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Autore: Hakka    06/11/2006    3 recensioni
Un pomeriggio banale, un libro in grembo e il proprio cane.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci qui, potrei dire che, assieme a "28 giugno 2001", va a formare la serie delle fic "giorno", ispirate da una situazione, da qualcosa che io ho vissuto davvero e che ho descritto il giorno stesso, mentre accadevano.

È semibiografica, di colpo ho avuto l'urgenza di mettere su carta -beh, virtuale e non- questo pomeriggio "banale" trasformandolo in una piccola ode al mio cane, che mi è stato vicino in una delle sere più brutte della mia vita. Nel mio caso specifico si trattava della morte di mio nonno materno, ma per esigenze di copione ho dovuto cambiare.
Ovviamente ci sono delle cose inventate, cose vere ma modificate, e anche cose reali. Spero che questo miscuglio eterogeneo non risulti troppo assurdo. :P

Piccola noticina: come già per "28 giugno 2001", per fare combaciare l'età, ho dovuto ambientare la fic con anni di anticipo.

Questa shottina la dedico interamente al mio bellissimo Dux, non me ne vogliano la beta Madda, la sis Clo, la mammina Samantha e Vera (tanto vi ho nominato comunque… -.-)
Un ringraziamento a Stateira, che con la sua "Nottetempo" mi ha fatto molto riflettere.

Ah già, la sis Madda mi ha fatto notare una cosa importante da segnalare : Dux è un Kurzhaar ormai vecchietto -siamo sugli undici anni- e dall'inequivocabile sesso femminile. Lasciate perdere il fatto che io mi riferisca a lei con il maschile… :P

P.S: Oh my… ho notato solo ora la corrispondenza del "28 giugno" e "28 ottobre"… manco farlo apposta… XD Allora al 28 di ogni mese dovrò stare attenta, sia mai che la Musa si svegli! ^^

Diclaimers: I personaggi appartengono alla loro genitrice, Mrs Rowling.



28 ottobre 2001



È autunno, ma sembra di essere ancora in estate, il sole caldo ha rialzato le temperature, e si sta meglio fuori che in casa.
Ora il cielo è però coperto da nuvole, ma il piacevole tepore continua ad irradiarsi, rilasciato dalla terra e dalla pietra.
Uno stormo di piccoli uccellini, forse passeri, continua a passare e ripassare, mentre il canto di decine di altri volatili allieta l'aria.
Non ho mai apprezzato pomeriggi come questo, passare ore in giardino, immerso nella quiete della natura, in compagnia di un libro poggiato in grembo o di un quaderno sulle gambe.

Piccoli rumori di zampe sul selciato, passano oltre, proseguendo verso il cancello.

Chiudo gli occhi, respirando i mille profumi di fine ottobre.

Un motore, cingoli che avanzano, stridendo.

Ecco, ci mancavano loro. Ma io dico, è sabato! Statevene a casa!
Mi volto, sistemandomi meglio sulla poltroncina di granito, e cerco con lo sguardo i disturbatori.
Un piccolo camioncino blu, di quelli da muratore* e una ruspetta gialla.
Sotto casa c'è un cantiere, in poco più di duemila metri quadri vogliono costruire quattro case Avrei voluto ritirare il pezzo di terreno immediatamente sotto il mio, così da essere tranquillo, senza nuovi vicini -che poi, in realtà, così vicini non sono- chiassosi… ma quello stronzo del proprietario ha sparato una cifra assurda, e la cubatura se la voleva tenere lui.
Inutile dire che l'ho gentilmente mandato a quel paese.

Foglie secche che, calpestate, scricchiolano e si spezzano.

A volte mi chiedo perché ho scelto di trasferirmi qui, in questa villa* di tre piani, quando potevo restarmene al Manor, con elfi domestici e comodità a profusione.
Il Manor è sempre in mezzo alla campagna dello Wiltshire, invisibile ad occhi indiscreti, finestre chiuse e mobili ricoperti da lenzuola bianche, ormai ingiallite.
Da quando se ne sono andati, non è più abitato.

Un muso cerca di infilarsi sotto il mio braccio destro, e termino di scrivere la parola con un ricciolo non previsto.
Cerca la mia attenzione, e due coccole, il naso umido punta allo scollo del pigiama, ma riesco a farlo desistere dal proposito di leccarmi il collo.

Era una domenica sera quando è successo. Mio padre era debilitato da tempo, lo sapevo. Da quando era morta mia madre, precisamente.
Ma da qualche giorno era ammalato, aveva una forte infezione, di lui si occupava la ragazza "dei week-end", che teneva i contatti col mio padrino, Severus.
Io non lo sapevo, lo pensavo sano, e continuavo la mia vita serenamente, pensando solo ai compiti e ad infastidire i Grifondoro.
Ad un certo punto, tra le fiamme del camino del mio Capocasa, spuntò il volto di una donna. La riconobbi subito, era Elizabeth, la ragazza che viveva al Manor dalla morte di mia madre. Pensava alla casa e badava a tutto, praticamente una governante.
Diceva che mio padre aveva la febbre alta da qualche ora, e non accennava a diminuire. La sua sostituta se ne era andata, come ogni domenica, senza avvertire lo zio, o me, delle condizioni di mio padre.
Severus si è preparato per raggiungerla velocemente, e non ha voluto portarmi con sé. Ho insistito, pregato, perché c'era qualcosa che non andava, avevo un brutto presentimento.
Ci ha messo un po', dopo mezzora, tra la brace del camino, comparve il suo viso.
Mi diede la notizia con voce spezzata, sembrava incredulo, come se non avesse realizzato appieno quello che era successo.
Ricordo solo che sono corso fino in giardino, incurante di Gazza che mi urlava dietro e delle voci degli studenti che si apprestavano ad andare a cena.
Al limitare della Foresta, vicino alla capanna del mezzogigante, c'era un recinto. Mio padre, insistendo, facendo valere il suo potere di membro del consiglio, aveva ottenuto il permesso di lasciarmi portare a scuola il mio cane, a cui sono affezionatissimo da quando papà lo portò a casa, una piccola palla di pelo incontinente che aveva non più di quaranta giorni.

Poso la penna con la quale sto scrivendo distrattamente e meccanicamente, e mi volto, per accarezzare il mio cucciolotto che, in ferma, fissa il "dominio" davanti a sé.

Sono entrato e mi sono inginocchiato, incurante della terra che sporcava i miei pantaloni impeccabili, e le ho buttato le braccia al collo, piangendo, continuando a ripetere che non era possibile.
E lei, che normalmente scappava fuori appena aperto il cancello, rimase lì, ferma, come -e io penso sia stato così- se avesse capito e volesse offrirmi il suo silenzioso supporto.
Avevo sedici anni.

Il camioncino torna, motore rumoroso, ruote che perdono aderenza sulla terra, e voci di muratori. Qualche istante e fa manovra, sparendo oltre la casa in costruzione.

Ora di anni ne ho ventidue [io ne avrei ancora 21, essendo di novembre. :P NdH]
Non ho mai finito la scuola, ho lasciato a febbraio dell'ultimo anno, non ce l'ho più fatta, l'emicrania non mi dava tregua, ed erano più i giorni che rimanevo a letto che quelli in cui andavo a lezione. Non riuscivo a stare dietro al programma, e ho litigato con la professoressa di Difesa contro le Arti Oscure [alias la stronzissima prof di italiano. ^^], con cui non avevo mai avuto ottimi rapporti.

Foglie che scricchiolano, e il cane è nell'orto, a fissare il movimento al di sotto della recinzione. Fa strani versi, una sorta di piagnucolio, e si appoggia al corrimano con le zampe anteriori, le orecchie sull'attenti.

Negli ultimi tempi mi ero isolato da tutti, solo Blaise e Pansy mi sono stati vicino, nonostante i miei repentini cambi di umore.
E poi è arrivato lui…

Mi allungo per cercare il cane, è ancora nell'orto, e continua a fare avanti e indietro senza sosta
Si volta e mi fissa per un istante, attraverso lo spazio fra i due tronchi del frassino.
Forse cerca di dirmi qualcosa. Non so cosa, so solo che il cantiere lì sotto l'ha sempre infastidita.
"Ehi!" esclamo, salutandola.

È stato lui a convincermi a ritirarmi, consigliandomi di prendere una pausa, io non riuscivo proprio a decidermi.
Insistette poi per farmi rincominciare l'anno dopo, ma resistetti solo un quadrimestre. Faticavo a reinserirmi nella classe, nonostante fossero tutti Serpeverde di un anno più giovani di me era come se fossero degli sconosciuti. E io non ero più il vecchio Principe delle Serpi che non si doveva nemmeno sprecare a cercare amici. Non erano più gli altri a cercare di entrare nelle mie grazie.

Mi passa davanti a passo svelto, infilandosi sotto la siepe che corre lungo la recinzione, poi torna indietro e prosegue sulla stradina, sparendo oltre la curva, diretta al grande cancello d'entrata.
Una macchina passa nella strada sopra casa.
Torna qui, al mio fianco, e abbaia una volta, corrucciata. Il mio vecchio Dux zitellaccia…

Avevo perso la voglia di prendere i M.A.G.O, non avevo più fiducia nella magia: a cosa serviva studiare, imparare inutili incantesimi, quando non era riuscita a salvare mio padre da una stupida infezione del cazzo?
Ed eccomi qui. Io, Draco Lucius Malfoy, convinto sostenitore della superiorità purosangue e anti-babbanofilo, ora vivo in Italia, in una villa modesta -per le mie capacità economiche- che mi ha colpito appena l'ho vista, durante il mio viaggio alla scoperta della zona dei laghi, molto amata da mia madre.

Cacofonia di voci dalle case qua sotto. Gente che taglia l'erba, lontano, il rumore portato dall'aria.

Inizia a fare freschino, e mi arrocco un po' contro le gambe.

Il Dux mi raggiunge, e io lo saluto, approfittandone per stiracchiarmi.
La osservo mentre si allontana e poi torna da me, scende le collinette con la grazia di un leopardo, cammina leggermente storto, come un bulldog, a volte si imbizzarrisce come uno stallone, e quando è in ferma sembra il Mufasa del Re Leone.
Però è stupenda. È elegante ed altera, sembra un Cesare dell'antica Roma, fiera e superba. E quell'espressione accigliata, le orecchie sull'attenti e il corpo immobile -come se fosse una magnifica statua- ricorda molto il portamento di mio padre, quando squadrava le persone a lui inferiori.

Ho rinunciato spontaneamente, con naturalezza, potrei dire, alla magia. La bacchetta è nel caveaux assieme ad alcuni gioielli di mia madre e al bastone di mio padre, mentre il grosso del mio patrimonio è ancora alla Gringott, dove è al sicuro.
Harry invece la usa ancora, lavora al Ministero, ha preso il posto di Arthur Weasley, che è stato promosso dopo la vittoria dell'Ordine della Fenice sui Mangiamorte.
Fa ogni giorno avanti ed indietro da Londra, immagino sia stancante, però ormai anche lui sta bene qui, e non tornerebbe mai a vivere in Inghilterra.
Qui nessuno ci conosce, siamo semplicemente Harry e Draco, i fidanzatini Malfoy-Potter, gli inglesi che hanno ristrutturato la Villa Ex Magni "Rizzoli".
Siamo stati accettati senza pregiudizi, mai una battuta sulla nostra sessualità, e tutti si sono dispiaciuti quando siamo tornati -freschi freschi di matrimonio- dall'Inghilterra: in Italia non è riconosciuto il matrimonio fra membri dello stesso sesso.
E abbiamo ricevuto un sacco di piccoli regali, magari inutili, da tante famiglie del paese, e sono stati molto più sentiti dello sterile vassoio di Tiffany che ci ha fatto recapitare il Ministro della Magia.
In Inghilterra Harry è sempre l'eroe che ha sconfitto Voi-sapete-chi, una celebrità che non è stata allontanata dalla società magica solo perché tutti gli dovevano troppo per poter fare i bigotti.
Eppure me le ricordo le voci che circolavano alle spalle del Bambino-che-è-sopravvissuto, mai in presenza sua perché non era buono denigrare od offendere colui che aveva salvato la comunità dal Signore Oscuro.
Non ripeterò quello che dicevano, ma criticavano le sue scelte sessuali, la sua scelta di stare con me, e persino la scelta di lavorare all'Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti dei babbani, quando poteva avere cariche importanti come Auror o come politico.
Io invece sono ancora il figlio di Mangiamorte che vive di rendita, colui che ha traviato il loro Eroe, colui che l'ha assoggettato con qualche oscuro incantesimo o qualche pozione proibita.
A chi importa se ho dovuto uccidere tanti ex-compagni di scuola, sul campo di battaglia.
A chi importa se, alla fine dello scontro di Harry con Voldemort, io ero in ginocchio, le mani lorde di sangue e il corpo senza vita dell'unica famiglia che mi era rimasta fra le braccia.
La maggior parte di quelli che parlano non hanno fatto nulla di concreto durante la guerra. Hanno continuato la loro vita, magari cercando di uscire poco di casa, e hanno lasciato il lavoro sporco all'Ordine, tutte le responsabilità a Harry e i meriti se li sono presi loro.

Un merlo si posa sull'albero sopra la mia testa, e fa cadere qualche foglia secca, che scende leggiadra fino a terra.

Ci ho messo un po' a superare il trauma della morte di Severus, ed è stato a causa sua se ho riposto la bacchetta nella sua scatola.
La magia non aveva salvato mio padre e mi aveva tolto il padrino.
La magia aveva ucciso tante persone, uomini e donne, vecchi e bambini, purosangue e babbani, e tutto per le manie di un folle essere che giocava a fare il dio.
Che giustizia c'era in quello?

Le campane del paese suonano. L'orologio del campanile segna le diciotto meno dieci.

Ora occupo la mia giornata curando le rose -che piacevano tanto a mia madre-, a scrivere brevi saggi d'arte e gioielleria, e a leggere. E poi, ogni tanto, prendo la tela, colori e pennello, e dipingo.
Sono diventato un bohemiene, mi dice Harry.
Mah… può essere… certo non mi sarebbe spiaciuto vivere nella Parigi della Belle epoque, all'epoca d'oro del Moulin Rouge, e lasciarmi trasportare dalla corrente del Post-Impressionismo, magari davanti ad un bicchiere d'assenzio assieme a Toulouse-Lautrec.

Il muso si fa strada sotto il mio braccio, e a nulla valgono i miei tentativi. Provo ad accarezzarle l'orecchio con la sinistra, per poter continuare a scrivere.
Ci guadagno il suo naso sulla pagina.
Provo a cambiare posizione, ma non si fa fregare, e mi sposta persino la gamba accavallata.
Alzo un attimo la penna, mentre penso a come proseguire la frase, e tenta di annusare la punta.
"Ho capito, non vuoi lasciami scrivere!"
Chiudo il diario lentamente e vi poggio sopra la preziosa stilografica.
Lo lascio sulla poltrona, mentre inseguo il Dux, due bambinoni che giocano a rincorrersi.

Sto studiando per poter diventare un esperto di antiquariato e il mio sogno sarebbe lavorare per case d'aste come Sotheby's, o curare mostre.
Chissà…
Probabilmente in un'altra vita avrei scelto la carriera di pilota sportivo, adoro le macchine e seguo la Formula Uno. Ma amo anche gli aerei militari, e pilotare caccia per lavoro sarebbe la cosa più vicina al cavalcare la mia vecchia Nimbus.

Il sole è sparito dietro la montagna, portandosi via il tepore piacevole del pomeriggio.

Le sei. Harry stacca ora dal lavoro.
Fra poco vedrò la sua -mia, per la verità- Mercedes SL passare sulla provinciale che posso osservare da qui.
Tutte le mattine lui prende la macchina e raggiunge l'Excalibur, un pub a dieci chilometri da qui, gestito da una simpatica famiglia di Magonò. In casa non abbiamo mai effettuato il collegamento dei camini alla rete della metropolvere. Per nostra precisa scelta. Abbiamo deciso, di comune accordo, di lasciare la magia fuori casa.
Sarà meglio che entri, prima che mi prenda il raffreddore. Già continuo a soffiarmi il naso, ci manca anche il mal di gola, così Harry mi sigilla in casa.
È diventato iperprotettivo, da quando ho avuto un crollo nervoso poco prima di sposarci. I miei nervi hanno dato forfait, messi sotto pressione da voci maligne e traumi non superati, e il corpo ha reagito azzerando l'efficacia del mio sistema immunitario.
Ora sto bene, sono sano e non rischio di morire per una banale influenza. Ma da allora lui si preoccupa per la mia salute, sia fisica che mentale.

"Forza, andiamo…" mormoro, più a me che al Dux.
Mi avvio lentamente verso la villa, il cane che mi trotterella al fianco.
Sono ormai giunto alla porta quando sento il rumore inconfondibile del V12 della SL. Dux si mette sull'attenti, rivolto al cancello -che da questo punto non si vede-, e sul viso mi spunta un sorriso, in automatico.
Il Dux si volta per un istante, per guardarmi.
"Sì, è il tuo papà." Confermo. Gli si è affezionato, un po' perché, si sa, i cani hanno sempre amore da dare, e lo donano senza remore, e un po' perché è Harry che gli riempie la ciotola alla mattina, prima di andare al lavoro.
E per entrare nelle grazie di un cane non c'è niente di meglio che servirgli la pappa!
La ghiaia scricchiola sotto i pneumatici, e la Mercedes in poco tempo è qui, davanti a me, il lungo muso dalla carrozzeria scintillante e le luci allo xeno bianche come un Patronus.
Il motore viene spento e dalla portiera esce finalmente Harry, visibilmente stanco, ma appena posa i suoi occhi su di me, sembra che tutta la stanchezza gli scivoli di dosso, come per magia.
Sorride e mi viene incontro, le braccia allargate, pronte ad accogliermi.
Mi stringe a sé, come se fossimo stati lontani mesi -e non ore-, e io mi lascio andare contro il suo petto accogliente, mentre la lana del cappotto mi pungola la guancia.
"Uhm… mi sei mancato…"

Dolce routine.
Tutte le sere mi abbraccia come se ci fossimo ritrovati dopo anni, respira il profumo dei mie capelli -parole sue- e poi mi dice che gli sono mancato.
Immancabilmente il vecchio Draco che c'è in me riaffiora e risponde un "a me no", ma è un tono finto a cui nessuno crederebbe.
Dopodiché mi cinge la vita, oppure mi prende per mano, e insieme entriamo in casa.

Mi stacco un attimo, e mi volto, il Dux è davanti alla porta, e mi fissa attento.
"Ciao piccola…" mi abbasso e le lascio un bacio sulla testolina.
Harry mi sorride intenerito.
Chiudo la porta dietro di me, e un rumore mi avverte che il cane si è accucciato sullo zerbino.

Lo fa sempre, che sia estate o inverno.
Forse si sente in obbligo di vegliare sull'entrata di casa, dopo una certa ora.
Forse ritiene di dovere attendere i padroni dove loro sono spariti.
Forse si sente meno sola lì, che non nella sua cuccia.

Il braccio di Harry, ora sulle spalle, mi tira a sé, e le sue labbra si posano leggere su una tempia, per lasciarmi un bacio.

Ho rinnegato tante cose, la magia, la superiorità purosangue, e ho rinunciato a tante altre, una vita in Inghilterra, un lavoro al Ministero, come mio padre, un ottimo matrimonio con una ragazza di buona famiglia… eppure va bene così.
È proprio vero che non serve altro, quando hai l'amore vero. Il faticare per badare alla casa o il dover fare lavori manuali al posto di un semplice gesto del polso, vale davvero la pena, se puoi avere Harry, e un matrimonio del genere.

Attendo che Harry si lavi le mani nel locale caldaia, sempre caldo senza bisogno di incantesimi riscaldanti.
Basta quel marchingegno chiamato bruciatore, che funziona a gasolio e scalda acqua.

Ho scoperto tante cose sui babbani in questi due anni, cose che probabilmente mio padre ignorava, altrimenti avrebbe certamente cambiato idea su di loro, così come ho fatto io. Era un uomo intelligente, anche se legato alle sue tradizioni "puriste".
Non hanno la magia, ma si ingegnano per avere tutte le comodità e per superare gli ostacoli che la vita pone loro davanti.
Dove noi necessitiamo di un incantesimo, loro hanno mezzi e strumenti.
Loro si fermerebbero senza energia, le attività si bloccherebbero, con un black out totale, è vero.
Ma i maghi? I maghi senza bacchetta non saprebbero nemmeno cuocere un uovo.
E poi sono più aperti degli abitanti del mondo magico.
In alcuni paesi due persone dello stesso sesso possono anche sposarsi. Non come fra i maghi, dove l'omosessualità è ancora uno scandalo.

Noi stessi, che siamo stati sbeffeggiati e attaccati fra i nostri simili, in questo paesino di provincia abbiamo trovato accettazione.
E pensare che in Italia è ancora forte il sentimento cattolico e i gay non possono ambire a matrimoni normali od unioni riconosciute legalmente.

Il suo braccio trova il suo posto naturale attorno alla mia vita.

"Sei pensieroso oggi, amore."
Mi perdo negli occhi smeraldo di Harry e sorrido, mentre annego in due pozzi infiniti di verde acceso, colmi di amore.

Non cambierei la mia vita.
Se potessi salverei mia madre, mio padre e Severus, è vero, ma non cambierei mai spontaneamente qualcos'altro della mia vita.
Perché è stato grazie a quello che ho passato, se ora posso vivere felice assieme a mio marito.
E chi se ne frega se legalmente in Italia non lo è, o se nell'Inghilterra magica siamo una coppia scandalosa e peccatrice.
È vero, a volte l'amore vince su tutto.


*Tralasciamo il fatto che mio padre, che ha fatto il muratore per quasi quarant'anni, non l'ha mai avuto. XD
*Teoricamente all'inizio stavo parlando di casa mia, la mia "vera" residenza. Poi però mi sono detta: "perché cavolo Draco dovrebbe innamorarsi di una villetta "normale" come la mia? E allora la Villa ex Magni "Rizzoli" è stata una scelta quasi obbligata. ^^ Eccola qui! Non so dirvi quanto l'adori! Tutte le volte che vado a Canzo, sto lì in contemplazione per minuti interi… Inutile dire che, se mai mi sposerò, quei quattro gatti degli invitati pranzeranno qui! XD

  
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