molto belli, il loro rapporto, la loro evidente complicità poteva essere paragonabile, per l’appunto, alla bellezza nel senso più filosofico del termine.
A quel punto intervenne il Generale Lightman che spiegò velocemente ai due giovani come si era sviluppata l’emergenza e come l’avrebbero affrontata.
Zach quindi si levò il proprio orologio, spiegando a Sherlock la funzione della mappa, come ingrandirla e come rimpicciolirla “I puntini verdi sono i Mastini, uno di loro è John. Sono accese tutte le luci, quindi per ora stanno tutti bene.”
“Grazie.” Sherlock annuì, quindi individuò due barellieri ai quali indicò i due giovani cecchini “Ora andate, fatevi assistere che ne avete un grande bisogno.” sorrise a Zach e Matt che si misero a sedere per terra in attesa di cure.
“Riportaci il nostro dottore, riportalo indietro, fallo per noi, per lui, per te, ma soprattutto per voi.” sussurrò Zach, che poi strinse la mano dell’altro Mastino.
“Se non lo fai ti veniamo a cercare.” bisbigliò a sua volta Matt, sdraiandosi per terra, stanco e dolorante, ma alla perenne ricerca di Zach.
Sherlock sorrise ai due ragazzi, quindi si mise l’orologio al polso e si voltò, diretto verso gli elicotteri: si rivolse dunque alle due guardie che lo seguivano passo a passo “Fatevi dare un orologio a testa, il vostro compito sarà quello di cercare di salvare almeno un soldato ciascuno. Voglio che si salvino, sembrano essere... sì, insomma, delle brave persone. E se trovate John Watson per primi dovete avvisarmi.” vide le due guardie annuire, quindi aggiunse “Ah, avvisate Mycroft del piano. Magari riesce a mandare degli aiuti in più.”
Si guardò dopo essere salito sull’elicottero, non riconoscendosi vestito in mimetica, ma poco gli importava: non era mai stato così vicino a John da un anno e mezzo a quel giorno e questo lo faceva fremere. Ora che sapeva di essergli vicino sembrava non resistere più, avrebbe voluto urlare al pilota di partire subito, avrebbe desiderato correre per il deserto afghano alla sua ricerca, avrebbe voluto gridare il suo nome, farsi sentire, mostrargli che era vivo e che gli avrebbe strappato di dosso la divisa per riportarlo alla vita civile, con lui, a Baker Street.
Il rumore dei suoi pensieri era così forte che nei primi minuti non si accorse nemmeno che l’elicottero era partito.

Dopo qualche istante di silenzio Christopher rialzò lo sguardo su Mastini e Camaleonti “Ragazzi, al campo si saranno già accorti che qualcosa non va e quando qualcosa non va... beh conoscete la procedura. Dobbiamo rimanere nel perimetro, nascosti, finchè non sentiamo gli elicotteri, a quel punto possiamo rispuntare fuori dai nascondigli.”
Sembrava che le bombe avessero aspettato proprio la fine del discorso, perchè quando Christopher si interruppe ci fu un lungo sibilo che s’avvicinava sempre di più: quel sibilo si trasformò in un enorme rimbombo che investi il gruppo di soldati assieme all’onda d’urto dell’esplosivo scoppiato a meno di un chilometro da lì.
Vennero sbalzati a dieci metri dal punto in cui s’erano fermati, erano impolverati, qualcuno sanguinava appena, ma la bomba era troppo lontana e il posto troppo deserto affinchè qualche detrito li colpisse.
A quel punto l’ordine di Christopher arrivò a voce alta e ben chiara “Sparpagliamoci! Massimo gruppi di due! Forza ragazzi! Se non vi ritrovo tutti vivi alla base, verrò all’inferno a prendervi a calci nel culo!”
Per i ragazzi furono le parole d’incoraggiamento migliori che Christopher potesse infondere loro: era il suo stile e non lo avrebbero cambiato per nulla al mondo.
John e David si guardarono e decisero di percorrere almeno un pezzo di strada assieme, guardando uno le spalle dell’altro: lo stesso fecero Logan e Bruce, seguiti da Christopher e Alec. Anche i Camaleonti seguirono quel consiglio, dividendo a gruppi di due, scegliendo ognuno il compagno che aveva maggiormente vicino.
John e David, così come gli altri, furono almeno rincuorati dal fatto di non vedere nemici a piedi, a poca distanza da loro: avrebbero solo dovuto schivare le bombe che via via si facevano più vicine, come se gli Afghani li avessero avvistati da lontano, magari con immagini satellitari, forse con telecamere termiche. L’imboscata era comunque andata a buon fine.
   
 
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