Day 2 : kid!Finntana.
“I promise
you, we'll be always friends.”
L’allora
signora Hudson
per badare alla sua famiglia, composta dall'unico figlio Finn, aveva
bisogno di
dedicare il suo tempo al lavoro. Lavoro di qualunque genere che potesse
servirle per portare a casa un po’ di pane, per permettere a
Finn di crescere
sano e forte. Al momento ne aveva tre, più uno che non la
retribuiva. Era un
lavoro che a rendeva felice però. Era un canile molto povero
quello in cui
prestava servizio, uno di quelli dove i cani sono malati e nessuno li
prende
mai, nemmeno se si prova molta pena a guardarli. Se il suo salario
glielo
avesse permesso, li avrebbe portati tutti a casa sua. A Finn non
sarebbe
dispiaciuto, anche perché amava gli animali. Una volta gli
aveva comprato un
canarino, l’aveva chiamato Oliver, perché a detta
di Finn, il colore del manto
dell’uccellino gli ricordava un’oliva, detto questo
poi implorò la madre di
comprargli un barattolo di olive.
Quella
sera, fu richiamata
d’urgenza. Uno sceicco proveniente da chissà quale
paese dell’Arabia, si era
offerto per comprare quel canile e offrire una cura a tutti i cani
lì dentro.
E, a detta di Carole, c’era qualcosa di sospetto. Finn aveva
otto anni, troppo
pochi per essere lasciato da solo in casa e, nonostante la sua
prestanza fisica
facesse presagire che il ragazzo aveva dodici anni, ne aveva solo otto.
Come
sempre, quando succedevano queste cose, Carole si prese la briga di
chiamare la
vicina. Non era proprio la vicina, era la tata dei vicini. Per quanto
Finn e
Carole ne sapessero, la bambina che abitava lì aveva perso
sua madre e da allora,
aveva sempre avuto una tata. Finn, fin da sempre, ricordava che la
donna aveva
un aspetto portoricano, forse argentino – non ne conosceva la
differenza, ma portava
un accento spagnolo. Aveva un buon odore di arancio appena sbucciato,
come se
qualcuno avesse messo la buccia sul fuoco e quel aroma riempisse la
casa,
portava i capelli sempre legati in uno chinon, ben tirato sopra la
testa. Il
suo nome – quello della donna – è
Marianna.
Carole
e Marianna,
passavano un sacco di tempo assieme, quando la seconda non doveva
lavorare, in
altre parole raramente. Doveva occuparsi di quella che era una sua
figlia
acquisita, aiutarla con la scuola, a lavarsi i dentini. La bambina, non
aveva
la fama di essere molto simpatica, forse era molto viziata essendo
figlia
unica, ma Marianna le voleva molto bene. D’altronde, si
prendeva cura di lei
sin da quando era in fasce. Nessuno sa molto sulla madre della bambina,
Carole
sapeva che si chiamava Rosa e che aveva lasciato il marito con una
figlia
troppo piccola da accudire. Non avevano mai fatto domande a riguardo.
La cosa
bella di quel quartiere era che tutti si facevano gli affari propri.
Ovviamente, tutti sapevano che Christopher aveva perso la vita in modo
onorevole.
In
ogni caso, quando la
bambina insistette affinché Marianna la portasse con se
dagli Hudson, la donna
sorrise cordialmente. Si sarebbero fatti compagnia, almeno, nonostante
Santana
non brillasse per simpatia. Le pettinò i lunghi capelli
corvini in due trecce.
La sua bellissima bambina, da grande sarebbe diventata una modella. Ne
era
sicura, era troppo bella per essere vera.
*
“Signora
Hudson, siamo a
casa.” Disse Marianna, entrando dentro casa, mentre teneva
una mano dietro la
schiena della bambina a cui nello stesso tempo teneva la mano. Con una
faccia
un po’ schifata, la bambina si guardava intorno. Non sapeva
come Marianna
facesse a stare per tutto quel tempo in una casetta così
piccola e brutta, ma
almeno non puzzava.
“Mamma
è andata via, aveva
che era veramente di fretta.”. Finn comparve da una stanza in
fondo alla casa,
camera sua forse. Sta di fatto che sembra annoiato. Inizialmente non
notò la
bambina, stava andando a prendersi un po’ di latte, ma quando
Marianna
tossicchiò spingendo in avanti la bambina che
guardò la donna con fare confuso.
“Finn,
lei è Santana.” –
Finn si girò a guardare la ragazzina.
“E’ la bambina cui bado da anni e anni.”
Oh, ecco ora si spiegava. Ma a Finn, cosa importava?
“Latte?”
Chiese, guardando
la bambina.
“No,
mi piacerebbe un tè.”
Con fare educato rispose lei, mentre Marianna guardava i due molto
fiera.
Voleva bene a Finn, per questo ci teneva tanto che i due andassero
d’accordo.
“Non
ho la più pallida
idea di come si possa preparare, mi dispiace, miss.”- Disse,
Finn con un ghigno
sulla faccia. Era una plateale presa in giro. Lui non beveva
tè. Secondo sua
madre quello era ‘nettare per i ricchi’. Avevano
qualche bustina aromatizzata
dentro la credenza, ma era per le occasioni speciali. –
“Ripeto, latte?”
La
bambina annuì
lentamente, guardando il bambino che si arrampicava sulla credenza per
prendere
un bicchiere che sciacquò con cura prima di porgerglielo
pieno di latte.
“Grazie
Finn.”
“Prego
Santana.”
*
Finn
era tornato nella sua
camera con fare stanco, anche se non aveva poi fatto niente di
eccezionale. Si
buttò sul letto e riaccese la tv, mentre sentiva le voci di
Santana e Marianna
provenire dal salotto. Anche loro stavano guardando la tv, ridendo e
scherzando. Non si sentiva solo, lui c’era abituato. Sua
madre non c’era quasi
mai e la sua migliore compagna era la tv.
“Ciao,
Finn. Ti va se
giochiamo assieme?” Chiese, Santana entrando dentro la stanza
dove Finn stava
coricato.
“No.”
Rispose brevemente.
“Che
cosa fai qui tutto il
tempo?” Chiese ancora Santana, saltando sul letto di Finn.
“Guardo
la tv. Non ti
sembrava ovvio?” Si girò a guardarla, mentre lei
guardava la tv. Non era un
programma interessante, forse era una cosa che solo i ragazzi potevano
capire,
perché lei no, non lo capiva.
“Sì,
scusa, che domanda
stupida.” Finn sorrise, tornando a guardare la tv, con fare
annoiato.
“Uhm,
San... Ripensandoci,
mi piacerebbe giocare, hai qualche idea?” Saltò
giù dal letto, aspettando che
la bambina lo seguisse. Se Noah Puckerman l’avesse visto,
l’avrebbe ammazzato
di botte. Giocare con una bambina – per di più
ricca – non poteva esistere.
Almeno secondo Puck. Lui non aveva amiche, aveva solo una
quantità di persone
che facevano tutto quello che lui voleva. Era la legge della giungla, e
a parte
Finn, la seguivano.
“Hai
mai giocato a moglie
e marito?” – Chiese Santana, il bambino la
guardò e scosse la testa con un
cenno negativo, aspettando che la bambina gli spiegasse il gioco.
– “Bene, noi
ci fingiamo sposati. E’ la versione distorta di
‘mamma e figlio’ – fece agitando
le manine in piccole virgolette – noi facciamo delle cose
così, tipo far finta
di andare a fare la spesa, o che so io.. insieme. Ti va?”
Chiese, accennando ad
una risata.
“Santana..”
“Sì?”
Chiese la bambina,
mettendosi le trecce davanti.
“Conosci
Noah Puckerman?”
Chiese Finn, guardandola.
“No,
chi è?”
“Bene,
giochiamo!”
*
“Tesoro,
ti piace il
prosciutto?” Chiese Finn, facendo finta di spingere un
carrello, stavano in
cortile, mentre Marianna li osservava dalla finestra principale.
Santana lo
aveva obbligato a chiamarla tesoro, ma a Finn, non conoscendone il vero
e proprio
significato, non importava. Santana annuì lentamente, mentre
teneva tra le
braccia un bambolotto tutto brutto che apparteneva a Finn, quando era
più
piccolo.
“Non
piangere Mr. Noggle.”
- Avevano deciso insieme di chiamarlo così, in
realtà era il nome di un pupazzo
che Finn aveva visto alla tv, e Santana acconsentì.
Portò il bambolotto in
alto, esponendolo alla luce del sole, e gli sorrideva, come se fosse un
vero
bambino. – “ Andrà tutto bene. Adesso
papà ti compra il prosciutto e appena
torniamo a casa, ti faccio un bel paninetto. Contento,
piccolo?”
Finn, con una leggerezza d’animo che solo i bambini avevano,
si girò verso
Santana e gli sorrise, costringendo la bambina a sorridergli di rimando.
“Che
carne prendiamo,
caro?” La bambina gli passò il bambolotto,
prendendo – fingendo – di prendere
tra le mani il carrello. Finn strinse a se il piccolo, e gli sorrise.
Lo
trovava davvero brutto, a dirla tutta. Era tutto sporco di penna,
perché no,
lui non aveva niente da fare.
“Uhm,
il pollo, il
tacchino.. il cammello e perché no, la carota.”.
Rispose Finn, sorridendole.
“Finn,
la carota non è un
tipo di carne, è una verdura.” Santana lo
rimproverò con fare calmo, mentre
aveva stampato un sorriso sul suo viso.
“Ops,
non sono molto bravo
in queste cose, scusa.” Si portò una mano dietro
la nuca, e se la accarezzò,
gesto tipico di quando era imbarazzato. Odiava sbagliare, specialmente
davanti
agli amici. Ormai per lui, Santana era una amica, e sentiva di volerle
già un
sacco di bene. Le cose tra bambini sono più semplici, ed
è impossibile spiegare
cosa leghi due bambini tra loro. La complicità forse. La
pura innocenza.
“Si
è fatto buio ed è
arrivata tua madre.” Disse, Santana con fare triste mentre
tornava dentro casa.
Suo padre gli aveva sempre proibito di stare fuori al buio e senza
nessuno che
potesse controllarla.
“Oh.”
Finn si strinse
nelle spalle entrando dentro casa, si guardò intorno
cercando di capire dove
fosse Marianna che li chiamava dalla cucina. “Torni
domani?”
“Non
lo so. Ti faccio
sapere, d’accordo?” Chiese, Santana. In qualche
modo i due avrebbero trovato un
modo per tornare a vedersi.
Avevano
passato un buon
pomeriggio assieme e anche se a Finn era sembrata antipatica, la
bambina si era
rivelata più interessante di quanto potesse sembrare.
Le
voleva bene, quasi si
conoscessero da sempre, quasi fossero sempre stati amici. Era quella
l’amicizia
che tutti – compresi gli adulti – dovrebbero
provare e Finn sapeva che per la
sua nuova amica Santana, valeva lo stesso perché le cose
– compresa l’amicizia –
si fanno in due e tra loro aveva funzionato alla grande.
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Mimimimi,
ho portato a
termine un altro capitolo della ma week.