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Autore: CinderNella    12/04/2012    3 recensioni
Il ragazzo che doveva pagare solo un caffè americano –o almeno pensava fosse quello, anche se da Starbucks non era mai solo quello– non era propriamente sconosciuto.
Non che lei lo fosse, anche se cercava di mimetizzarsi al suo meglio, con il cappuccio, gli occhiali e le converse.
Lui invece si riconosceva perfettamente da lontano: Ben Barnes le stava offrendo un muffin al cioccolato.
Keira Knightley x Ben Barnes
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17.
Era passato quasi un mese e non aveva ancora avuto due giorni liberi fino a quel momento: non sapeva come li avrebbe passati, ma tornando in camera d’hotel trovò la copia di “Anna Karenina” sul comodino.
Aveva iniziato a leggerlo lui stesso prima di andare a letto e, a dirla tutta, gli stava anche piacendo abbastanza. E poi gli venne in mente qualcosa.
Greenwich – Los Angeles non era una tratta impossibile, e per due giorni si poteva fare. Era stata inventata quella grande cosa che era l’aereo... aveva da riconsegnare qualcosa a qualcuno. E avrebbe finito di leggere quella cosa in aereo.
Prenotò i biglietti aerei quello stesso pomeriggio, non pagando eccessivamente, anche considerato il poco preavviso, per andata e ritorno; li ritirò all’istante e prese un trolley dove aveva ficcato un po’ di cose necessarie alla rinfusa: non sapeva dove sarebbe stato e non aveva posto dove andare, ma l’avrebbe trovato, era fiducioso.

«Stoooop! Si riprende tra un’ora!» il tecnico cinematografico prese una bottiglietta d’acqua e si allontanò, dopo aver urlato quella frase su ordine del regista che si era volatilizzato da un po’.
Keira si avvicinò al capannone delle cibarie, pronta a prendere un’insalata che l’avrebbe poco saziata.
«Lizzie!» non si voltò, sebbene sentisse una voce familiare chiamare una certa “Lizzie” «Lizzie! Principessa!»
Dopo un po’ comprese: Jules! Si voltò, vedendo la bambina conosciuta in aereo correre verso di lei, mentre la madre finiva per essere fermata dai body-guard che delimitavano la zona del set sulla spiaggia.
La abbracciò, mentre il coprotagonista del film la guardava stupito: «Figlia illegittima?» aveva una plasticità facciale assurda quell’uomo, ogni espressione buffa che faceva era davvero ridicola.
«Ehi, chi è quello?» indicò la bimba, mentre Keira faceva capire al body-guard che doveva far passare anche la madre.
«Si chiama Steve. Steve, ti presento Jules.» l’attore fece uno strano gioco con le mani alla bambina, che scoppiò a ridere.
«Ehi, è simpatico!» commentò la bambina, dando tranquillamente la mano alla ragazza «Mi racconti di questo film?»
Era la fan più piccola che avesse mai incontrato ed era davvero tenerissima.
«Allora...» mentre la madre parlava, imbarazzata, con l’attore famoso, lei camminava sulla spiaggia con la bambina raccontandole la trama e il suo ruolo: Jules sarebbe diventata qualcuno nel mondo dello spettacolo, lo sentiva. L’avrebbe vista benissimo come sceneggiatrice, o qualcosa del genere.
«E tu cosa fai?»
«Io... bé, è una commedia, presumo dobbiamo far ridere!»
«In realtà tu fai più piangere.» Keira strabuzzò gli occhi «Volevo dire... Tu sei più brava nei ruoli tristi. No che fai piangere. Nei ruoli importanti...»
Le scompigliò i capelli, tenendole ancora la mano: «Ti piace il mare?»
«Sì! Infatti la montagna era bella, ma mi mancava qui. È bello questo mare.»
«Dove sei stata in vacanza?»
«In montagna.» rispose quella, come se fosse la cosa più logica da dire «C’erano i fiumi e i fiori, e non faceva tanto freddo perché è quasi estate. Però non c’era più la neve...»
«Ma dove?»
Jules fece un’espressione concentrata, come per ricordarsi dove fosse: «Parlavano tedesco!»
«Italia?»
«In Italia parlano italiano.» ribatté la bambina con un espressione ovvia.
«Ma vicino alle montagne anche tedesco!» Keira sembrò quasi prenderla sul personale per come ribatté «O forse Austria?»
«Sì, quella! È proprio quella! C’erano tanti dolci buoni, gnam!»
«Immagino!» immagino tutte le Sacher torte micidiali che facevano in quelle zone... l’insalatina che le spettava a pranzo aveva perso tutto quel poco charme che avrebbe potuto lontanamente avere prima.
«Keira? Vieni qua!» Steve la chiamò, coinvolgendo la madre di Jules in quello che sembrava un valzer viennese.
La bambina li guardò stranita: «Sembrano contenti.»
«Steve ride sempre. Ehi Jules, ma il tuo papà dov’è?»
«Non c’è.» la bambina fece spallucce, mentre Keira pensava già al peggio «Non vive più a casa nostra da un po’... sta in una casa grandissima e bella sulla spiaggia, e da lì che mi è venuta a prendere la mamma. È qui vicino, perciò sono venuta a trovarti. Casa nostra è un po’ più lontana.»
«Oh... mi dispiace! Ti manca?»
«Sì, ma sto bene con la mamma. Siamo solo io e lei, indistruttibili!»
Keira annuì, mentre camminava con la bambina verso Steve e la madre: «Anche così è bello.»
La bambina le sorrise: «Ehi, è bello il tuo vestito. Ma non hai caldo con la giacca?»
La ragazza guardò il suo vestito sulle tonalità rosee e poi il cardigan fucsia: «Grazie! Ma non è caldo questo» indicò la giacca «E tu non hai freddo con la magliettina?» aveva solo una T-shirt e dei leggings.
«No! Fa caldo qui!» ribatté quella, scioccata «E sono belle anche le scarpette.»
Keira si guardò i piedi: aveva un paio di semplici converse nere. Probabilmente se fosse dovuta andare a fare compere, anche lei si sarebbe vestita così.
«Oh, siete arrivate!» Steve intonò “Sul bel Danubio blu” di Johann Strauss Jr. mentre ballava con la mamma di Jules: poi la lasciò in un punto ed iniziò a volteggiare con Keira, che lo seguiva ridendo a crepapelle, poiché ripeteva che non era brava ma lui non le dava retta.
«Dite che potrei avere anche io quest’onore?» Keira raggelò, bloccandosi all’istante: si voltò lentamente, trovando esattamente colui il quale non si sarebbe mai aspettata lì, dall’altra parte del mondo.
Ben le sorrise e Jules la guardò: «Perché non ha il cavallo bianco?»
«L’ho dimenticato a casa, mi dispiace.» rispose il ragazzo, con un’espressione dispiaciuta in viso.
La madre avrebbe voluto imporle di stare zitta, ma Steve prese in braccio la piccola Jules ed iniziò a ballare con lei, mentre Ben e Keira si squadravano attentamente, fin quando anche la ragazza si aprì in un sorriso: «Ciao.»
«Ciao.»
Persino una bambina di sette anni l’aveva capito.
«Ti ho portato questo.» tirò fuori dal trolley il volume rilegato di “Anna Karenina” «L’ho letto. È molto bello.»
La ragazza annuì: «È vero, anche se non l’ho finito ancora.»
«Non ti rovino il finale dicendotelo, allora.» sorrise lui, sinceramente.
«Lo so già che si suicida.»
«Oh, bé... fa nulla.»
Il discorso cadde, mentre i due continuavano a guardarsi, sorridendo.
«Come stai?»
«Come va?» Keira alzò gli occhi al cielo «Prima tu.»
«Bé... bene. Sto lavorando su un set nel Connecticut.»
«Lo so. Io qui.»
«Lo immaginavo.» commentò lui, poco prolisso «Ci facciamo due passi?»
La ragazza annuì: avevano tante cose da dirsi, così tante che non sapevano da dove cominciare. E tacevano.
Camminavano lungo l’immensa spiaggia in silenzio, quando ad un certo punto Ben si fermò e sedette a terra.
«Cosa fai?» chiese lei, imitandolo.
«In realtà io mi sarei fermato solo per togliermi le scarpe, non toccano sabbia da un bel po’. Però al mio braccio non dispiacerebbe smettere di trascinare quel trolley.» aggiunse, guardandola. Non era cambiata in nulla, nemmeno nel taglio di capelli.
Sembrava semplicemente più in pace con se stessa: che gliel’avesse data James quella tranquillità? Non osò chiederlo.
«D’accordo, fermiamoci. Siamo abbastanza lontani da  voci indiscrete.» commentò quella, incrociando le gambe.
«Chi era la bambina? Sei già diventata zia?»
Keira scosse la testa, sorridendo: «Jules, l’ho conosciuta sul volo Londra – Los Angeles. È stata la meno discreta dei passeggeri, o meglio, s’è accorta di me, ma... rimembrando il volo Londra – Glasgow posso affermare con certezza che una bambina di sette anni che mi ammira può essere molto, ma molto più discreta di una hostess impicciona di prima classe.»
Ben scoppiò a ridere, pensando a come doveva aver poco sopportato la suddetta hostess la sua amica. Potevano ancora definirsi tali?
«Cosa ti ha chiesto?»
«Oh, un mare di cose! Cosa facessi nel mio tempo libero, che libri leggessi, dove andassi a tagliarmi i capelli... c’è rimasta male quando le ho detto che l’ultimo taglio l’ha fatto una mia zia.»
Ben rise nuovamente: le mancava, tanto.
«Poi mi ha chiesto cosa mangiassi a colazione...»
«Le hai risposto dicendole del tuo formidabile succo d’arancia aspro e orrendo?»
«Simpatico!» ribatté lei, guardandolo male «Mi ha chiesto come andasse con James...»
«E come va?» colse la palla al balzo prima ancora di poter riflettere su quali sarebbero state le conseguenze di quella domanda.
Keira lo guardò negli occhi, mantenendo lo sguardo per un po’: sbatté due volte le ciglia e riprese a guardarlo «Bene. Insomma, ci sono problemi futili, ma si va avanti. È venuto a trovarmi una settimana fa... E Tamsin, come sta? Come va con lei?»
Come sapeva di lei? Doveva esserci rimasta malissimo: «Oh... bé, va bene. È un po’ pesante talvolta, ma appunto, si va avanti...»
Non avevano trovato nessuna passione, entrambi. Ed avevano abbandonato il loro corso di Charleston.
«Hai trovato la passione che cercavi?» la domanda retorica che le aveva posto era pericolosa: lei lo guardò negli occhi profondamente, ma non rispose. Rimasero a guardare le onde del mare, ignari del tempo che stava passando.
«Dove alloggi?» chiese lei, guardando qualche persona temeraria che si faceva il bagno.
«Non lo so.»
«Come non lo sai?!»
«Ho prenotato ieri il biglietto, sono salito sul primo aereo e sto fino a dopodomani, quando dovrò tornare a Greenwich.» rispose lui, facendo spallucce.
«Vieni a stare da me.» le parole le uscirono di bocca senza pensarci «Sto in un hotel qui vicino, non dovrai pagare nulla...»
«Okay.» disse lui, semplicemente.
Non si sarebbe aspettata una risposta positiva, credeva avesse mantenuto una certa distanza come entrambi avrebbero dovuto fare.
Keira si voltò verso il set, lontano di qualche centinaio di metri, e notò un uomo sbracciarsi: guardò l’orologio e l’ora era ampiamente passata: «Devo tornare sul set!»
«Vai, Cenerentola.» fece lui, alzando un sopracciglio «Mi girerò Los Angeles con il mio bel trolley.»
«No! Vieni con me, ti do la chiave della camera e datti una sciacquata, poi fa’ quello che vuoi. Tanto fino a stasera io sarò qui...»
«Ceniamo insieme quando torni?»
Keira annuì, senza rifletterci su, senza basarsi troppo su ciò che la ragione le imponeva.
«Perfetto.» rispose lui, sorridendole.
Tornarono sul set, gli diede le chiavi e lui la salutò: «Ci vediamo, buon lavoro.» le baciò una guancia e si allontanò con il trolley in una mano e le scarpe nell’altra.
  
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