~ Klaine Songs ~
28°_ Somewhere only we know
~ Blaine
~ Quando davvero non riesci ad allontanarti dalla
persona che ami ~
Rimango
fermo, immobile, quasi senza respirare, osservando Kurt da lontano mentre abbraccia
i suoi amici, felice di essersi di nuovo unito a loro. Non posso fare a meno di
aprirmi in un sorriso io stesso, vedendolo così allegro, e cerco in tutti i
modi di non farmi prendere dal dispiacere che provo ogni volta che penso a
quanto mi mancherà ora che non sarà più con me.
Così
come concordato con Mercedes – che è stata fondamentale per la riuscita del
nostro piano – inizio a scendere le scale, seguito da Wes
e David, non appena la vedo parlare con Kurt, costringendolo a girarsi e a
fargli notare tutti noi, stretti nella nostra divisa di Warblers.
L’espressione
sorpresa sul volto di Kurt è il meglio che potessi ottenere; sorride poi,
guardandomi, e io cerco di non farmi distrarre dai suoi occhi, dalle sue labbra
e da lui in generale, cercando di
ricordare il discorso che avevo preparato.
Ma
ora come ora c’è il vuoto nella mia testa, o meglio, c’è solo un nome che la
attraversa. Kurt.
Ed
è quindi così che inizio un discorso che, ho deciso, improvviserò.
«Kurt,
ci mancherai alla Dalton.» Faccio una pausa, sorpreso del mio tono di voce
rotto, che mi fa rendere conto di essere quasi sul punto delle lacrime. E il
bello è che non ho nemmeno ancora cominciato a cantare! Non so come mi
ritroverò alla fine, se continuo di questo passo.
«Il
tuo contributo ai Warblers è stato molto prezioso.»
Abbassa lo sguardo, quasi non credesse alle mie parole. Sbagli, Kurt. Sei stato
davvero importante per noi, non solo per me. «Hai fatto di noi una squadra
migliore.»
Rialza
lo sguardo su di me, mentre continuo. «Mi rattrista vederti andare via,» ed è
solo una piccola parte per descrivere l’entità del mio dispiacere, «ma sappiamo
tutti che è questo ciò che volevi.» Lo so che è questo ciò che vuoi, e anche i
ragazzi. Non possiamo trattenerti.
«Io
ti vedrò ancora dopo la scuola e nei weekend, ma questi ragazzi no, perciò sono
venuti a salutarti.» La voce mi si spezza. Perché queste ultime parole sanno
tanto di un addio?
Ringrazio
Wes e David, i miei due angeli custodi, i miei
migliori amici, che sono vicini a me; e soprattutto ringrazio Wes, che prende la parola quando si rende conto che non so
più che altro dire, troppo impegnato a non scoppiare a piangere nel cortile del
liceo McKinley.
«E
grazie, Kurt.»
Vedo Kurt
sospirare dopo le nostre parole, ma decido per un attimo di non concentrarmi su
di lui; anche se, in realtà, è più una necessità dettata dal fatto che, se
continuassi a guardarlo, non farei altro per ore e ore, e non farei mai ciò che
mi sono prefissato di fare. Così chiudo gli occhi e inizio a cantare, pensando
solo al testo della canzone, e al motivo per cui ho scelto di dedicare proprio
questa canzone a Kurt.
I walked
across an empty land
I knew the pathway like the back of my hand
I felt the earth beneath my feet
Sat by the river and it made me complete
Lascio che
la mia voce risuoni alta nel cortile del McKinley, cercando di non pensare a
quanto azzardato sia dedicare una canzone al mio ragazzo proprio in questo
liceo. Ma ora come ora, non mi importa di niente; mi rendo conto che è da
quando Kurt mi ha dato la notizia del suo trasferimento che non vedevo loro di
cantare per lui.
So che i
miei compagni Warblers stanno uscendo dal loro
nascondiglio e stanno per scendere le scale dietro di me, così come era stato
concordato. Non ho bisogno di girarmi per sentire la loro presenza; so che ci
sono e questo è l’importante. Perché, come sempre, mi sono stati vicino e lo
faranno anche dopo, quando dovremo andare via di qui e sono certo che crollerò.
Oh simple thing, where have you gone?
I’m getting old and I need something to rely on
So tell me when you’re gonna let me in
I’m getting tired and I need somewhere to begin
E già adesso
sto per crollare, mentre continuo a cantare e mi avvicino a lui, seguito dagli
altri. Non so come farò a resistere senza Kurt. Nonostante l’affetto degli
altri ragazzi, la loro pazzia e il loro essermi stati vicino nei momenti più
bui – quando Kurt non era ancora entrato nella mia vita – da quando Kurt si era
trasferito alla Dalton, vivere lì mi era sembrato ancora più bello.
La Dalton è
cambiata da quel momento. O meglio, sono cambiato io.
Con
semplicità, Kurt si è letteralmente fiondato nella mia vita, come una meteora
luminosa che ha attraversato il cielo buio di una notte priva di stelle. Mi ha
regalato il suo calore, e io non ho potuto fare a meno che abituarmi a tutto
questo. E ora che se ne andrà, tornerà il buio.
Non riesco a
pensare, non so come io stia riuscendo a cantare dato il magone che mi opprime
la gola. Vorrei avvicinarmi a lui, corrergli incontro e abbracciarlo e baciarlo
fino quasi a svenire. Un pensiero egoista mi attraversa la mente: vorrei
poterlo prendere e racchiudere in una gabbia, facendo sì che stia sempre con
me, senza abbandonarmi mai.
L’istinto mi
porta verso di lui, vorrei quasi afferrarlo e trascinarlo via, ma mi riprendo
appena in tempo. Gli passo vicino senza quasi guardarlo, attirato dal
pianoforte nel bel mezzo del cortile, e mi ci avvicino, cominciando a suonare.
And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know
Mi sento un
idiota; non posso davvero aver pensato una cosa del genere. Kurt non è certo un
uccellino da tenere rinchiuso in una gabbia, e mi sembrava di aver già fatto i
conti con questa mia possessività ieri, dopo la nostra lite.
Ne abbiamo
già discusso, non dovrei essere così spaventato. Triste sì, ma non spaventato.
Ho detto a Kurt che non sarebbe cambiato niente tra di noi, e lui ha detto lo
stesso. Ma allora perché sono così terrorizzato? Perché ho come la brutta,
orrenda sensazione che questa sia l’ultima volta che lo vedrò? Perché ho paura
che questa sia la fine di tutto, di noi?
I miei amici
notanto la mia espressione e, senza che me lo
aspettassi, mi si avvicinano, mettendosi a semicerchio intorno a me, quasi
volessero comunicarmi il loro appoggio. Vorrei riuscire a voltarmi verso di
loro, ringraziarli, ma ci sarà tempo per questo, dopo.
Ora devo
concentrarmi solo su Kurt, e sento di nuovo il desiderio opprimente di avere un
qualsiasi tipo di contatto con lui, che mi faccia rendere conto che è tutto
vero, è reale, che Kurt non mi sta scivolando via dalle dita.
Così lascio il
pianoforte e mi avvicino di nuovo a lui, questa volta camminando lentamente. E
non mi importa niente degli sguardi dei presenti, di quello che potrebbero
pensare o fare; salgo un gradino, ritrovandomi su quello più in basso rispetto
a quello di Kurt, e gli porgo le mani, in attesa che lui le afferri. E per un
attimo, temo che non lo farà.
Ma vengo
smentito. Kurt mi stringe le mani e io lo trascino con me, giù dalle scale,
senza staccare gli occhi dai suoi. Nel momento in cui le nostre mani si
uniscono, mi sento di nuovo, incredibilmente bene.
And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know
Somewhere only we know
Somewhere
only we know
Ci
stacchiamo, mentre gli altri Warblers cominciano ad
avvicinarsi man mano a Kurt per salutarlo, chi con un abbraccio, chi con una
pacca sulla spalla. Mi gira le spalle, salutando tutti che gli rivolgono
sorrisi e sguardi pieni di ringraziamento e affetto. Ed è in questo momento che
mi rendo conto di essere davvero un idiota.
Perché io ho
fiducia in Kurt. So che quello che c’è tra noi non cambierà, e di certo non per
una mera questione di lontananza. Riusciremo a vederci e ad andare avanti,
riusciremo a stare insieme e amarci.
Ma mi
mancherà da morire. Perché dovrò tornare alla Dalton, entrare in quella stanza
che ha visto tutto di noi, le cose belle e le brutte, e mettermi a osservare un
letto vuoto e freddo. Sarò costretto ad ascoltare il silenzio, lo stesso
silenzio opprimente di quella stanza fredda che non ero riuscito a sopportare
dopo il mio appuntamento con Rachel. Dovrò riabituarmi a stare senza di lui,
per lo meno alla Dalton, a non poter ascoltare il suono del suo respiro mentre
si addormenta, a non potergli stringere la mano quando studiamo, a non fare i
turni nel bagno, lementandomi del suo monopolio su di
esso, a non svegliarmi con quell’oceano che ha al posto degli occhi davanti a
me.
Perciò non
posso fare a meno di urlare, sfogandomi attraverso la canzone. Perché la verità
è che sono distrutto. Perché la verità è che anche se questo non è un addio, ha
lo stesso, identico, amaro sapore.
Dopo aver
abbracciato Finn e Mercedes, Kurt si volta verso di
me; ed è come tornare a respirare. Mi rendo conto di quanto mi fosse mancato il
suo sguardo nel mio in questi pochi secondi che siamo stati separati. Non
possiamo trattenerci dall’avvicinarci l’uno all’altro, mentre io abbasso il
tono di voce, quasi sussurrando le ultime parole del testo, sperando che lui
comprenda, che capisca a cosa mi stia riferendo, che capisca le mie paure e
possa fare ciò che fa meglio: aiutarmi, farmi stare bene.
Perché lui
potrà anche pensare che sono stato io a salvare lui, ma la verità è che è stato
lui a salvare me.
Finisco di
cantare, senza distogliere lo sguardo dal suo, senza muovermi, respirando
profondamente e cercando di contenere le lacrime che premono di uscire, di
riacquisire il fiato che ho perso.
Ma è Kurt a
togliermi definitivamente il respiro quando, facendo un passo verso di me, mi
stringe in un abbraccio che è più una morsa. E io lo stringo tra le braccia,
forse troppo forte, provando di nuovo lo stesso desiderio di poter penetrare in lui per poterlo così
accompagnare sempre. Chiudo gli occhi, beandomi del calore di questo abbraccio,
che mi scioglie il cuore nel petto, del profumo di Kurt che mi invade le narici
e della moribidezza della sua guancia a contatto con
la mia.
E poi, Kurt
dice cinque parole, quelle parole che stavo aspettando. Non mi stupisco neanche
di quelle parole, perché sapevo che Kurt avrebbe capito, non avevo dubitato
neanche per un secondo. Ci conosciamo troppo bene, c’è qualcosa tra di noi,
qualcosa che ci lega e che non riesco a comprendere appieno, ma mai come in
questo momento mi rendo conto che siamo fatti l’uno per l’altro.
«Non ti dirò mai addio.»
Questo dice,
e ha la facoltà di farmi tornare a respirare di nuovo, molto più sereno di quanto
non fossi prima. Ho accettato l’idea del dedicargli una canzone, anche per
dargli la certezza che ci sarei sempre stato, ma alla fine, è stato lui a
rassicurare me.
Ci
stacchiamo contemporaneamente, di tacito accordo, come se avessimo entrambi capito
che è il momento di lasciarci andare. Io lo guardo velocemente negli occhi, e
poi quasi scappo via, non del tutto certo di riuscire a trattenermi dallo
scoppiargli a piangere davanti. Noto però il sorriso che mi rivolge e sento i
suoi occhi seguirmi.
Mi impegno,
cercando di non voltarmi e di non guardarlo, perché sento che ora sarebbe
troppo. Ma alla fine non resisto e mi giro, osservando i suoi amici coccolarlo
e confortarlo, asciugandogli le lacrime che aveva versato poco prima. E mentre
lo guardo lì, con i suoi amici, mi rendo effettivamente conto che è questo il
posto a cui appartiene; e vederlo felice, rende felice anche me, nonostante la
tristezza e le lacrime che ormai sono lì lì per
uscire – un battito di ciglia e cadranno.
«Grazie,» sussurro.
Grazie di
tutto.
~ ∞ ~
Non so
perché io mi trovi qui davanti. Non avevamo in progetto di vederci, inoltre
sapevo che Kurt avrebbe avuto il Glee dopo le ultime
lezioni del pomeriggio; immagino che poi vorrà passare del tempo con i suoi
amici, organizzare qualcosa con loro per festeggiare il suo ritorno al
McKinley. Per un attimo sono quasi tentato di andarmene e lasciarlo in pace con
i suoi amici, e quasi lo faccio, ma una voce mi ferma.
Mi volto,
per ritrovare Finn poco distante da me, accompagnato
alla biondina che, se non ricordo male, dovrebbe essere Quinn. Non appena mi
notano, mi vengono incontro con due sorrisi enormi sul volto; Quinn non fa
altro che guardarmi con due occhi luccicanti, neanche fossi diventato
improvvisamente un cucciolo abbandonato nel bel mezzo dell’autostrada. Io le
rivolgo uno sguardo stranito, ma poi sposto la mia attenzione su Finn, che mi sta porgendo la mano, chiusa a pugno.
«Ehi, amico!» sorrido e colpisco piano il pugno con il
mio, proprio come avevamo fatto a casa sua poche settimane fa. «Come stai?»
«Tutto bene,» dice lui mettendo un braccio intorno alle
spalle della sua fidanzata e rivolgendole un sorriso – che però non viene
ricambiato, dal momento che la ragazza è ancora impegnata a guardarmi con la
stessa identica espressione di prima.
Finn, seguendo il mio sguardo, si rende conto del motivo
per cui sto fissando Quinn e si fa scappare una risata. «Amico, hai davvero fatto colpo nel cuore di ogni ragazza presente in
cortile poche ore fa!»
Io mi limito
a sorridere, imbarazzato. In effetti posso immaginare sia stata una scena
abbastanza romantica a occhi esterni, sebbene io non l’avessi preventivato.
Volevo semplicemente fare una sorpresa a Kurt, ringraziarlo per il suo
contributo e regalargli il miglior saluto che potesse avere.
«E’ stata davvero una bella sorpresa, Kurt l’ha davvero
apprezzato molto,» continua a dire Finn, guardandomi
dritto negli occhi.
«Cosa ho apprezzato molto?» sento dire da una voce
dietro la schiena di Finn, una voce che conosco bene,
che amo e che non vedevo l’ora di risentire.
Finn si volta, togliendosi dalla mia visuale e mostrandomi
un Kurt in tutto il suo splendore. E non dovrebbe sembrarmi così bello,
d’altronde l’ho già visto prima, ma non posso fare a meno di pensare a quanto
sia dannatamente splendido e a quanto mi sia mancato. Non riesco a trattenere
un sorrisone, seguito probabilmente da un’espressione inebetita.
Anche Kurt
riesce finalmente a vedermi – prima ero nascosto da Finn
– e i suoi occhi si illuminano, brillando di una luce propria come le più
luminose delle stelle. Si avvicina a me, neanche facendo caso alla presenza
della sua compagna di Glee Club e al fratellastro, e,
non appena mi è di fronte, mi afferra una mano, stringendola tra le sue.
Rilascio un sosprio, ampliando il mio sorriso e iniziando ad
accarezzargli il dorso della mano con un pollice. «Ciao,» dico, sperando che la voce non mi esca troppo sospirante o simili.
«Ciao,» mi risponde lui, senza distogliere gli occhi
dai miei.
Finn, notando il fatto che ci siamo persi nel nostro
mondo, ci saluta, trascinandosi dietro Quinn. «Ciao
ragazzi, ci vediamo presto!»
Io e Kurt a
malapena li salutiamo, ancora troppo intenti a scambiarci sorrisi e sguardi
dolci. Non posso credere di essere di nuovo con lui, sento il cuore battere
all’impazzata e quasi scappare via dal petto, per fiondarsi dritto tra le
braccia di Kurt. Non voglio lasciarlo.
«Ehm,» mi schiarisco la voce, «forse sarebbe il caso di salire in macchina e…
beh, andare da qualche parte. Ti va?» gli chiedo, speranzoso.
«Sì, va benissimo. Fortunatamente per oggi mi hanno
risparmiato da compiti vari e interrogazioni; e comunque, con il programma
svolto alla Dalton, credo dovrò studiare cose già viste,» mi risponde lui, prima
di iniziare a incamminarsi giù dalle scale del McKinley.
Gli faccio
strada verso la macchina, continuando a tenere la sua mano, senza preoccuparmi
che qualcuno possa vederci. È tardi, gli altri ragazzi, giocatori di football
compresi, devono essersene già andati. A volte ci scambiamo un’occhiata,
sorridendo come due ragazzini; non diciamo nulla, godendo semplicemente della
presenza l’uno dell’altro – non abbiamo bisogno di altro se non di questo.
Arrivati
alla macchina, gli apro la portiera, guadagnandomi un sorriso stratosferico da
parte di Kurt, e poi mi siedo al posto del guidatore. Credo che entrambi non
abbiamo alcuna intenzione di separarci; voglio stare ancora un po’ con lui, e
se non vado errato, penso che anche Kurt abbia lo stesso desiderio. Lo vedo da
come mi guarda, da come mi abbia ripreso la mano e da come si stia,
inconsciamente o no, sporgendo verso di me.
«Allora, ti va di andare al cinema?»
«Hai qualcosa di interessante da propormi?» mi chiede
lui con un sorrisetto malizioso.
«In realtà no,» dico ricambiando con lo stesso tipo di
sorriso. Credo che entrambi siamo a conoscenza del fatto che non presteremo poi
così tanta attenzione al film, approfittando del buio della sala e del fatto
che effettivamente, di mercoledì pomeriggio, quasi nessuno va al cinema.
Metto in
moto, lanciandogli un’altra occhiata. Lui invece mette la musica, del tutto a
suo agio nel muoversi nella mia macchina; non so perché, ma questo pensiero mi fa
sorridere. Non so se sia un caso o se Kurt lo abbia fatto apposta, ma la prima
canzone che parte è Teenage dream.
Io non posso
evitare di ripensare a quando l’ho conosciuto, alla nostra corsa in mezzo ai
corridoi della Dalton, ai suoi occhi mentre osservava noi Usignoli esibirci.
Quella volta stavo cantando per lui, quasi senza accorgermene; tuttavia,
qualcosa nel profondo, lo aveva già riconosciuto – forse la mia anima: aveva
riconosciuto uno spirito affine.
Ringrazio il
semaforo che è appena diventato rosso, così riesco a voltarmi verso Kurt e a
guardarlo. Lui sfugge il mio sguardo, arrossendo, un mezzo sorriso sul volto;
so che sta pensando anche lui al nostro primo incontro. Cavolo, devo essergli
sembrato davvero un pazzo. Un perfetto estraneo che ti prende per mano e ti
trascina con sé in mezzo a un corridoio vuoto di una scuola sconosciuta, non è
una cosa normale da fare. Mi chiedo come abbia fatto a fidarsi di me.
Kurt sta
tamburellando con le dita sul bracciolo alla sua destra ed effettivamente, ora
che lo osservo bene, mi sembra un po’ nervoso. O meglio, non nervoso, quanto… agitato. Lui deve aver intuito i miei pensieri
perché, con un altro sorriso, mi dice, «Blaine, è verde. E per favore, parla! Dimmi qualcosa…»
Arrossisce dopo
queste parole, e non ne capisco il motivo. Decido comunque di esaudire il suo
desiderio e, partendo, gli dico la prima cosa che mi passa per la testa: «Quando ci siamo conosciuti… che impressione hai
avuto di me? Devo esserti sembrato un pazzo!» ridacchio, imbarazzato. Ora che
ho posto la domanda, quasi temo la sua risposta.
Kurt però
non si fa attendere e risponde, con uno strano scintillio negli occhi che sono
riuscito a cogliere grazie a un altro semaforo rosso, «Ho pensato che fossi un nano maleficamente ingellato!»
«Wes ha contagiato anche te?» sbuffo spazientito,
provocando una risata cristallina in Kurt che ha il potere di farmi sorridere.
«No, seriamente. Non so cosa ho pensato…
forse perché in realtà non pensavo a nient’altro che non fossi tu.» Dice mentre
riparto – ancora pochi metri e siamo arrivati.
Mi arrischio
a gettargli un’occhiata veloce, notando il rossore sulle sue guance. Io invece
non so se sentirmi lusingato o in imbarazzo per non aver capito subito tutto,
ma anzi, per aver sospettato di non interessargli minimamente. Non so cosa
dire, così opto per non dire nulla e afferrare invece la sua mano per un breve
momento, stringendola forte.
Quando siamo
costretti a staccarci, noto di nuovo l’agitazione di Kurt: continua a tamburellare
con le dita sul croscotto ora, mordendosi le labbra e
gettando fugaci occhiate in giro. Inizio a pensare che forse sia tanto agitato
all’idea di noi due da soli, al buio, in un cinema.
Dopo aver
posteggiato, mi volto verso di lui, slacciando la cintura e mettendogli una
mano su un ginocchio. «Kurt, perché sei così agitato? Prometto che non ti
salterò addosso.» Gli regalo un caldo sorriso, cercando di tranquillizzarlo.
Non che non
mi dispiacerebbe saltargli addosso, ma ho promesso a me stesso che avremmo
fatto tutto con calma, senza alcuna fretta. Ho promesso a me stesso che non
avrei fatto nulla per mettere Kurt in imbarazzo, né per spingerlo a fare cose
che non vorrebbe fare. Forse mi sono solo immaginato lo scintillio malizioso
che ho visto prima nei suoi occhi, perciò possiamo anche solo entrare nel
cinema, sederci e guardarci tranquillamente il film.
«No, io… non è quello. Anzi,»
lo sento rispondere in un sussurro.
Avvampo a
sentire quell’anzi. Ho capito bene?
«Kurt, non ti seguo,» dico, una mano che corre ad
accarezzargli una guancia arrossata, gli occhi fissi nei suoi. Non riesco a non
toccarlo, e non è normale.
Kurt prende
un profondo respiro, sfuggendo il mio sguardo e posandolo fuori dal finestrino,
verso il parcheggio buio e semivuoto del cinema. E alla fine, inizia a parlare,
talmente veloce che devo concentrarmi per cogliere ogni singola parola che esce
dalle sue labbra.
«Tu sei assolutamente stupendo, Blaine.
Mi hai dedicato quella canzone prima, hai cantato per me, davanti a un sacco di estranei che avrebbero potuto reagire
male, e non te n’è importato della paura di quello che sarebbe potuto
succedere. È stato bellissimo, emozionante e dannatamente frustrante non poterti baciare alla fine dell’esibizione, dico
davvero. Mi sono dovuto trattenere per non saltarti al collo lì, nel cortile
del mio liceo; e te lo giuro, darti quell’abbraccio è stato sinceramente troppo
poco. E ora siamo qui, e l’unica cosa che vorrei fare, citandoti, sarebbe
saltarti addosso. Ma non riesco a farlo per… per… quel problema.»
Rimango
basito, ascoltando le sue parole e sentendo il cuore battere affannosamente nel
petto. Cerco di non concentrarmi sul fatto che, diavolo, Kurt vuole saltarmi
addosso – Kurtvuolesaltarmiaddosso Kurtvuolesaltarmiaddosso
Kurtvuolesaltarmiaddosso – ma sul fatto che
evidentemente ha un problema, che io però non riesco ad afferrare.
Credo che il
mio sguardo, a metà tra l’eccitato e il confuso, sia sufficientemente chiaro a
Kurt per fargli capire che deve spiegarsi meglio. Ancora con lo sguardo basso,
sussurra qualcosa così a bassa voce che devo fare uno sforzo enorme per
sentirlo.
«Tu non mi reputi sexy… E… e come posso fare quello
che voglio fare, se tu mi consideri ridicolo sotto quel punto di vista? Io
già mi vergogno e –»
Ok, ora come
ora, l’unica cosa che mi trattiene dal baciare il meraviglioso ragazzo che ho
di fronte, è il fatto che non mi stia guardando negli occhi – e odio baciare
qualcuno che non mi sta guardando – e anche il fatto che vorrei prenderlo a
sberle.
Come può
pensare una cosa del genere?
Beh
Anderson, è anche colpa tua…
Lo fermo,
spostando la mano ancora ferma sulla sua guancia e facendogliela scivolare
sulle labbra. Kurt fissa lo sguardo nel mio, i suoi occhi sono un misto di
paura, desiderio e vergogna, un mix unico che mi fa desiderare ancora di più di
baciarlo fino a farci mancare il respiro. Ma mi trattengo, perché non è la cosa
giusta da fare in questo momento.
Kurt vuole
essere tranquillizzato, deve essere
tranquillizzato; ed è colpa mia se ci ritroviamo qui. E’ colpa mia e della mia
boccaccia. Sono stato io a dirgli che non sembrava affatto sexy dopo la nostra
esibizione di Animal,
ma forse avrei dovuto spiegargli meglio allora che cosa intendevo dire.
«Kurt,» inizio, cercando di trasmettergli con la voce
la più totale sincerità delle mie parole, «so che posso averti confuso con quella storia di Animal ma la
verità è un’altra. Tu non sei un cucciolo di pinguino.»
Con una
mano, faccio sì che sollevi il mento, di modo da riportare il suo sguardo, che
si era prontamente abbassato non appena avevo cominciato a parlare, nel mio.
«Tu non hai bisogno di cercare di essere sexy: lo sei già di tuo. Ti viene naturale, lo
fai senza pensarci e senza alcun tipo di forzatura; e questo ti rende
assolutamente perfetto,» concludo. Spero davvero che capisca quanto mi piace,
perché non so in che altro modo farglielo capire.
Una voce,
probabilmente quella del cricetino che abita nella mia
testa, mi dice che forse potrei provare a dimostrarglielo baciandolo, ma so che
sta sbagliando. Kurt ha bisogno di sentirsi desiderato, vero, ma soprattutto ha
bisogno di provare a farsi desiderare.
Spero che colga l’occasione, perché non credo di essere mai stato così
desideroso di baciarlo, nemmeno durante quel pomeriggio a casa sua, dopo il
pranzo con i suoi. Decido comunque di spornarlo in
un’altra maniera.
«Non hai bisogno di mostrarti sexy, tu sei sexy. E riesci a farmi impazzire…» Ecco, ora sono io quello in imbarazzo.
Tuttavia,
l’imbarazzo vale decisamente il sorriso lusingato e assolutamente meraviglioso
che a quel punto mi regala Kurt. Sorrido anche io, sperando che si sia calmato
riguardo questo argomento; è assolutamente ridicolo il fatto che pensi che io
non possa trovarlo sexy quando invece non posso fare a meno di pensare al mio
costante desiderio di toccarlo,
fisicamente e non.
Credo che i
miei occhi in questo istante stiano urlando
il desiderio che ho di lui, di avere le sue labbra sulle mie, le sue mani
su di me; e fortunatamente Kurt sembra capirlo, perché inizia ad avvicinarsi a
me. Ma lo fa lentamente, come a volermi mettere alla prova, come a voler
testare quanto effettivamente sia il mio bisogno di lui. E non mi vergogno
affatto nel farmi uscire un mugolio di protesta quando, con le labbra ormai a
pochi centimetri dalle mie, si tira indietro.
Lo sguardo
che mi lancia è pura malizia e davvero, non so come faccia a non vederlo;
vorrei che si potesse vedere anche solo per un minuto con i miei occhi.
Mi chino
verso di lui, alla ricerca delle sue labbra, ma lui si tira di nuovo indietro
all’ultimo momento. Lo guardo alzare una mano e poggiarla sulla mia guancia,
ripassando con un dito il contorno del mio naso, salire su per la fronte e poi
accarezzarmi le labbra con l’indice.
Dischiudo le
labbra, lasciandomi sfuggire un sospiro e chiudendo gli occhi, concentrandomi
solo sul suo tocco. Con la mano inizia a scendere lungo il profilo della
guancia e scivola sul collo; deglutisco e apro gli occhi. E subito incontro i
suoi, dritti nei miei, con le pupille leggermente dilatate; e il bello è che
non abbiamo ancora fatto niente!
Con un solo
dito ora, percorre piano il mio pomo d’Adamo, dedicandosi poi a piccoli cerchi,
sempre senza distogliere lo sguardo dal mio. Dei brividi mi scorrono lungo la
schiena, mentre un’improvvisa sensazione di calore mi coglie alla bocca dello
stomaco; sono sensazioni così nuove che per un attimo mi spavento.
Inizio a
guardare insistentemente le sue labbra, provando lo strano desiderio di mordergliele, fino a farle diventare
rosse. Si ferma notando la direzione del mio sguardo; io alzo gli occhi su di
lui e riesco a vedere la mia espressione, specchiandomi nelle sue pozze blu.
Sono completamente perso in lui.
Potrebbe farmi qualsiasi cosa ora, non sono più responsabile delle mie azioni.
Sto soltanto aspettando di potermi sciogliere come creta a causa delle sue
mani, delle sue labbra, di lui.
Non so che
cosa lo convinca alla fine, ma si avventa improvvisamente su di me, azzerando
lo spazio tra di noi – per quanto possibile a causa del cambio e del freno a
mano.
Una sua mano
rimane ferma sul mio collo, l’altra affonda le dita tra i miei capelli.
Sussulto a quel suo gesto – di solito non sopporta tanto mettermi le mani tra i
capelli quando ho il gel – e rispondo al bacio, prendendogli il viso tra le
mani. La sua lingua invade subito la mia bocca, provocandomi altri brividi che
scorrono lungo la schiena, inviando un’altra scarica di calore al mio stomaco.
Continuiamo
a baciarci così per non so quanto tempo, finché l’urgenza di qualcosa di più
non si fa sentire. Con le mani scivolo sulle sue spalle e sulla sua schiena,
cominciando ad accarezzarlo; Kurt sospira tra le mie labbra, emettendo un verso
che non posso fare a meno che definire voglioso.
Mi chiedo se se ne sia reso conto.
Stupendomi
non poco, anche le sue mani iniziano a scivolare lungo le mie spalle; mi tira
ancora più contro di sé, ma siamo davvero scomodi. Mi stacco da lui, anche se
controvoglia, e gli dico soltanto una parola, con la bocca vicina alla sua, «Dietro.»
Kurt
annuisce e fa per infilarsi nello spazio tra i due sedili davanti, cercando di
non staccarsi dalle mie labbra che, dopo aver parlato, si erano subito riunite
alle sue. Io lo seguo, facendo attenzione a dove farlo andare, di modo che non
si faccia male sbattendo la testa da qualche parte.
Tempo pochi
secondi, che ci ritroviamo sul sedile posteriore, in una posizione così
equivoca, nuova ed eccitante che inizio
a respirare molto più profondamente; cerco di inspirare quanta più aria
possibile, di modo da far ossigenare il cervello, che mi eviti quindi di
lasciarmi andare a qualcosa di molto più… spinto.
Fortunatamente
Kurt non sembra notare il fatto che sono seduto a cavalcioni su di lui, le
ginocchia che premono ai lati del suo corpo, i corpi schiacciati l’uno contro
l’altro. O forse non gli da alcun tipo di fastidio.
Il bacio si
fa sempre più profondo e intimo, le mani che vagano ovunque. Provo di nuovo il
desiderio di toccare altra pelle, come ieri nella nostra camera della Dalton;
perciò, con una mano tremante, inizio a tirare giù la lampo del suo giubbotto
bianco. Temo che possa fermarmi, ma non capita; così, un po’ più sicuro, inizio
a sfilargli la camicia dai pantaloni, con una delicatezza in netto contrasto
con la passione che stiamo mettendo entrambi nel bacio.
E poi, una
mano di Kurt mi blocca, proprio qualche secondo prima che potessi finalmente
toccargli la pelle del fianco. Apro gli occhi, staccandomi dal bacio, già
pronto a chiedergli scusa in ginocchio se necessario; ma Kurt mi sorride,
accarezzandomi una guancia e sfilandomi poi il blazer.
Trattengo il
respiro sentendo le sue mani scorrere delicate sulle mie spalle e poi sulle
braccia; e anche se c’è la camicia a impedire un diretto contatto tra le nostre
pelli, un sospiro soddisfatto mi esce dalle labbra – anche perché stava
cominciando a fare fin troppo caldo in questa macchina.
Quando il
blazer cade dimenticato sui tappetini della macchina, c’è un momento di stasi;
io e Kurt ci guardiamo negli occhi, i respiri affannati che si infrangono l’uno
sulla bocca dell’altro. Ora come ora non so che cosa diamine pensare, se non al
fatto che vorrei tenerlo sempre con me; non voglio assolutamente lasciarlo
andare, e il pensiero che stasera dovrò riportarlo a casa sua e tornare alla
Dalton, mi spezza il cuore. E so che non dovrei fare pensieri così tristi in un
momento come questo, ma averlo vicino, così tanto come in questo momento, mi
porta a desiderare di poter essere sempre con lui.
È Kurt a
spezzare l’immobilità in cui eravamo caduti, sfilandomi la camicia dai
pantaloni, le mani che tremano appena. Subito infila le mani al di sotto di
essa, andando a toccare i miei addominali appena accennati.
Quello che
non mi aspettavo minimamente, era la reazione che avrei avuto. Capisco di
quanto fossi veramente preso dalla situazione quando tiro la testa
all’indietro, lasciandomi sfuggire un gemito e chiudendo gli occhi. La poca
porzione di pelle, a diretto contatto con le sue dita fredde, sembra
incendiarsi, spandendo poi le sue fiamme lungo tutto il mio corpo, fino a
raggiungere persino le zone più periferiche.
Con uno
scatto, ritorno subito sulle sue labbra, schiacciandolo sempre di più contro i
sedili. Kurt ora lascia andare la mano che prima aveva bloccato, permettendomi
così di infilare anche la mia mano sotto la sua camicia e andare a stringergli
e accarezzargli il fianco.
Kurt emette
un sospiro, staccandosi dalle mie labbra e affondando il viso nel mio collo; il
suo respiro fresco sulla pelle accaldata del collo mi fa rabbrividire. Avvicino
la bocca al suo orecchio, il respiro ancora affannato, e gli dico, «Visto come mi riduci?»
Un gemito
indistinto gli esce dalle labbra e poi inizia a baciarmi il collo, scostando il
colletto della mia camicia e lasciandomi, di nuovo, piacevolmente sorpreso. Le
mani sui miei addominali diventano due, e mi accarezza lo stomaco, facendo sì
che io respiri ancora più affannosamente nel suo orecchio.
Ci stiamo addentrando
in un territorio nuovo e sconosciuto, e nonostante la paura, so che non potrà
succedere nulla di male, perché sono con lui.
Gli
accarezzo la pelle del fianco, per passare poi alla pancia, girando con un dito
intorno all’ombelico; dopo quest’azione, Kurt si ferma un attimo,
rabbrividendo, per poi alzare il viso verso il mio e baciarmi, famelico. Ormai
nessuno dei due sta più facendo caso a ciò che stiamo facendo; siamo totalmente
presi dalla situazione, dalle nostre mani e dai nostri respiri.
Ed è in
questo momento che mi rendo conto di essermi eccitato e di avere una prepotente
erezione che preme contro la cerniera dei pantaloni della divisa della Dalton.
Purtroppo per me, anche Kurt se ne accorge dal momento che sono premuto contro
la sua coscia; e soprattutto, io mi rendo conto di non essere il solo in quella
situazione, lanciando uno sguardo veloce in basso, verso il cavallo dei suoi
pantaloni.
Entrambi
alziamo contemporaneamente lo sguardo, guardandoci negli occhi. Lo sguardo sorpreso
e un po’ spaventato che leggo nei suoi occhi, mi suggerisce che probabilmente è
il momento giusto di fermarci. Con un ultimo veloce bacio sulle sue labbra,
scendo da sopra di lui e mi siedo al suo fianco.
Per quanto
mi dispiaccia, non so assolutamente cosa avrei potuto fare. Nonostante sia
decisamente Kurt il più spaventato di noi, non è che io lo sia di meno; perché
non sarebbe solo la prima volta per me, ma qui si parla anche di Kurt. E io
voglio che sia tutto perfetto.
Strano
comunque che Kurt non sia scappato via dalla macchina urlando; mi sarei
aspettato precisamente quella reazione. Invece, mi ha stupito ancora una volta:
oggi sembra essere la giornata delle sorprese. E continua a farlo, dal momento
che mi stringe una mano, senza tuttavia guardarmi negli occhi. Io lo stringo di
rimando, appoggiando la testa contro lo schienale e cercando di riportare il
mio respiro a un ritmo normale, e soprattutto a farmi sparire l’evidente
erezione che mi trovo in mezzo alle gambe.
Non so per
quanto tempo stiamo fermi lì, in silenzio, ciascuno cercando di respirare con
più tranquillità, tentando di calmarci – per quanto possibile. Dopo quelle che
paiono ore, Kurt si volta verso di me, guardandomi dritto in viso. Io sposto lo
sguardo su di lui e gli sorrido, una muta domanda per sapere se è tutto ok, se
sta bene e se non si è spaventato. Come al solito, a Kurt basta una semplice
occhiata per capire cosa mi stia passando per la testa, perché annuisce e
appoggia poi la testa sulla mia spalla, rilasciando un sospiro.
«Kurt?» lo chiamo dopo un po’.
«Sì?» risponde lui. Entrambi stiamo sussurrando, quasi
come se non volessimo spezzare l’atmosfera ora tranquilla presente in macchina.
«Scendiamo?» chiedo, anche se l’idea di lasciarlo tanto
presto non mi rende certo felice. Però non possiamo neanche stare qui per tutto
il tempo. Ormai il cinema è da escludere, abbiamo perso lo spettacolo e non ce
n’è un altro oggi pomeriggio; dovremmo aspettare lo spettacolo delle otto.
«Ancora no,» sussurra Kurt accucciandosi contro di me,
cingendomi la vita con un braccio. Lo abbraccio anche io, posando la testa
sulla sua e respirando il profumo dei suoi capelli.
Chiudo gli
occhi, e sento di poter stare qui per sempre; stare semplicemente con lui.
*
Alla fine
siamo stati costretti a scendere dalla macchina. Ammetto che sia stata colpa
mia, o meglio, del mio stomaco; ha iniziato a brontolare, riportandoci con i
piedi per terra e costringendoci a staccarci. Dopo una risata e una battutina
di Kurt sul fatto che non riesco a stare tre ore di fila senza mangiare – vero,
ma non posso farci niente! – siamo scesi dalla macchina.
Dapprima
Kurt ha chiamato suo padre, dicendogli che avrebbe mangiato fuori con me e che
poi ci saremmo fermati al cinema per vedere un film. Burt non si è lamentato e
non ha avuto da dire niente in contrario; anzi, a entrambi ha dato
l’impressione che abbia capito bene che per noi due non è facile sperarci.
Oggi è una
giornata un po’ speciale. Io e Kurt dobbiamo abituarci a stare di nuovo
lontani, e dobbiamo farlo gradualmente, non possiamo farlo di colpo.
Dopodiché,
siamo andati a mangiare in uno dei ristoranti della multisala. Kurt non ha
voluto sentire ragioni quando ho cercato di pagare io per entrambi, e si è intestardito
almeno a pagare da bere. Ho fatto che accettare, soprattutto per farlo smettere
di lamentarsi e poterlo trascinare in bagno e, dopo aver fatto attenzione che
non ci fosse nessuno, baciarlo, stringendomelo contro. Inutile dire che siamo
usciti da lì con due enormi sorrisi sulle labbra.
In coda alla
cassa del cinema, le mani che fremono per poterci per lo meno sfiorare, Kurt si
volta verso di me e mi chiede, «Allora, come mai quella canzone?»
Lo guardo
alzando un sopracciglio e sorridendo. «In realtà è stata un’idea di Wes…»
Guardai Kurt, felice e spensierato, mentre rideva e
scherzava con Nick poco più in là. Nonostante tutto, vederlo felice rendeva
felice anche me; mi sarebbe mancato, sarebbe stato difficile abituarsi alla sua
assenza, ma comunque era questo che Kurt voleva. Nonostante la mia presenza,
nonostante l’amicizia degli altri Warblers, Kurt non
si era mai sentito a casa. Aveva sempre sentito la mancanza dei suoi
compagni delle Nuove Direzioni, e me ne ero già accorto quando eravamo andati
al suo liceo per vedere le esibizioni dei suoi compagni, qualche sera fa.
Mi rattristai, inevitabilmente, al pensiero che da
domani in avanti non avrei più potuto condividere ogni momento di ogni singola
giornata insieme a lui.
Proprio in quel momento, mentre osservavo pensieroso
il fondo del mio bicchiere riempito con della semplice Coca Cola, Wes e Thad si avvicinarono a me
con fare misterioso. Li guardai stranito, finché Wes
non fu così vicino da invadere ogni concetto di spazio personale.
«Nano
maleficamente ingellato, io e Thad
abbiamo una proposta da farti...» disse.
Io alzai un sopracciglio, infastidito dal nomignolo. «È per questo che David è arrabbiato?
È geloso del fatto che lo stai sostituendo con Thad?»
Wes alzò le sopracciglia
al cielo, mentre Thad arrossì e provò a
giustificarsi. Aggrottai le sopracciglia per un attimo, osservando la sua
reazione, ma poi spostai l’attenzione su Wes, che
aveva iniziato a parlare.
«… e quindi
avevamo pensato di dedicargli una canzone, domani.»
«Come scusa?»
chiesi. Non avendo sentito l’inizio della frase, non capii a cosa si stesse
riferendo.
«Pensavamo di
cantare una canzone a Kurt, domani. Dovremmo metterci d’accordo con qualcuno
delle Nuove Direzioni, ma credo sia un’idea carina. Che ne dici?» chiarì Thad, evitando così a Wes di
ripetere.
«Già, e
ovviamente dovresti essere tu a cantare; e dovresti anche scegliere la
canzone,» aggiunse Wes con un sorriso.
Io sobbalzai a sentire quella proposta. Come diamine avevo
fatto a non pensarci io?! Kurt lo avrebbe certamente apprezzato. Inoltre sapevo
benissimo a chi chiedere una mano – Mercedes sarebbe stata felice di aiutarci.
E da quando aveva saputo che io e Kurt stavamo insieme, sembrava essere più
amichevole che mai nei miei confronti.
Con un sorriso rivolto ai miei due amici dissi, «Ho in mente la canzone perfetta.»
Mi avvicinai il più possibile all’orecchio di Thad, sussurrandogli il nome della canzone, e vidi i suoi
occhi brillare quando capì. Lasciai a Wes e Thad il compito di far girare la voce, e io mi dedicai
invece a continuare a osservare Kurt, uno scintillio negli occhi, immaginandomi
la sua reazione quando, l’indomani, si sarebbe trovato tutti noi Usignoli in
divisa al McKinley.
«E così è stata un’idea di Wes?»
mi chiede Kurt, con un sopracciglio sollevato.
«Beh, effettivamente sì,» rispondo io, incassando la
testa nelle spalle e sentendomi un po’ in colpa. «Diciamo che
avevo altri pensieri per la testa.» Alzo lo sguardo per incontrare il suo; un’espressione
triste passa nei suoi occhi, ferendomi; non voglio che sia triste per me –
perché so bene che io sono la sola ragione per cui gli è dispiaciuto tornare al
McKinley. Così cerco di tirarlo su di morale dicendogli, «Comunque mi è subito venuta in mente la canzone adatta.»
Kurt mi
sorride riconoscente, capendo che con quelle parole volevo cercare di farlo
tornare sereno. «Ottima scelta, signor Anderson,» mi risponde con un
sorrisetto.
Io mi limito
a rispondere al sorriso e avvicinarmi un po’ di più a lui, approfittando della
ressa presente alla cassa per stringermi al suo fianco, le spalle a contatto.
Kurt mi punta gli occhi addosso e sorride, e per un attimo mi sembra voglia
parlare di qualcos’altro, qualcosa che molto probabilmente ha a che vedere con
quello che è successo in macchina qualche ora fa, ma poi sembra ripensarci su.
Entrati nel
cinema, ci accomodiamo su due posti in fondo, di modo da non avere nessuno
dietro; sappiamo bene che non potremmo baciarci o abbracciarci – c’è troppa gente
– ma avremo almeno la possibilità di tenerci per mano. In questo momento sono
così felice di stare con lui, che non mi pesa affatto il doverci nascondere; e
sembra che lo stesso valga per lui.
Durante la
durata di un film di cui non ricordo il nome né la trama, Kurt mi prende per
mano e dopo un po’ appoggia la testa sulla mia spalla, incurante degli altri e
certamente aiutato dal buio. Io mi limito a stringergli forte la mano,
accarezzandogli il dorso con il pollice, inspirando il suo odore e godendo della
sensazione di averlo contro di me.
Ore dopo,
quando il film è ormai finito, scopro che Kurt si è addormentato sulla mia
spalla. Grazie al cielo nessuno si accorge della posizione in cui ci troviamo,
così aspetto che tutti siano usciti dal cinema prima di voltarmi e svegliare
Kurt.
Dopo averlo
scosso e chiamato un paio di volte, Kurt apre gli occhi, sobbalzando. «Scusami, mi sono addormentato!»
Ridacchio,
divertito dalla sua espressione imbarazzata. «Non
preoccuparti. È stata una giornata lunga e… intensa,»
dico ripensando a ciò che è successo in macchina.
Kurt
arrossisce, abbassando lo sguardo. «Già.»
Sempre
tenendolo per mano, lo faccio alzare e mi avvio fuori dalla sala, con lui che
mi segue lentamente, a volte inciampando nei suoi stessi piedi per la
stanchezza. Gli lancio un’occhiata, non riuscendo a non pensare a quanto sia
adorabile così, mezzo addormentato.
Appena
arriviamo in pubblico, ci lasciamo subito la mano, ma cerco di stargli il più vicino
possibile. Con qualche difficoltà, dovuta per lo più alla lentezza con cui Kurt
si sta letteralmente trascinando in
giro, arriviamo finalmente alla macchina, nel posteggio ormai vuoto.
Arrossisco
nel guardare la macchina, ripensando a oggi pomeriggio. So bene che non
parleremo molto presto di ciò che è successo; immagino che Kurt nella sua testa
abbia già deciso di cercare di non pensarci per il momento, e io non voglio
forzarlo a parlarne se non vuole. Aspetterò che sia lui a farlo, tanto so che prima
o poi lo farà. Tuttavia sono un essere umano e, come tutti, anche io ho delle… pulsioni. E si sta facendo sempre più difficile
controllarle quando sono con Kurt.
Sono così
perso nei miei pensieri che non mi accorgo del fatto che Kurt sia rimasto un po’
indietro; perciò mi stupisco quando sento qualcuno abbracciarmi da dietro.
Sobbalzo, tranquillizzandomi subito però quando vengo investito dall’odore di
Kurt e dal suo respiro sul mio collo. Copro le sue mani, posizionate sul mio
stomaco, con le mie e sospiro.
«Blaine…» dice lui con la voce impastata dal sonno, che la
rende un po’ roca.
Rabbrividisco
impercettibilmente, deglutendo. «Sì…?»
«Andiamo nel nostro posto?»
Volto la
testa verso di lui, senza riuscire però a incrociare i suoi occhi dal momento
che ha il viso affondato nel mio collo. Il cuore inizia a battermi sempre più
veloce nel petto quando finalmente mi rendo effettivamente conto che non sono
solo io a non riuscire ad allontanarmi da lui, ma che anche Kurt ha il mio
stesso problema. Questo mi fa innamorare di lui un pochino di più.
Vorrei tanto
rispondergli di sì, ma non posso. Kurt deve tornare a casa e domani mattina
deve andare a scuola; non credo che Burt, per quanto comprensivo, possa
accettare.
«Tuo padre…» dico io con voce
contrita, a fatica, perché davvero non voglio portare Kurt a casa sua.
«Ora lo chiamo… capirà…» dice lui staccandosi da me, che provo subito una
sensazione di freddo che non ha niente a che vedere con l’aria fresca della
sera, ed estraendo il cellulare dalla sua tracolla.
Tempo pochi
squilli, che qualcuno dall’altro lato risponde.
«Sì, ciao papà. Mi chiedevo se…
potessi stare con Blaine…» lo sento chiedere con tono
speranzoso.
«Lo so, ma posso svegliarmi presto e andare a scuola e…» Una pausa. «So che non ho un cambio ma…»
Un piccolo
sorriso fa capolino sul volto di Kurt. «Sì, ci tengo così tanto da rinunciare ai miei rituali
di idratazione.» Sorrido anche io, immaginandomi perfettamente ogni risposta
del padre di Kurt.
E poi, «Cosa sta dicendo Carole?» Un’altra pausa, più lunga della precedente. «Oh davvero lo farebbe? Ringraziala tanto!» Kurt sposta lo sguardo su di me,
rivolgendomi un sorriso enorme e vittorioso.
Torna infine
a concentrarsi sulla conversazione e immediatamente lo vedo arrossire; aggrotto
le sopracciglia, chiedendomi il motivo per quella reazione inaspettata. Kurt mi
da le spalle e sussurra, forse sperando di non farsi sentire da me – ma è
impossibile che io non lo senta dal momento che il parcheggio è vuoto e
rimbomba tutto.
«No papà, non mi pare proprio il caso…
Devi fidarti di me, ok? Non è ancora il… momento
giusto.»
Ok, ora mi è
tutto chiaro. Ovviamente era inevitabile che Burt ponesse a Kurt quella domanda
e soprattutto volesse verificare; dopotutto, stiamo per separarci. E tutti e
tre sappiamo bene che questa sarà l’ultima volta che io e Kurt potremmo dormire
insieme nella stessa stanza, o che per lo meno passerà tantissimo tempo prima
che potremmo rifarlo.
«Grazie, papà. Ti voglio bene…»
dice Kurt infine prima di riattaccare.
Poi si volta
verso di me, sorridendo imbarazzato. Io ricambio il sorriso, raggiungendolo e
afferrandogli la mano. Non diciamo niente perché non ce n’è alcun bisogno; mi
limito semplicemente a trascinarlo fino alla macchina e farlo accomodare sul
sedile del passeggero, prima di sedermi dal lato del guidatore, mettere in moto
e partire dirigendomi verso la Dalton.
Il viaggio
in macchina e poi per i corridoi deserti della Dalton passa nel più completo e
totale silenzio; domani mattina dovremmo fare attenzione a che nessuno scopra
che Kurt ha dormito qui, ma da quanto ho capito, Carole verrà a prenderlo
prestissimo.
Entrati in
quella che, fino a ieri sera, era la nostra
stanza, Kurt si guarda intorno; le sue cose sono sparite, conferendo alla
camera un aspetto molto più desolato.
«Domani mattina passa Carole per le sette meno un
quarto con un cambio di vestiti per me e mi porterà a scuola,» dice lui per
spezzare il silenzio che è calato sulla stanza.
«Ok,» dico io prima di voltarmi e cercare nel mio
cassetto un paio di pantaloni e una maglietta da prestargli per la notte. «Vai prima tu in bagno.» Gli passo i vestiti, che lui afferra rivolgendomi
un piccolo sorriso di ringraziamento.
Quando Kurt
sta per aprire la porta, un pensiero mi coglie al volo. «Aspetta! Lo spazzolino?» gli chiedo.
Non mi
aspettavo però che le sue guance si tingessero di rosso e che poi mi facesse
cenno di seguirlo in bagno. Entrati, apre il mobiletto sopra il lavandino e,
alzandosi sulla mezzapunta per raggiungere il ripiano più alto, tira giù il suo
spazzolino, coperto dal cappuccio.
«Io… l’ho lasciato qui. Non si sa mai…»
sussurra lui.
Stranamente,
sento gli occhi inumidirsi di lacrime. Abbasso lo sguardo – non voglio che mi
veda, di nuovo, così – ma lui mi fa
rialzare il viso verso di lui, e poi si getta letteralmente tra le mie braccia,
proprio come ha fatto stamattina nel cortile del McKinley. Lo stringo a me,
permettendo a due sole, singole lacrime di scivolarmi sulle guance.
Quando mi stacco
da lui, ogni traccia del mio piccolo pianto è già sparita dal mio viso – o
almeno spero. Un altro sorriso, e poi esco dal bagno, lasciandolo solo. Io nel
frattempo mi tolgo la divisa e mi infilo nel pigiama; mi laverò domattina, ora
voglio solo dormire.
Quando Kurt
esce dal bagno, mi fa una carezza sul viso prima che io entri. Finalmente in
bagno, mi lavo velocemente i denti ed esco di tutta fretta, assalito
dall’improvvisa e irrazionale paura che Kurt possa sparire da un momento
all’altro. Devo davvero darmi una controllata.
Non mi
stupisco di trovare Kurt seduto sul mio letto, le coperte già tirate indietro,
mentre mi aspetta con un sorriso sul volto. Sorrido anche io avvicinandomi a
lui e sedendomi infine al suo fianco. Continuando a guardarci negli occhi e
senza dire alcuna parola, mi sdraio e lui mi segue.
Mi svegliai di soprassalto, sentendo qualcuno scostare
le coperte facendo sì che l’aria penetrasse nello spazio lasciato aperto e
arrivasse fino a me.
«Ma che -?»
dissi con voce impastata dal sonno, intontito.
«Blaine…» sentii la voce di Kurt rispondere, mentre si
infilava nel mio letto.
Rimasi del tutto sorpreso da quel suo gesto così… intimo. Non mi sarei mai aspettato che Kurt si
infilasse nel mio letto, nonostante quella fantasia mi avesse perseguitato per
tutta la settimana.
I miei occhi si abituarono al buio e finalmente
riuscii a riconoscere i contorni del viso di Kurt, che puntò subito gli occhi
su di me. Riuscii a sentire l’imbarazzo che provava per quel gesto, ma non
dissi nulla, il cuore che batteva furioso nel petto.
«Abbiamo perso…» disse con voce triste.
«Lo so…» risposi io cercando una sua mano e stringendola,
incastrando perfettamente le dita tra le sue.
«Non riuscivo
a dormire… posso stare qui?» chiese con voce piccola piccola, abbassando lo sguardo.
Sorrisi, avvicinandomi a lui con cautela; non volevo
che scappasse via. «Assolutamente
sì.»
Kurt non rispose. Si limitò a sorridermi e ad
avvicinarsi a me, appoggiando la fronte sulla mia e chiudendo gli occhi, sospirando.
Io non feci nulla, stetti immobile a guardarlo nel buio, finché non si
addormentò. Solo allora mi decisi a chiudere anch’io gli occhi e a provare a
dormire, con ancora impresso sulla retina l’immagine del suo viso. Inutile dire
che quella notte lo sognai.
Dalla sera
dopo le Regionali, io e Kurt abbiamo dormito quasi sempre insieme. Non c’è
niente di sessuale in questo gesto, né nei nostri pensieri; è un semplice
starsi vicino e ricercare calore l’uno nell’altro. È un semplice desiderio di addormentarsi
con il viso dell’altro davanti e risvegliarsi insieme, abbracciati e vicini. È
il posto dove possiamo essere noi stessi, il nostro rifugio sicuro, pieno di
calore e affetto. Il nostro posto.
Anche questa
volta appoggiamo le fronti l’una contro l’altra. Kurt si china in avanti,
lasciandomi un casto bacio sulla bocca, prima di ritornare nella posizione di
partenza. Stiamo semplicemente lì a fissarci, lottando contro le palpebre
pesanti che calano, tentando di guardarci il più possibile. E nonostante la
consapevolezza che questa sia l’ultima volta che possiamo concederci una cosa
del genere, non ci rattristiamo: cerchiamo semplicemente di goderci il momento,
il più serenamente possibile.
Perché, come
ha detto Kurt oggi sulle scale del McKinley, questo non è un addio.
NOTE:
Buongiorno!
No, non è un miraggio, stiamo postando davvero. E sì, sto per scusarmi, a nome
mio e della Alch, per il nostro immenso ritardo; ma
tra la gita della Alch e le vacanze, non siamo
riuscite a fare di meglio. Anyway, spero ci perdonerete… abbiamo cercato addirittura di rabbonirvi un
po’ con la scena della macchina – scena che, tra l’altro, è venuta del tutto
spontanea, come il capitolo. Ora come ora mi stanno venendo le paranoie in realtà… temo che Kurt risulti un po’ OOC.
Lo “spazio
personale” è un ovvio riferimento al Destiel, che sta
riempiendo i miei giorni di angst e amore
impossibile. Il Thad che arrossisce è un riferimento
piuttosto blando a tutte le fic Thadastian
che sto leggendo ultimamente – colpa della Alch! E
ovviamente le mie continue battutine sul Wevid non
possono mancare! =)
Per il resto… OGGI RITORNA GLEE! *___* Non vedo l’ora di vedere
Cooper, anche se un po’ mi preoccupa… Ho il timore
che no sopravvivrò alla puntata! Perciò… buon Glee e buona morte per chi, come me, non resisterà!
Un bacio,
bel.