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Autore: ValerieJuliet    11/04/2012    1 recensioni
Le corse incontro come un ragazzino e vista da fuori sembrava proprio la scena a rallentin del “Tempo delle mele”. Riuscì a sentire un brivido che gli attraversava la schiena appena sfiorò la pelle candida e pura della sua amata.
Si abbracciarono così intensamente che i loro cuori batterono all’unisono riempiendo l’aria intorno a loro con la dolce melodia che le due anime producevano.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nell’immediatezza di un battito di ciglia, tutti gli abitanti, terrorizzati, si precipitarono fuori dai propri balconi per assistere a quello che sarebbe diventato un dramma inevitabile.
La Terra cominciò a tremare come se ballasse un twist anni cinquanta nel fiore della giovinezza, e con lei le case e i lampioni nella strada iniziarono a girare vorticosamente su se stessi come se fossero in preda ad un attacco di epilessia incontrollabile.
I tre videro davanti a loro centinaia di tonnellate di terriccio fradicio scaraventarsi al suolo come se fossero state cenere vulcanica eruttata dallo ‘sterminator Vesevo’; in preda al panico donne e uomini urlavano di paura cercando di scappare dalle proprie case lasciandosi alle spalle il proprio passato, i propri affetti, i propri ricordi.
Le lacrime di bambine innocenti bagnavano il terreno già umido di pioggia che si addensava di disperazione e angoscia ogni volta che le minuscole goccioline d’acqua salata rigavano le guancie di quelle piccole donne e si lanciavano nel nulla.
Bambini, adulti, anziani. Tutti furono colpiti dal disastro e purtroppo qualcuno pagò a caro prezzo i capricci della Natura matrigna.
Francesco Pirastru fu inghiottito da un fiume d’acqua e fango che portava il suo corpo esanime e quello di altre cinque vittime verso il mare percorrendo per l’ultima volta le strade di Ogliastra prima di viaggiare in eterno sulle onde del Mediterraneo cercando in esso un rifugio per la sua anima peccatrice.
Tra l’indifferenza e la non curanza della gente, passarono due lunghe settimane durante le quali i due membri rimanenti del vecchio trio non si diedero pace, ma comunque al ‘baratro della morte’ non tornarono più, non ci riuscivano.
Natalino nuotava nel mare dei sensi di colpa come se la morte del suo migliore amico fosse accaduta per colpa sua.
Viveva da solo ormai; dopo la morte per leucemia di sua moglie, decise di rinchiudersi in se stesso e dedicare tutta la sua vita alla costruzione di barche di legno per i pescatori della piccola cittadina. Festeggiava tutti i compleanni da solo, o, perlomeno, in compagnia di donne con le quali non riusciva ad instaurare un discorso, tantomeno una relazione.
Non era più capace di innamorarsi e vedeva il suo futuro attraverso un cannocchiale rotto: guardava il buio.
Seduto alla poltrona, in un cupo silenzio, si avvicinò, con movimenti quasi impercettibili, al telefono giallo ocra, che profumava ancora di lei, per comporre le dieci cifre che gli avrebbero permesso di parlare con Giuseppe.
“Pronto?” Il fratello più giovane rispose con voce flebile e quasi inudibile.
“Devi accompagnarmi a fare una cosa. Oggi alle 17:00 passa da me. Non chiedermi spiegazioni”
Natalino chiuse il telefono e non diede al fratello possibilità di rispondere ma sapeva che non l’avrebbe deluso. Al fratello doveva molto, forse anche la stessa vita; erano legati non solo nel sangue, ma anche nell’anima.
Camminarono in silenzio, consapevoli della presenza l’uno per l’altro, per tutto il tragitto finché arrivarono al luogo della tragedia.
Natalino sentiva il bisogno di chiedere perdono al mancato fratello mancato che aveva da sempre ‘amato’ per ricevere perdono anche da Dio.
Camminarono nella voragine fino ad arrivare nel punto più basso della conca mortale, per seppellire il sacco di grano rubato come simbolo dell’ultima avventura vissuta insieme.
Un bagliore colse l’attenzione di Natalino, distogliendolo dal motivo per cui era li; la piccola luce incominciò a muoversi turbinosamente come se fosse dentro una grossa lavatrice illuminata di luce fluorescente.
Uno scoppio anticipò quello che fu un evento eccezionale: il fantasma di Anna apparve agli occhi increduli e tristi di Natalino che improvvisamente si tinsero di luce e vitalità. Si definì pazzo e folle e lo dimostrò poiché schiaffeggiandosi rumorosamente cadde in uno stato dominato da euforia e angoscia.
Le corse incontro come un ragazzino e vista da fuori sembrava proprio la scena a rallentin del “Tempo delle mele”. Riuscì a sentire un brivido che gli attraversava la schiena appena sfiorò la pelle candida e pura della sua amata.
Si abbracciarono così intensamente che i loro cuori batterono all’unisono riempiendo l’aria intorno a loro con la dolce melodia che le due anime producevano.
Una leggera brezza li accarezzò e i rossi capelli di lei volarono col vento e rilasciarono il profumo che lui non riusciva a dimenticare. Quel momento sembrò durare un’eternità e nel momento in cui scivolarono via dalla tenera stretta il respiro dell’uomo si fece sempre più affannoso e nel viso nacque un’espressione malinconica simile a quella di un bambino che deve allontanarsi dalla mamma. La bocca di Anna si inarcò lievemente e si formò il sorriso più soave che Natalino avesse mai ricevuto.
“Si, sono proprio io” disse lei. “Sono tornata sulla Terra poiché ho una faccenda in sospeso: la tua felicità. Da quando ti ho abbandonato non sei più riuscito a rinascere. Ti sei lasciato andare, hai perso tutta quella vitalità che mi ha conquistata. Sono ritornata da te perché hai bisogno del mio aiuto. Non rimarrò per sempre, ma il tempo che basta per farti capire che devi andare avanti, che devi ricominciare a vivere; non puoi sopravvivere. Non più.
Non devi accontentarti di rimanere in superficie ma devi scavare per cercare il meglio, quel tesoro che ognuno ha dentro e che non può rimanere nascosto per sempre”.
Occhi lucidi e naso rosso furono gli ingredienti della speciale ricetta dell’inaspettato incontro. Natalino ascoltò le parole che l’immagine della donna diceva senza proferirne alcuna e delicatamente la baciò sulle labbra. Un bacio fresco e tenero riempì la solitudine e la malinconia che diventarono tangibili nell’aria.
Anna lentamente si liberò dall’intimo momento e si congedò baciandolo sulla fronte per l’ultima volta.
 
Nel pomeriggio di una domenica d’estate, Natalino Maris si svegliò improvvisamente nel suo cantiere e senza neanche accorgersene sorrise e chiamò immediatamente il fratello.
“Pronto?”
“Giuseppe, preparati andiamo a pescare!”
“Lino, è tutto ok?”
“Si, ho deciso di girare pagina e iniziare a vivere di nuovo”
 
Riattaccò il telefono e vicino al cartello che indicava ‘CHIUSO’ affisse un piccolo biglietto con su scritto: ‘Laughter is the best medicine’.
   
 
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