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Autore: xharrysdimples    10/04/2012    3 recensioni
Lui non lo sapeva ma, sin dal primo giorno, io l’avevo scelto; lui non lo sapeva, ma mi avrebbe salvata; lui non lo sapeva, ma lo stava già facendo, in ogni secondo che passavamo insieme, stava salvando una parte di me.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le pareti grigie e cupe emanavano ondate di freddo, un freddo che ti entrava dentro e ti ghiacciava l’anima. Mia madre mi tirava per il braccio mentre camminavamo per quel lunghissimo corridoio, una volta arrivati davanti ad un enorme porta di ferro si fermò, e mi guardò dritta in faccia, dritta negli occhi. Non sapeva che dirmi, vedevo il ghiaccio nei suoi occhi neri.
- “Non so più che fare con te, lo capisci? Non mi hai lasciato scelta. Amy, mi capisci? Non potevo fare nient’altro. Questo è l’unico mezzo che avevo per farti stare bene.”
Mi baciò la fronte, aprì la porta e mi fece entrare; poi, rimanendo sul ciglio, mi fissò senza dire niente. Mi regalò uno dei suoi falsi sorrisi prima di chiudere la porta, senza rassicurarmi, senza dirmi che sarebbe venuta a trovarmi presto, senza dirmi niente. Mi guardai intorno: c’era un vecchio e cigolante letto, un minuscolo bagno senza finestra e un tavolo con una sedia. Aprii in fretta il borsone nero come se volessi fermare al più presto le lacrime che scorrevano sul mio viso, come se quello fosse l’unico modo per riuscirci: attaccai lo stereo alla spiana e lo accesi, posai la macchina da scrivere sulla scrivania e mi misi seduta. 
Le mie dita cominciarono a battere su quei vecchi tasti arrugginiti e ormai consumati.
“La sua voce copre ogni pensiero cattivo e ogni idea sbagliata con un leggero lenzuolo fatto di note. Lui è la mia via di fuga, ciò che mi allontana dalla persona che sono, che mi salva da me stessa. Immagino i suoi occhi. Che cosa penserebbe vedendomi? Probabilmente rimarrebbe disgustato, mi odierebbe e odierebbe quello che sono. Come tutti gli altri.
Ma se fosse diverso? Se fosse puro e speciale come la sua musica? Se guardandomi decidesse di salvarmi? Perché lui non lo sa, ma io l’ho scelto per salvarmi.”
Aprirono di scatto la porta, facendomi saltare dalla sedia. Entrò una donna alta e magra, con i capelli biondi e cotonati. Il suo sguardo era quasi rassicurante.
- “Amy, questo è il programma di riabilitazione:
La mattina, ogni giorno, ti incontrerai con la dottoressa McFly.”
La interruppi immediatamente - “è una psicologa, non è vero?”
La donna annuì e continuò a parlare “poi tornerai in camera e ti preparerai per il pranzo, dopo di che scenderai alla mensa. Il pomeriggio è libero per chi non ha cure da eseguire, perciò domani vedremo il da farsi. Ah, quasi dimenticavo..questa è la piantina del centro.” mi sorrise, uscendo dalla stanza.
Sentivo le lacrime rigarmi le guancie, dentro la testa sentivo le mie stesse grida sovrastare il silenzio. Le mie mani tremanti afferrarono le sigarette e ne accesero una. Le maniche della felpa erano sporche di trucco, così come i miei zigomi. 
Andai in bagno e tappai il lavandino, mentre si riempiva d’acqua guardavo la mia immagine riflessa nello specchio: vedevo una persona cattiva. Aveva il viso rosso e piangeva. Lei aveva sempre fatto soffrire tutti quelli che le erano stati vicini. Lei aveva fatto soffrire se stessa perché credeva che era giusto: si, lo era.
Doveva pagare per tutto quello che aveva fatto agli altri, perché era una pessima persona. Il mondo sarebbe stato migliore senza di lei, qualsiasi cosa sarebbe stata migliore. Il sole, il sole avrebbe emanato più luce; e la luna, la luna avrebbe guidato, aiutata dalle stelle, tutto il mondo all’interno d’un sogno.
Vidi la ragazza nello specchio rompere il bicchiere dove c’erano degli spazzolini. La vidi prendere un pezzo di quel vetro e la sentii piangere più forte. Le sue mani tremavano come delle foglie, ma non si fermavano: premevano contro la pelle tracciando una linea rossa, uno squarcio sul polso. Vidi il suo braccio pieno di sangue e l’acqua del lavandino diventare dello stesso colore di una fragola grossa e matura.
Guardai il mio braccio e lo vidi pieno di sangue, così urlai. Era stata lei, era stata la ragazza nello specchio a farmi male, era una persona cattiva.
 
Passarono dei giorni e la ragazza nello specchio continuava a farmi del male. Le sedute con la psicologa andavano avanti e lei diceva che l’immagine riflessa nello specchio era tanto sola e fragile. Lei non mi voleva davvero fare male. Diceva che dovevo mettermi davanti allo specchio e cercare qualcosa di bello nella persona che vedevo.
“Guarda il suo sorriso, gli occhi o le labbra. Io penso sia bellissima. Guardala bene e dimmi, cosa ti piace di lei?”
Ed io mi ci misi davanti allo specchio. Guardavo i suoi occhi, ma erano vuoti.
Non c’era nessun sorriso sul suo volto. E le sue labbra erano rosse e tremavano. Il suo viso era bianco ed era rigato da pesanti lacrime. Gli occhi erano verdi. Mi piacevano i suoi occhi. 
- “Se non piangesse tanto, avrebbe degli occhi stupendi.”
- “Diglielo, digli di non piangere.”
“Per favore, non piangere..voglio solo vedere i tuoi occhi.” ma le lacrime continuavano a scendere, pesanti e rumorose. Scorrevano sulle sue guancie e morivano sulla sua bocca tremante.
- “Non funziona, non smette di piangere.”
- “Abbiamo finito il tempo, ma tu riprovaci. Prova a ridirglielo.”
Uscii dallo studio, era ora di pranzo ma non avevo fame, così uscii fuori in cortile e accesi una sigaretta. Quel cortile di cemento era vuoto esattamente come me, esattamente come la ragazza dello specchio. Io ero quel cortile.
Di colpo un ragazzo biondo varcò la soglia ed entrò nel cortile, entrò in me, nella mia vita. Lo vidi avvicinarsi.
- “Mi potresti dare una sigaretta?” la sua voce era calda e rassicurante. Non gli risposi e gliene porsi una. Guardavo davanti a me, ma con la coda dell’occhio vedevo la sua sagoma poggiata al muro, affianco a me: infilò una mano nella tasca prendendo un accendino e, con fare furtivo, la accese guardandosi continuamente intorno, poi rimise l’accendino in tasca. “cazzo.” mi voltai insieme a lui e vidi attraverso i vetri un’enorme uomo di colore che stava per uscire nel cortile. “vieni con me.” mi prese la mano e cominciò a correre. Svoltammo a destra, e ci ritrovammo in un vicolo ceco.
Vidi il ragazzo prendere delle chiavi dalla tasca e aprire la catena della porta di ferro che si trovava davanti a lui: era un ascensore. Un ascensore con un solo pulsante, la terrazza. Lo spinse più volte, come se in questo modo l’ascensore potesse andare più veloce. Poi si fermò e le porte si aprirono. Mettendo piede fuori di lì sentii il sole illuminarmi e il caldo avvolgermi. C’erano dei fiori e del prato verde, era come un giardino segreto. Mentre mi guardavo intorno lui si mise seduto sul bordo del palazzo, con i piedi che pendevano nel vuoto. Esitai per qualche istante, poi lo raggiunsi. Lui parlò continuando a fissare il vuoto, senza guardarmi.
- “Come ti chiami?”
- “Amy. Tu?”
- “Daniel.” il silenzio ci avvolse per qualche minuto, poi si girò verso di me: aveva gli occhi azzurri, quasi grigi. “perché sei finita qui dentro?” lo chiese così, con sfacciataggine, come se tutte le cose orribili che portavano le persone lì dentro erano normali per lui, come se mi avesse chiesto ‘quanti anni hai?’ o ‘da dove vieni?’
- “A quanto pare, la dottoressa McFly dice che soffro di depressione.”
- “Io vedo cose che in realtà non esistono. Mi credi pazzo vero?”
- “No.” mi guardò intensamente negli occhi, il suo sguardo era sorpreso dalla mia risposta.
- “Sei la prima persona che lo pensa.” rimase in silenzio, fissando il vuoto, poi mi guardò “tu cosa vedi qui sotto?” buttai uno sguardo sotto ai nostri piedi, sotto il palazzo e vidi un campo, probabilmente di grano.
- “Tu cosa vedi?”
- “L’ho chiesto prima io.”
- “C’è un campo. Penso sia grano.”
- “Io vedo il mare. L’acqua è pulitissima.”
- “Vorrei vederlo anch’io.”
- “Immaginatelo. E poi rimani ferma nella tua immaginazione.”
Il blu. Le onde. L’odore della salsedine. Lo scintillio dell’acqua. Una barca che naviga verso l’orizzonte.
- “Lo vedo.”
 
Ogni giorno, ogni pomeriggio tornavamo su quella terrazza. Era il nostro mondo, l’unico posto in cui ci sembrava consentito ridere. Daniel aveva smesso di vedere cose assurde da due settimane ormai. Io vidi la ragazza nello specchio sorridere. Alcune volte, riuscii perfino a vedere il suo viso pulito, senza lacrime; riuscii a vedere i suoi occhi verdi, mi sembrarono brillare. 
Avevo ripreso a scrivere dopo un blocco di quasi un mese. Scrivevo per lui, scrivevo su di lui. Pagine intere parlavano dei suoi occhi grigi che giorno dopo giorno riprendevano luce. Pagine intere sul suo sorriso, sul suono della sua risata, sulle sue mani quando avevano provato a stringere le mie. Lui non lo sapeva ma, sin dal primo giorno, io l’avevo scelto; lui non lo sapeva, ma mi avrebbe salvata; lui non lo sapeva, ma lo stava già facendo, in ogni secondo che passavamo insieme, stava salvando una parte di me.
 
Eravamo sdraiati sul piccolo pezzo di prato verde della terrazza, guardavamo le nuvole grigie muoversi con una velocità impressionante. Mi voltai verso di lui e vidi che mi stava guardando. Continuava a fissarmi, ad avvicinare il suo viso al mio. Mi ero sempre chiesta cosa si provava a baciare una persona, come ci si sentiva e come si faceva. Ma nell’attimo in cui poggiò le sue labbra sulle mie, la mia mente si svuotò. Seguivo ogni movimento della sua bocca, sentivo il suo cuore battere in fretta, quasi quanto il mio, e le sue braccia stringermi.
- “Grazie.” mi disse questo.
- “Ti amo.”
- “Amy, tu mi hai salvato. Ogni volta che ti guardo, mi sento..bene. Mi sento a casa. Sei la persona più bella che abbia mai conosciuto, sei l’unica persona che mi abbia mai amato e l’unica che io abbia mai amato.” mi baciò di nuovo.
D’improvviso sentimmo la pioggia infrangersi contro i nostri corpi, così corremmo via, corremmo dentro, nella mia camera. Si mise a rovistare tra le mie storie, prese alcuni fogli e si mise seduto sul mio letto. Lo raggiunsi. 
Poggiai la testa alla sua spalla mentre lui leggeva ad alta voce ciò che avevo scritto, cominciando a capire che era lui il protagonista di ogni racconto.
Mentre lui mise un braccio intorno alle mie spalle, stringendomi a se, guardai lo specchio. 
 
La ragazza dello specchio piangeva. Ma erano lacrime diverse, era felice. Per la prima volta, i suoi occhi brillavano anche se sommersi dalle lacrime. 
La vidi sorridere e, per la prima volta, mi riconobbi in lei.
Ero io.





                                                                     

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è una storia abbastanza strana (?) 
cioè, parla di due ragazzi molto problematici che però riescono ad aiutarsi a vicenda (perchè diavolo ve lo sto dicendo se avete già letto tutto? ahah)
comunque, per Amy mi sono ispirata ad un film dove, appunto, c'era questa ragazza che soffriva di depressione.

spero che vi sia piaciuto..


 
  
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