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Autore: Alchbel    10/04/2012    9 recensioni
La storia si propone di ripercorrere con voi le tappe del rapporto tra Blaine e Kurt, soffermandosi sui pensieri che i due hanno avuto durante le canzoni che li hanno visti protagonisti... Verranno inoltre inseriti dei “missing moments” attraverso i quali si indagherà ancora sulle dinamiche del loro rapporto. Enjoy!
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ Klaine Songs ~

 

 

 

28°_ Somewhere only we know ~ Blaine

~ Quando davvero non riesci ad allontanarti dalla persona che ami ~

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Rimango fermo, immobile, quasi senza respirare, osservando Kurt da lontano mentre abbraccia i suoi amici, felice di essersi di nuovo unito a loro. Non posso fare a meno di aprirmi in un sorriso io stesso, vedendolo così allegro, e cerco in tutti i modi di non farmi prendere dal dispiacere che provo ogni volta che penso a quanto mi mancherà ora che non sarà più con me.

 

Così come concordato con Mercedes – che è stata fondamentale per la riuscita del nostro piano – inizio a scendere le scale, seguito da Wes e David, non appena la vedo parlare con Kurt, costringendolo a girarsi e a fargli notare tutti noi, stretti nella nostra divisa di Warblers.

L’espressione sorpresa sul volto di Kurt è il meglio che potessi ottenere; sorride poi, guardandomi, e io cerco di non farmi distrarre dai suoi occhi, dalle sue labbra e da lui in generale, cercando di ricordare il discorso che avevo preparato.

 

Ma ora come ora c’è il vuoto nella mia testa, o meglio, c’è solo un nome che la attraversa. Kurt.

Ed è quindi così che inizio un discorso che, ho deciso, improvviserò.

 

«Kurt, ci mancherai alla Dalton.» Faccio una pausa, sorpreso del mio tono di voce rotto, che mi fa rendere conto di essere quasi sul punto delle lacrime. E il bello è che non ho nemmeno ancora cominciato a cantare! Non so come mi ritroverò alla fine, se continuo di questo passo.

 

«Il tuo contributo ai Warblers è stato molto prezioso.» Abbassa lo sguardo, quasi non credesse alle mie parole. Sbagli, Kurt. Sei stato davvero importante per noi, non solo per me. «Hai fatto di noi una squadra migliore.»

 

Rialza lo sguardo su di me, mentre continuo. «Mi rattrista vederti andare via,» ed è solo una piccola parte per descrivere l’entità del mio dispiacere, «ma sappiamo tutti che è questo ciò che volevi.» Lo so che è questo ciò che vuoi, e anche i ragazzi. Non possiamo trattenerti.

 

«Io ti vedrò ancora dopo la scuola e nei weekend, ma questi ragazzi no, perciò sono venuti a salutarti.» La voce mi si spezza. Perché queste ultime parole sanno tanto di un addio?

 

Ringrazio Wes e David, i miei due angeli custodi, i miei migliori amici, che sono vicini a me; e soprattutto ringrazio Wes, che prende la parola quando si rende conto che non so più che altro dire, troppo impegnato a non scoppiare a piangere nel cortile del liceo McKinley.

 

«E grazie, Kurt.»

 

Vedo Kurt sospirare dopo le nostre parole, ma decido per un attimo di non concentrarmi su di lui; anche se, in realtà, è più una necessità dettata dal fatto che, se continuassi a guardarlo, non farei altro per ore e ore, e non farei mai ciò che mi sono prefissato di fare. Così chiudo gli occhi e inizio a cantare, pensando solo al testo della canzone, e al motivo per cui ho scelto di dedicare proprio questa canzone a Kurt.

 

 

I walked across an empty land
I knew the pathway like the back of my hand
I felt the earth beneath my feet
Sat by the river and it made me complete

 

Lascio che la mia voce risuoni alta nel cortile del McKinley, cercando di non pensare a quanto azzardato sia dedicare una canzone al mio ragazzo proprio in questo liceo. Ma ora come ora, non mi importa di niente; mi rendo conto che è da quando Kurt mi ha dato la notizia del suo trasferimento che non vedevo loro di cantare per lui.

 

So che i miei compagni Warblers stanno uscendo dal loro nascondiglio e stanno per scendere le scale dietro di me, così come era stato concordato. Non ho bisogno di girarmi per sentire la loro presenza; so che ci sono e questo è l’importante. Perché, come sempre, mi sono stati vicino e lo faranno anche dopo, quando dovremo andare via di qui e sono certo che crollerò.

 


Oh simple thing, where have you gone?
I’m getting old and I need something to rely on
So tell me when you’re gonna let me in
I’m getting tired and I need somewhere to begin

 

E già adesso sto per crollare, mentre continuo a cantare e mi avvicino a lui, seguito dagli altri. Non so come farò a resistere senza Kurt. Nonostante l’affetto degli altri ragazzi, la loro pazzia e il loro essermi stati vicino nei momenti più bui – quando Kurt non era ancora entrato nella mia vita – da quando Kurt si era trasferito alla Dalton, vivere lì mi era sembrato ancora più bello.

La Dalton è cambiata da quel momento. O meglio, sono cambiato io.

 

Con semplicità, Kurt si è letteralmente fiondato nella mia vita, come una meteora luminosa che ha attraversato il cielo buio di una notte priva di stelle. Mi ha regalato il suo calore, e io non ho potuto fare a meno che abituarmi a tutto questo. E ora che se ne andrà, tornerà il buio.

 

Non riesco a pensare, non so come io stia riuscendo a cantare dato il magone che mi opprime la gola. Vorrei avvicinarmi a lui, corrergli incontro e abbracciarlo e baciarlo fino quasi a svenire. Un pensiero egoista mi attraversa la mente: vorrei poterlo prendere e racchiudere in una gabbia, facendo sì che stia sempre con me, senza abbandonarmi mai.

 

L’istinto mi porta verso di lui, vorrei quasi afferrarlo e trascinarlo via, ma mi riprendo appena in tempo. Gli passo vicino senza quasi guardarlo, attirato dal pianoforte nel bel mezzo del cortile, e mi ci avvicino, cominciando a suonare.

 


And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know

 

Mi sento un idiota; non posso davvero aver pensato una cosa del genere. Kurt non è certo un uccellino da tenere rinchiuso in una gabbia, e mi sembrava di aver già fatto i conti con questa mia possessività ieri, dopo la nostra lite.

 

Ne abbiamo già discusso, non dovrei essere così spaventato. Triste sì, ma non spaventato. Ho detto a Kurt che non sarebbe cambiato niente tra di noi, e lui ha detto lo stesso. Ma allora perché sono così terrorizzato? Perché ho come la brutta, orrenda sensazione che questa sia l’ultima volta che lo vedrò? Perché ho paura che questa sia la fine di tutto, di noi?

 

I miei amici notanto la mia espressione e, senza che me lo aspettassi, mi si avvicinano, mettendosi a semicerchio intorno a me, quasi volessero comunicarmi il loro appoggio. Vorrei riuscire a voltarmi verso di loro, ringraziarli, ma ci sarà tempo per questo, dopo.

 

Ora devo concentrarmi solo su Kurt, e sento di nuovo il desiderio opprimente di avere un qualsiasi tipo di contatto con lui, che mi faccia rendere conto che è tutto vero, è reale, che Kurt non mi sta scivolando via dalle dita.

 

Così lascio il pianoforte e mi avvicino di nuovo a lui, questa volta camminando lentamente. E non mi importa niente degli sguardi dei presenti, di quello che potrebbero pensare o fare; salgo un gradino, ritrovandomi su quello più in basso rispetto a quello di Kurt, e gli porgo le mani, in attesa che lui le afferri. E per un attimo, temo che non lo farà.

 

Ma vengo smentito. Kurt mi stringe le mani e io lo trascino con me, giù dalle scale, senza staccare gli occhi dai suoi. Nel momento in cui le nostre mani si uniscono, mi sento di nuovo, incredibilmente bene.

 


And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know
Somewhere only we know

Somewhere only we know

 

 

Ci stacchiamo, mentre gli altri Warblers cominciano ad avvicinarsi man mano a Kurt per salutarlo, chi con un abbraccio, chi con una pacca sulla spalla. Mi gira le spalle, salutando tutti che gli rivolgono sorrisi e sguardi pieni di ringraziamento e affetto. Ed è in questo momento che mi rendo conto di essere davvero un idiota. 

 

Perché io ho fiducia in Kurt. So che quello che c’è tra noi non cambierà, e di certo non per una mera questione di lontananza. Riusciremo a vederci e ad andare avanti, riusciremo a stare insieme e amarci.

 

Ma mi mancherà da morire. Perché dovrò tornare alla Dalton, entrare in quella stanza che ha visto tutto di noi, le cose belle e le brutte, e mettermi a osservare un letto vuoto e freddo. Sarò costretto ad ascoltare il silenzio, lo stesso silenzio opprimente di quella stanza fredda che non ero riuscito a sopportare dopo il mio appuntamento con Rachel. Dovrò riabituarmi a stare senza di lui, per lo meno alla Dalton, a non poter ascoltare il suono del suo respiro mentre si addormenta, a non potergli stringere la mano quando studiamo, a non fare i turni nel bagno, lementandomi del suo monopolio su di esso, a non svegliarmi con quell’oceano che ha al posto degli occhi davanti a me.

 

Perciò non posso fare a meno di urlare, sfogandomi attraverso la canzone. Perché la verità è che sono distrutto. Perché la verità è che anche se questo non è un addio, ha lo stesso, identico, amaro sapore.

 

Dopo aver abbracciato Finn e Mercedes, Kurt si volta verso di me; ed è come tornare a respirare. Mi rendo conto di quanto mi fosse mancato il suo sguardo nel mio in questi pochi secondi che siamo stati separati. Non possiamo trattenerci dall’avvicinarci l’uno all’altro, mentre io abbasso il tono di voce, quasi sussurrando le ultime parole del testo, sperando che lui comprenda, che capisca a cosa mi stia riferendo, che capisca le mie paure e possa fare ciò che fa meglio: aiutarmi, farmi stare bene.

 

Perché lui potrà anche pensare che sono stato io a salvare lui, ma la verità è che è stato lui a salvare me.

 

Finisco di cantare, senza distogliere lo sguardo dal suo, senza muovermi, respirando profondamente e cercando di contenere le lacrime che premono di uscire, di riacquisire il fiato che ho perso.

 

Ma è Kurt a togliermi definitivamente il respiro quando, facendo un passo verso di me, mi stringe in un abbraccio che è più una morsa. E io lo stringo tra le braccia, forse troppo forte, provando di nuovo lo stesso desiderio di poter penetrare in lui per poterlo così accompagnare sempre. Chiudo gli occhi, beandomi del calore di questo abbraccio, che mi scioglie il cuore nel petto, del profumo di Kurt che mi invade le narici e della moribidezza della sua guancia a contatto con la mia.

 

E poi, Kurt dice cinque parole, quelle parole che stavo aspettando. Non mi stupisco neanche di quelle parole, perché sapevo che Kurt avrebbe capito, non avevo dubitato neanche per un secondo. Ci conosciamo troppo bene, c’è qualcosa tra di noi, qualcosa che ci lega e che non riesco a comprendere appieno, ma mai come in questo momento mi rendo conto che siamo fatti l’uno per l’altro.

 

«Non ti dirò mai addio.»

 

Questo dice, e ha la facoltà di farmi tornare a respirare di nuovo, molto più sereno di quanto non fossi prima. Ho accettato l’idea del dedicargli una canzone, anche per dargli la certezza che ci sarei sempre stato, ma alla fine, è stato lui a rassicurare me.

 

Ci stacchiamo contemporaneamente, di tacito accordo, come se avessimo entrambi capito che è il momento di lasciarci andare. Io lo guardo velocemente negli occhi, e poi quasi scappo via, non del tutto certo di riuscire a trattenermi dallo scoppiargli a piangere davanti. Noto però il sorriso che mi rivolge e sento i suoi occhi seguirmi.

 

Mi impegno, cercando di non voltarmi e di non guardarlo, perché sento che ora sarebbe troppo. Ma alla fine non resisto e mi giro, osservando i suoi amici coccolarlo e confortarlo, asciugandogli le lacrime che aveva versato poco prima. E mentre lo guardo lì, con i suoi amici, mi rendo effettivamente conto che è questo il posto a cui appartiene; e vederlo felice, rende felice anche me, nonostante la tristezza e le lacrime che ormai sono lì per uscire – un battito di ciglia e cadranno.

 

«Grazie,» sussurro.

Grazie di tutto.

 

 

~ ∞ ~

 

 

Non so perché io mi trovi qui davanti. Non avevamo in progetto di vederci, inoltre sapevo che Kurt avrebbe avuto il Glee dopo le ultime lezioni del pomeriggio; immagino che poi vorrà passare del tempo con i suoi amici, organizzare qualcosa con loro per festeggiare il suo ritorno al McKinley. Per un attimo sono quasi tentato di andarmene e lasciarlo in pace con i suoi amici, e quasi lo faccio, ma una voce mi ferma.

 

Mi volto, per ritrovare Finn poco distante da me, accompagnato alla biondina che, se non ricordo male, dovrebbe essere Quinn. Non appena mi notano, mi vengono incontro con due sorrisi enormi sul volto; Quinn non fa altro che guardarmi con due occhi luccicanti, neanche fossi diventato improvvisamente un cucciolo abbandonato nel bel mezzo dell’autostrada. Io le rivolgo uno sguardo stranito, ma poi sposto la mia attenzione su Finn, che mi sta porgendo la mano, chiusa a pugno.

 

«Ehi, amico!» sorrido e colpisco piano il pugno con il mio, proprio come avevamo fatto a casa sua poche settimane fa. «Come stai?»

 

«Tutto bene,» dice lui mettendo un braccio intorno alle spalle della sua fidanzata e rivolgendole un sorriso – che però non viene ricambiato, dal momento che la ragazza è ancora impegnata a guardarmi con la stessa identica espressione di prima.

 

Finn, seguendo il mio sguardo, si rende conto del motivo per cui sto fissando Quinn e si fa scappare una risata. «Amico, hai davvero fatto colpo nel cuore di ogni ragazza presente in cortile poche ore fa!»

 

Io mi limito a sorridere, imbarazzato. In effetti posso immaginare sia stata una scena abbastanza romantica a occhi esterni, sebbene io non l’avessi preventivato. Volevo semplicemente fare una sorpresa a Kurt, ringraziarlo per il suo contributo e regalargli il miglior saluto che potesse avere.

 

«E’ stata davvero una bella sorpresa, Kurt l’ha davvero apprezzato molto,» continua a dire Finn, guardandomi dritto negli occhi.

 

«Cosa ho apprezzato molto?» sento dire da una voce dietro la schiena di Finn, una voce che conosco bene, che amo e che non vedevo l’ora di risentire.

 

Finn si volta, togliendosi dalla mia visuale e mostrandomi un Kurt in tutto il suo splendore. E non dovrebbe sembrarmi così bello, d’altronde l’ho già visto prima, ma non posso fare a meno di pensare a quanto sia dannatamente splendido e a quanto mi sia mancato. Non riesco a trattenere un sorrisone, seguito probabilmente da un’espressione inebetita.

 

Anche Kurt riesce finalmente a vedermi – prima ero nascosto da Finn – e i suoi occhi si illuminano, brillando di una luce propria come le più luminose delle stelle. Si avvicina a me, neanche facendo caso alla presenza della sua compagna di Glee Club e al fratellastro, e, non appena mi è di fronte, mi afferra una mano, stringendola tra le sue.

 

Rilascio un sosprio, ampliando il mio sorriso e iniziando ad accarezzargli il dorso della mano con un pollice. «Ciao,» dico, sperando che la voce non mi esca troppo sospirante o simili.

 

«Ciao,» mi risponde lui, senza distogliere gli occhi dai miei.

 

Finn, notando il fatto che ci siamo persi nel nostro mondo, ci saluta, trascinandosi dietro Quinn. «Ciao ragazzi, ci vediamo presto!»

 

Io e Kurt a malapena li salutiamo, ancora troppo intenti a scambiarci sorrisi e sguardi dolci. Non posso credere di essere di nuovo con lui, sento il cuore battere all’impazzata e quasi scappare via dal petto, per fiondarsi dritto tra le braccia di Kurt. Non voglio lasciarlo.

 

«Ehm,» mi schiarisco la voce, «forse sarebbe il caso di salire in macchina e… beh, andare da qualche parte. Ti va?» gli chiedo, speranzoso.

 

«Sì, va benissimo. Fortunatamente per oggi mi hanno risparmiato da compiti vari e interrogazioni; e comunque, con il programma svolto alla Dalton, credo dovrò studiare cose già viste,» mi risponde lui, prima di iniziare a incamminarsi giù dalle scale del McKinley.

 

Gli faccio strada verso la macchina, continuando a tenere la sua mano, senza preoccuparmi che qualcuno possa vederci. È tardi, gli altri ragazzi, giocatori di football compresi, devono essersene già andati. A volte ci scambiamo un’occhiata, sorridendo come due ragazzini; non diciamo nulla, godendo semplicemente della presenza l’uno dell’altro – non abbiamo bisogno di altro se non di questo.

 

Arrivati alla macchina, gli apro la portiera, guadagnandomi un sorriso stratosferico da parte di Kurt, e poi mi siedo al posto del guidatore. Credo che entrambi non abbiamo alcuna intenzione di separarci; voglio stare ancora un po’ con lui, e se non vado errato, penso che anche Kurt abbia lo stesso desiderio. Lo vedo da come mi guarda, da come mi abbia ripreso la mano e da come si stia, inconsciamente o no, sporgendo verso di me.

 

«Allora, ti va di andare al cinema?»

 

«Hai qualcosa di interessante da propormi?» mi chiede lui con un sorrisetto malizioso.

 

«In realtà no,» dico ricambiando con lo stesso tipo di sorriso. Credo che entrambi siamo a conoscenza del fatto che non presteremo poi così tanta attenzione al film, approfittando del buio della sala e del fatto che effettivamente, di mercoledì pomeriggio, quasi nessuno va al cinema.

 

Metto in moto, lanciandogli un’altra occhiata. Lui invece mette la musica, del tutto a suo agio nel muoversi nella mia macchina; non so perché, ma questo pensiero mi fa sorridere. Non so se sia un caso o se Kurt lo abbia fatto apposta, ma la prima canzone che parte è Teenage dream.

 

Io non posso evitare di ripensare a quando l’ho conosciuto, alla nostra corsa in mezzo ai corridoi della Dalton, ai suoi occhi mentre osservava noi Usignoli esibirci. Quella volta stavo cantando per lui, quasi senza accorgermene; tuttavia, qualcosa nel profondo, lo aveva già riconosciuto – forse la mia anima: aveva riconosciuto uno spirito affine.

 

Ringrazio il semaforo che è appena diventato rosso, così riesco a voltarmi verso Kurt e a guardarlo. Lui sfugge il mio sguardo, arrossendo, un mezzo sorriso sul volto; so che sta pensando anche lui al nostro primo incontro. Cavolo, devo essergli sembrato davvero un pazzo. Un perfetto estraneo che ti prende per mano e ti trascina con sé in mezzo a un corridoio vuoto di una scuola sconosciuta, non è una cosa normale da fare. Mi chiedo come abbia fatto a fidarsi di me.

 

Kurt sta tamburellando con le dita sul bracciolo alla sua destra ed effettivamente, ora che lo osservo bene, mi sembra un po’ nervoso. O meglio, non nervoso, quanto… agitato. Lui deve aver intuito i miei pensieri perché, con un altro sorriso, mi dice, «Blaine, è verde. E per favore, parla! Dimmi qualcosa…»

 

Arrossisce dopo queste parole, e non ne capisco il motivo. Decido comunque di esaudire il suo desiderio e, partendo, gli dico la prima cosa che mi passa per la testa: «Quando ci siamo conosciuti… che impressione hai avuto di me? Devo esserti sembrato un pazzo!» ridacchio, imbarazzato. Ora che ho posto la domanda, quasi temo la sua risposta.

 

Kurt però non si fa attendere e risponde, con uno strano scintillio negli occhi che sono riuscito a cogliere grazie a un altro semaforo rosso, «Ho pensato che fossi un nano maleficamente ingellato

 

«Wes ha contagiato anche te?» sbuffo spazientito, provocando una risata cristallina in Kurt che ha il potere di farmi sorridere.

 

«No, seriamente. Non so cosa ho pensato… forse perché in realtà non pensavo a nient’altro che non fossi tu.» Dice mentre riparto – ancora pochi metri e siamo arrivati.

 

Mi arrischio a gettargli un’occhiata veloce, notando il rossore sulle sue guance. Io invece non so se sentirmi lusingato o in imbarazzo per non aver capito subito tutto, ma anzi, per aver sospettato di non interessargli minimamente. Non so cosa dire, così opto per non dire nulla e afferrare invece la sua mano per un breve momento, stringendola forte.

 

Quando siamo costretti a staccarci, noto di nuovo l’agitazione di Kurt: continua a tamburellare con le dita sul croscotto ora, mordendosi le labbra e gettando fugaci occhiate in giro. Inizio a pensare che forse sia tanto agitato all’idea di noi due da soli, al buio, in un cinema.

 

Dopo aver posteggiato, mi volto verso di lui, slacciando la cintura e mettendogli una mano su un ginocchio. «Kurt, perché sei così agitato? Prometto che non ti salterò addosso.» Gli regalo un caldo sorriso, cercando di tranquillizzarlo.

 

Non che non mi dispiacerebbe saltargli addosso, ma ho promesso a me stesso che avremmo fatto tutto con calma, senza alcuna fretta. Ho promesso a me stesso che non avrei fatto nulla per mettere Kurt in imbarazzo, né per spingerlo a fare cose che non vorrebbe fare. Forse mi sono solo immaginato lo scintillio malizioso che ho visto prima nei suoi occhi, perciò possiamo anche solo entrare nel cinema, sederci e guardarci tranquillamente il film.

 

«No, io… non è quello. Anzi,» lo sento rispondere in un sussurro.

 

Avvampo a sentire quell’anzi. Ho capito bene?

 

«Kurt, non ti seguo,» dico, una mano che corre ad accarezzargli una guancia arrossata, gli occhi fissi nei suoi. Non riesco a non toccarlo, e non è normale.

 

Kurt prende un profondo respiro, sfuggendo il mio sguardo e posandolo fuori dal finestrino, verso il parcheggio buio e semivuoto del cinema. E alla fine, inizia a parlare, talmente veloce che devo concentrarmi per cogliere ogni singola parola che esce dalle sue labbra.

 

«Tu sei assolutamente stupendo, Blaine. Mi hai dedicato quella canzone prima, hai cantato per me, davanti a un sacco di estranei che avrebbero potuto reagire male, e non te n’è importato della paura di quello che sarebbe potuto succedere. È stato bellissimo, emozionante e dannatamente frustrante non poterti baciare alla fine dell’esibizione, dico davvero. Mi sono dovuto trattenere per non saltarti al collo lì, nel cortile del mio liceo; e te lo giuro, darti quell’abbraccio è stato sinceramente troppo poco. E ora siamo qui, e l’unica cosa che vorrei fare, citandoti, sarebbe saltarti addosso. Ma non riesco a farlo per… per… quel problema.»

 

Rimango basito, ascoltando le sue parole e sentendo il cuore battere affannosamente nel petto. Cerco di non concentrarmi sul fatto che, diavolo, Kurt vuole saltarmi addosso – Kurtvuolesaltarmiaddosso Kurtvuolesaltarmiaddosso Kurtvuolesaltarmiaddosso – ma sul fatto che evidentemente ha un problema, che io però non riesco ad afferrare.

 

Credo che il mio sguardo, a metà tra l’eccitato e il confuso, sia sufficientemente chiaro a Kurt per fargli capire che deve spiegarsi meglio. Ancora con lo sguardo basso, sussurra qualcosa così a bassa voce che devo fare uno sforzo enorme per sentirlo.

 

«Tu non mi reputi sexy… E… e come posso fare quello che voglio fare, se tu mi consideri ridicolo sotto quel punto di vista? Io già mi vergogno e –»

 

Ok, ora come ora, l’unica cosa che mi trattiene dal baciare il meraviglioso ragazzo che ho di fronte, è il fatto che non mi stia guardando negli occhi – e odio baciare qualcuno che non mi sta guardando – e anche il fatto che vorrei prenderlo a sberle.

 

Come può pensare una cosa del genere?

Beh Anderson, è anche colpa tua…

 

Lo fermo, spostando la mano ancora ferma sulla sua guancia e facendogliela scivolare sulle labbra. Kurt fissa lo sguardo nel mio, i suoi occhi sono un misto di paura, desiderio e vergogna, un mix unico che mi fa desiderare ancora di più di baciarlo fino a farci mancare il respiro. Ma mi trattengo, perché non è la cosa giusta da fare in questo momento.

 

Kurt vuole essere tranquillizzato, deve essere tranquillizzato; ed è colpa mia se ci ritroviamo qui. E’ colpa mia e della mia boccaccia. Sono stato io a dirgli che non sembrava affatto sexy dopo la nostra esibizione di Animal, ma forse avrei dovuto spiegargli meglio allora che cosa intendevo dire.

 

«Kurt,» inizio, cercando di trasmettergli con la voce la più totale sincerità delle mie parole, «so che posso averti confuso con quella storia di Animal ma la verità è un’altra. Tu non sei un cucciolo di pinguino.»

 

Con una mano, faccio sì che sollevi il mento, di modo da riportare il suo sguardo, che si era prontamente abbassato non appena avevo cominciato a parlare, nel mio.

 

«Tu non hai bisogno di cercare di essere sexy: lo sei già di tuo. Ti viene naturale, lo fai senza pensarci e senza alcun tipo di forzatura; e questo ti rende assolutamente perfetto,» concludo. Spero davvero che capisca quanto mi piace, perché non so in che altro modo farglielo capire.

 

Una voce, probabilmente quella del cricetino che abita nella mia testa, mi dice che forse potrei provare a dimostrarglielo baciandolo, ma so che sta sbagliando. Kurt ha bisogno di sentirsi desiderato, vero, ma soprattutto ha bisogno di provare a farsi desiderare. Spero che colga l’occasione, perché non credo di essere mai stato così desideroso di baciarlo, nemmeno durante quel pomeriggio a casa sua, dopo il pranzo con i suoi. Decido comunque di spornarlo in un’altra maniera.

 

«Non hai bisogno di mostrarti sexy, tu sei sexy. E riesci a farmi impazzire…» Ecco, ora sono io quello in imbarazzo.

 

Tuttavia, l’imbarazzo vale decisamente il sorriso lusingato e assolutamente meraviglioso che a quel punto mi regala Kurt. Sorrido anche io, sperando che si sia calmato riguardo questo argomento; è assolutamente ridicolo il fatto che pensi che io non possa trovarlo sexy quando invece non posso fare a meno di pensare al mio costante desiderio di toccarlo, fisicamente e non.

 

Credo che i miei occhi in questo istante stiano urlando il desiderio che ho di lui, di avere le sue labbra sulle mie, le sue mani su di me; e fortunatamente Kurt sembra capirlo, perché inizia ad avvicinarsi a me. Ma lo fa lentamente, come a volermi mettere alla prova, come a voler testare quanto effettivamente sia il mio bisogno di lui. E non mi vergogno affatto nel farmi uscire un mugolio di protesta quando, con le labbra ormai a pochi centimetri dalle mie, si tira indietro.

 

Lo sguardo che mi lancia è pura malizia e davvero, non so come faccia a non vederlo; vorrei che si potesse vedere anche solo per un minuto con i miei occhi.

 

Mi chino verso di lui, alla ricerca delle sue labbra, ma lui si tira di nuovo indietro all’ultimo momento. Lo guardo alzare una mano e poggiarla sulla mia guancia, ripassando con un dito il contorno del mio naso, salire su per la fronte e poi accarezzarmi le labbra con l’indice.

 

Dischiudo le labbra, lasciandomi sfuggire un sospiro e chiudendo gli occhi, concentrandomi solo sul suo tocco. Con la mano inizia a scendere lungo il profilo della guancia e scivola sul collo; deglutisco e apro gli occhi. E subito incontro i suoi, dritti nei miei, con le pupille leggermente dilatate; e il bello è che non abbiamo ancora fatto niente!

 

Con un solo dito ora, percorre piano il mio pomo d’Adamo, dedicandosi poi a piccoli cerchi, sempre senza distogliere lo sguardo dal mio. Dei brividi mi scorrono lungo la schiena, mentre un’improvvisa sensazione di calore mi coglie alla bocca dello stomaco; sono sensazioni così nuove che per un attimo mi spavento.

 

Inizio a guardare insistentemente le sue labbra, provando lo strano desiderio di mordergliele, fino a farle diventare rosse. Si ferma notando la direzione del mio sguardo; io alzo gli occhi su di lui e riesco a vedere la mia espressione, specchiandomi nelle sue pozze blu. Sono completamente perso in lui. Potrebbe farmi qualsiasi cosa ora, non sono più responsabile delle mie azioni. Sto soltanto aspettando di potermi sciogliere come creta a causa delle sue mani, delle sue labbra, di lui.

 

Non so che cosa lo convinca alla fine, ma si avventa improvvisamente su di me, azzerando lo spazio tra di noi – per quanto possibile a causa del cambio e del freno a mano.

 

Una sua mano rimane ferma sul mio collo, l’altra affonda le dita tra i miei capelli. Sussulto a quel suo gesto – di solito non sopporta tanto mettermi le mani tra i capelli quando ho il gel – e rispondo al bacio, prendendogli il viso tra le mani. La sua lingua invade subito la mia bocca, provocandomi altri brividi che scorrono lungo la schiena, inviando un’altra scarica di calore al mio stomaco.

 

Continuiamo a baciarci così per non so quanto tempo, finché l’urgenza di qualcosa di più non si fa sentire. Con le mani scivolo sulle sue spalle e sulla sua schiena, cominciando ad accarezzarlo; Kurt sospira tra le mie labbra, emettendo un verso che non posso fare a meno che definire voglioso. Mi chiedo se se ne sia reso conto.

 

Stupendomi non poco, anche le sue mani iniziano a scivolare lungo le mie spalle; mi tira ancora più contro di sé, ma siamo davvero scomodi. Mi stacco da lui, anche se controvoglia, e gli dico soltanto una parola, con la bocca vicina alla sua, «Dietro.»

 

Kurt annuisce e fa per infilarsi nello spazio tra i due sedili davanti, cercando di non staccarsi dalle mie labbra che, dopo aver parlato, si erano subito riunite alle sue. Io lo seguo, facendo attenzione a dove farlo andare, di modo che non si faccia male sbattendo la testa da qualche parte.

 

Tempo pochi secondi, che ci ritroviamo sul sedile posteriore, in una posizione così equivoca, nuova ed eccitante che inizio a respirare molto più profondamente; cerco di inspirare quanta più aria possibile, di modo da far ossigenare il cervello, che mi eviti quindi di lasciarmi andare a qualcosa di molto più… spinto.

 

Fortunatamente Kurt non sembra notare il fatto che sono seduto a cavalcioni su di lui, le ginocchia che premono ai lati del suo corpo, i corpi schiacciati l’uno contro l’altro. O forse non gli da alcun tipo di fastidio.

 

Il bacio si fa sempre più profondo e intimo, le mani che vagano ovunque. Provo di nuovo il desiderio di toccare altra pelle, come ieri nella nostra camera della Dalton; perciò, con una mano tremante, inizio a tirare giù la lampo del suo giubbotto bianco. Temo che possa fermarmi, ma non capita; così, un po’ più sicuro, inizio a sfilargli la camicia dai pantaloni, con una delicatezza in netto contrasto con la passione che stiamo mettendo entrambi nel bacio.

 

E poi, una mano di Kurt mi blocca, proprio qualche secondo prima che potessi finalmente toccargli la pelle del fianco. Apro gli occhi, staccandomi dal bacio, già pronto a chiedergli scusa in ginocchio se necessario; ma Kurt mi sorride, accarezzandomi una guancia e sfilandomi poi il blazer.

 

Trattengo il respiro sentendo le sue mani scorrere delicate sulle mie spalle e poi sulle braccia; e anche se c’è la camicia a impedire un diretto contatto tra le nostre pelli, un sospiro soddisfatto mi esce dalle labbra – anche perché stava cominciando a fare fin troppo caldo in questa macchina.

 

Quando il blazer cade dimenticato sui tappetini della macchina, c’è un momento di stasi; io e Kurt ci guardiamo negli occhi, i respiri affannati che si infrangono l’uno sulla bocca dell’altro. Ora come ora non so che cosa diamine pensare, se non al fatto che vorrei tenerlo sempre con me; non voglio assolutamente lasciarlo andare, e il pensiero che stasera dovrò riportarlo a casa sua e tornare alla Dalton, mi spezza il cuore. E so che non dovrei fare pensieri così tristi in un momento come questo, ma averlo vicino, così tanto come in questo momento, mi porta a desiderare di poter essere sempre con lui.

 

È Kurt a spezzare l’immobilità in cui eravamo caduti, sfilandomi la camicia dai pantaloni, le mani che tremano appena. Subito infila le mani al di sotto di essa, andando a toccare i miei addominali appena accennati.

 

Quello che non mi aspettavo minimamente, era la reazione che avrei avuto. Capisco di quanto fossi veramente preso dalla situazione quando tiro la testa all’indietro, lasciandomi sfuggire un gemito e chiudendo gli occhi. La poca porzione di pelle, a diretto contatto con le sue dita fredde, sembra incendiarsi, spandendo poi le sue fiamme lungo tutto il mio corpo, fino a raggiungere persino le zone più periferiche.

 

Con uno scatto, ritorno subito sulle sue labbra, schiacciandolo sempre di più contro i sedili. Kurt ora lascia andare la mano che prima aveva bloccato, permettendomi così di infilare anche la mia mano sotto la sua camicia e andare a stringergli e accarezzargli il fianco.

 

Kurt emette un sospiro, staccandosi dalle mie labbra e affondando il viso nel mio collo; il suo respiro fresco sulla pelle accaldata del collo mi fa rabbrividire. Avvicino la bocca al suo orecchio, il respiro ancora affannato, e gli dico, «Visto come mi riduci?»

 

Un gemito indistinto gli esce dalle labbra e poi inizia a baciarmi il collo, scostando il colletto della mia camicia e lasciandomi, di nuovo, piacevolmente sorpreso. Le mani sui miei addominali diventano due, e mi accarezza lo stomaco, facendo sì che io respiri ancora più affannosamente nel suo orecchio.

 

Ci stiamo addentrando in un territorio nuovo e sconosciuto, e nonostante la paura, so che non potrà succedere nulla di male, perché sono con lui.

 

Gli accarezzo la pelle del fianco, per passare poi alla pancia, girando con un dito intorno all’ombelico; dopo quest’azione, Kurt si ferma un attimo, rabbrividendo, per poi alzare il viso verso il mio e baciarmi, famelico. Ormai nessuno dei due sta più facendo caso a ciò che stiamo facendo; siamo totalmente presi dalla situazione, dalle nostre mani e dai nostri respiri.

 

Ed è in questo momento che mi rendo conto di essermi eccitato e di avere una prepotente erezione che preme contro la cerniera dei pantaloni della divisa della Dalton. Purtroppo per me, anche Kurt se ne accorge dal momento che sono premuto contro la sua coscia; e soprattutto, io mi rendo conto di non essere il solo in quella situazione, lanciando uno sguardo veloce in basso, verso il cavallo dei suoi pantaloni.

 

Entrambi alziamo contemporaneamente lo sguardo, guardandoci negli occhi. Lo sguardo sorpreso e un po’ spaventato che leggo nei suoi occhi, mi suggerisce che probabilmente è il momento giusto di fermarci. Con un ultimo veloce bacio sulle sue labbra, scendo da sopra di lui e mi siedo al suo fianco.

 

Per quanto mi dispiaccia, non so assolutamente cosa avrei potuto fare. Nonostante sia decisamente Kurt il più spaventato di noi, non è che io lo sia di meno; perché non sarebbe solo la prima volta per me, ma qui si parla anche di Kurt. E io voglio che sia tutto perfetto.

 

Strano comunque che Kurt non sia scappato via dalla macchina urlando; mi sarei aspettato precisamente quella reazione. Invece, mi ha stupito ancora una volta: oggi sembra essere la giornata delle sorprese. E continua a farlo, dal momento che mi stringe una mano, senza tuttavia guardarmi negli occhi. Io lo stringo di rimando, appoggiando la testa contro lo schienale e cercando di riportare il mio respiro a un ritmo normale, e soprattutto a farmi sparire l’evidente erezione che mi trovo in mezzo alle gambe.

 

Non so per quanto tempo stiamo fermi lì, in silenzio, ciascuno cercando di respirare con più tranquillità, tentando di calmarci – per quanto possibile. Dopo quelle che paiono ore, Kurt si volta verso di me, guardandomi dritto in viso. Io sposto lo sguardo su di lui e gli sorrido, una muta domanda per sapere se è tutto ok, se sta bene e se non si è spaventato. Come al solito, a Kurt basta una semplice occhiata per capire cosa mi stia passando per la testa, perché annuisce e appoggia poi la testa sulla mia spalla, rilasciando un sospiro.

 

«Kurt?» lo chiamo dopo un po’.

 

«Sì?» risponde lui. Entrambi stiamo sussurrando, quasi come se non volessimo spezzare l’atmosfera ora tranquilla presente in macchina.

 

«Scendiamo?» chiedo, anche se l’idea di lasciarlo tanto presto non mi rende certo felice. Però non possiamo neanche stare qui per tutto il tempo. Ormai il cinema è da escludere, abbiamo perso lo spettacolo e non ce n’è un altro oggi pomeriggio; dovremmo aspettare lo spettacolo delle otto.

 

«Ancora no,» sussurra Kurt accucciandosi contro di me, cingendomi la vita con un braccio. Lo abbraccio anche io, posando la testa sulla sua e respirando il profumo dei suoi capelli.

 

Chiudo gli occhi, e sento di poter stare qui per sempre; stare semplicemente con lui.

 

 

*

 

 

Alla fine siamo stati costretti a scendere dalla macchina. Ammetto che sia stata colpa mia, o meglio, del mio stomaco; ha iniziato a brontolare, riportandoci con i piedi per terra e costringendoci a staccarci. Dopo una risata e una battutina di Kurt sul fatto che non riesco a stare tre ore di fila senza mangiare – vero, ma non posso farci niente! – siamo scesi dalla macchina.

 

Dapprima Kurt ha chiamato suo padre, dicendogli che avrebbe mangiato fuori con me e che poi ci saremmo fermati al cinema per vedere un film. Burt non si è lamentato e non ha avuto da dire niente in contrario; anzi, a entrambi ha dato l’impressione che abbia capito bene che per noi due non è facile sperarci.

 

Oggi è una giornata un po’ speciale. Io e Kurt dobbiamo abituarci a stare di nuovo lontani, e dobbiamo farlo gradualmente, non possiamo farlo di colpo.

 

Dopodiché, siamo andati a mangiare in uno dei ristoranti della multisala. Kurt non ha voluto sentire ragioni quando ho cercato di pagare io per entrambi, e si è intestardito almeno a pagare da bere. Ho fatto che accettare, soprattutto per farlo smettere di lamentarsi e poterlo trascinare in bagno e, dopo aver fatto attenzione che non ci fosse nessuno, baciarlo, stringendomelo contro. Inutile dire che siamo usciti da lì con due enormi sorrisi sulle labbra.

 

In coda alla cassa del cinema, le mani che fremono per poterci per lo meno sfiorare, Kurt si volta verso di me e mi chiede, «Allora, come mai quella canzone?»

 

Lo guardo alzando un sopracciglio e sorridendo. «In realtà è stata un’idea di Wes…»

 

 

Guardai Kurt, felice e spensierato, mentre rideva e scherzava con Nick poco più in là. Nonostante tutto, vederlo felice rendeva felice anche me; mi sarebbe mancato, sarebbe stato difficile abituarsi alla sua assenza, ma comunque era questo che Kurt voleva. Nonostante la mia presenza, nonostante l’amicizia degli altri Warblers, Kurt non si era mai sentito a casa. Aveva sempre sentito la mancanza dei suoi compagni delle Nuove Direzioni, e me ne ero già accorto quando eravamo andati al suo liceo per vedere le esibizioni dei suoi compagni, qualche sera fa.

 

Mi rattristai, inevitabilmente, al pensiero che da domani in avanti non avrei più potuto condividere ogni momento di ogni singola giornata insieme a lui.

 

Proprio in quel momento, mentre osservavo pensieroso il fondo del mio bicchiere riempito con della semplice Coca Cola, Wes e Thad si avvicinarono a me con fare misterioso. Li guardai stranito, finché Wes non fu così vicino da invadere ogni concetto di spazio personale.

 

«Nano maleficamente ingellato, io e Thad abbiamo una proposta da farti...» disse.

 

Io alzai un sopracciglio, infastidito dal nomignolo. «È per questo che David è arrabbiato? È geloso del fatto che lo stai sostituendo con Thad

 

Wes alzò le sopracciglia al cielo, mentre Thad arrossì e provò a giustificarsi. Aggrottai le sopracciglia per un attimo, osservando la sua reazione, ma poi spostai l’attenzione su Wes, che aveva iniziato a parlare.

 

«… e quindi avevamo pensato di dedicargli una canzone, domani.»

 

«Come scusa?» chiesi. Non avendo sentito l’inizio della frase, non capii a cosa si stesse riferendo.

 

«Pensavamo di cantare una canzone a Kurt, domani. Dovremmo metterci d’accordo con qualcuno delle Nuove Direzioni, ma credo sia un’idea carina. Che ne dici?» chiarì Thad, evitando così a Wes di ripetere.

 

«Già, e ovviamente dovresti essere tu a cantare; e dovresti anche scegliere la canzone,» aggiunse Wes con un sorriso.

 

Io sobbalzai a sentire quella proposta. Come diamine avevo fatto a non pensarci io?! Kurt lo avrebbe certamente apprezzato. Inoltre sapevo benissimo a chi chiedere una mano – Mercedes sarebbe stata felice di aiutarci. E da quando aveva saputo che io e Kurt stavamo insieme, sembrava essere più amichevole che mai nei miei confronti.

 

Con un sorriso rivolto ai miei due amici dissi, «Ho in mente la canzone perfetta.»

 

Mi avvicinai il più possibile all’orecchio di Thad, sussurrandogli il nome della canzone, e vidi i suoi occhi brillare quando capì. Lasciai a Wes e Thad il compito di far girare la voce, e io mi dedicai invece a continuare a osservare Kurt, uno scintillio negli occhi, immaginandomi la sua reazione quando, l’indomani, si sarebbe trovato tutti noi Usignoli in divisa al McKinley.

 

 

«E così è stata un’idea di Wes?» mi chiede Kurt, con un sopracciglio sollevato.

 

«Beh, effettivamente sì,» rispondo io, incassando la testa nelle spalle e sentendomi un po’ in colpa. «Diciamo che avevo altri pensieri per la testa.» Alzo lo sguardo per incontrare il suo; un’espressione triste passa nei suoi occhi, ferendomi; non voglio che sia triste per me – perché so bene che io sono la sola ragione per cui gli è dispiaciuto tornare al McKinley. Così cerco di tirarlo su di morale dicendogli, «Comunque mi è subito venuta in mente la canzone adatta.»

 

Kurt mi sorride riconoscente, capendo che con quelle parole volevo cercare di farlo tornare sereno. «Ottima scelta, signor Anderson,» mi risponde con un sorrisetto.

 

Io mi limito a rispondere al sorriso e avvicinarmi un po’ di più a lui, approfittando della ressa presente alla cassa per stringermi al suo fianco, le spalle a contatto. Kurt mi punta gli occhi addosso e sorride, e per un attimo mi sembra voglia parlare di qualcos’altro, qualcosa che molto probabilmente ha a che vedere con quello che è successo in macchina qualche ora fa, ma poi sembra ripensarci su.

 

Entrati nel cinema, ci accomodiamo su due posti in fondo, di modo da non avere nessuno dietro; sappiamo bene che non potremmo baciarci o abbracciarci – c’è troppa gente – ma avremo almeno la possibilità di tenerci per mano. In questo momento sono così felice di stare con lui, che non mi pesa affatto il doverci nascondere; e sembra che lo stesso valga per lui.

 

Durante la durata di un film di cui non ricordo il nome né la trama, Kurt mi prende per mano e dopo un po’ appoggia la testa sulla mia spalla, incurante degli altri e certamente aiutato dal buio. Io mi limito a stringergli forte la mano, accarezzandogli il dorso con il pollice, inspirando il suo odore e godendo della sensazione di averlo contro di me.

 

Ore dopo, quando il film è ormai finito, scopro che Kurt si è addormentato sulla mia spalla. Grazie al cielo nessuno si accorge della posizione in cui ci troviamo, così aspetto che tutti siano usciti dal cinema prima di voltarmi e svegliare Kurt.

 

Dopo averlo scosso e chiamato un paio di volte, Kurt apre gli occhi, sobbalzando. «Scusami, mi sono addormentato!»

 

Ridacchio, divertito dalla sua espressione imbarazzata. «Non preoccuparti. È stata una giornata lunga e… intensa,» dico ripensando a ciò che è successo in macchina.

 

Kurt arrossisce, abbassando lo sguardo. «Già.»

 

Sempre tenendolo per mano, lo faccio alzare e mi avvio fuori dalla sala, con lui che mi segue lentamente, a volte inciampando nei suoi stessi piedi per la stanchezza. Gli lancio un’occhiata, non riuscendo a non pensare a quanto sia adorabile così, mezzo addormentato.

 

Appena arriviamo in pubblico, ci lasciamo subito la mano, ma cerco di stargli il più vicino possibile. Con qualche difficoltà, dovuta per lo più alla lentezza con cui Kurt si sta letteralmente trascinando in giro, arriviamo finalmente alla macchina, nel posteggio ormai vuoto.

 

Arrossisco nel guardare la macchina, ripensando a oggi pomeriggio. So bene che non parleremo molto presto di ciò che è successo; immagino che Kurt nella sua testa abbia già deciso di cercare di non pensarci per il momento, e io non voglio forzarlo a parlarne se non vuole. Aspetterò che sia lui a farlo, tanto so che prima o poi lo farà. Tuttavia sono un essere umano e, come tutti, anche io ho delle… pulsioni. E si sta facendo sempre più difficile controllarle quando sono con Kurt.

 

Sono così perso nei miei pensieri che non mi accorgo del fatto che Kurt sia rimasto un po’ indietro; perciò mi stupisco quando sento qualcuno abbracciarmi da dietro. Sobbalzo, tranquillizzandomi subito però quando vengo investito dall’odore di Kurt e dal suo respiro sul mio collo. Copro le sue mani, posizionate sul mio stomaco, con le mie e sospiro.

 

«Blaine…» dice lui con la voce impastata dal sonno, che la rende un po’ roca.

 

Rabbrividisco impercettibilmente, deglutendo. «Sì…

 

«Andiamo nel nostro posto?»

 

Volto la testa verso di lui, senza riuscire però a incrociare i suoi occhi dal momento che ha il viso affondato nel mio collo. Il cuore inizia a battermi sempre più veloce nel petto quando finalmente mi rendo effettivamente conto che non sono solo io a non riuscire ad allontanarmi da lui, ma che anche Kurt ha il mio stesso problema. Questo mi fa innamorare di lui un pochino di più.

 

Vorrei tanto rispondergli di sì, ma non posso. Kurt deve tornare a casa e domani mattina deve andare a scuola; non credo che Burt, per quanto comprensivo, possa accettare.

 

«Tuo padre…» dico io con voce contrita, a fatica, perché davvero non voglio portare Kurt a casa sua.

 

«Ora lo chiamo… capirà…» dice lui staccandosi da me, che provo subito una sensazione di freddo che non ha niente a che vedere con l’aria fresca della sera, ed estraendo il cellulare dalla sua tracolla.

 

Tempo pochi squilli, che qualcuno dall’altro lato risponde.

 

«Sì, ciao papà. Mi chiedevo se… potessi stare con Blaine…» lo sento chiedere con tono speranzoso.

 

«Lo so, ma posso svegliarmi presto e andare a scuola e…» Una pausa. «So che non ho un cambio ma…»

 

Un piccolo sorriso fa capolino sul volto di Kurt. «Sì, ci tengo così tanto da rinunciare ai miei rituali di idratazione.» Sorrido anche io, immaginandomi perfettamente ogni risposta del padre di Kurt.

 

E poi, «Cosa sta dicendo Carole?» Un’altra pausa, più lunga della precedente. «Oh davvero lo farebbe? Ringraziala tanto!» Kurt sposta lo sguardo su di me, rivolgendomi un sorriso enorme e vittorioso.

 

Torna infine a concentrarsi sulla conversazione e immediatamente lo vedo arrossire; aggrotto le sopracciglia, chiedendomi il motivo per quella reazione inaspettata. Kurt mi da le spalle e sussurra, forse sperando di non farsi sentire da me – ma è impossibile che io non lo senta dal momento che il parcheggio è vuoto e rimbomba tutto.

 

«No papà, non mi pare proprio il caso… Devi fidarti di me, ok? Non è ancora il… momento giusto.»

 

Ok, ora mi è tutto chiaro. Ovviamente era inevitabile che Burt ponesse a Kurt quella domanda e soprattutto volesse verificare; dopotutto, stiamo per separarci. E tutti e tre sappiamo bene che questa sarà l’ultima volta che io e Kurt potremmo dormire insieme nella stessa stanza, o che per lo meno passerà tantissimo tempo prima che potremmo rifarlo.

 

«Grazie, papà. Ti voglio bene…» dice Kurt infine prima di riattaccare.

 

Poi si volta verso di me, sorridendo imbarazzato. Io ricambio il sorriso, raggiungendolo e afferrandogli la mano. Non diciamo niente perché non ce n’è alcun bisogno; mi limito semplicemente a trascinarlo fino alla macchina e farlo accomodare sul sedile del passeggero, prima di sedermi dal lato del guidatore, mettere in moto e partire dirigendomi verso la Dalton.

 

Il viaggio in macchina e poi per i corridoi deserti della Dalton passa nel più completo e totale silenzio; domani mattina dovremmo fare attenzione a che nessuno scopra che Kurt ha dormito qui, ma da quanto ho capito, Carole verrà a prenderlo prestissimo.

 

Entrati in quella che, fino a ieri sera, era la nostra stanza, Kurt si guarda intorno; le sue cose sono sparite, conferendo alla camera un aspetto molto più desolato.

 

«Domani mattina passa Carole per le sette meno un quarto con un cambio di vestiti per me e mi porterà a scuola,» dice lui per spezzare il silenzio che è calato sulla stanza.

 

«Ok,» dico io prima di voltarmi e cercare nel mio cassetto un paio di pantaloni e una maglietta da prestargli per la notte. «Vai prima tu in bagno.» Gli passo i vestiti, che lui afferra rivolgendomi un piccolo sorriso di ringraziamento.

 

Quando Kurt sta per aprire la porta, un pensiero mi coglie al volo. «Aspetta! Lo spazzolino?» gli chiedo.

 

Non mi aspettavo però che le sue guance si tingessero di rosso e che poi mi facesse cenno di seguirlo in bagno. Entrati, apre il mobiletto sopra il lavandino e, alzandosi sulla mezzapunta per raggiungere il ripiano più alto, tira giù il suo spazzolino, coperto dal cappuccio.

 

«Io… l’ho lasciato qui. Non si sa mai…» sussurra lui.

 

Stranamente, sento gli occhi inumidirsi di lacrime. Abbasso lo sguardo – non voglio che mi veda, di nuovo, così – ma lui mi fa rialzare il viso verso di lui, e poi si getta letteralmente tra le mie braccia, proprio come ha fatto stamattina nel cortile del McKinley. Lo stringo a me, permettendo a due sole, singole lacrime di scivolarmi sulle guance.

 

Quando mi stacco da lui, ogni traccia del mio piccolo pianto è già sparita dal mio viso – o almeno spero. Un altro sorriso, e poi esco dal bagno, lasciandolo solo. Io nel frattempo mi tolgo la divisa e mi infilo nel pigiama; mi laverò domattina, ora voglio solo dormire.

 

Quando Kurt esce dal bagno, mi fa una carezza sul viso prima che io entri. Finalmente in bagno, mi lavo velocemente i denti ed esco di tutta fretta, assalito dall’improvvisa e irrazionale paura che Kurt possa sparire da un momento all’altro. Devo davvero darmi una controllata.

 

Non mi stupisco di trovare Kurt seduto sul mio letto, le coperte già tirate indietro, mentre mi aspetta con un sorriso sul volto. Sorrido anche io avvicinandomi a lui e sedendomi infine al suo fianco. Continuando a guardarci negli occhi e senza dire alcuna parola, mi sdraio e lui mi segue.

 

 

Mi svegliai di soprassalto, sentendo qualcuno scostare le coperte facendo sì che l’aria penetrasse nello spazio lasciato aperto e arrivasse fino a me.

 

«Ma che -?» dissi con voce impastata dal sonno, intontito.

 

«Blaine…» sentii la voce di Kurt rispondere, mentre si infilava nel mio letto.

 

Rimasi del tutto sorpreso da quel suo gesto così… intimo. Non mi sarei mai aspettato che Kurt si infilasse nel mio letto, nonostante quella fantasia mi avesse perseguitato per tutta la settimana.

 

I miei occhi si abituarono al buio e finalmente riuscii a riconoscere i contorni del viso di Kurt, che puntò subito gli occhi su di me. Riuscii a sentire l’imbarazzo che provava per quel gesto, ma non dissi nulla, il cuore che batteva furioso nel petto.

 

«Abbiamo perso…» disse con voce triste.

 

«Lo so…» risposi io cercando una sua mano e stringendola, incastrando perfettamente le dita tra le sue.

 

«Non riuscivo a dormire… posso stare qui?» chiese con voce piccola piccola, abbassando lo sguardo.

 

Sorrisi, avvicinandomi a lui con cautela; non volevo che scappasse via. «Assolutamente sì.»

 

Kurt non rispose. Si limitò a sorridermi e ad avvicinarsi a me, appoggiando la fronte sulla mia e chiudendo gli occhi, sospirando. Io non feci nulla, stetti immobile a guardarlo nel buio, finché non si addormentò. Solo allora mi decisi a chiudere anch’io gli occhi e a provare a dormire, con ancora impresso sulla retina l’immagine del suo viso. Inutile dire che quella notte lo sognai.

 

 

Dalla sera dopo le Regionali, io e Kurt abbiamo dormito quasi sempre insieme. Non c’è niente di sessuale in questo gesto, né nei nostri pensieri; è un semplice starsi vicino e ricercare calore l’uno nell’altro. È un semplice desiderio di addormentarsi con il viso dell’altro davanti e risvegliarsi insieme, abbracciati e vicini. È il posto dove possiamo essere noi stessi, il nostro rifugio sicuro, pieno di calore e affetto. Il nostro posto.

 

Anche questa volta appoggiamo le fronti l’una contro l’altra. Kurt si china in avanti, lasciandomi un casto bacio sulla bocca, prima di ritornare nella posizione di partenza. Stiamo semplicemente lì a fissarci, lottando contro le palpebre pesanti che calano, tentando di guardarci il più possibile. E nonostante la consapevolezza che questa sia l’ultima volta che possiamo concederci una cosa del genere, non ci rattristiamo: cerchiamo semplicemente di goderci il momento, il più serenamente possibile.

 

Perché, come ha detto Kurt oggi sulle scale del McKinley, questo non è un addio.

 

 

 

 

 

NOTE:

Buongiorno! No, non è un miraggio, stiamo postando davvero. E sì, sto per scusarmi, a nome mio e della Alch, per il nostro immenso ritardo; ma tra la gita della Alch e le vacanze, non siamo riuscite a fare di meglio. Anyway, spero ci perdonerete… abbiamo cercato addirittura di rabbonirvi un po’ con la scena della macchina – scena che, tra l’altro, è venuta del tutto spontanea, come il capitolo. Ora come ora mi stanno venendo le paranoie in realtà… temo che Kurt risulti un po’ OOC.

 

Lo “spazio personale” è un ovvio riferimento al Destiel, che sta riempiendo i miei giorni di angst e amore impossibile. Il Thad che arrossisce è un riferimento piuttosto blando a tutte le fic Thadastian che sto leggendo ultimamente – colpa della Alch! E ovviamente le mie continue battutine sul Wevid non possono mancare! =)

 

Per il resto… OGGI RITORNA GLEE! *___* Non vedo l’ora di vedere Cooper, anche se un po’ mi preoccupa… Ho il timore che no sopravvivrò alla puntata! Perciò… buon Glee e buona morte per chi, come me, non resisterà!

 

Un bacio,

bel.

 

   
 
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