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Autore: _Velvet_    12/04/2012    0 recensioni
"La gente è così priva di senso, a volte. Seguono il gregge, il capogruppo senza nemmeno pensarci. Credono bianco, ma il giorno dopo il capo dice che tutto è stato sempre nero, hanno sempre creduto nel nero.
E loro lo accettano così, senza nemmeno pensarci.
Non lo trovi... spaventoso?"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
Londra, 18 dicembre 1990
 
A conferma delle mie idee, dopo pochi mesi di tranquillità eravamo tornati a cadere nel tunnel delle dipendenze.
Ian si era iniettato il buco finale una sera in cui io ero uscita, non riuscendo più a sopportare le sue crisi depressive. Penso che lo stesse preparando da tempo.
Lo avevo trovato riverso sul pavimento, senza sangue, senza ferite, gli occhi azzurri spalancati nel vuoto.
Ricordai di quando lo portarono via su quella barella bianca, il braccio pallido che sporgeva di fuori. Mia madre che mi guardava senza muovere un dito, ogni volta che capitava qualcosa che mi avrebbe segnato per sempre lei non c’era, non voleva materialmente toccarmi. Mio padre che guardava fisso dall’altra parte della strada, verso le fabbriche grigie col loro respiro fumoso.
 
Da lì in poi tutto era scivolato nell’indefinito. Bevevo, bevevo per tornare indietro nel tempo, per tornare alla “nostra” estate in cui ogni giorno era una festa. La sera tornavo a casa da sola e mi infilavo in quel letto così freddo, così vuoto senza di lui. E fingevo che fosse con me, che mi stringesse contro il freddo che sentivo crescere nel cuore.
Una volta giurai di aver sentito lo scricchiolio delle sue scarpe di pelle contro il parquet, mi ero svegliata con il volto rigato dalle lacrime di matita nera. Ma la stanza era vuota, vuota per sempre. Non ci sarebbe più stato Ian, né David, né Peter, né Lucy Star: erano tutti morti, nella mia mente e nella realtà.
La mia vita era il sogno, nella mia mente eravamo ancora tutti insieme, non c’era nessuna forza malvagia che ci poteva dividere.
 
Anche la forza di piangere se n’era andata, erano mesi che non versavo una lacrima. Avevo abbandonato l’università, ormai passavo le giornate in un angolo isolato del bar dove avevo incontrato Lucy Star, sperando di rivederla.
Ero insensibile alla luce, i neon non mi ferivano più. Le altre persone mi fuggivano, sapevano forse quello che avevo passato o forse immaginavano solo quello che poteva spingere una ragazza giovane a bere così tanto.
Ma io lo sapevo il perché: perché solo con un bicchiere in mano Ian tornava da me, a volte rimaneva tutto il giorno, a volte scorgevo solo i suoi occhi nell’ombra. E nei momenti in cui tornava, ogni cosa si sfumava intorno a lui; ci dicevamo tutto quello che non ci eravamo mai detti, annegavo dentro di lui, tutto era meno doloroso.
Col passare del tempo però rimaneva sempre meno, i nostri incontri erano sempre più fugaci.
E avevo bevuto, bevuto, bevuto nella speranza che rimanesse di più, nella speranza che non se ne andasse, finché tutto non era diventato nero.
 
Mi ero svegliata in un letto di questa clinica, diagnosi: coma etilico e schizofrenia aggravata da alcol e droghe.
Ma io non ero pazza, Lucy sarebbe tornata per portarmi da Ian, lo sapevo com’è vero Iddio, lo sapevo.
Anzi, io l’avevo già vista, mi era già venuta a trovare in clinica, di notte quando nessuno l’avrebbe vista.
Mi aveva abbracciato, facendo affondare la mia testa nella sua nuvola color platino.
“Ian ti sta aspettando dove non c’è tenebra. Ti porterò io da lui.” Era sparita lasciandomi solo in compagnia della speranza, dell’attesa nel suo ritorno.
Non ne avevo parlato con nessuno, nemmeno con quell’impicciona della MacMiller che voleva sempre sapere del mio passato.
 
***
 
Lucy è tornata ieri, mi ha detto che oggi è il giorno. Non avrebbe fatto tutto lei, però. Ha detto che l’avrei dovuta aiutare io, avrei dovuto recidere personalmente i contatti col mio corpo fisico.
Mi ha lasciato questa lametta affilata. È la cosa migliore che possa usare: un taglio netto, preciso, e tornerò da Ian.
 
Non c’è nessuno, è notte. Le infermiere hanno già fatto il loro ultimo giro d’ispezione. Ho esattamente due ore di pace prima che sorga il sole, due sole ore mi separano dal mio ricongiungimento con Ian.
Ecco, è il momento.
Il bagno non mi è mai sembrato così confortevole come ora.
L’acqua della vasca è ancora calda. Ci entro nuda, con la lametta in mano.
Odio i miei polsi azzurrognoli, polsi che mai più nessuno ha accarezzato.
 
E finalmente la vedo: bionda, alta, con la bocca rossa distesa in un sorriso.
-Lucy, finalmente sei qui, ti aspettavo. Ora, rispetta il nostro patto, portami da lui.
   
 
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