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Autore: Sephora    09/04/2012    10 recensioni
«Negli ultimi anni ho imparato a guardarmi le spalle».
«Non lo metto in dubbio: temo solo che tu ti possa distrarre guardando quelle di qualcun altro».

La storia si ripete.
Il mondo magico vive nell'ombra fredda e desolata dei Dissennatori da ormai tre anni: né il Ministro, né gli Auror sono riusciti a scongiurare l'inevitabile.
Viene riesumato l'Ordine della Fenice per organizzare l'ultima, strenua resistenza.
Siete pronti al tutto per tutto?
Vincitrice del premio "Rivelazione" e seconda classificata al LONG FICTION BATTLE.
Genere: Dark, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, Rose Weasley, Teddy Lupin, Un po' tutti | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'The Prophecy'
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PROLOGUE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel salone della Tana c'era un orologio dalle lancette sbeccate.

Da quando non partecipava più alle ronde, ogni sera Harry vi si sedeva davanti, con una tazza di caffè in una mano e una piuma nell'altra, e il ticchettio che scandiva le sillabe scarabocchiate sulla carta da lettere.

«Non riapriranno Hogwarts» esclamò Ginny, entrando nella stanza. «Il Ministero l'ha chiusa definitivamente».

Harry sollevò appena il capo. «Era prevedibile».

«Questa è la prova che Weber c'entra qualcosa coi Dissennatori! Magari è lui stesso a controllarli!»

«Di certo non fa niente per respingerli» rimbrottò Harry, riprendendo a scrivere.

«Sì, ma, Harry! Sta facendo passare per una cosa buona la chiusura di Hogwarts. Dice che i ragazzi saranno più sicuri a casa, con le loro famiglie a proteggerli!»

«Dice anche di mettere a disposizione delle squadre di Auror per tenere sotto controllo la situazione, ma in realtà non si è ancora visto nessuno. Gli unici a fare qualcosa siamo noi». 

Quando alzò lo sguardo, Ginny lo stava fissando – gli occhi leggermente sgranati, le labbra dischiuse, screziate dai capelli rossi. Da quant'era che non le diceva di amarla?

«Noi non possiamo più andare avanti così, Harry» mormorò lei, scuotendo il capo. «Siamo gli unici a fare qualcosa, sì, però non so se riesumare l'Ordine della Fenice sia stata una buona idea...» 

La sedia slittò indietro, cigolando, e Harry si issò in piedi. «Non pensi mai a quante persone sarebbero morte in questi anni senza l'Ordine?» ringhiò, battendo i pugni sul tavolo. 

«E tu non pensi mai ai tuoi figli? Non pensi mai ai tuoi nipoti? Sono solo ragazzi, maledizione!» 

«Sono ragazzi in gamba». 

Lo dovevano essere, perché nessuno di loro era ancora morto. 

«Anche Fred era un ragazzo in gamba» soffiò Ginny, strofinandosi gli occhi con la manica del maglione. «Ma questo non l'ha salvato». 

Harry si lasciò cadere sulla poltrona, il petto improvvisamente scosso da rauchi colpi di tosse. Ginny rimase immobile, ritta in piedi, nel lato opposto della stanza. Non gli chiese che cosa avesse, non gli chiese se fosse uno dei suoi soliti attacchi: era fredda, come congelata accanto alla tromba delle scale. Non si accorse neanche che suo marito, insieme alla saliva, sputava sangue. 

«Gin...» rantolò, coprendosi la bocca con un fazzoletto. 

«Più ci teniamo lontano da questa storia, meglio sarà per tutti» lo interruppe lei, storcendo le labbra tanto da scoprire i denti. «Basta fare gli eroi, Harry, basta. Il nostro tempo è passato, ora non stiamo più giocando con le nostre vite, ma con quelle dei nostri figli... con la sua: la Profezia era chiara.» Poi si allungò verso l'appendiabiti per afferrare il giubbotto. 

«Dove vai?» domandò lui, sforzandosi di modulare la voce. «Dopo il Coprifuoco non bis...» 

«Manca il latte» sillabò Ginny, cacciando le braccia nelle maniche rattoppate della giacca. «Secondo te con cosa dovrebbero fare colazione i ragazzi?» 

«Non essere sciocca. Non puoi...» 

«Io mi Smaterializzerò all'angolo del supermercato, ci entrerò, comprerò due cartoni di latte parzialmente scremato e tornerò indietro. Tutto qua: né più, né meno». 

Nel momento stesso in cui sbatté la porta dietro di sé, la lancetta col suo nome si spostò da “a casa” a “in pericolo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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