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Autore: Emily Kingston    11/04/2012    10 recensioni
E se Ron si ritrovasse al cospetto dello Specchio delle Brame dopo tanti anni? Cosa succederebbe se scoprisse che lo Specchio può fare qualcosa di più che mostrare riflessi?
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Con un sorriso amaro allungò una mano, accarezzando con la punta delle dita il riflesso della ragazza, immaginando come sarebbe stato sentire i suoi capelli incastrarsi intorno alle proprie dita e la sua bocca sfiorare la propria, esattamente come stava accadendo nello specchio. Quando le sue dita sfiorarono il vetro, però, esso iniziò a tremare e senza che potesse fare nulla per evitarlo, Ron si ritrovò risucchiato al suo interno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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A L., che spero ci sarà almeno nel mio
mondo oltre lo specchio. 



Il mondo oltre lo specchio

 
 
Ron si richiuse la pesante porta di legno alle spalle, rimanendo con le mani appoggiate sulla superficie legnosa per qualche secondo.
Scappare da Lavanda era ormai diventata la sua attività principale nelle ore libere; da quando aveva avuto la sventurata idea di intraprendere una sottospecie di relazione con la ragazza le cose erano andate di male in peggio. Se all’inizio era quasi piacevole passare ore ed ore a sbaciucchiarsi, sperimentando varie tecniche ed esplorando zone del corpo femminile alle quali aveva avuto accesso solo nei suoi sogni, alla lunga era diventato noioso, per non dire rivoltante.
Lavanda era sempre stata una bella ragazza, con i lunghi capelli castani, gli occhioni azzurri e le gote rosee, ma ogni tanto, quando si baciavano in sala comune, Ron si ritrovava ad aprire gli occhi e sbirciare di nascosto Hermione, pensando a quanto gli mancava litigare con lei, e allora gli veniva la malsana idea di scrollarsi Lavanda di dosso ed iniziare ad urlare contro la sua amica senza ragione, solo per il gusto di vedere i suoi occhi accendersi di rabbia e sentirsi dire che era il solito imbecille.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli e si voltò. Si trovava in una vecchia aula vuota occupata soltanto da un alto oggetto rettangolare, celato da un telo di stoffa. Le imposte chiuse impedivano alla luce di entrare, mentre i grumi di polvere e le ragnatele segnalavano che Gazza non passava di lì ormai da parecchio tempo.
Quando Ron fece qualche passo all’interno dell’aula, otto vibranti fuochi fatui s’accesero, rivelando una stanza ottagonale dalle pareti a specchio, con otto colonne di pietra posizionate all’intersezione di ogni lato.
Gli specchi, incrostati di sporco, scheggiati e incrinati, rimandavano la sua immagine moltiplicata un centinaio di volte, mentre i fuochi fatui rivelavano, con la loro luce violetta, i complicati intarsi delle colonne.
Ron si guardò intorno con circospezione, avvicinandosi allo strano oggetto che occupava il centro della stanza. Il telo che lo ricopriva era una vecchia tenda di pesante velluto blu, bucherellata e rovinata sull’orlo.
Tirando fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni ed alzandola verso l’oggetto, con l’altra mano tirò la tenda verso il basso, sollevando una fitta nuvola di polvere.
Per qualche secondo Ron non fece altro che tossicchiare, incapace di vedere ciò che aveva davanti, poi la cortina di polvere si diradò e il ragazzo si ritrovò faccia a faccia con il proprio riflesso.
Stupito, si guardò per qualche secondo. La superficie rovinata dello specchio gli rimandava l’immagine di un ragazzo dai capelli rossi, la faccia lentigginosa ed il naso lungo.
Dopo qualche minuto, però, alla sua immagine se ne aggiunse un’altra.
Prese forma piano, piano, come se la persona a cui apparteneva l’altro riflesso provenisse dal fondo della stanza e si stesse lentamente avvicinando allo specchio.
Si trattava di una ragazza dai capelli castani e gli occhi del medesimo colore. Quando Ron la riconobbe non poté fare a meno di arrossire, anche se si trattava solo di un riflesso.
Istintivamente, gli occhi del ragazzo saettarono verso la sommità della cornice dove, proprio come ricordava, erano intarsiate le parole: Erouc li am otlov liottelfir non.
“Non rifletto il volto ma il cuore,” sillabò, piegando appena la testa di lato.
Riportò lo sguardo sullo specchio dove il suo riflesso e quello di Hermione si stavano scambiando un bacio che lo fece arrossire fino alla punta delle orecchie.
Con un sorriso amaro allungò una mano, accarezzando con la punta delle dita il riflesso della ragazza, immaginando come sarebbe stato sentire i suoi capelli incastrarsi intorno alle proprie dita e la sua bocca sfiorare la propria, esattamente come stava accadendo nello specchio. Quando le sue dita sfiorarono il vetro, però, esso iniziò a tremare e senza che potesse fare nulla per evitarlo, Ron si ritrovò risucchiato al suo interno.
 
Confuso e frastornato, Ron aprì gli occhi. Si trovava in una piccola aula vuota e polverosa, riempita dal rumore dei passi degli studenti che passavano in corridoio.
Massaggiandosi il capo si avvicinò alla porta e l’aprì, confondendosi con la fiumana di studenti che si muovevano da una parte all’altra del castello.
Probabilmente si era appisolato dopo essere sfuggito nuovamente alle grinfie di Lavanda e si era perso anche le lezioni del pomeriggio, a giudicare dalla luce aranciata che colorava il parco di Hogwarts.
Sbadigliando, il ragazzo si trascinò fino in Sala Grande, dove alcuni studenti avevano già iniziato a mangiare.
“Eccoti finalmente, ti abbiamo cercato ovunque!” esclamò Harry, quando l’amico si sedette di fronte a lui. Ron scrollò le spalle, riempiendosi il piatto con del pasticcio di rognone.
“Hermione era preoccupatissima!” aggiunse sua sorella, guardandolo con cipiglio severo.
Ron alzò gli occhi su di lei, notando solo in quel momento che il braccio di Harry era avvolto attorno alle spalle di Ginny e che i due erano seduti veramente troppo vicini.
“Hermione era preoccupa per me? E da quando?” disse, ricordando che la sua amica non gli rivolgeva più la parola da giorni, troppo arrabbiata perfino per guardarlo in faccia.
“Da sempre, idiota!” lo rimproverò Ginny. “Merlino, ancora mi chiedo cosa ci trovi in te quella ragazza!”
Ron arrossì di botto ed il pezzo di pasticcio che aveva appena messo in bocca s’incastrò con precisione chirurgica nella sua trachea. Dopo qualche minuto, riuscì finalmente ad ingoiare ed alzò gli occhi sgranati su Ginny che, tranquilla, stava bevendo il suo succo di zucca.
“Co-cosa ci trovi in me?” balbettò.
“Sì,” ripeté la ragazza. “Voglio dire, lei è così intelligente e tu sei così idiota.”
Ron si accigliò, lanciandole un’occhiataccia. Stava quasi per ribattere quando la diretta interessata li raggiunse, fermandosi proprio alle sue spalle.
“Ron, per l’amor del cielo, dove eri finito?” domandò, preoccupata.
Il ragazzo si voltò verso di lei, arrossendo ancora di più.
“I-io mi ero appisolato in un…in un aula vuota,” biascicò, deglutendo.
Il volto di Hermione si rilassò e la ragazza prese posto accanto a lui, lasciando cadere la borsa piena di libri sotto al tavolo.
“Non fare mai più una cosa del genere,” disse poi, voltandosi di scatto verso di lui e tirandogli un pugno su una spalla. “Mi hai fatto morire di paura.”
Ron, che non sapeva se essere felice o spaventato del fatto che lei avesse ripreso a parlare con lui, annuì.
Hermione allora gli sorrise e, sporgendosi oltre la sua spalla, lo baciò sulla bocca. Ron strabuzzò gli occhi.
“Mi sei mancato,” sussurrò la ragazza, allontanandosi.
Per tutto il resto della cena Ron la fissò come se fosse impazzita, ormai del tutto certo che qualcuno gli avesse avvelenato la cena. Magari si trattava di funghi allucinogeni, perché non era proprio possibile che Hermione l’avesse baciato e poi gli avesse detto che le era mancato.
“Ron, ti senti bene?” domandò Harry, notando la sua aria allucinata. “Sei strano stasera.”
“Io? Strano? Niente affatto.”
Gli altri lo guardarono con le sopracciglia inarcate, ma Ron scrollò le spalle ed afferrò un biscotto glassato, iniziando a sgranocchiarlo.
Un’altra cosa assai sospetta, era che Lavanda non si era fatta vedere per tutta la cena. Nessun risolino, nessun tentativo di strappargli le tonsille con l’uso della lingua, né le solite moine che faceva nelle ore dei pasti, quando insisteva per imboccarlo.
Fu quasi tentato di chiedere se qualcuno l’avesse vista, ma aveva la strana sensazione che fare quella domanda non sarebbe stata affatto una mossa intelligente.
Sospirò, ingoiando l’ultimo pezzo di biscotto. Doveva trattarsi di un sogno o qualcosa del genere, non c’era altra spiegazione.
Insomma, Hermione che faceva la carina con lui, Lavanda che spariva, Harry e Ginny che si baciavano.
Lo sguardo di Ron saettò di nuovo verso sua sorella e il suo migliore amico. Da quando Harry e Ginny si baciavano?!
Scosse lievemente la testa, sbattendo le palpebre. Quando però tornò con lo sguardo sui due, le mani di Harry erano ancora appoggiate sui fianchi di Ginny e la sua lingua era ancora dentro alla bocca della ragazza.
“Che cosa state facendo?!” esclamò. Harry e Ginny lo ignorarono e Ron si voltò verso Hermione che, seduta al suo fianco, li guardava con un mezzo sorriso. “Cosa stanno facendo?!”
La ragazza alzò lo sguardo su di lui, confusa. Poi sorrise e scosse il capo.
“I-io credo che andrò a fare due passi,” annunciò e, senza attendere oltre, si alzò, diretto verso l’uscita della Sala.
Quando fu fuori dalla Sala Grande si passò una mano tra i capelli e fece per avviarsi verso uno dei corridoi, ma una piccola manina si arpionò alla sua camicia, attirando la sua attenzione.
“Hermione?” disse, abbassando lo sguardo sulla ragazza che lo guardava sorridendo.
“Ti dispiace se vengo con te?”
Ron avrebbe tanto voluto dirle che preferiva fare due passi da solo perché quella situazione era proprio assurda e surreale, ma il sorriso della ragazza era così dolce e luminoso che non poté fare a meno di annuire.
“Dà qua.” Le afferrò la borsa pesante e la sistemò sulla propria spalla, ridacchiando. “Vai sempre in giro con mezza biblioteca tu, eh?”
Hermione arrossì, abbassando lo sguardo con un sorriso. Dopo qualche secondo Ron sentì la mano della ragazza intrufolarsi nella propria ed intrecciare le dita con le sue.
Camminarono per un po’ lungo i corridoi deserti, finché Hermione non si fermò davanti ad una delle arcate che dava sul parco del castello, balzando a sedere sul muricciolo di pietra.
“Mi hai fatto proprio prendere un colpo oggi” disse, giocherellando con le dita del ragazzo.
“Mi dispiace,” sussurrò Ron, abbassando lo sguardo.
Hermione scosse il capo, tirandolo più vicino a sé. “Non importa.”
Ron alzò il capo per ribattere, ma qualsiasi cosa avesse in mente di dire svanì non appena percepì le labbra di Hermione muoversi sulle proprie.
Con un sospiro, appoggiò titubante le mani sui fianchi della ragazza, la quale intrecciò i piedi dietro alle sue gambe e gli passò le mani tra i capelli, avvicinandolo di più a sé.
Rimasero a baciarsi per diversi minuti, finché Hermione non si staccò con un sorriso.
“Salgo in sala comune dagli altri, ci vediamo dopo?”
Ron annuì e la vide allontanarsi lungo il corridoio, fino a scomparire nel buio. Quando fu certo che Hermione se n’era andata, sfrecciò lungo il corridoio, ignorando il fatto che se qualche insegnante l’avesse visto correre a quel modo avrebbe tolto chissà quanti punti a Grifondoro e l’avrebbe messo in punizione a tempo indeterminato.
Continuò a correre per diversi minuti, prima di rinchiudersi nella prima aula che gli capitò a tiro. Rimase per qualche secondo con la schiena premuta contro la porta ed il fiato corto, la sensazione delle labbra di Hermione ancora sulle proprie.
Tutto quello non poteva essere reale, perché nella realtà Hermione non gli rivolgeva la parola e lo guardava quasi con disprezzo; nella realtà lui passava le serate a baciare Lavanda Brown, accarezzandole i capelli e rimanendo deluso quando le sue dita non s’incastravano tra essi. La realtà era semplicemente diversa.
Scuotendo la testa si voltò, dando le spalle alla stanza, e decise che sarebbe salito in dormitorio, si sarebbe ficcato sotto alle coperte e quando il mattino seguente si sarebbe svegliato tutto sarebbe stato di nuovo normale: Hermione non gli avrebbe parlato e Lavanda gli sarebbe saltata al collo ogni minuto possibile.
Aveva già una mano sulla maniglia quando una voce richiamò la sua attenzione.
“Vedo che hai riscoperto i piaceri dello Specchio delle Brame, signor Weasley.”
Ron si voltò di scatto, individuando la figura di Silente che, sorridendo, lo osservava da un angolo della stanza.
“Pof-professor Silente?” balbettò, sbattendo le palpebre. Solo in quel momento realizzò di essere finito nella stessa stanza in cui si era appisolato quel pomeriggio.
“Benvenuto nel Mondo Oltre lo Specchio,” disse il preside, sorridendo.
Ron aggrottò le sopracciglia, confuso. “Il cosa?”
“Vedi Ronald, lo Specchio delle Brame ha il potere di riflettere i nostri più profondi e tormentati desideri, ma questo lo sai già,” spiegò, guardandolo con eloquenza. “Tuttavia, lo Specchio possiede anche un altro potere: se desideriamo davvero ciò che appare nel riflesso, bada bene, solo se saremmo disposti a fare qualunque cosa pur di ottenerlo, allora lo Specchio è in grado di creare un mondo in cui i nostri desideri diventano reali.”
Ron sbatté le palpebre. “Quindi questo non è il mondo reale.”
Silente annuì, guardandolo con gli occhi pieni d’ilarità.
“È  un mondo attraverso cui lo Specchio ti permette di comprendere come sarebbe la tua vita se avessi tutto ciò che vuoi. Ingegnoso da parte sua, non trovi? Ma, come dissi al tuo amico signor Potter anni fa, non serve a nulla rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere.”
“Professor Silente?” il preside era già sulla porta quando Ron lo richiamò. “Come faccio a…a tornare di là?”
L’uomo portò lo sguardo su un oggetto rettangolare appoggiato alla parete e ricoperto da un telo logoro e sporco. Con un colpo di bacchetta lo scoprì, rivelando un vecchio specchio dalla cornice di legno, all’interno del quale vibrava il riflesso della stanza in cui Ron si era trovato in quello che aveva creduto essere un sogno.
Si voltò per ringraziare il preside, ma quello era già sparito.
Titubante si avvicinò, osservando la porta di legno e le pareti a specchio riflesse nel piccolo specchio. Sospirando rivolse un ultimo sguardo alla stanza in cui si trovava e, chiudendo gli occhi, entrò nello specchio.
 
Quando riaprì gli occhi si trovava di nuovo nella strana stanza ottagonale illuminata dai fuochi fatui, lo Specchio delle Brame che si ergeva davanti a lui.
Rimase ad osservarlo per un momento, giusto quanto bastava perché il suo riflesso venisse raggiunto da quello di Hermione, poi, dando le spalle all’elegante oggetto magico, lasciò la stanza e si avventurò nei corridoi bui del castello, diretto verso la Torre di Grifondoro.
Caramelle alla menta,” disse, alzando lo sguardo sulla Signora Grassa che lo guardava severamente.
“Ti sembra questa l’ora di tornare, ragazzo?” Ron la ignorò, attraversando il buco del ritratto e ritrovandosi in una sala comune deserta, ancora lievemente illuminata dal fuoco che crepitava nel camino. Alzò lo sguardo sulla pendola che segnava la mezzanotte e, mancando di poco la coda di Grattastinchi, salì le scale che portavano al dormitorio maschile.
Quando aprì la pesante porta di legno, tutti i suoi compagni di dormitorio già dormivano, perfino Seamus e Dean, che erano soliti stare svegli fino a tardi per parlare di ragazze, erano distesi scompostamente nei loro baldacchini.
Il più silenziosamente possibile, Ron si infilò il pigiama e poi si rifugiò tra le lenzuola del suo letto, appoggiando la schiena sul materasso e prendendo a fissare il soffitto ricoperto di stoffa del baldacchino.
Incrociò le mani dietro la testa e, chiudendo gli occhi, si lasciò cullare dal ricordo delle labbra di Hermione che toccavano le sue.
 
Il pomeriggio seguente la porta della stanza dello specchio si chiuse alle spalle di Ron. Lavanda l’aveva lasciato solo per andare a spettegolare con Calì e, con la scusa di volerle stare il più lontano possibile, era riuscito a liquidare Harry e a sgattaiolare di nuovo al quarto piano.
Mosse qualche passo all’interno della stanza, posizionandosi di fronte allo specchio dove, proprio come il giorno precedente, apparvero il suo riflesso e quello di Hermione. Questa volta allungò una mano con sicurezza, lasciandosi trascinare all’interno dello specchio.
Quando arrivò dall’altra pare si trovava sempre nella solita aula in cui si era ritrovato la volta precedente, lo specchio alle sue spalle che rifletteva la stanza ottagonale.
Sistemandosi la divisa uscì, dirigendosi con sicurezza verso il parco assolato di Hogwarts. Proprio come immaginava, Hermione se ne stava seduta sotto al grande albero che costeggiava il Lago Nero con un enorme libro sotto al naso.
Sorridendo la raggiunse, inginocchiandosi alle sue spalle e soffiandole giocosamente tra i capelli, scompigliandoglieli.
Hermione sorrise, senza però staccare gli occhi dal libro. Ron, allora, spostò una parte dei capelli della ragazza, portandoglieli sulla spalla sinistra, e si abbassò verso il suo collo, iniziando a lasciare una scia di piccoli baci sulla sua pelle.
Lei sospirò, appoggiando la schiena sul petto di Ron, e socchiuse un secondo gli occhi, godendosi la piacevole sensazione delle labbra del ragazzo che le sforavano la pelle.
“Ron, devo studiare,” mugolò qualche minuto dopo, quando le labbra del ragazzo si spostarono sulla sua spalla, coperta dalla stoffa della camicia della divisa.
“Immagino che siano i compiti per la settimana prossima,” borbottò, la bocca ancora premuta contro la spalla di Hermione.
“Sì, ma-“
“Niente ma,” disse, togliendole il libro dalle mani e appoggiandolo sul prato. “Adesso lasci perdere quel vecchio coso polveroso e stai un po’ qui con me.”
Hermione rise, voltandosi e sedendosi sulle sue gambe. Ron arrossì, posando lo sguardo sulla pelle candida delle cosce della ragazza che sbucava fuori dalla gonna della divisa.
Era strano stare lì con lei, a sbaciucchiarsi nel parco di Hogwarts, senza Lavanda che andava in giro urlando istericamente o qualsiasi altra persona che li guardava come fossero stati due Schiopodi Sparacoda.
Hermione Granger e Ronald Weasley: nel mondo reale sarebbe sembrata quasi una barzelletta.
Però, per quanto strano ed imbarazzante potesse essere, era bello poterlo fare, anche se non era reale; era bello poter andare alle sue spalle ed iniziare a giocare con i suoi capelli senza avere paura che lei si arrabbiasse, o baciarla senza avere paura che lei lo schiaffeggiasse iniziando ad urlare che era un maniaco o cose del genere. Era strano e neanche lui sapeva dove aveva trovato il coraggio per sedersi alle sue spalle qualche minuto prima, ma ne valeva la pena.
Se baciare Hermione, toccarla ed essere toccato da lei lo faceva sentire così euforico, come se uno sciame di farfalle avesse fatto il nido nel suo stomaco e non vedesse l’ora di uscire fuori, se baciarla lo faceva sentire così felice, allora ne valeva davvero la pena.
Hermione gli sorrise, accarezzandogli i capelli.
“Oggi non avevate gli allenamenti di Quidditch?” domandò, passando i pollici sulle sue guance.
Ron guardò di sbieco il brillante sole di quel pomeriggio, pensando che se l’Harry di quel mondo somigliava anche solo la metà al vero Harry in una giornata come quella avrebbe sicuramente messo un allenamento doppio.
“Sì,” rispose, avvicinandosi un po’ a lei. “Ma essere il migliore amico del capitano ha i suoi vantaggi.”
Hermione rise, sentendo il fiato di Ron farle il solletico vicino all’orecchio. “Dovrei sentirmi lusingata?”
Ron annuì con forza, strappandole un veloce bacio dalle labbra. “Certo che sì! Ecco perché dovevi lasciar perdere quello stupido libro, quando ti ricapita che salto il Quidditch per stare con te?” ammiccò.
Hermione allacciò le mani attorno al suo collo con espressione divertita. “Dovrei battere il ferro finché è caldo, quindi…”
Ron la guardò inarcando le sopracciglia. “Che?”
Hermione rise, soffiandogli sulle labbra. “Magari te lo spiego dopo, eh?”
 
Quando Ron risalì in sala comune, quella sera, non si aspettava affatto di trovare il suo migliore amico appoggiato al camino con le braccia incrociate al petto e lo sguardo irritato puntato sul buco del ritratto.
“Alla buon’ora!” esclamò il moro, guardandolo torvo. “Si può sapere che fine hai fatto tutto il pomeriggio? Lavanda era sul punto di chiedere a Piton del Veritaserum perché non credeva che io non sapessi dov’eri!”
Ron ridacchiò, andandosi a sedere sul divano più vicino al caminetto.
“Sul serio?”
Harry annuì, grave, sistemandosi meglio gli occhiali. Con un sospiro, si sedé accanto a Ron, stiracchiandosi le gambe.
“Allora, dove sei sparito?” chiese, questa volta con tono meno isterico.
Ron arrossì, posando lo sguardo sulle fiamme rossastre che crepitavano nel camino, consumando i ciocchi di legno.
“In giro,” rispose, vago. “Ho trovato un aula vuota al sesto piano e mi ci sono appisolato.”
Harry si girò verso di lui, osservando il suo profilo.
“Sono già due giorni che salti le lezioni del pomeriggio, se continui così finirà che il Veritaserum me lo daranno davvero,” disse. “Il grande Harry Potter messo sotto torchio dal corpo insegnanti per le saltuarie sparizioni dell’amico Ron Weasley, già vedo i titoli sui giornali,” continuò, tragico.
Ci fu qualche minuto di silenzio, poi sia lui che Ron scoppiarono a ridere.
“Ma smettila!” ridacchiò il rosso, dandogli un leggero pugno sulla spalla. “Andiamo a cena piuttosto, sto iniziando ad avere una certa fame.”
Harry rise più forte, avviandosi assieme a Ron verso l’uscita della Torre. Quando uscirono incontrarono Hermione che stava andando verso il ritratto.
“Oh, ciao Harry,” esclamò la ragazza, sorridendo verso il ragazzo con gli occhiali.
Ron la guardò timidamente, immaginando quegli occhi scuri che ora lo guardavano con risentimento, rivolgergli gli sguardi dolci di quel pomeriggio nello Specchio.
Dopo che Harry le ebbe rivolto un sorriso di risposta, la ragazza li superò, fermandosi davanti al ritratto della Signora Grassa.
Ron sospirò, continuando a seguire Harry lungo il corridoio. Per un secondo ebbe come la sensazione che Hermione lo stesse guardando, ma quando si voltò lei era già sparita dietro al quadro.
“Sai, credo che dovresti parlarci,” commentò Harry dopo qualche secondo. “La situazione sta davvero diventando ridicola, senza contare che lei-“
“Ron-Ron!” la voce stridula di Lavanda risuonò nel corridoio, facendo strizzare gli occhi a Ron ed Harry. “Eccoti finalmente!” esclamò, arpionandosi al suo collo e stampandogli un lungo bacio strappa tonsille. “Sei sparito per tutto il pomeriggio, ero tanto preoccupata sai?”
Ron abbozzò un sorriso e la ragazza si aggrappò al suo braccio, seguendo lui ed Harry in Sala Grande, non mancando di aggiornare i due ragazzi sugli ultimi pettegolezzi.
Annoiati, Harry e Ron si guardarono sospirando e Ron desiderò ardentemente essere rimasto nel Mondo Oltre lo Specchio.
 
Per tutto il resto della settimana Ron si vide raramente in giro per il castello e Lavanda non mancò di assillare il povero Harry con ogni genere di domanda che potesse esserle utile a sapere dove era il suo adorato Ron-Ron.
“Per la decima volta, Lavanda, non lo so!” gemette il ragazzo, richiudendo la rivista di Quidditch che stava sfogliando.
“Ma tu devi saperlo,” insisté la ragazza. “Sei il suo migliore amico!”
Hermione, seduta su una poltrona con Grattastinchi acciambellato sulle gambe, lanciò un sonoro sbuffo infastidito, fulminando Lavanda con lo sguardo.
“Perché non lo lasci un po’ in pace? Ti ha detto che non lo sa,” disse. Harry la guardò con riconoscenza, sorridendo. “Sei hai dei problemi di comunicazione con il tuo ragazzo non c’è bisogno che tu ne renda partecipe l’intera Torre di Grifondoro.”
Lavanda la guardò, indignata.
“Io e Ron non abbiamo proprio nessun problema,” ribatté, alzando il mento, inviperita. “Anche se a te piacerebbe, non è vero?”
Hermione si alzò di scatto dalla sedia, facendo crollare il povero Grattastinchi a terra, e guardò Lavanda con gli occhi ridotti a fessure.
“Sai Lavanda, ora che ci penso, Ron mi aveva detto stamattina che sarebbe passato dalla Guferia per mandare una lettera ai suoi genitori,” intervenne Harry, spaventato dalla possibile piega che avrebbe potuto prendere la situazione. Non aveva assolutamente intenzione di dover impedire a Lavanda e Hermione di strapparsi i capelli, anche se era certo che Hermione non sarebbe mai abbassata a tanto. Gli occhi della grifondoro erano ancora puntati con odio su Lavanda, mentre quella si voltava verso Harry con aria euforica.
O forse sì, si ritrovò a pensare Harry, rabbrividendo.
“Oh, davvero?” Harry annuì, abbozzando un sorriso. “Vado subito a controllare! Grazie mille Harry,” e detto ciò sparì oltre il buco del ritratto.
Hermione rimase in piedi per qualche altro secondo ancora, poi, con gli occhi ancora accesi di rabbia, torno a sedersi sulla poltrona.
“Tutto bene?” azzardò Harry, guardando con titubanza verso Hermione.
“Benissimo,” rispose lei. “Piuttosto, non hai davvero idea dove sia Ron, vero?”
Harry abbassò lo sguardo, annuendo. Era strano che proprio Hermione si mettesse a parlare di lui, dopo che per mesi non aveva fatto altro che evitare accuratamente l’argomento e si era rifiutata di lasciar cadere la cosa per riprendere almeno a parlare con il ragazzo.
“Non si fa vedere per ore e nessuno sa dove sia,” spiegò Harry. “Ho provato a cercarlo ovunque, ma è come se sparisse, non è neppure sulla Mappa del Malandrino.”
Hermione arricciò le labbra, pensosa.
“All’inizio pensavo che uscisse dal castello usando uno dei passaggi segreti,” continuò il ragazzo, “ma poi mi sono reso conto che prima o poi l’avrei visto girare per i corridoi, invece niente.”
“Ci sono un sacco di persone ad Hogwarts, Harry, può esserti sfuggito. Magari camminava in una zona affollata e tu non hai notato il suo nome.”
Harry scrollò le spalle. “Può darsi.”
Proprio in quel momento il ritratto della Signora Grassa scattò ed un Ron scarmigliato fece il suo ingresso nella sala comune.
“Oh, ciao Harry,” balbettò, guardando verso i due ragazzi seduti davanti al caminetto.
Sia Hermione che Harry lo guardarono con stupore. Ron, infatti, oltre ad avere i capelli scompigliati ed il volto accaldato, aveva la divisa in uno stato pietoso. Cravatta sciolta, camicia fuori dai pantaloni con i primi bottoni sbottonati e il pullover che pendeva da una mano.*
“Be’, io…io vado di sopra,” biascicò, evitando accuratamente di incontrare lo sguardo di Hermione e, facendo un cenno con il capo ad Harry, sparì su per le scale.
Harry ed Hermione rimasero a fissare a bocca spalancata il punto in cui Ron era sparito.
“Ma l’hai visto?” scattò la ragazza, balzando in piedi. “No, dico, l’hai visto?! Per le mutande di Merlino!”
Harry la guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Se Hermione era arrivata ad imprecare nel nome della biancheria intima di Merlino doveva essere parecchio sconvolta.
“Harry, noi dobbiamo scoprire che cosa fa,” continuò, accalorata, guardando Harry che, ancora sconvolto, fissava un punto indefinito della sala comune.
“Stai suggerendo di seguirlo?” Hermione arrossì, abbassando lo sguardo e rendendosi conto solo in quel momento di quanto bizzarro doveva essere sembrato il suo comportamento. Harry sorrise all’espressione imbarazzata della ragazza.
“Bene,” esordì allora il ragazzo, alzandosi in piedi. “Credo sia arrivato il momento di far fare un giro al vecchio mantello di mio padre,” e, fatto un occhiolino ad Hermione, sparì su per le scale, lasciandola da sola in sala comune, con Grattastinchi che si strusciava alle sue gambe.
 
“Ahia Harry!” si lamentò Hermione sottovoce, lanciando un’occhiataccia al suo amico.
Il ragazzo le rivolse uno sguardo di scuse, sistemando meglio il mantello.
Entrambi riportarono lo sguardo davanti a loro dove un Ron del tutto ignaro di essere seguito camminava a passo sicuro lungo uno dei corridoi del quarto piano.
Improvvisamente il ragazzo sparì dietro ad una porta di legno pesante e i due sotto al mantello si affrettarono ad andargli dietro, stando ben attenti che non si accorgesse della loro presenza.
Quando la porta di legno si richiuse alle loro spalle, si trovarono in una stanza ottagonale illuminata da fuochi fatui che custodiva lo Specchio delle Brame.
Harry guardò lo Specchio sbattendo le palpebre, incredulo.
“È quello che credo che sia?” Harry annuì, osservando Ron che si specchiava.
Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo confuso. Quando riportarono gli occhi sullo Specchio il braccio di Ron era per metà all’interno dell’oggetto magico ed in un battito di ciglia anche il resto del corpo del ragazzo fu risucchiato.
Con un gesto veloce Harry liberò entrambi dal mantello e, prima che la luce dorata che riempiva lo specchio si spegnesse, i due si lanciarono dietro all’amico.
Quando riaprirono gli occhi si trovavano in una piccola aula occupata da banchi inutilizzati da molto tempo, a giudicare dallo strato di polvere depositato sui piani di legno. Alle loro spalle un semplice specchio di legno, meno elegante ed imponente dello Specchio delle Brame, rifletteva l’interno della stanza ottagonale, mostrano la porta chiusa.
“Dove credi che siamo?” domandò Hermione, seguendo Harry verso la porta.
Il ragazzo scrollò le spalle e l’aprì, ritrovandosi davanti il classico via-vai di Hogwarts. I due si mescolarono agli altri studenti, individuando tra la folla alcune facce familiari.
Dean e Seamus stavano parlottando tra loro, occhieggiando verso due ragazze di Tassorosso, mentre Luna e Neville, che camminavano poco davanti ad Harry e Hermione, discutevano sugli effetti dell’ortica marina sui morsi di Gorgosprizzo.
“Magari i due specchi formano una specie di passaggio,” ipotizzò Harry, mentre lui e Hermione salivano verso la Torre di Grifondoro.
“Riflettici Harry,” ribatté Hermione. “Se Ron utilizzasse semplicemente un passaggio per spostarsi da una zona all’altra del castello, perché sparisce per ore? Se ne sta nelle aule vuote a provare incantesimi?”
La ragazza rivolse ad Harry uno sguardo scettico e il ragazzo scrollò le spalle, alzando gli occhi sulla Signora Grassa e dicendo la parola d’ordine.
“Qualunque cosa faccia siamo esattamente al punto di partenza,” sospirò il ragazzo, entrando in sala comune. “Non abbiamo idea di dove-“
Harry smise di parlare all’improvviso ed Hermione lo guardò aggrottando le sopracciglia.
“Cosa?”
Il ragazzo boccheggiò, guardando con occhi sgranati verso uno dei divani della sala comune. Hermione seguì il suo sguardo.
Nella sua vita Hermione Granger era stata preparata a molte cose. Ma non era affatto preparata alla scena che le si parò davanti in quel momento.
Ron se ne stava seduto su uno dei divani di chintz con una ragazza cavalcioni su di lui. E non era una ragazza qualunque, era…lei.
Lei e Ron si stavano sbaciucchiando nel bel mezzo della sala comune in una posizione a dir poco sconveniente. Lei e Ron si stavano…
“Togli subito quelle manacce di lì, Ronald!” esclamò quando le mani di Ron scesero ad accarezzare le cosce candide della ragazza.
Il ragazzo si allontanò dalle labbra di Hermione, guardandola con aria contrariata.
“Cosa?” domandò la ragazza, aprendo gli occhi.**
Ron scosse il capo e fece per riavvicinarsi quando scorse, oltre la spalla della ragazza, un Hermione più infuriata che mai che lo fissava con il volto paonazzo.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, osservando Hermione che si metteva le mani sui fianchi e lo guardava come faceva sua madre quando da piccolo rubava i biscotti preferiti di Ginny.
“He-Hermione,” balbettò, deglutendo.
La ragazza seduta sulle sue gambe lo guardò con aria confusa. “Sì?”
“Ehm, non…non credo di sentirmi molto bene,” biascicò, continuando a guadare l’altra Hermione. “Ti…ti dispiace se faccio due passi?”
L’Hermione seduta sulle sue gambe scosse il capo, alzandosi in fretta. “No, certo. Vuoi che ti accompagni?”
Ron sventolò una mano in aria, avviandosi verso il buco del ritratto.
“Non preoccuparti, torno tra poco, giusto il tempo di prendere una boccata d’aria,” e detto questo sparì alla vista della ragazza.
Hermione lo seguì fuori a passo di carica, con Harry al seguito che ancora fissava Ron con gli occhi sgranati.
“Cosa ci fate voi due qui?” domandò, voltandosi verso i due ragazzi.
Hermione lo fissò con rabbia. “Perché tu mi stavi sbaciucchiando piuttosto?!”
Ron divenne paonazzo e abbassò lo sguardo, imbarazzato.
“È…è una lunga storia….”
“Sono tutta orecchi,” incalzò Hermione, incrociando le braccia al petto, in attesa.
Ron fece per aprire bocca, ma Harry si riscosse.
“Cos’è questo posto?”
“Io…l’ho scoperto per caso mentre scappavo da Lavanda,” spiegò, passandosi una mano tra i capelli. “Mi sono nascosto in una strana stanza ottagonale e quando mi sono specchiato e ho cercato di toccare il riflesso lo Specchio mi ha risucchiato.”
Gli occhi di Hermione si illuminarono, anche se continuò a mantenere il suo cipiglio iracondo.
“Un Mondo Oltre lo Specchio,” sussurrò la ragazza. “Ho letto un libro sugli oggetti magici l’estate scorsa e c’era un intero paragrafo dedicato allo Specchio delle Brame. Dicevano che oltre a mostrare i nostri desideri più segreti lo Specchio è in grado anche di creare un mondo ideale dove….” Hermione si fermò all’improvviso, spostando lo sguardo su Ron.
Il ragazzo sospirò, arrossendo ancora di più.
Harry invece spostava lo sguardo dall’uno all’altra, cercando di capirci qualcosa.
“Un mondo ideale dove tutti nostri desideri diventano reali,” concluse Ron.
Hermione arrossì ed Harry spalancò gli occhi, esalando un lieve ‘oh’.
“Penso che io andrò a fare due passi,” annunciò Harry e, lanciando uno sguardo d’incoraggiamento a Ron, s’allontanò lungo il corridoio.
Quando il rumore dei passi di Harry fu ormai lontano, Ron alzò timidamente lo sguardo su Hermione, grattandosi il capo.
“Mi dispiace per prima,” disse, arrossendo.
La ragazza scosse il capo, incrociando le mani in grembo. “Non importa.”
Rimasero in silenzio per diversi minuti, Ron a guardare il pavimento ed Hermione a fissarsi le mani.
“Avresti potuto dirmelo,” esordì poi la ragazza.
“Be’, diciamo che non credevo di essere esattamente il tuo tipo,” disse Ron, ripensando al ‘periodo Krum’. “Pensavo preferissi qualcuno più come Harry o Krum, uno perfetto insomma.”
Hermione alzò di scatto gli occhi su di lui, le guance arrossate. “Tu che cosa?!”
“Sì, be’, io sono solo Ron, l’amico invisibile di Harry Potter. Perché avresti dovuto volere uno come me?”
La ragazza si avvicinò a lui a grandi passi, gli occhi lucidi e gonfi di rabbia. Si fermò ad un passo da lui e con tutta l’ira che aveva in corpo gli schiaffeggiò il volto.
Ron si portò una mano sulla parte offesa, guardandola con confusione.
“Sei proprio un imbecille, lo sai vero?!” urlò, guardandolo con rabbia.
“Hermione, ma cosa…?”
“Sai essere davvero ottuso a volte,” disse, a voce più bassa. “Possibile che tu non ti renda conto di tutte le cose belle che riesci a fare per gli altri?”
“Io non…” balbettò il ragazzo. “Io sono solo Ron.”
Hermione sorrise, arrossendo. “È per questo che mi piaci così tanto.”
Anche Ron arrossì, sbattendo le palpebre.
“Sei sicura di essere la vera Hermione?” domandò all’improvviso.
Il sorriso di Hermione si congelò e la ragazza lo guardò con stizza.
“Certo che sono la vera Hermione!” esclamò.
Ron allora sorrise e, cercando di ignorare l’insopportabile calore che aveva colpito le sue orecchie, si sporse verso la ragazza che, ancora irritata, lo guardava con le labbra arricciate.
“Scusa,” le sussurrò. “È che volevo essere sicuro di baciare quella giusta.”
Quando le sue labbra si posarono finalmente su quelle della ragazza una scossa elettrica gli percorse la schiena, facendolo tremare.
Hermione sorrise sulla sua bocca, allacciandogli le braccia dietro al collo ed avvicinandosi un po’ di più a lui. Ron allora appoggiò le mani sui fianchi della ragazza, risalendo lungo il busto fino ad incastrare le dita tra i suoi capelli.
E finalmente, dopo aver accarezzato per mesi i capelli di Lavanda sperando che non fossero lisci, sentì che era lì che le sue mani sarebbero dovute essere da sempre.
“Che ne dite se continuate a sbaciucchiarvi quando saremo tornati nel mondo reale?”
Ron e Hermione si allontanarono, spostando lo sguardo su un Harry che li osservava appoggiato ad una colonna del corridoio con le braccia incrociate e gli occhi vispi e maliziosi puntati su di loro.
“Oh, sta zitto Harry!”






*Ron e l'Hermione del Mondo Oltre lo Specchio, anche se la mise del ragazzo può portare a conclusioni maliziose, si sono solo sbaciucchiati e stropicciati un po'. 
** L'Hermione del Mondo Oltre lo Specchio non può nè sentire nè vedere l'Harry e l'Hermione del mondo reale, così come tutti gli altri personaggi del mondo ideale di Ron, perché in quel mondo esistono già un Harry e un Hermione. 


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Hola =D
Vi starete chiedendo cos'è questa storia. Be', questa storia è un'idea che ha colpito la mia mente come un fulmine a ciel sereno, prendendo forma nella mia testa nel giro di pochi secondi. 
Ci ho lavorato con tanto impegno, raccogliando informazioni, facendo mappe e schemetti, scrivendo bozze e cercando canzoni che potessero ispirarla nel modo giusto, per questo, anche se il risultato non sarà sicuramente perfetto, spero davvero che qualcuno l'apprezzi. 
Proprio perché ci tengo mi farebbe davvero piacere ricevere delle opinioni e, se trovate qualcosa che non vi quadra, delle critiche =)
A presto, e un grazie a chiunque leggerà questa storia, 
Emily. 



 
   
 
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