“Anassagora… non andartene” lo pregò il più piccolo, coprendosi a malapena col chitone per potersi alzare decorosamente.
“Pericle, non insistere. Questo è sbagliato: siamo adulti, non possiamo più. Prima è stato solo un errore, uno sbaglio…” gli rispose voltandosi, con gli occhi velati di una patina lucida: era difficile dire addio a lui ma non potevano continuare a essere amanti, la società non lo permetteva.
“Non definirlo uno sbaglio! Non definirci uno sbaglio. Siamo così e ci amiamo, perché non puoi accettarlo?” domandò il giovane, impotente e arrabbiato.
“Non si riesce a giudicare il vero, a causa dei sentimenti: non possiamo permetterci questa distrazione. Diventerai un grande politico e amministrerai bene la nostra città, ma noi ci vedremo solo ai banchetti e nelle occasioni ufficiali. È meglio finire così questa… cosa” rispose il filosofo, riponendo nella ragione ogni speranza di salvezza da quella discussione a cui si contrapponeva solo per principio. In realtà avrebbe solo voluto avvicinarsi, strappargli il chitone e estenuarlo di baci ma non poteva: la vita politica dell’amato era più importante e, semplicemente, non era ammesso che stesse con un uomo e basta. Perché non lo capiva?
Mentre era perso nelle se elucubrazioni Pericle, silenzioso come un gatto, gli si avvicinò e lo baciò intensamente sulla bocca: Anassagora si perse in quelle labbra salate e nella lingua decisa, mentre le mani grandi e curate vagavano sulla sua schiena. Minuti, ore, anni, secoli dopo le bocche si separarono ma rimasero vincine, a un soffio di distanza.
“Questo è giusto. Non dubitarne più” gli mormorò Pericle sulle labbra e Anassagora non poté che credergli.
“Pericle, non insistere. Questo è sbagliato: siamo adulti, non possiamo più. Prima è stato solo un errore, uno sbaglio…” gli rispose voltandosi, con gli occhi velati di una patina lucida: era difficile dire addio a lui ma non potevano continuare a essere amanti, la società non lo permetteva.
“Non definirlo uno sbaglio! Non definirci uno sbaglio. Siamo così e ci amiamo, perché non puoi accettarlo?” domandò il giovane, impotente e arrabbiato.
“Non si riesce a giudicare il vero, a causa dei sentimenti: non possiamo permetterci questa distrazione. Diventerai un grande politico e amministrerai bene la nostra città, ma noi ci vedremo solo ai banchetti e nelle occasioni ufficiali. È meglio finire così questa… cosa” rispose il filosofo, riponendo nella ragione ogni speranza di salvezza da quella discussione a cui si contrapponeva solo per principio. In realtà avrebbe solo voluto avvicinarsi, strappargli il chitone e estenuarlo di baci ma non poteva: la vita politica dell’amato era più importante e, semplicemente, non era ammesso che stesse con un uomo e basta. Perché non lo capiva?
Mentre era perso nelle se elucubrazioni Pericle, silenzioso come un gatto, gli si avvicinò e lo baciò intensamente sulla bocca: Anassagora si perse in quelle labbra salate e nella lingua decisa, mentre le mani grandi e curate vagavano sulla sua schiena. Minuti, ore, anni, secoli dopo le bocche si separarono ma rimasero vincine, a un soffio di distanza.
“Questo è giusto. Non dubitarne più” gli mormorò Pericle sulle labbra e Anassagora non poté che credergli.